/344/

35.
Ramle e i luoghi santi. paganesimo
e islamismo. Il figlio del pascià.

alcune mie riflessioni storiche Benché io abbia già parlato ad oltranza di Ramle nei miei viaggi precedenti, pure [la mia penna] crede bene [di] aggiungere qualche piccola osservazione, stata forze dimenticata. Ramle nelle epoche antiche notate dalla storia biblica, prima del regno d’Israele e di Giuda era un paese separato da Gerusalemme, ed appartenente ai Filistei, i quali a diverse epoche estesero anche il loro dominio sopra le montagne della giudea, a poca lontananza da Gerusalemme, secondo la storia dei Libri Santi. Più tardi sotto i regni suddetti, tutto il paese filisteo fu conquistato dai medesimi, ed in certi tempi, essi arrivarono anche sino a Giafa sopra il mare. Ancor più tardi sotto il dominio dei greci e dei romani non si parlò più di simili divisioni. Solamente dopo l’era cristiana questi stessi paesi provarono altri rovescii nelle epoche dei crociati e delle campagne militari dei medesimi contro le dominazioni musulmane, e sotto l’impero della mezza luna. [p. 404] fatti storici analoghi Io ho voluto notare queste fasi storiche, non per insegnare [a] minerva, come si suole dire, ma unicamente per somministrare una chiave ai pellegrini, la quale servirebbe loro per spiegare certe tradizioni esistenti in Ramle, sia nei Santuarii dei nostri latini, sia ancora in quelli dei greci riguardo a certi fatti storici, come frà gli altri, quello della casa di Nicodemo, quello sopra la Patria di Giuseppe d’Arimatea, e quello della antica torre di Ramle; così di alcune altre, che essi vi trovano narrate ai pellegrini in detta città, essendo le tradizioni suddette essenzialmente collegate coi fatti storici sopra indicati.

Tutto ciò però non sorte dal campo storico dei fatti occorsi sul terreno tra Giafa e Gerusalemme. Ma ciò che più importa è che, non solo questo terreno degli antichi Filistei nel linguaggio biblico, ma tutti i luoghi santi, detti oggi di terra santa, sono nello stesso, anzi più interessante caso. In questi luoghi appunto in tutti i tempi ebbe luogo il teatro della guerra tra il paganesimo e la Chiesa di Dio, incomminciando da /345/ Adamo sino a Cristo, e possiamo dire sino a Leone XIII. che oggi lo rappresenta. regno della storia quello delle idee. La storia è la serie dei fatti esterni e materiali che ebbero luogo in tutti i tempi in facia alla società umana nel regno esterno del mondo; ma a questo preesiste il regno delle idee, il quale si può dire che incommincia dall’In principio erat Verbum, dal momento in cui questo fu creatore ad extra di esseri capaci di concepire l’idea e farla passare nel regno dei fatti. I Luoghi Santi furono in tutti i tempi il ballo delle guerre, perché furono sempre il ballo delle idee tradizio[na]li dei popoli in materia di religione. Chi conosce la storia biblica, sa pure che qui ebbe luogo la creazione e tutte le tradizioni dei figli [p. 405] di Dio e dei figli degli uomini, cioè l’antica religione divina, e l’antico paganesimo sino al diluvio. un mio sogno Quindi dopo il diluvio, poco lontano da questi luoghi medesimi partirono le tradizioni di Noe, di Abramo, e di Mosè; come pure non molto lontano di quì ebbe luogo il gran fatto di Babele, il quale nel regno delle idee religiose, esso è l’eterna profezia che distingue e distinguerà sempre i figli di Dio dai figli della rivoluzione; e quindi nella storia incomminciò il regno dei fatti della rivoluzione medesima. Qui perciò incomminciarono le due scuole, quella dei fedeli, e quella dei pagani; la prima che si compì in Cristo, e [è] conservata da Pietro; la seconda creata dagli adoratori del mondo divinizzato. [Di] Queste due scuole oggi, una è quella di Roma e del Papa, e la seconda quella del grande Oriente massonico. Oggi perciò pare arrivata l’epoca in cui la torre di Babele sia arrivata al cielo, e che il filius peccati voglia tentare di sedersi in templo Dei e farsi adorare col mondo divinizzato dalla scuola dell’estremo oriente venuto in Roma; rimane solo il descendamus di Dio.

