/190/

19.
Lettera di Bianchi. Funerali cristiani.
Le rovine di Ifagh e il lago Tana.

il primo villagio
[Atora: 3.10.1879]
Lasciato Devra Tabor, in quella giornata non si fece un gran viaggio; abbiamo camminato meno di due ore e siamo arrivati ad un piccolo villagio, dove abbiamo fatto alto vicino ad una piccola chiesa, di cui non mi ricordo il nome. appunti storici Benché io abbia conosciuto tutti quei paesi più di 30. anni prima, il mio lettore non deve stupirsi, se io, mentre scrivo privo affatto di memorie scritte, non mi ricordo dei nomi, perché tutto quel bellissimo paese, come già ho notato, dall’imperatore Teodoro tu talmente distrutto e deformato, che, ridotto ad un deserto, non conservava più altro che il suo piano topografico, [e] [del]la stessa popolazione scomparsa quasi affatto, non compariva più, frà gli antichi conoscenti, ed amici, un solo per dirmi[:] quì si trovava una tal chiesa, un tal villagio, un tale antico nostro conoscente. Io poi ancora mezzo ammalato, debole, e stanco di tante vicende, non sentiva più il coraggio di cercare e di domandare; io, dopo trenta e più anni, passava in quei paesi come un vero straniero in un vero deserto. Questa mia asserzione potrà sembrare ad alcuni come incredibile ed esaggerata: ma pure è una gran verità. Nella un mio sogno[:] la storia dei secoli consummazione di molti secoli è una cosa facile a comprendersi, perché visibile in tutti i paesi del mondo, io diceva fra me stesso, ed anche ai miei compagni; una persona che abbia meditato la storia, stenterebbe [a] trovare un segnale dell’antica Cartagine emula di Troja, di Atene, e poscia di Roma, non solo pagana, ma cristiana tutta vicina a noi; e nell’Africa orientale, potrebbe dire [p. 183] uno, questa è l’Alessandria dei Greci, la Memfi dei Faraoni, la Tebe dei preistorici egiziani? Così nell’Asia[:] di Babilonia, di Ni[ni]ve, e di Effeso, dove fu proclamata la divina maternità di Maria. Non è egli vero che una mummia, un geroglifico, un papiro, un carattere cuneiforme oggi è un materiale di grandi scienze, ed un tesoro dei più grandi musei? Tanto è vero che i secoli sono omnipotenti nel distruggere. Fin qui niente da stupire, perché nei nostri stessi paesi dobbiamo fare dei gran- /191/ di scavi per trovare qualche reliquia, non solo dell’antica Atene, ma della. Roma nostra sia pagana, e sia ancora degli stessi Papi. Per noi non è egli divenuto un mistero l’arte degli etruschi, ed i colossali lavori dei ciplopi, per lasciare da una canto la ridicola storia degli Dei padroni del Cielo?

