/353/

36.
A Gerusalemme: Mons. Bracco, visite
e fervorini. Svenimento sul Calvario.

[p. 416] nostra entrata nella santa città
[3.3.1880]
Così lasciammo la nova citta extra muros, ed in conseguenza la maggior parte del popolo radunatosi fuori di Città, quasi tutto di ebbrei, mussulmani, e scismatici slavi e greci chiamati dalla corrente curiosità. Entrammo noi [per] le porte della vera Gerusalemme antica, accompagnati solo dai nostri cattolici. Si congedarono quindi i Fratelli delle Scuole cristiane con tutti i loro alumni e scuolari. Quindi con un piccolo drapello di ecclesiastici e pellegrini andammo direttamente allo stabilimento dei pellegrini della sua casa nova, dove, fatti i convenevoli ad alcuni della casa, e preso possesso dell’alloggio fissatoci, io pensava [di] andar subito a far una visita a Monsignor Patriarca Bracco, ma Egli mi prevenne con tutto il suo clero e Capitolo.

un mio proposito Benché io in questa mia ultima visita ai Luoghi Santi, abbia proposto di non moltiplicare parole, per non espormi a ripetere cose già dette nei tre precedenti miei pellegrinaggi al S. Sepolcro, non posso trattenermi di raccontare un piccolo annedotto che mi è stato molto tenero. una cortesia Arrivato in Egitto tutto straciato come un povero mendico, avendo dovuto partire di là quasi all’improviso per le ragioni già da me citate sopra, senza poter attendere le vesti che colà aveva ordinato, me ne sono venuto a Gerusalemme vestito alla meglio, [p. 417] sperando di essere compatito, come povero missionario venuto da paesi barbari, dove non si trovavano ne mercanti da [cui] comprare, ne sarti da cucire vesti vescovili, e dove io soleva vestire un’abito di grossa tela indigena, vestito arrivando in Egitto di pochi stracci vecchi trovati nell’antico deposito, o ricevuti a imprestito colà. le monache di s. Giuseppe
[stabilite in Gerusalemme: 14.8.1848]
Ora il caro Monsignor Bracco mio antico amico, e figlio per l’imposizione delle mani nella sua consacrazione, senza nulla dirmi, come abbia potuto fare non lo po[i]tei capire, se non erro nel secondo giorno, prima che io abbia potuto pensare a me stesso, si presentarono a me le religiose di S. Giuseppe portando tutto il necessario, e mi sono trovato vestito come sposo di Santa Chiesa. Ho /354/ cercato di soddisfare la spesa non piccola, ma tutto passò in mistero, come se il venuto regalo fosse disceso dal Cielo. Tutto ha dovuto essere regalo di Monsignore Patriarca, e le povere religiose han dovuto lavorare giorno e notte per arrivare a terminare il gran miracolo.

[† 2.12.1872]
[21.3.1873]
[13.5.1866]
Morto Monsignore Valerga, primo Patriarca Latino di Gerusalemme, e nominato suo successore Monsignor Vincenzo Bracco già da alcuni anni, alla cui consacrazione io era stato assistente, come è stato detto a suo tempo, la persona stessa del nuovo Patriarca era per me la prima delle novità avvenute nella santa città che mi interessasse. il Patriarca, e la terra santa Monsignore Valerga in occasione della Consacrazione del suo [p. 418] successore, come ausigliario, mi disse queste parole: io come primo Patriarca Latino ho dovuto sollevare molte questioni dolorose ai Padri di Terra Santa, i quali da secoli erano custodi di quei luoghi, e come Ordinarii per i Cristiani Latini; ora questo nuovo Vescovo che abbiamo consacrato, succedendomi medicherà tutte le piaghe. Fu questa una vera profezia fatta dal defunto. loro armonia Al primo mio arrivare a Gerusalemme fù per me una grande consolazione vedere questo nuovo Patriarca in perfetta armonia con quei religiosi, da lui considerati come suoi figli primogeniti, da lui molto amati. Le questioni frà ecclesiastici sogliono incomminciare dalla giustizia per finire colla carità. Molto diversamente camminano per lo più le questioni tanto civili, quanto politiche di questo nostro povero mondo, le quali sogliono per lo più incomminciare coi guai per terminare coll’odio diabolico ed anche soventi col sangue.

Nel primo giorno dopo il mio arrivo a Gerusalemme ho detto la mia prima Messa al S. Sepolcro, dove ho fatto l’apertura del mio pellegrinaggio, cioè il quarto, il quale sarebbe stato l’ultimo. ristori della basilica Negli altri precedenti aveva avuto sempre il dispiacere di vedere la basilica del S. Sepolcro in cattivissimo stato, colla cupola quasi totalmente in rovina; mentre in quel mio ultimo [pellegrinaggio ebbi la soddisfazione] di vederla riparata, e quasi in tutto il suo decoro. Dopo le crociate la Francia aveva sempre mantenuto una certa primazia nel protettorato di quella basilica e degli altri luoghi santi. Era [p. 419] questo un troppo giusto monumento dovuto a quella nazione cristianissima per il sangue sparso in diffesa dei Santi Luoghi. una critica a Napoleone Napoleone III., il quale aveva ricevuto il diritto all’impero dalla rivoluzione passò sopra a tutti questi onori e diritti nazionali, e, fatto un concordato, non so quale, colla Russia, fatto sta ed è che detti ristauri furono fatti da questa potenza, cosa che i suoi antecessori mai avrebbero fatto. Io, parlando coi pellegrini, mi sono accorto di un malcontento tale a questo riguardo sino all’irritazione. Fu questa anche per me una novità che non seppi comprendere.