mia venia al mio lettore Io non vado più avanti, perché non sono profeta più di quanto sta scritto nei Libri Santi della Storia Sacra. Il mio lettore compatirà questi miei voli, o pennellate vaghe fra le nubi della fede e della storia dei fatti che corrono. [8.12.1885] Oggi gran festa in cui la Chiesa celebra l’aurora del Cristianesimo nell’immacolato concepimento di Maria, da una parte [vi sono] le tenere e tanto care espressioni della Liturgia, nel momento in cui sto per salire all’altare nella mia solitudine notturna, e che sto meditando. Dall’altra parte i sospiri e pianti della Chiesa [p. 406] universale, ai quali io debbo prender parte, ed alzare le mie mani sacerdotali a Dio per i fatti dolorosi che corrono, tutto ciò mi fa sperare un benigno compatimento dal cuore di un lettore cristiano e fratello, per aggiungere ancora poche parole. indizii di collera, e realtà Questo risveglio per il pellegrinagio onde venerare i Santi Luoghi, dove è nata la iede cristiana, e dove sono sortite, come dalle caverne infernali, quasi tutte le più orrende eresie, indica /346/ qualche cosa di nuovo che stiasi preparando in cielo, dove Iddio, stanco del nostro orgoglio, stia per discendere a confonderci. Mi spaventa l’avvenire dei paesi nostri: la rivoluzione ha talmente scosse le basi sociali, che i nostri governi stentano [a] tenersi in piedi nel loro interno, mentre vanno perdendo ogni prestigio all’estero. La stessa forza militare all’estero va alla peggio, da una parte i paesi barbari hanno progredito nella scuola di Marte, e si sono arrichiti di tutti [i] mezzi per l’ingordigia del nostro commercio, parte vitale del Dio panteistico per il nostro paganesimo. Per altra parte poi il governo medesimo rivoluzionario è divenuto povero per aver dovuto crescere di nove decimi gli impiegati per dar da mangiare a pretendenti, ed i soldati per mantenere l’ordine interno, mentre questi sono divenuti più deboli, perché sensuali e corrotti. L’esito delle guerre ultime in Egitto, in Cina, ed altrove parla chiaro.

altre conferenze Queste mie conferenze ebbero luogo lungo il viaggio da Giafa a Ramle colle persone venute da Gerusalemme al nostro incontro, e con alcuni pellegrini che non poterono partire la sera avanti cogli altri, atteso qualche incommodo loro, oppure per un desiderio reale di unirsi a noi. Come io camminava a piedi col mio compagno, vollero tutti unirsi a noi, lasciando la vettura già pagata da loro e qualche giumento che non mancava a conto loro, e così la nostra carovana era abbastanza numerosa. alcune opposizioni Qualcheduno che aveva sentito i miei discorsi sollevò la questione sopra il nome di pagani da me dato ai musulmani, guai [p. 407] se mai sentissero, dicevano essi, perché il musulmano chiama noi pagani, ma essi, secondo loro, sono veri credenti, epperciò si offenderebbero, e sarebbero capaci di menare la mani, ma, diciamo la verità, essi mi aggiungevano, cosa Ella ne dice? Secondo me, diceva uno, il nome di pagano ai musulmani il mussulmano parla ogni momento di Dio, epperciò non mi pare che [non] si possa chiamare pagano, altrimenti, se essi possono dirsi pagani, perché non conoscono Cristo come Dio, dovrebbero dirsi pagani anche gli ebbrei non è vero? Cari miei, risposi io, quando fosse questione di non chiamarli tali per prudenza, e per non sollevare questioni pericolose, io potrei darvi una certa quale ragione, perché in tal caso si può anche risparmiare il nome di ladro allo stesso assassino che vi assale in strada, ma quando fosse il caso di rigore questionabile, allora è altro caso: in questo caso, se io debbo dire il vero, come la penso, vi dirò che il musulmano è un vero mostro, perché egli vi parla molto di Dio, vi parla anche di angeli, e vi parla ancora di profeti, ma in realtà poi quando voi esaminate a fondo la cosa, e volete sapere cosa intende il musulmano sotto il nome di questo suo Dio, voi troverete un mistero più oscuro della notte la più buja. Io ho esaminato questa questione, /347/ anche leggendo attentamente il libro del loro corano, e vi assicuro, e posso assicurarvi di non avere trovato altro che un semplice nome.