la storia etiopica Non così in Etiopia, io diceva ai miei compagni di esilio, quì una mezza età [età] di un uomo basta per gettare la più grande confusione nella storia dell’impero, delle aristocrazie, nate e sepolte dopo la mia stessa venuta in questi paesi. Qui i nostri portoghesi sono divenuti come i nostri ciclopi; qui il florido regno di Ras Aly, di Ubiè, di Sela Salassie, con tutta la caterva delle loro aristocrazie non esistono più; qui sopra le città, dove io stesso ho passato un tempo, ed ho esercitato il mio ministero, come Gondar ed Iffaghe sono cresciute le acacie, e vi girano i serpenti e le fiere. effetti della guerra Tanto valse la spada distruggitrice di un Teodoro che io stesso ho veduto nascere, ed oggi [è] divenuto egli stesso come un mito nel cuore di questa gente; oh quanto è terribile [p. 184] il flagello della guerra per distruggere tutti i vani calcoli degli uomini diplomatici e politici, e per ridurre ad un miserabile fumo la febbre dei popoli esaltati da una mendace eloquenza di vani calcolisti che cercano lontani da Dio lo sfogo delle loro brutali passioni! a me, ed ai miei comp[a]gni Io colpito dall’esilio dopo 35. anni di fatiche apostoliche, nella mia decrepita età, [mi vedo] costretto ad abbandonare fra la desolazione i miei figli generati a Cristo, ed il germe di alcune chiese ancora da formare, per terminare i miei giorni, dove? nei miei conventi distrutti? frà i miei fratelli dispersi? Dove troverò l’antico mio Re Carlo Alberto, ed i due suoi figli, allora figli diletti della Chiesa, che io [12.3.1846] aveva lasciato fra una nuova borrasca, ubriacchi di nuova civiltà, di nuovo progresso? [E, pensando ai miei due compagni d’esilio:] Voi poi da soli dodeci anni, entrati nel mio campo dell’apostolato, e partiti con me, nel regno di Scioa avete lavorato, rivedrete la vostra patria, lasciando ancor voi figli molto cari; ma come troverete la vostra cara Francia? dove [si trova] il vostro Napoleone III. che avete lasciato circondato da un raggio menzogniero di gloria mondana?

Tali erano i nostri sogni in quel primo giorno di viaggio. Io carico di anni, lasciava la missione senza speranza di ritornarvi, portando con me un vero regno di sogni storici; laddove i due compagni, dovevano ritornare, divenuti generali nell’armata di Cristo, per raccogliere i dispersi avanzi degli antichi soldati, e riprendervi l’attacco pieni di nuovo vigore. due fatti Quella stessa sera del primo giorno del nostro viaggio non fu senza qualche fatto degno di rimarco in queste mie memorie storiche. Mentre /192/ i nostri giovani stavano preparando il nostro piccolo campo per passarvi la notte all’aperto dentro [p. 185] le nostre tende divenute vecchie, e mezze in pezzi, dal campo arrivò un corriere secreto con una cortissima lettera del Signor Gustavo Bianchi. lettera di Bianchi
[risposte di M.: 2 e 3.10.1879]
Il corriere non osava lasciarsi vedere per timore delle nostre guardie, e da lontano ci fece rimettere la letterina col mezzo di un nostro giovane chierico da lui conosciuto al mercato. Ecco poco presso il testo della lettera[:]

Monsignore

Mi perdonerà se non sono venuto a vederla; Ella conosce meglio di me le critiche circostanze di un povero viaggiatore in questi paesi, e con questi barbari governi per sapermi compatire. Io sperava di trovarla in Scioa, dove mi sarebbe stato molto utile; invece l’ho trovata quì in una posizione molto critica da nulla poter fare per me. Avrà ricevuto la lettera di raccomandazione del Papa che Le ho fatto tenere. Mi rincresce che non abbia potuto aspettare qualche giorno a partire, perché son certo che non sarebbe mancato qualche soccorso del nostro governo; soccorso che già a quest’ora si troverà in strada. Ora, dacché Ella è partita, non vi è più rimedio, pregherò Iddio affinché la custodisca.