/355/ Chiesa patriarcale
[consacrata: 11.2.1872],
mia messa
Celebrato che ebbi la Santa Messa al Santo Sepolcro, l’indomani mi sono recato a celebrare la Santa Messa alla Chiesa nuova patriarcale, stata fabricata da Monsignore Valerga defunto Patriarca, tutta vicina alla sua casa e Seminario patriarcale. Ho pagato così un debito che io aveva con questo illustre defunto in virtù di una specie di società fatta con lui e con altri vescovi nella circostanza del centenario di S. Pietro in Roma nell’anno 1867., di celebrare un servizio funebre a ciascheduno dei socii che prima sarebbero morti. Celebrata che ebbi la Messa, il nuovo patriarca Monsignor Bracco mi fece vedere la nuova chiesa, la quale, dopo il Santo Sepolcro era la più bella Chiesa di Gerusalemme, la quale, unita alla casa patriarcale, si poteva dire bellezza, del patriarcato
[iniziato nel 1859:
abitato dal nov. 1865]
il più [il più] bel fabbricato infra le mura della santa città, da fare una certa concorrenza a quello, molto maggiore, fatto dall’impero russo fuori le mura [p. 420] già alcuni anni prima, per commodo dei suoi pellegrini. Fu questa, un’opera fatta dal defunto mio predecessore, finita nella sua maggior parte col mezzo di limosine dell’instancabile benefattrice che è la Francia. Questi poveri levantini, diceva il suddetto Prelato, sono popoli materiali, presso i quali il culto esterno, e simili monumenti esercitano un gran prestigio. Il senso in queste popolazioni domanda la sua parte sopra lo spirito e la parola.

Pagato questo tributo al defunto Patriarca Valerga, prima di ritirarmi nel Santo Sepolcro, secondo il mio solito, dissi a Monsignore, voglio visitare i nuovi stabilimenti, lasciando da parte tutti gli altri già veduti nei miei pellegrinaggi precedenti. visita alle suore di s. Giuseppe Prima di tutti debbo pagare il tributo di ringraziamento alle Suore di San Giuseppe, le quali molto lavorarono per me. Accompagnato quindi dallo stesso Prelato mi sono recato dalle medesime. Ad esse il Patriarca Valerga aveva dato il suo antico alloggio da lui comprato quasi nel centro della città, stato ampliato, ed alla meglio addattato a modo di monastero per religiose che si occupano di scuola e di educazione. Avevano cappella interna sufficientemente grande, non solo per le religiose, ma anche per una quantità notabile di figlie sia interne che esterne. una doma[n]da di monsignore Fatta la visita della Chiesa e della casa, le religiose si radunarono in una sala, dove Monsignore Patriarca avrebbe bramato che io dicesse loro qualche parola per loro consolazione: mia risposta Sentite, dissi [io] loro, avete sentito, come [p. 421] il vostro prelato bramerebbe che io vi dicessi qualche parola, ma a dirvi il vero io non oso per timore di far ridere lui e voi, perché venendo io dall’Africa, ed accostumate ad altre lingue e al[t]ro genere di persone ho perduto non solo l’eloquenza, ma anche la lingua dei nostri paesi, io farei quì la figura di un montanaro che prendesse il pennello per fare un bel quadro della /356/ Madonna. Tuttavia per fare piacere a lui ed a voi vi dirò due parole in secreto, perché qui noi siamo in paesi turchi e non si può dire tutto. Voi avrete sentito parlare, o avrete letto la storia delle crociate, quando molti soldati partiti dalla Francia e dall’Italia sono venuti quì, ed hanno caciato i turchi da Gerusalemme, ed hanno custodito questi Santi Luoghi colla spada duranti alcuni secoli. nuovi crociati. Oggi i tempi sono cangiati; da parte loro i Turchi sono divenuti alquanto più timidi, epperciò più tolleranti; da un’altro canto i nostri grandi governatori, hanno perduto la loro fede e fanno essi le parti di persecutori. Iddio, oh portento inaudito delle sue misericordie infinite, da stupire i due mondi! ha cangiato i scudi in crocifissi, e le lancie in altrettanti rosarii; egli ha organizzato armate di preti, di religiosi, e ciò che più stupisce, [di] giovani donne, chiamate da tutte il sesso debole, le quali, unitesi in congregazioni, e con una consacrazione di loro stesse, [sono] divenute altrettante spose di Gesù loro Dio e loro tutto.

fervorino alle monache Voi dunque, o dilettissime figlie in G.[esù] C.[risto], ed al pari di voi, anzi con voi tutte le quasi infinite nuove congregazioni di religiose, che oggi giorno, [in] epoca di fatale persecuzione contro la Chiesa di Dio, Madre sempre più feconda sotto la fatale oppressione di governi nemici, più rigogliose che mai, quasi all’infinito si vanno moltiplicando nel mondo cristiano (1a), voi quì ed ovunque [p. 422] contro i nemici di Cristo e della Sua Chiesa siete i più terribili crociati che spaventate l’armata nemica. Ciò che dico non crediate[lo] già una mia esaggerazione, perché la ragione è più chiara che l’esistenza del sole di mezzo giorno, ed ecco come: In questo secolo, in cui tutto è materia, tutto è sensualità, tutto passione di senso; in questo secolo, in cui, perduta la fede, il mondo si trova involto dalle più folte tenebre, arrivato a negare Dio, a professare l’ateismo, ed a sollevare la bandiera di Satana. sforzi dell’ateismo In questo secolo in cui il diavolo pare che abbia vinto il mondo, e peggio ancora degli antichi romani, esso ha fatto di tutti un mondo di schiavi per rifabbricare Babilonia per farvi regnare un’altro Nabucco infernale in luogo del rappresentante di Cristo. Ora, risorgimento della virtù figlie dilettissime, facendo voi parte del gran reggimento di Vergini Spose di Cristo, che col vostro /357/ esempio insegnate al mondo, caduto nell’ultima corruzione, e nelle tenebre dell’infedeltà pagana, insegnate, col catechismo di Cristo, la castità, la purità, e la verginità; quella verginità che prima di Cristo, era come disonorata, e creduta impossibile, in modo che Iddio ha dovuto crearne una per essere la gran Madre di Gesù, la Regina del Cielo, dopo la quale correte voi, e corrono milliaja, e presto millioni nell’apostolato di Cristo Re. Cosa vi pare[:] non ho ragione di chiamarvi un reggimento di crociati?