cosa è Dio? Ma quando è così, mi soggiunse uno dei miei interlocutori, cosa intende Ella per questo semplice nome di Dio? Sotto il nome di Dio, risposi io, Iddio dei cristiani io intendo un’essere creatore del uomo [p. 408] e dell’universo, intendo un Dio legislatore che promulga una legge al uomo constituito in società, che comanda al uomo, e vuole essere ubbidito sotto pena di eterni castighi proprii del solo Dio in tutto il senso di Mosè nel suo pentateuco, nel senso dei profeti, ed in specie del salmista, il quale nei suoi Salmi, massime nel 118. parla a Dio come ad un padrone, al quale da conto anche del suo cuore, e che quasi in ogni suo versicolo lo riconosce come tale sempre col tu ed io come due [esseri] distinti. suoi carratteri Non parlo del Santo Vangelo, nel quale Cristo nostro redentore e Maestro ha perfezionato ogni dottrina relativamente a Dio ed al uomo, bastino le tre grandi scene, quella cioè del Getsemani, dove, egli come uomo pensa alla sua passione, all’ingratitudine dei peccatori, e dopo avere sudato sangue, nella sua umanità che rappresenta tutti gli uomini pronunzia quel gran canone della diversa personalità tra Dio e l’uomo nel famoso[:] fiat voluntas tua al suo Padre, quello stesso che ci obliga a ripetere nell’orazione dominicale. In secondo luogo quella della s. cena, nella quale il buon Gesù da la sua carne ed il suo sangue in cibo e sacrifizio perpetuo a Dio per noi. In terzo luogo, quella della croce, sopra la quale nel momento di spirare pronunzia il famoso[:] consummatum est del nostro riscatto dalla schiavitù del demonio.

il paganesimo musulmano Ecco appunto quello che io vorrei trovare, almeno nella sostanza, nel Corano e nei musulmani, per poter dire che non sono pagani; ma niente di tutto questo, anzi tutto l’opposto, perché nel fondo dell’islamismo non risulta altro, che un sistema di setta e di partito furbamente organizzato, del quale l’ultimo risultato analitico non è altro che odio e sangue senza il menomo segno di carità [p. 409] evangelica ed apostolica, la quale sa essere grata coll’amico, ma poi non lascia di esser fuoco per salvare il nemico, e sa rispondere allo stesso traditore che ha madrinato la morte[:] amice, ad quid venisti? Epperciò io non veggo altro nel Dio di Maometto che il famoso ego che mi consacra in facia al popolo, come una religione le mie passioni anche le più brutali, crudeli, ed inumane. il panteismo arabo alla prova Uno verbo[:] è il Dio Panteistico di tutte le razze sud dell’estremo Oriente che ha inspirato il falso Profeta arabo nella fondazione dell’islamismo, colla differenza che il panteismo suo, di tutte le altre razze affette da questa peste è più audace. Io che ho avuto da fare con molta di questa gente, ho trovato ancora sempre un certo senso di /348/ pudore in materia di sesto precetto, ed una tracia di legge naturale in tutti gli altri più o meno affetti da questa eresia, ma il musulmano che propaga la sua setta allettando colla passione sensuale in lui divenuta come sacra, e colla forza: egli è più terribile. quello dei nostri Si verifica nel musulmano ciò che accade alla nostra setta della rivoluzione, la quale agisce dovunque col mezzo della corruzione morale del libertinagio, e del timore, che in questo modo è presto padrona di tutto il mondo, massime della gioventù. Altro che pagani, cari miei, pagani di ultimo stampo creati dal diavolo perché sta per compirsi l’ultima profezia della gran torre babelica.