Gustavo Bianchi

Questa lettera, unitamente ad alcuni altri documenti rimase presso il mio Coadjutore, il quale, se non avrà il testo autografo, [ne] avrà certamente una coppia. Come essa allora fù da noi molto esaminata, mi rimase molto impressa. un’errore suo. Dalla medesima si vede, che il Signor Gustavo Bianchi nulla sapeva di positivo, ma scriveva solamente dietro alcune relazioni dei mercanti venuti da Massawah. In seguito poi io ho saputo positivamente in Egitto, che il governo italiano [non] aveva fatto nulla in favor mio [p. 186] e della missione nostra. conseguenze di essa Detta lettera però bastò per sollevarci una turba di pensieri, e sollecitudini inutili a tale proposito. [Per] Il timore che qualche cosa non penetrassero i nostri custodi sul mistero della lettera, mi sono limitato a fare una risposta di poche linee, con l’ametite, accusando a Bianchi ricevuta della sua graziosa lettera, per non aggiungere timori a timori al nostro Nicodemo. Così finì per allora il fatto di Bianchi. Ma al partire il messaggiere non partirono tutte le conseguenze di questo suo messaggio. Oltre la lettera per se misteriosa, il messaggiere stesso nel partire aveva lasciato nella nostra carrovana il deposito di certi discorsi misteriosi, i quali diedero molta materia ai nostri di pensare e parlare, come se già si trovasse in via un’armata misteriosa che marciava a galoppo verso di noi. Da ciò che si dirà in seguito si vedrà che tutto il soccorso imaginato dal Signor Gu- /193/ stavo Bianchi fu causato dalla venuta [a Massaua: set. 1879] in Abissinia di Goldon Pascià, generale inglese al servizio dell’Egitto, allora governatore generale del Sudan, e di tutta la costa dell’Africa orientale da Soakim a Gardafui, benché in realtà nessuno sapesse qual fosse lo scopo della sua missione, e da chi questa venisse, se dall’Egitto solamente, oppure dall’Inghilterra.

conferenze con un mio giovane Nella notte di quella nostra prima stazione io me ne stava aspettando il sonno sotto la mia piccola tenda con uno dei miei chierici che mi teneva compagnia e mi assisteva nel tempo stesso nei miei bisogni. sue rivelazioni Questi, dopo avermi raccontato molte cose vedute e sentite nel viaggio e prima in tempo della mia malattia, cose che prima [non] trovò mai, ne il tempo, ne la [p. 187] commodità di riferirmi: Padre, mi disse, noi tutti piangiamo la sua partenza, e ci consola solo la speranza che non ci abbandonerà, ma continuerà a pensare a noi mandandoci altri buoni padri che ci diriggano nella via della salute in cui siamo entrati; ancora una cosa voglio raccontarle che tanto ci afflisse. Quando V.[ostra] P.[aternità] si trovava gravemente ammalato, ed il timore della sua morte era in bocca di tutti, si parlava da noi del luogo dove Ella sarebbe stata sepolta in caso di morte. Alcuni opinavano che l’imperatore Giovanni l’avrebbe fatto seppelire onoratamente in una delle più grandi chiese, ed altri opinavano diversamente, quando un fanatico eretico eutichiano disse [di] aver sentito dalla bocca dell’Eccecchè che il cadavere della P.[aternità] V.[ostra], non solo sarebbe stato privo di ogni sepoltura, ma sarebbe stato gettato in un precipizio alla jena. Padre mio, l’assicuro che questa parola dell’Eccecchè capo dei monaci ci gettò nella più grande costernazione, ed abbiamo ringraziato Iddio quando l’abbiamo veduto fuori di ogni pericolo di morte. Ma, se questa gente era disposta a gettare il vostro corpo alla jena, cosa non avrebbe fatto di quello dei miei compagni ammalati se fossero morti? Sia ringraziato Iddio se essi pure sono guariti.

cerimonie mortuarie Ad un simile discorso, come è chiaro, era dovuta una risposta, la quale doveva servire di ultima istruzione in simili casi. Il mio lettore per comprendere la mia risposta deve sapere, che i popoli da noi chiamati barbari o pagani, sogliono sempre conservare un grande rispetto [p. 188] per le cerimonie mortuarie: rispetto tutto naturale, che con tutta ragione può dirsi anche comandato da Dio stesso, e dalla chiesa sua sposa, e maestra della fede e del culto, come cosa essenzialmente collegata colla fede nell’immortalità dell’anima, e con quella delle espiazioni o suffraggi dovuti ai morti. cerimonie mortuarie fra gli etiopi È questa per i poveri etiopici, sia pagani, sia ancora sedicenti cristiani eretici eutichiani un bisogno, anzi una vera necessità, /194/ parte naturale, ma più ancora tradizionale consacrata dalle loro tradizioni religiose medesime, e più ancora dalla loro civile organizzazione. Il tributo di queste cerimonie mortuarie è tale per tutte quelle razze da far cessare ogni diritto di sangue in quella e per quella sola circostanza, e far tacere ogni inimicizia, sia personale, e sia ancora di razza che si trovi in guerra.