chi sono i crociati antichi Rispondo a questa questione, la quale, per essere tutta nuova nel linguaggio della Chiesa medesima, ha bisogno di una spiegazione per essere compresa nel suo vero senso mistico o allegorico. Crociati, nel senso storico della Chiesa Cristiana, sono soldati che hanno sentito la voce del capo [della] Chiesa di Dio, i quali, segnati di u- [p. 423] na croce sopra il loro labaro, partirono per combattere i nemici di Cristo, e [difendere] gli interessi della fede Cattolica, disposti a morire sul campo di battaglia combattendo un nemico pagano, incapace di comprendere la parola di Cristo, perché abbruttito, come era l’islamismo, nei tempi medii. fatto di Lagamara Il mio lettore troverà a suo tempo, nel breve corso di questa mia storia medesima un fatto occorsomi nell’anno 1855. in Lagamara, dove pregato io da popolazioni pagane, che confidavano in me, dopo aver mandato i miei preti armati di Croce a predicare la pace a Celia, ho dovuto anche mandare dei soldati segnati di Croce, e piantarvi delle croci sui confini, cosa stata benedetta da Dio con veri miracoli. fatti di Parigi
[il Senato condanna l’espulsione delle Suore dagli ospedali: 30.5.1881]
Ora, ciò spiegato, un’armata, non solo di uomini, ma di donne, i quali, dato un calcio al mondo in tutti i sensi, armati, non più di fucile, ma di una condotta eroica, prestano lo stesso servizio alia chiesa di Dio, insegnando, non solo la fede di Cristo, ma praticandola in mezzo agli stessi dotti infedeli, arrivano a convincerli come arrivò [in Pariggi] nella causa degli ospedali in Parigi medesimo, cosa vi pare? non si potranno chiamare crociati? Se così [è] dei nostri paesi, con maggior ragione non potremo dirlo di voi, o Spose di Cristo, qui fra i musulmani, e frà gli eretici ancora peggiori? Secondo me non è più questione di principii, ma di tempi, e di bisogni relativamente diversi. argomento dei fatti Agli ignoranti di questi paesi occorrono ora armi, ed ora esempi; ai superbi che già conoscono, i soli esempi [bastano].

parole [e] fatti antichi Figlie dilettissime, lasciamo di ragionare, ma parliamo coi fatti alla mano. Quando io nell’anno 1846., venuto da Roma, ho veduto in Egitto la prima volta le vere Suore di S. Vincenzo prostrate ai piedi di una turba di arabi poveri [intente] a lavare e medicare piaghe tutto il santo giorno [p. 424] mi fece un’impressione tale, che quelle buone religiose non mi /358/ sembravano più donne di questo mondo, ma angeli discesi dal cielo, ed i loro capellini bianchi che svolazzavano mi parevano le ali loro. Un giorno parlando di queste mie impressioni col dottore Clot Bey alla presenza di Monsignor Delegato; queste sue impressioni non mi sono nuove, mi diceva egli, io che sono in contatto del popolo mi arrivano alle orecchie molte espressioni simili, ma valga per tutte una breve conversazione da me fatta col Viceré, e con Hibrahim Bascià; un giorno essi mi dissero: i nostri dervis e capi di religione sono molto impressionati da queste nuove religiose, esse finiranno per accaparrarsi tutti i nostri credenti; noi siamo accostumati ai preti, vengono questi quanti vogliono, noi gli rispetteremo, ma queste religiose col loro modo di accapparrarsi i poveri e le ragazze finiranno per fare tutto l’Egitto francese. apostrofe ultimo alle religiose Figlie dilettissime, avete sentito dalla bocca degli stessi nostri nemici dove arriva il prestigio del vostro esempio, e del vostro contegno, i vostri occhj bassi sono le fortezze che spaventano, la vostra carità è un’arma che spacca questi stessi cuori di pietra. State dunque ferme e costanti nella vostra battaglia, e la vittoria sarà a voi. Vi basti questo, perché il resto lo sentirete dalla bocca del vostro pastore, e dalla parola eloquente di vostri direttori.

nuovi stabilimenti non visitati In Gerusalemme si trovano innoltre le dame di Sion, stabilite nella così detta casa di Pilato, oggi Santuario dell’Ecce homo, delle quali credo [di] aver già parlato nei miei viaggi precedenti. Queste medesime religiose [1.5.1865] hanno stabilito un’altra casa fuori città a S. Giovanni in Montana, dove io non ho potuto recarmi, epperciò non ne parlo, per non [p. 425] conoscerle abbastanza. Esiste ancora un’altro monastero fuori città, detto della dame del Cenacolo, delle quali non parlo per la stessa ragione, benché siano tutti nuovi aquisti. [In] Più esistono ancora in Città i sacerdoti della [decreto di Propaganda: 8.2.1878] Congregazione detta africana del Cardinale Laviserie della quale già si è parlato come di cosa già preesistente nel Santuario detto di S.t Anna. In quanto a me, rimaneva ancora un gran debito [d]a pagare, per potermi [poi] ritirare nel piccolo conventino del S. Sepolcro, onde soddisfare al mio gran desiderio di lasciare il mondo dello stesso Gerusalemme e rimanere tutto solo al Sepolcro colla mistica Maddalena. un mio debito ai fratelli Il debito era quello di visitare lo stabilimento dei Fratelli della Scuole Cristiane, sia perché questi mi erano venuti all’incontro nel mio arrivo, come già si disse, e sia molto più, perché questo era uno dei nuovi stabilimenti che mi rimanevano [d]a vedere nel mio proposito di limitarmi alle cose nuove non ancora eseminate, per ogni caso di dovere scrivere onde schivare le ripetizioni, come già dissi.