peggiore del paganesimo antico Il mio lettore al sentire da me che il paganesimo di oggi è di ultimo stampo sarà forze scandalizzato, e crederà questa una mia esaggerazione, eppure è proprio così, anzi aggiungo essere questo un paganesimo peggiore ancora del greco e dell’antico nostro [p. 410] latino. mie esperienze Cari miei, continuai io ai miei interlocutori, per quanto sembri questa mia asserzione stravagante, pure nella mia solitudine africana di molti anni, trovandomi quasi senza libri, ritornando alle mie antiche meditazioni bibliche, ed alle poche cognizioni preistoriche greco latine che aveva potuto avere nella mia gioventù: aggiungendo quindi tutta la posteriore mia esperienza di quanto ho potuto io stesso vedere e sentire dalla bocca dei musulmani dell’oriente, dell’Arabia, e dai pagani in Aden ed in tutti i [viei] viaggi di mare e di terra venuti dalla Persia, dalle Indie e dalla Cina; una mia lezione ai giovani ecco il piano storico che io ho potuto formarmi da poter comunicare agli stessi miei alumni di maggior capacità nella mia missione, per non lasciargli digiuni affatto nella storia del mondo: esso non sarà che uno schizzo.

paragone tra pagani antichi e moderni I primi Padri di Roma (1a) e di Atene venuti da Gerusalemme (2a) con un fondo di tradizioni sopra Adamo, sopra i Patriarchi, e sopra i Profeti. Dopo milliaja di anni, i loro pronipoti moltiplicati[si] ignorando le cose di Dio, divinizzando gli eroi loro antenati hanno creato una certa gerarchia celeste che noi oggi chiamiamo mitologia, alla quale fabbricarono templi e stabilirono Sacerdoti, e Sacrifizii. Così naquero gli Dei ai quali sacrificavano (3a),e diedero il nome di Saturno, di Giove, di Mar- /349/ te, di Cerere, di Bacco, e simili. Ciò basti per dare un’idea incompleta delle mie lezioni preistoriche da me date ad alcuni dei miei giovani più capaci in tempo del mio totale isolamento dal mondo dei dotti. Lascio a questi di darne il valore che meritano, perché le biblioteche [degli] africani sono molto povere di volumi, di pergamene, [p. 411] di papiri, e di geroglifici da studiare, e gli stessi sepolcri sono senza monumenti, e dopo al più un secolo vi passa sopra l’aratro, e le case non arrivano ai quattro lustri, e poi gli intieri villaggi scompaiono e sono divorati dal fuoco. Tuttavia se le mie idee indicate non sono totalmente da condannarsi, mi bastano esse per dire, che, se non altro, i nostri antichi pagani, tanto greci che Romani, non erano poi tanto maligni, perché nel fondo, benché ignorassero cristo, pure sentivano il bisogno di una divinità, come ultimo tribunale di appello, e benché pagani, pure non mancarono di gran dottori che scrissero anche divinamente [de natura] de natura deorum, e gettarono solide basi sopra l’etica, che servirono molto al futuro cristianesimo. Se essi furono crudeli contro i nostri martiri lo furono credendo di piacere ai loro Dei. Ma non così i nostri atei, i quali nulla più vogliono poi sentire di Dio, e non sanno sortire più fuori della materia e del fango, odiando a morte tutto ciò che non si misura col mettro, che non si pesa colla bilancia, e che è al di là dell’analisi chimica, del telescopio o microscopio. Dunque, sono pagani i figli di Maometto, perché il loro Dio, non è che di nome il Dio biblico creatore di tutto. ultima nostra conclusione Sopra tutti poi, schiuma del paganesimo sono [sono] i figli del progresso e della rivoluzione, perché essi sono direttamente atei, e falsi panteisti, non avendo neanche il Dio mondo con loro che di semplice nome: più pagani che i pagani greci e Romani, figli dei ciclopi, o della mitologia.