è da scusare il giovane Ciò premesso, il lettore non stemerà [a] comprendere, come i nostri cattolici, anche chierici e sufficientemente istruiti, pure nel caso esposto dal mio giovane chierico di cui è questione, le parole sopra riferite state dette dall’eretico eutichiano, han dovuto fare una grande impressione, ed essere causa di grande afflizione ai giovani della nostra carovana. Quindi comprenderà pure tutta la forza della mia risposta al suddetto. prima risposta sopra la partenza Caro mio, gli dissi, io parto per il mio esilio unitamente al mio Coadjutore Monsignore Taurin, il quale mi doveva succedere in caso di morte, ed unitamente al mio Segretario P. Luigi Gonzaga, e tu in compagnia di alcuni altri, al più lungo domani, dovrete ritornate in Scioha. Io vecchio e debole, o morirò in viaggio, [p. 189] oppure non potrò certamente espormi ad un nuovo viaggio verso il regno di Scioa, ma tu ritornando non mancherai di coragio ai cattolici assicurare i tuoi compagni e tutta la missione, ed in specie il P. Ferdinando rimasto superiore provisorio della medesima, che la missione nostra [non] sarà mai abbandonata. Tutto all’opposto il mio Coadjutore suddetto, ed il mio Segretario P. Luigi Gonzaga, essi ritorneranno accompagnati da un numero competente di altri giovani compagni Sacerdoti, i quali verranno per sostenere la lotta con nuovo vigore, disposti anche a morirvi con voi e con tutti i nostri cattolici se sarà necessario al uopo. Voi fatevi coraggio e state fermi sul campo di battaglia. Ciò sia detto per l’avvenire vostro e della missione tutta quanta.

risposta sopra la sepoltura In quanto al fatto narratomi sopra la temuta mia morte al campo dell’imperatore Giovanni, ed alle parole sopra narrate, supposte dette dal capo dei monaci, le quali tanto vi afflissero, eccoti schietto il mio [schietto] sentimento, il quale potrà servire anche per te, e per tutti i nostri cattolici in caso eguale di morte frà gli eretici, in luogo, dove non saranno possibili le cerimonie cattoliche, o per mancanza di sacerdote o cimittero cattolico, oppure, perché proibito dal governo. In caso di morte mia al campo dell’imperatore Giovanni, io prima di morire avrei manifestato le mie intenzioni a Monsignore Coadjutore, e tutti i miei avrebbero conosciuto da lui ciò che sarebbe occorso di fare in quel caso. [p. 190] in caso di mia morte Io poi, lungi dal desiderare in tal caso gli onori funebri dagli eretici, in una Chiesa o cimittero eretico, avrei all’opposto certa- /195/ mente lasciato l’ordine di essere sepolto economicamente dai miei di casa in qualche bosco, oppure ai piedi di qualche albero; in caso che ciò fosse stato impossibile, a preferenza sarebbe stato meglio essere gettato nel precipizio alle jene. Così dovrà desiderare qualsiasi mio cattolico in caso di morte fra gli infedeli pagani o eretici. Tu, figlio mio, farai conoscere queste mie dichiarazioni a tutti i nostri.