loro visita nel sabato delle palme
[20.3.1880]
Correva, se non erro, il Sabbato prima delle Palme. Quei buoni religio- /359/ si mi aspettavano con impazienza, la mattina. Secondo il mio solito, celebrata la S. Messa nel mio piccolo appartamento, nella piccola cappella privata statami preparata alla casa nuova da Monsignore Patriarca, nella notte, e congedatomi dal dottore, il quale ogni giorno veniva a visitarmi, accompagnato dal mio Segretario, e da alcuni sacerdoti, sia religiosi di terra santa, e sia ancora del Seminario patriarcale, mi sono recato alla casa, o meglio [al] collegio dei Fratelli suddetti. Ho visitato le scuole, sia esterne, e sia interne dei convittori. [p. 426] una seduta all’aperto Fatta questa visita, e dette alcune parole a ciascheduna classe in particolare, che qui sarei troppo imbarazzato a riprodurre, ci siamo recati nel cortile, per mancanza di un’altra sala abbastanza grande per contenere tutti i giovani delle scuole radunati, e molti frà i pellegrini francesi ed altri amici di Gerusalemme, ci siamo adagiati alla meglio in un luogo preparato, e sopra un numero di sedie, appena sufficiente per le persone di distinzione, rimanendo in piedi tutti i poveri giovani, e molti altri. L’ora era già tarda, la giornata era buona, e per fortuna che, il sole ci riscaldava, altrimenti sarebbe stato impossibile [resistere], perché in quell’anno 1880. caso strano, in Gerusalemme, nel mese di Marzo verso l’equinozio, pochi giorni prima nevicò quasi tre giorni intieri, e si dovette[ro] scaricare i tetti per la sovverchia neve caduta, e faceva ancora freddo.

un mio rifiuto Quando ognuno ebbe preso il suo posto, il superiore mi faceva cenno che tutti bramavano sentire qualche cosa dell’Africa e della missione: no, risposi io, perché il campo sarebbe stato troppo vasto, ed io non mi credeva abbastanza in forze per attaccare un’argomento simile, il quale mi avrebbe causato troppa emozione; per parte anche dell’uditorio, tanto il sole quanto il freddo della stagione non avrebbero gli uditori potuto sostenere una troppo lunga seduta; ho creduto perciò più a proposito parlare della circostanza, e continuare il mio argomento sopra i crociati. una mia consolazione È questa, dissi, la quarta volta che vengo a Gerusalemme, debbo confessare una cosa che mi consolò molto nel mio arrivo e fù il ricevimento che ebbe luogo [p. 427] nell’entrata della nuova città fuori le mura: ciò che non ho potuto dire là, dove ci attendeva un mondo che non era nostro. i figli del vener. Lassal La prima comparsa dei figli del Venerabile La Salle, ah, lo ripeto, mi rallegrò molto! ecco, dissi frà me, la nuova crociata, arrivata anche qui. Rivolto poscia ai giovani delle Scuole che erano schierati, figliuoli miei, dissi loro, siete voi che mi consolate, e sono questi vostri Fratelli direttori e maestri. Voi accostumati a vedere i Padri di Terra Santa, quelli di Monsignore Patriarca, i quali dicono la Santa Messa, e vedendo voi che questi Fratelli vostri direttori non celebrano, io temo che voi non ne abbiate una idea giusta di loro, e che perciò /360/ non gli rispettiate come essi si meritano, io che [ne] conosco tutta la storia loro, dopo avergli veduti in gran detaglio, dopo avergli meditati in pratica, sia [sia] in Roma ed in Italia, sia in Francia, come [in] Pariggi, Lione, Marsilia, e quasi in tutto il mondo, posso dirvi chi sono.

chi sono questi fratelli? Sapete dunque chi sono questi Fratelli? essi sono un distaccamento di angeli che Iddio ha mandato direttamente per voi figli della Chiesa di Dio per salvarvi dai grandi pericoli in questi poveri paesi pieni d’infedeli di ogni razza. Iddio ha pensato direttamente a voi poveri giovani, come ha pensato alle figlie mandando monache. l’angelo in figura di uomo Dicendo io che sono Angeli mi tacierete di esaggerazione, voi mi direte che sono uomini come tutti gli altri, nati da un padre e da una madre, va bene tutto ciò, ma ditemi, non avete voi sentito la storia del figlio di Tobia che cercava in piazza un compagno sicuro per recarsi da Gabele, e come lo trovò subito ben armato, il quale figurava come il figlio del grande Anania, per tranquillizzare i suoi vecchi genitori? ebbene non era quello l’Arcangelo Raffaele? Non erano tre angeli quei tre giovani passati da Abramo [p. 428] chi mangiarono la cena, prima di recarsi alla distruzione di Sodoma? la congregazione dei fratelli Così di tanti altri casi simili? Voi direte che sono esaggerazioni quando vi diceva essere [i Fratelli delle Scuole Cristiane] una compagnia o distaccamento di un gran reggimento di angeli, ebbene posso dirvi che io s[t]esso ne conosco forze più di mille, e so [di] certo che tutta la Congregazione ne conta più di quindeci mille sparsi anche nell’America, nell’Oceania ed in tutto il mondo, tutti soldati di Cristo armati non di fucili, ma di croci, di rosarii e di catechismi. Figli carissimi, per ora vi basti sapere chi sono i Fratelli recentemente arrivati a Gerusalemme, e che sono incaricati della vostra istruzione e della vostra educazione, essi sono angeli che Iddio vi ha spedito per aver cura di voi. conclusione ai giovani Le vostre menti non sono ancora capaci di seguire un grande orizzonte, ed i vostri cuori [sono] incapaci di grandi palpiti; per voi quindi basti il sapere che voi tenendovi con loro stretti come ad altrettanti padri, voi appartenete ad una gran famiglia di angeli in carne. Sentite le loro parole, e seguitene gli esempi, perché dietro le quinte della scena avete un’altra gran famiglia di apostoli, sopra i quali avvi Cristo Dio e uomo, avvi il gran Dio degli eserciti che vi conduce a salute.