arrivo a Ramle
[2.3.1880];
nostra conversazione
Così, terminata la nostra conferenza, siamo arrivati a Ramle, dove eravamo aspettati, e dove si passò la giornata, ed i pochi pellegrini che vennero con noi [venuti], poterono visitare alcuni [luoghi] storici, e l’indomani hanno potuto sentire la Santa Messa [nella casa] detta di Nicodemo. Io in Ramle non mi trattengo in altre descrizioni, perché [si tratta di] cose già da me dette in altri miei viaggi. partenza
[2.3.1880]
e viaggio
L’indomani siamo partiti [p. 412] da Ramle [coprendo] a piedi la maggior parte del nostro viaggio, ma io stanco del giorno precedente, ho lasciato ad altri l’incarico di trattenere i pochi pellegrini che erano con noi sopra le particolarità del vasto piano del paese filisteo, i quali parlarono, viag- /350/ giando, del fatto delle volpi raccolte da Sansone poco presso accaduto in quel luogo, oggi ancora ben coltivato, ma pieno di volpi. Arrivammo frattanto ai piedi delle montagne della giudea, dove si parlò della patria di Giuseppe d’Arimatea. salita delle montagne sino al Terebinto Io ed alcuni altri abbiamo sentito il bisogno di servirsi della miserabile vettura, e cavalcature dei giumenti; con questi ajuti abbiamo salito le più basse catene dei monti, dove incommincia [a] vedersi qualche segnale della maledizione nella sterilità di quei terreni pieni di aride pietre, seminati da qualche olivo, e così si poté ben presto arrivare alla valle di Terebinto, il quale discende dal luogo dove Davidde uccise il gigante più all’est. veduta della citta santa Passato il fiume si presentò l’ultima salita per arrivare all’ultima altezza di Gerusalemme, di dove incommincia [a] vedersi la santa città. Fatta là la nostra adorazione, i nostri ciceroni ci fecero vedere a mano diritta in lontananza Ebbron, dove Davidde incomminciò il suo regno, ed un poco più all’Est di Ebbron S. Giovanni in Montana, dove l’Abbate Ratisbon (quel famoso israelita [20.1.1842]
[16.5.1856]
convertito in Roma nella Chiesa di S. Andrea delle Fratte) fece un bel stabilimento di educazione, e fece portenti di coltivazione, tali che si producono grappoli di uva di tale grossezza da ricordare quelli degli esploratori della terra promessa. In seguito abbiamo disceso una piccola vallata, dove si trova[no] alcune case ed in particolare una piccola bottega dove si vende vino.

[p. 413] una carovana venuta ad incontrarci Mentre noi stavamo bevendo sopra la strada un bicchiere, regalo forze del venditore, oppure meglio di qualcuno della stessa nostra [comitiva] che ci prevenne [prima] a nostra insaputa, si presentarono a me due religiosi della Scuole cristiane sortiti fuori da un boschetto tutto vicino alla strada, seguiti da una ventina di giovani, e dopo di loro alcuni signori, era questa una piccola carovana, venutaci all’incontro da Gerusalemme. Fra i signori di quella carovana esisteva il dottore medico del Convento con un suo bimbo, persona garbatissima, che poi dopo mi curò sempre in tutto il tempo che io stetti in terra santa. Quindi si trovavano molti levantini a cavallo, fra i quali un giovane molto garbato: è questo, mi dissero i due Fratelli, il figlio del Bascià di Gerusalemme, anche nostro alumno del Convitto. Partiamo subito, dissero, perché molta gente ci aspetta sulle porte della santa città. Come esisteva ancora una [una] tal quale salita, fatti i convenevoli, io sono salito sopra di essi [= sulla loro vettura], a fronte che alcuni mi esibissero cavalli schermendomi con dire che io essendo un povero Cappuccino avrei fatto ridere, perché non sapeva maneggiare il cavallo; così salirono tutti il loro cavallo e ci siamo incamminati.