sepoltura materiale dovuta a tutti Ciò detto ti dirò la ragione: due cose si devono considerare negli onori funebri, la sepoltura materiale cioè, dovuta al rispetto di una persona morta; indi le cerimonie religiose consistenti in preghiere, espiazioni, oppure onori religiosi da prestarsi da persone religiose, ed in luogo religioso. Ora nel caso di morte di uno straniero sia pure pagano, o israelita, oppure Cristiano eretico, la sola sepoltura materiale essa è dovuta a tutti, a segno che, io stesso in mancanza di altri mi crederei obligato a scavare la fossa colle mie proprie mani e seppelirlo in luogo qualunque siasi, essendo ciò un rispetto naturale dovuto ad un morto, come nostro fratello in Adamo. sepoltura religiosa a chi dovuta In quanto poi agli onori o cerimonie religiose di qualunque siasi genere, questi, ne si possono desiderare, ne ricevere, ne tanto meno pretendere da infedeli di qualsiasi condizione: così pure non si possono concedere da noi, se non [p. 191] [che] ai soli nostri fratelli cattolici, morti cattolicamente secondo le circostanze. La gran ragione di ciò è perché gli onori religiosi implicano una confessione pratica di fede, cosa che non dipende da noi, ma dal solo Dio, e che deve essere regolata dalla Chiesa che lo rappresenta. Per questa ragione nel caso di mia morte in Devra Tabor, io, più di ogni altro come vescovo e maestro nato della fede cattolica, avrei tradito solennemente al mio ministero, o desiderando, o anche solo permettendo di essere religiosamente sepolto dagli eretici. Così pure si doveva dire dei nostri cattolici. Nel caso si fa la sepoltura semplice come si può, e gli onori religiosi si fanno o secretamente, oppure dopo ed altrove nelle nostre chiese, e dai nostri cattolici.

continua il viaggio Finita la questione di risposta al mio giovane chierico facio ritorno alla storia del nostro viaggio. I miei due compagni entrati in Abissinia dalla parte di Tagiurra nel golfo di Aden, obligati a sortire dall’esilio, avrebbero bramato nel suo passaggio di vedere la città capitale di Gondar, e sarebbe stata la nostra strada nel caso di tenere la via del Nord per discendere a Massawah; ma noi sapevamo solo di essere spediti a Ras Aria zio dell’imperatore, il quale, da quanto si diceva, aveva il suo campo nella Provincia di Dembea, e la nostra guida aveva istruzioni secrete dall’imperatore di condurci per vie storte e deserte che si guardava bene di manifestarci, sia per il timore che noi c’incontrassimo coi nostri /196/ cattolici che non mancavano da quelle parti, e sia più ancora, affinché non occorresse d’incontrarci [p. 192] [con] Goldon Pascià, del quale, come già si notò, esaggerate notizie [circa un suo intervento], a nostra insaputa, si andavano moltiplicando. resto del viaggio sino ad Iffaghe
[a Kem-Kem: 5.10.1879]
Noi quindi per tre giorni continui non trovammo più villaggi in tutto quello spazio da me percorso nel 1849., allora popolatissimo di Chiese e villaggi; solamente due o tre volte abbiamo trovato alcuni pastori che ci regalarono un poco di latte; attesa la mia debolezza, si facevano stazioni non molto lunghe, fermandoci alcune ore nel mezzo giorno, e la sera per tempo, onde pascolare le nostre bestie da sella e da carico. Come la nostra guida ci conduceva per vie le più deserte in tutto quel viaggio io non ho potuto orizzontarmi del paese per dove passavamo. nostro arrivo ad Iffaghe [6.10.1879] Solamente nel quarto o quinto giorno ho creduto [di] poter dire di essere arrivati in facia di Iffaghe, dove ho passato il tempo delle pioggie nell’anno 1852., che cangiamento in meno di 30. anni! (1a)