una parola all’uditorio Due parole ora a questa bella comitiva di Cristiani. Gerusalemme è il luogo, dove si compirono i grandi misteri del cristianesimo. Come tutti sapiamo, il nostro divino Salvatore, a compimento di grandi profezie, naque in Betlemme, crebbe in Nazzaret, morì in Gerusalemme, la città sacerdotale, dove conveniva fosse immolato il divino agnello per mano sacerdotale, come sacrifizio per la salute del mondo. Così dovevano /361/ essere sepolte le antiche cerimonie, e qui doveva nascere la nuova Chiesa, di Dio, da lui destinata a governare [p. 429] il mondo. s. Pietro a Roma Ora Pietro messo da Dio alla testa di questa nuova Chiesa, rimasto alcuni anni in Gerusalemme, passò in Antiochia, e di là per un’arcano [disegno] della divina Providenza, non si sa per quali ragioni passò a Roma, dove morì, e dove rimase il Supremo Pontificato, come tutti sappiamo, e la Chiesa di Dio lo riconobbe in tutti i tempi. Ora Maria, rimasta in terra, come grande consigliera, doveva essa essere estranea a questa trasformazione, essa che tutta conosceva le ragioni di questa arcana trasformazione? protesto essere questa una semplice mia opinione, ma credo di no; essa, prima di lasciare questo basso mondo per passare al possesso del Cielo, com’è Regina della Sposa di Cristo, non solo trionfante, ma ancora purgante e militante, ha dovuto essere un consiglio tutto suo [dato] a Pietro ed all’apostolico collegio.

ragioni della sua andata Non è qui il caso di esporre tutte le ragioni in un diario semplicemente storico, essendo queste tante, che un libro non basterebbe per tutte esporle, molte delle quali potrebbero anche ferire la suscettibilità di molti, anche figli della Chiesa di Cristo. Ne citerò solamente tre, cioè la separazione della Sinagoga ripudiata, e da tutte le sue abitudini divenute superstiziose. In secondo luogo la conquista del paganesimo personificato con Roma, la quale doveva costare un mare di sangue di martiri. In terzo luogo, l’abitudine di tutto il mon[do] conosciuto nei tempi: apostolici, di considerare Roma come centro di tutte le evoluzioni mondiali. la monarchia papale Ma per quante siano le ragioni, che noi lasciamo nel tesoro della divina providenza, ciò che fa per noi in questo giorno, il certo [p. 430] si è che l’oracolo inappellabile, oggi è in Roma, dove esiste la Sede di Pietro; là esiste la gran monarchia apostolica, la quale non ha confini, dalla quale parte la crociata eterna che porta la parola a tutto il mondo, dove si trovano figli di Adamo, di qualunque razza, di qualsiasi nazione o colore, e di qualsiasi religione eretica, o pagana che Ella sia. Quella monarchia è la più grande nel mondo ideale, benché senza cannoni, senza fucili, e senza lancie o archi, perché le sue forze, e le sue falangi di combattenti vengono non di oltre mare sopra poche barche, ma di sopra le stelle, e perché il Cristo nostro Re, benché in questo mondo, non è di questo mondo, ed i suoi combattenti sono immense turbe, or di angeli vestiti dell’umanità visibile, come il figlio del grande Azzaria, ed ora invisibili che sospendono le aque dei mari in favore l’Israele, per scatenarle per seppelire Faraone, e manovrano armi, che senza spargere sangue trapassano i cuori e prostrano i Pauli.

i crociati di tutto il mondo infe[de]le Signori della santa città, che qui mi fate corona, avete sentito come la /362/ sola congregazione dei Fratelli delle Scuole [Cristiane], arriva a 15. mille [membri], ma non sono forze più di cento le congregazioni dei due sessi, chi più chi meno numerose, sparse in tutto il mondo? Dopo ciò chi può numerare il clero secolare di milliaja di diocesi sparse nel mondo sotto gli ordini di Cristo rappresentato dal suo Vicario successore di S. Pietro in Roma? Ma ritorniamo alla nostra Gerusalemme. speranza futura di Gerusalemme Questa città misteriosa, per un decreto della Providenza che noi non possiamo penetrare, caduta nelle mani di un potere pagano da secoli, custodita da pochi religiosi [p. 431] miei fratelli in S. Francesco, veri eroi che bravarono le persecuzioni non solo pagane ma eterodosse che si dicono Cristiane, in meno di 40. anni [23.7.1847] vederla coronata di un Patriarca Latino, e di molte case religiose dei due sessi che lavorano indefessi nella crociata di Cristo, non ho ragione io di rallegrarmi a questa novità e di sperare che fra un’altro mezzo secolo avremo una colonia tutta cristiana e cattolica? lo me lo auguro, non solo dall’armata di questi nuovi apostoli, e da questi giovani che cresceranno in virtù ed in zelo apostolico, ma anche in voi o gerosolimitani. un monito Non accada qui ciò che suole accadere in molti celebri nostri Santuarii d’Europa, dove dal concorso di pellegrini, invece di crescere la pietà, vi domina invece la speculazione e l’amore al guadagno, facendo un vero mercato del santuario con ammirazione dei pellegrini, i quali, senza un compenso di edificazione nella pietà sogliono allontanarsi con danno anche temporale del santuario stesso.