una seconda adorazione Arrivati al piano, di dove si presentava al nostro sguardo Gerusalemme, /351/ sono disceso dalla vettura per fare una nuova adorazione alla santa città ed ai misteri grandi che ivi ebbero luogo, e poi vedendo che la distanza era ancora sufficiente per aver tempo un poco a discorrere, dissi che io avrei amato di andare a piedi come pellegrino, ed allora tutti lasciarono la cavalcatura per farmi corte e sentire [p. 414] da me qualche cosa dell’Africa: i fratelli delle scuole; il figlio del Bascia mentre io stava pensando per raccontare loro qualche fatto edificante si approssima il fratello direttore dei giovani, e mi presenta il giovanetto, figlio del Bascià-Governatore della S. Città, il quale essendo musulmano non aveva osato baciarmi la mano, e bramerebbe a sua volta complimentarmi: molto bene, dissi, ma intanto pensai subito alla delicatezza dell’argomento; sentito che ebbi i complimenti del benvenuto, mi congratulai con lui perché si trovava alla Scuola dei Fratelli; il vostro Padre vi ha mandato in questa casa religiosa per imparare le lingue nostre, la bella scrittura, ed un poco di aritmetica: voi dovete pensare ad eseguire puntualmente la volontà dei vostri genitori e dei vostri connazionali, e non dovete pensare ad altro; dovete stare agli ordini dei vostri maestri, e cercare sempre di imitare i migliori dei vostri compagni, cercando anche di superarli. una similitudine Chi va in campagna suole andarvi per cangiare un poco le idee e per respirare un’aria più pura e salubre; arrivato alla campagna, egli non cangia tenor di vita, ma respira, e quell’aria più pura, entrata nei polmoni, passata nel sangue, si porta al cuore centro del sentimento, e l’uomo senza avvedersene si trova regenerato, e come cangiato di natura. Io, vedete restando molto tempo in Africa sono più africano che italiano. Ecco ciò che fa la scuola, quando il giovane è buono, solamente deve attendere al [al] suo dovere: tutto vedere, tutto sentire e poi tutto digerire meditando. Ecco, il caso vostro, figlio mio.

arrivo alle porte della citta Mentre io stava facendo questa conferenza a quel caro giovane senza aver aria di parlargli in secreto, ed in modo che tutta [p. 415] la nostra carrovana poteva sentire, le gambe nostre, fatte per camminare, ci portarono alle porte della santa città fuori delle mura, per me tutta cosa nuova, stata fabbricata in pochi anni, mentre io era in Africa, città mista, e nella maggior parte di ebbrei, di mercanti di tutte le religioni, sollenne incontro, e complimenti dove mi aspettavano i giovani delle scuole schierati in due ali, in mezzo ad un mondo di curiosi, dove i nostri giovani mi fecero una bella parlata, e mi cantarono un bel motetto, e dove lo stesso giovane suddetto prese parte la più viva e delicata, ma tutta a proposito della circostanza.

una mia risposta Io allora presi la parola, poco più poco meno in questo senso: Eccoci arrivati alla santa città patria di Abramo, di Mosè, e di Davidde, patria dei patriarchi e dei Profeti, città di cui piangeva Geremia le rovine, /352/ predicava Isaia le grandezze del Cristo Salvatore, città dove sospira[va] Daniele nel lago dei leoni in Babilonia, ed i tre giovani nella fornace speravano. Oggi da chi sono chiamati milliaja di pellegrini? tutte queste caterve di gente che fanno mesi di viaggio, varcano i mari, e sperano nel furore delle tempeste per visitare il Santo Sepolcro del Cristo morto e risorto, non è forze [non è forze] dalla profetica parola di quelle grandi anime che lo predissero glorioso? Non hanno forze essi medesimi bevuto alla stessa sorgente delle aque che scaturivano dalla pietra angolare del Salvatore? Quelle stesse che beviamo noi in Francia, in Italia, ed in tutta l’Europa? Andiamo dunque tutti ed adoriamo il luogo dove si verificarono e si compirono i grandi misteri di tutti i tempi; e voi etiopi che qui veggo, voi, figli miei carissimi, venite con me ed adoriamo tutti[:] venite adoremus.


(1a) Si nomina quì Roma ed Atene in luogo d’Italia e Grecia, perché in Etiopia i due nomi suddetti soli sono conosciuti [Torna al testo ]

(2a) Gerusalemme è nome molto conosciuto in tutta l’Etiopia: esso equivale non solo alla città suddetta, ma in alcuni luoghi a tutti il mondo fuori dell’Etiopia [Torna al testo ]

(3a) In Etiopia sono conosciuti alcuni nomi di pianeti, ma come nomi di stelle e non di pianeti. Non hanno idee della nostra mitologia, benché non manchino di certe idee mitologiche loro pro- /349/ prie. I miei trattati di astronomia furono molto semplici e brevi, ma non ho mancato di far conoscere loro simili cose elementari. [Torna al testo ]