Il panoramma dell’alta collina a levante un poco verso il nord era quello della città di Denta il luogo santo dei mercanti musulmani; un poco più in alto la bella collina che anticamente coltivava le vigne, e somministrava del vino, gran rarità di quel paese. Più al nord la vista della città di Gondar, ed all’Ovest il bel lago di Tsana ed il piano dei Zellan che mi ricordava il mio primo apostolato fra quelle tribù, ed il zelo del nostro caro giovanetto Melak. Tutto insomma mi presentava avanti di noi l’antica città di Iffaghe centro del commercio abissino, ma dove [era] la città? dove il suo mercato? dove l’antico gran movimento [p. 193] di popolazione? dove il gruppo di chiese? A misura che ci avvicinavamo [incontravamo] un’alta erba, cardoni selvaggi, grandi ortiche, ancora qualche residuo di malva, segnale di antiche abitazioni (1b), e dovunque una solitudine completa. rovine e malinconie Non è questa Iffaghe [?], interrogai la guida camminando, ma egli per risposta mi fece un’atto di riso dicendo, dopo Teodoro chi parla più di Iffaghe? Seguitando a camminare mi parve [mi parve] di attraversare il terreno dell’antico mercato, un poco più avanti, il luogo della casa nel nostro Maquonen e della mia antica capanna, dove ho celebrato qualche volta la Santa Messa, e qual- /197/ che rovina di antiche chiese, frammezzo alle boscaglie, ecco tutto. Il nostro Iffaghe era divenuto come un’antico cimittero abbandonato da molti anni, dove teschi ed ossame ancor parlano della sua esistenza; oh la catastrofe delle guerre! Un malinconico poeta sul gusto dei treni del Profeta Geremia, esso solo ne avrebbe descritto le rovine.

quinta stazione dal campo In meno di altra mezz’ora noi abbiamo attraversato l’antico terreno della città d’Iffaghe senza trovarla per arrivare ad alcune capanne frammezzo a boschine deserte, dove vi erano alcune famiglie di guardiani delle dogane, persone tutte vendute al governo dell’imperatore Giovanni, dove la nostra guida ci aveva promesso un giorno di riposo, e dove, come egli diceva, avrebbe deciso la strada da prendersi. Fin là noi abbiamo sempre ancora sperato di prendere la via di Gondar [p. 194] del Tigrè e di Massawah, ma non tardammo a disingannarsi, perché dovendo noi recarsi [d]a Ras Aria, questi aveva il suo campo a due o tre giorni più a ponente di Gondar vicino alla capitale della provincia del Dembea; sia ancora perché si andava sempre più realizzando la notizia della venuta di una qualche deputazione armata in viaggio verso Devra Tabor, supposta sempre in nostro soccorso. alcune rivelazioni. Fra quella gente esisteva una vecchia donna cattolica, la quale non osava manifestarsi come tale; essa aveva inteso alcuni discorsi o consigli secreti che ebbero luogo tra la nostra guida e le guardie delle dogane, e ne rivelò tutto il mistero ad alcuni dei nostri; fù da essa quindi che noi incomminciammo a conoscere chiaro il decreto che ci era riservato circa il nostro viaggio per la via del Sennar e di Matamma. Come però Ras Aria zio dell’imperatore era un’amico secreto dei cattolici, tutta la nostra speranza rimaneva riposta in lui.

partenza da Iffaghe
[7.10.1879]
Passato dunque un giorno di riposo in quelle povere capanne di doganieri siamo partiti di buon mattino per la via diretta che conduceva al lago di Tsana. Circa mezzo giorno siamo arrivati ad un piano, il quale mi sembrava quello stesso, dove io circa 22. anni prima aveva passato circa tre settimane di ministero il più consolante in una ricca famiglia di Zellan, dei quali ho già parlato a suo tempo; il mio cuore provò allora i più teneri e dolorosi sussulti; qui giaceranno le reliquie dei miei cari proseliti, i quali furono altrettante vittime, e quasi martiri della fede, del caro Melak, e famiglia, e così dicendo fra me stesso, pagai il tributo di qualche lacrima, e di qualche preghiera, [p. 195] arrivo al lago di Tsana Circa le quattro di sera siamo arrivati in vicinanza della riva del lago a nord-nord-ovest del medesimo, dove esistevano alcune case di pagani della razza Woïto, la quale, come già si disse altrove, è una razza [ritenuta] come immonda in Abissinia, che suole abitare sulle rive dei fiumi e del lago di Tsana, e /198/ quasi affatto isolata dal resto [dal resto] della popolazione abissina. Come il governo dell’imperatore aveva ordinato alla guida di tenerci lontano dal contatto dei Cristiani in quei luoghi, là appunto si fece alto per passarvi la notte.