ritiro della settimana santa
[20.3.1880]
Pagato intanto questo tributo ai cari Fratelli della Scuole [Cristiane], io senz’altro il Sabbato sera delle palme mi sono ritirato, secondo il solito, nel piccolo conventino, nell’interno del S. Sepolcro, di cui già ho parlato altrove nelle mie precedenti visite ai luoghi santi. Ho trovato là la mia stanza consueta tutta tutta preparata per me. I religiosi mi fecero salire sopra i terrazzi, dove mi fecero osservare alcune notevoli riparazioni state fatte a spese di S.[ua] M.[aestà] l’imperatore d’Austria nella sua visita fatta ai Luoghi Santi alcuni anni prima, lasciando di se un vero entusiasmo nella Santa Città per la sua singolare pietà e liberalità in tutti i luoghi dove passò. [l’]imperatore d’Austria La sera, secondo il mio solito, essendo andato alla refezione coi religiosi in refettorio, mi fecero sedere nel luogo stesso dove sedette S.[ua] M.[aestà] l’Imperatore. In verità il refettorio è molto infelice ed oscuro, perché la strettezza [p. 432] del luogo non permetteva di più, ciononostante l’imperatore Francesco Giuseppe volle onorare quei boni religiosi della sua presenza anche in refettorio, come mi assicuravano i religiosi. sistema del mio ritiro In quanto a me, in seguito non comparsi più in refettorio, ma un fratello religioso mi portò sem- /363/ pre la mia razione [di cibo] in stanza e non mi sono lasciato più vedere da nessuno, e mi sono risolto di passare il mio tempo sopra le gallerie della basilica, meno la notte le poche volte che ho potuto frequentare l’osservanza del matutino, e la mattina per la Messa che soleva celebrare in qualche santuario a basso nella basilica prima che si aprisse al publico il santuario. Nei precedenti miei pellegrinaggi, io soleva sempre assistere alla processione della sera a tutti i santuarii dell’internò, ma nell’ultimo vi ho rinunziato per molte ragioni, la prima, perche vinto dalla mia debolezza, e la seconda, perché la mia persona [at]tirava lo sguardo di molti, ho risolto perciò di accompagnare la processione dalle gallerie.

Giovedì santo 25. marzo
[Martedì santo: 23.3.1880]
Il 25. Marzo occorreva in quell’anno il Giovedì Santo, giorno della SS. Annunziata. La sera precedente venne Monsignore Patriarca coi suoi canonici per il Matutino delle tenebre, e fù a visitarmi: domani, mi disse, io verrò a celebrare la Messa Solenne per la Comunione del Clero. Ella in quel frattempo potrà celebrare la Sua Messa sopra il calvario; dopo di Lei celebrerà un’altro sacerdote al medesimo altare dello Stabat per il ringraziamento, tale essendo l’uso di Gerusalemme in simile circostanza [ri]conosciuto dalla S. Sede. [p. 433] Fu dunque eseguito l’ordine di Monsignore Patriarca. mia Messa allo «Stabat» L’indomani, mentre Monsignore celebrava la Messa Grande alla Cripta del Santo Sepolcro col canto, io salito il Monte Calvario l’incomminciava all’altare dello Stabat. La cappella della crucifisione era piena di divoti: la mia Messa arriva alla comunione, e benché molto stanco, ho potuto comunicare circa 30. divoti coll’ajuto dell’assistente, mentre la Messa grande, appena incommincia[va] la Santa Comunione con tutte le cerimonia prescritte, si terminò la nostra Messa privata; ringraziamento e deliquio. mentre io mi trovava al genuflessorio, assistendo alla Messa del ringraziamento, e questa era appena arrivata all’offertorio, io ho cognizione di [aver avuto] una debolezza sino al deliquio, e perdita totale dei sensi da cadere a terra. sue conseguenze Il fatto naturalmente produsse un poco di disordine, di cui io non fui più moralmente presente; fui portato via, non so per quale strada; ho conscienza solo di me stesso che io camminava a piedi sostenuto da molte persone. Di tutto il viaggio sino alla casa nova non ho cognizione chiara, se non [che] del portone o arco che separa la piazza del S. Sepolcro lungo la salitale dell’entrata nello stabilimento, dei pellegrini, e del ritorno alla mia stanza, dove solo posso dire di avere riaquistato quasi tutte le mie facoltà gradatamente.

spiegazione in proposito Questo incidente mi ha fatto dubitare un momento che fosse un’attacco d’appoplessia, ma non tardai a persuadermi del contrario, poiché ebbe /364/ un seguito tranquillo, ritornando gradatamente al mio stato di prima, senza un menomo segnale da confermarmi in simile [p. 434] timore.