Scaricate le bestie da sella e da soma, stese le tende, collocato il bagaglio, e preparati i letti, i nostri giovani si dispersero, parte alla custodia degli animali della nostra carovana, e parte a raccogliere erba e legna, per il bisogno delle bestie nella notte, per i nostri letti, e per il fuoco. Anche noi abbiamo preso il largo per la recita del nostro rosario in luogo dell’officio divino. la pesca, e questione dei pesci I miei due compagni si allontanarono da me collo scopo di cercare un poco più lungi qualche notizia; io poi più debole, accompagnato da un nostro giovane, mi sono seduto in un luogo non molto lontano dalla riva del lago, dove alcune persone pescavano dentro uno stagno che formava un deposito del lago medesimo, il quale in tempo di agitazione gettava colle sue aque anche alcune specie di pesci eccellenti, dei quali me ne regalarono una piccola quantità: cosa ne fate? dissi loro; nella notte gli portiamo a Gondar per domani che è venerdì, risposero; camminando tutta la notte, domani mattina arriviamo per il mercato. I cristiani mangiano i pesci? [domandai.] Anticamente tutti ne mangiavano, risposero essi, ma oggi [p. 196] dopo che il loro Vescovo Salama gli ha proibiti, i cristiani del suo partito non ne mangiano più, ma tutti i cristiani del partito Devra Libanos, e quelli di Abuna Jacob ne mangiano (1c) E Voi di qual partito siete? [domandai.] Noi non siamo Cristiani, risposero essi, ma conserviamo la fede antica del paese. Volevano con ciò dire, che essi erano Woïto pagani (2a), dei quali la fede non si conosceva, come già altrove è stato detto. Così finì la nostra conversazione con quei pescatori.

stazione del lago Finito il mio officio, e ritornati i miei due compagni verso il cadere del sole ci siamo ritirati al nostro piccolo campo, dove ci aspettavano i nostri ospiti con una piccola pecora e qualche vaso di birra con alcuni pani, che non bastavano per la metà della nostra carovana, essendo il /199/ grano carissimo, anche presso quei poveri pagani, i quali non erano famosi coltivatori, ma vivevano di pesca, di cacia, e di carne di animali [ritenuti] immondi in Abissinia. Presso i medesimi passammo una notte molto tranquilla, benché poco sicura dal miasma delle febbri, le quali in quel circondario non lasciavano di manifestarsi qualche anno nel mese di Settembre ed Ottobre, sia per la cessazione delle piogge, e sia ancora per i piccoli stagni lasciati dal lago, febbri però di un carattere benigno, come febbri delle altezze, essendo il lago circa due mille mettri sopra il livello del mare.

nostra partenza
[8.10.1879]
Partiti di là, abbiamo tenuto sempre il litora[ra]le del lago camminando prima verso il nord avendo avanti ai nostri occhi in lontananza la vista della capitale Gondar. Più tardi verso mezzo giorno, tenendo sempre il litorale suddetto [la veduta della capitale suddetta], girando noi verso ponente la Capitale suddetta [p. 197] andava girando verso levante, e più tardi quando noi stavamo facendo il nostro pranzo, essa rimaneva quasi totalmente a levante dietro le nostre spalle. Abbiamo camminato ancora tutta la sera, sempre sulla sponda del lago, ed a ponente per arrivare ad una stazione di pastori, presso i quali abbiamo fatto la nostra stazione per la notte. tenere rimenbranze antiche Quella brava gente ci faceva vedere poco lontana al sud-ovest la provincia di Quara patria di Teodoro, e dove mi dicevano essersi ritirati Scialaca Gember, ed i due sposi convertiti, dei quali si è parlato molto nella storia del mio viaggio alla costa di Massawah nel [1863] 1864. oh se quegli antichi miei figli avessero saputo il mio passaggio non molto lontano da loro! oh se io fossi stato libero per volare [d]a loro! Vano desiderio! io me ne andava prigioniero per mai più vederli in questo mondo! Più a nord, a nostra mano destra, quei pastori nostri ospiti, ecco là, ci dicevano, dove ebbero luogo i primi trionfi di Teodoro, dai quali incomminciò il suo impero! Quella brava gente la sera ci regalarono poco pane, molto latte, ed un bel capretto per la nostra cena.