Tuttavia quel fatto lasciò in me un non so quale prestigio, che ancora oggi mentre scrivo più di sei anni dopo il solo presentarsi alla mia mente il caso di allora mi causa una crisi tale che non posso spiegare, senza ricorrere al prestigio del Luogo Santo. Bisogna confessare, che [a] una persona che abbia fede, il pensiere del calvario produce sempre un’effetto che non posso spiegare, e che mi serve molto a ravvivare il mio spirito nella meditazione. Il caso occorso non lasciò subito allora d’indebolirmi notabilmente, e di obligarmi a tenere il letto circa due giorni. Pasqua in Gerusalemme
[28.3.1880]
Venne intanto la pasqua, festa sempre coronata di rose, fatta per tergere i sudori di sangue al buon Gesù nell’Orto, e per rimarginare le piaghe dei Venerdì [Santo], e del calvario, fatta per dar vita alla sfinita Maddalena nella contemplazione del Sepolcro, festa, che, al dire dei nostri neofiti africani, cangia l’aqua dei fiumi in talla ed [in] tegg, cioè [in] birra ed [in] idromele. L’alleluia adunque della Pasqua, che in quell’anno correva solo per noi cattolici latini, lontana un’intiera luna dalle profanazioni superstiziose degli eretici e scismatici fu anche per me un vero cordiale che mi rimise dalle malinconie della Settimana Santa, non solo, ma da tutte le pene dell’esilio e del viaggio sofferto. Tuttavia il consiglio di tutti gli amici e dello stesso medico fu contrario ad un mio ritorno al S. Sepolcro.

Fui dunque costretto a continuare una specie di convalescenza nel mio piccolo alloggio della casa nova, dove nella stessa mia stanza ho celebrato sempre la Santa Messa, e vi restai sino alla mia partenza. il padre Luigi a Betlemme Passate le feste di Pasqua, il mio Segretario [p. 435] P. Luigi Gonzaga, il quale faceva il suo pellegrinagio [per] la prima volta, mi domandò il tempo per vedere Betlemme e S. Giovanni in Montana, ed altri più vicini santuarii, lasciando Nazzaret troppo lontano, e non ancora da me veduto. spedizione di posta
[11-22-25-27.3; 3.4.1880]
Mentre egli faceva queste visite con altri pellegrini, io, che in tutto il mio ritiro al S. Sepolcro, non aveva ancora pensato alla Posta venuta dall’Europa e dall’Egitto, mi sono occupato di essa, ho scritto le lettere più pressanti a Roma, a Torino, ed all’Egitto, dove si aspettava Monsignor Taurino mio Coadjutore, proveniente da Aden. risposta di Roma
[2.3.1880]
Il S. Padre da Roma, avendomi fatto scrivere di rimanere in Oriente qualche tempo, e mandare solo in Roma il mio Segretario, al più presto per avere tutti i detagli, sia dell’esilio, che di tutto il viaggio da lui, appena egli ritornò dalle sue visite di Betlemme come [scrissi] sopra, si pensò a ritornare al più presto a Giaffa, prima che ritornassero i Pellegrini, onde evitare la confusione. [1.4.1880] Lasciammo quindi Gerusalemme dopo la settimana in Al- /365/ bis, e fummo in Giafa prima ancora che i vapori, incaricati di portare in Europa i pellegrini d’Italia, di Francia, e di Spagna, arrivassero da Costantinopoli, di ritorno in Francia.

Arrivati in Giafa, prese tutte le intelligenze per la nostra separazione, il P. Luigi Gonzaga stava aspettando un Vapore per Alessandria, ed io un’altro per Bairuth. Giafa era pieno di Pellegrini che venivano dal Nord per Gerusalemme, dove dovevano arrivare per la Pasqua orientale un mese dopo la nostra latina, già passata. partenza del p. L[u]igi
[3-4.1880;
ad Alessandria: 5.4.1880]
Intanto il mio P. Segretario, partì quasi subito per Alessandria sopra un bastimento [p. 436] mercantile inglese, dove avrebbe aspettato notizie di Monsignore Coadjutore, e dei nostri giovani non più veduti dopo Kassalà. Io, prima di passare alla mia partenza per Bairuth, per compimento della storia dirò alcune parole dei gli slavi russi pellegrini orientali scismatici venuti dal Nord, la maggior parte Russi, e molti anche cristiani dell’impero Turco. Dalla nostra partenza da Gerusalemme, strada facendo, posso dire d’avere camminato quasi sempre in mezzo a pellegrini russi, la più parte slavi che, quasi ad ogni istante incontravamo, la più parte persone del basso popolo, fra le quali non mancavano anche signori di considerazione; la razza greca dei luoghi santi ebbene è singolare il rispetto che tutta questa [gente] aveva[no] per noi, lasciando le loro cavalcature e baciandoci anche i piedi, mentre, arrivati in Gerusalemme, dopo alcuni giorni di contatto coi greci del nostro arcipelago, monaci dei luoghi santi, neanche più ci guardavano in facia. Stando a quanto mi dicevano i nostri religiosi di terra santa, tutta questa gente, arrivati in Giafa ed in Ramle con gran rispetto non mancavano di visitare la nostra Chiesa andando verso la santa città, cosa che non facevano più al loro ritorno. Riferisco questo per far conoscere, quanto la razza greca sia lontana da noi latini. Già dissi altrove che l’odio di questa razza contro la nostra latina non è solo contro il Papa, ma [per] una tradizione che precede il Cristianesimo, [ma] contro Roma pagana che schiacciò la razza greca.

genio cosmopolitico della Chiesa di Dio La Chiesa di Dio non ha nemici in tutto il mondo. È questa una verità che non ha bisogno di prova per dover dedurre tutto l’opposto dalla continua storia del suo apostolato a tutte le razze ed a tutte le nazioni del mondo, ed a preferenza a quelle che da un criterio universale sono giudicate sue nemiche giurate. [p. 437] Chi più nemico della Cina, e l’Aman, dove di quest’anno stesso si contano circa 30. mille le vittime frà i nostri cattolici, eppure fra i milliaja di missionarii della Chiesa che là vi sono, nessuno cerca di fugire, e se il Papa ne ha bisogno di altri mille, lo Spirito Santo ne terrà in pronto anche dieci mille, impazienti di andar[vi] dove il bisogno delle anime è più urgente, disposti tutti a /366/ morirvi. Io stesso, decrepito come sono, sarei fortunato di lasciare la porpora per prender[vi] parte alla spedizione. non esclusa la razza ellenica Se quindi parlo della razza greca, non è certamente l’odio che mi fa parlare; sarei anzi fortunato [di] versare il mio sangue per salvarla dal scisma e dall’eresia. Il mio lettore mi permetterà, almeno un qualche racconto di fatti che farà conoscere la vera origine dell’odio esistente tra la razza greca e la latina, massime tra la Grecia e l’Italia.

una prova di fatto Io camminava sopra un vapore delle messaggerie francesi sopra il quale vi erano molti francesi ed alcuni italiani. Con noi vi era pure un medico greco, il quale si gloriava d’aver fatto i suoi studi e preso i gradi [accademici] in Italia in una delle nostre università. Facio i miei complimenti, dissi io, Ella dunque sarà un mezzo italiano, epperciò tutto nostro. parole di un medico Sì, io ho fatto i miei studi in Italia, egli mi rispose, per la stessa ragione pura e semplice, per cui un viandante arso di sete suol bere l’aqua alla prima sorgente, la migliore che trova, essendo questo un diritto naturale al uomo di bere dove trova dell’aqua buona, ma io, ne sono, ne sarò, ne voglio essere italiano, ma sarò sempre greco figlio della prima nazione del mondo, dove ha incomminciato la scienza e la civiltà. lotta tra Atene e Roma Forze che io ignoro che l’Italia, e Roma in particolare, è, ed è stata sempre la giurata nemica della Grecia? Se ho fatto i miei studii in Italia è stato per ubbidire [p. 438] al bisogno del momento, ma confesso dall’Italia stessa aver imparato la superiorità della Grecia: noi greci ci vergogniamo di latinizzare, mentre i latini [i latini] non sanno spiegare la loro scienza senza ricorrere alle sorgenti greche, essendo per loro una vera necessità ricorrere alla madre patria delle scienze. Epperciò quando l’eterno fato farà giustizia rimettendo le cose a suo luogo, sarà scritto che la razza ellenica possa disputarsi colla razza latina, io lascierò di fare il medico per mettermi alla testa delle armate per vendicare il sangue e l’onore dei nostri padri; allora Atene se la vedrà con Roma[:] è questione di sangue e di onore. Io protesto di non entrare nel merito della questione, essendo questa cosa tutta pagana, prima di Cristo Redentore, e prima della Chiesa, po[i]ché la persona entrata in scena era un’ateo che nulla voleva sapere di religione.

orgoglio antico Il fatto qui raccontato è abbastanza chiaro, e parte da un criterio in tutti i sensi molto esaggerato, il quale suppone un’orgoglio nazionale non supponibile, anzi quasi impossibile nelle basse classi, ma proprio solo della classe un poco più elevata che si pascola di storie, e tradizioni molto esaggerate, poiché i meriti della nazione greca o ellenica, anche nella sua parte preistorica sono abbastanza conosciuti, da fare giustizia nel comparativo relativo frà le due[:] [la] razza greca e [la] latina. /367/ idee vaste del cristianesimo. Il Cristianesimo disceso dal cielo è di natura sua più cosmopolitico, e getta naturalmente le sue viste ai confini del mondo da esso considerato come una sola famiglia, nata dalla creazione, educata immediatamente da Dio, e consacrata da Cristo, il quale col mezzo delle tre virtù teologiche, obliga i suoi figli a guardare in Cielo coll’occhio della fede, sperare in Dio padrone di tutto il creato, ed amare [p. 439] il suo fratello coi vincoli di una carità tutta celeste. la nazionalità è pagana Il cristianesimo guarda la nazionalità come un castigo, e come cosa semplicemente materiale nata dalla confusione babelica, meritata dall’orgoglio umano, come principio di divisione e di rivoluzione, come tutti sappiamo dal gran libro della rivelazione. La confusione ha incomminciato nella famiglia di Adamo tra i due fratelli suoi primogeniti, ha esteso i suoi confini in Babilonia; quindi dopo Cristo ha preso il nome di nazionalità, di eresia, di scisma, e di paganesimo, ed oggi di rivoluzione. Nella sostanza è sempre [è sempre] lo stesso orgoglio satanico. la carità evangelica Io ho potuto vedere [e] provare coi fatti, che l’odio fra le due razze greca e latina, è questione di pochi [individui], avendo trovato [che] i greci lontani dalla loro patria e tradizioni favorite dai partiti, [mi] sono stati sempre i primi a cercare il mio ministero apostolico, ed i più fedeli alle mie istruzioni ed ai sacramenti, come il mio lettore potrà vedere dal complesso di queste mie memorie, benché non abbia sempre riferito tutti i fatti occorsi per brevità.


(1a) Il numero delle congregazioni destinate all’apostolato in detaglio e sorprendente. Ultimamente un nostro giornale cattolico d’Italia numerava a 40. le sole congregazioni di donne nuovamente sortite nella sola Francia, approvate o solo dai Vescovi rispettivi, oppure dalla stessa Santa Sede, senza contare le antiche già prima conosciute. Io stesso, dal momento che incommincio [a] vederne i detagli di quelle che si vedono sparse nel mondo soggetto alla S. C. di Propaganda all’estero, rimango stordito. [Torna al testo ]