L’indomani abbiamo lasciato quei buoni pastori che ci furono tanto cortesi, e dopo un’ora circa di viaggio, sempre sulla direzione precedente, abbiamo anche lasciato il litorale del lago, e presa una strada più al nord, siamo entrati in una gran pianura in mezzo ad un bosco di acacia; era quello campo di Teodoro
[ott. 1852-apr. 1853]
il gran campo di antica battaglia, dove Teodoro aveva finito i principali e più forti generali di Ras Aly. Là alcuni che ci accompagnavano ci mostrarono alcune Chiese in lontananza, dove furono sepolti Degiace Gosciò, Alygaz Berù, Degiace Beloh miei antichi amici caduti con molti altri miei [p. 198] conoscenti antichi del governo di Ras Aly. Teodoro, soggiunsero i nostri interlocutori, dopo avere distrutto le ar- /200/ mate dei medesimi, volle far seppelire con onore i loro capi, stati tutti suoi colleghi alla corte del Ras. una sua parlata ai soldati. Non contento di ciò, radunati i soldati della disfatta loro armata, soleva fare ai medesimi grande elogio del loro valore: voi siete tutti soldati campioni, diceva loro, ed i vostri generali furono tutti eroi che diffesero la causa del loro padrone, e mio signore, sino all’ultimo respiro; Iddio retribuirà loro la fedeltà del soldato e del servo; mi guardi perciò il Cielo di lasciare questo campo, se non vedrò tutti onoratamente sepolti. Questi e simili discorsi ai poveri vinti entravano talmente nel loro cuore, che le armate entravano in massa al servizio di Teodoro. Fu con simile linguagio, che il così detto Legge Kassa diventò in poco tempo il terrore di tutta l’alta Etiopia, da fare scomparire in tutto quel paese ogni altro potere.


(1a) Il lettore desiderando notizie della città d’Iffaghe potrà rileggere il mio viaggio del 1849. da Gondar a Devra Tabor, e quello del 1852. da Gondar ai paesi galla. [Torna al testo ]

(1b) Già ho detto altrove che la malva non si trova nei deserti, e si perde nei paesi abbandonati dopo alcuni anni, perché questa è amica del uomo, e come dicono gli indigeni, essa è vegeta solo dove si trovano gli escrementi umani. [Torna al testo ]

(1c) [incendiata: 1864;
devastata: dic. 1866]
La città di Gondar stata in gran parte distrutta da Teodoro, contava in quel tempo appena qualche milliaio di popolazione, la quale come popolazione quasi tutta addetta alle Chiese, non era eutichiana, ma della fede di Devra Libanos. Esistevano anche cattolici, e pochi mussulmani, come già è stato detto, i quali furono distrutti, o espulsi. [Torna al testo ]

(2a) La razza Woïto è supposta la razza degli antichi abitanti dell’alto piano etiopico dalla parte del Sud prima della razza amarica, e del Cristianesimo. È questa una razza che conserva un bel tipo di carattere molto marcato a preferenza dell’abissino. Essa è una razza come immonda, e si trova sparsa in tutta l’Etiopia del Sud. [Torna al testo ]