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Fregio

Ammaestrate tutte le genti

Capo III.
Prime osservazioni sugli orientali.

Memorie Vol. 1° Cap. 2.
Giugno - luglio 1846
Alessandria d’Egitto

1. La città di Alessandria. — 2. Corruzione dei Cristiani orientali. — 3. Il clero orientale: origine della sua corruzione. — 4. Vani sforzi per riunire gli Scismatici. — 5. Favorevole occasione trascurata. — 6. Un po’ di progresso sotto Mohammed-Aly. — 7. Visita al Vicerè d’Egitto. — 8. Funerali a Papa Gregorio. — 9. Procura lasciata a Mons. Delegato. — 10. Conoscenza con Clot-Bey. — 11. Ragioni di Clot-Bey per la fondazione del Patriarcato latino di Gerusalemme. — 12. Visite di congedo.

Capolettera M

Ma qui voglio interrompere per poco la narrazione del mio viaggio, a fin di dire qualche parola sulle impressioni, che ricevette il mio spirito rispetto agli Orientali nei brevi giorni, che mi fermai in Alessandria. Ormai questa città l’ho già visitata molte volte: ma le prime impressioni restano indelebili, sono forse le più vere, e dominano sempre nella mente dell’uomo. Oggi Alessandria è una città quasi europea; ma quando vi arrivai io nel 1846, era tutt’altro. Allora erano i tempi eroici di quel paese, tempi di risvegliamento e di risorgimento; ed io molti ne conobbi di quei generosi, che sollevarono questa città dal fango, in cui l’aveano sepolta molti anni di Governo mussulmano, e l’impero dell’immondo codice di Maometto.

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2. Vero è che da tempo antico esisteva in quei paesi una popolazione cristiana di varie razze e di tutti i riti; ma questi benedetti cristiani orientali, scissi dal corpo della Chiesa cattolica, sotto il ferreo giogo dei /16/ Turchi e degli Arabi, talmente si abbassarono ed avvilirono nella schiavitù, che, invece d’inalzare la loro fede religiosa, e rendersi di edificazione ai loro dominatori infedeli, come aveano fatto i cattolici occidentali con i Goti ed altri popoli barbari, si rendettero piuttosto occasione di scandalo. Poichè, essendo quasi spenta la loro fede interiore, e mantenuta solo in alcune pratiche esteriori, in molti punti della loro morale caddero più basso degli stessi mussulmani, i cui costumi anzi si studiavano d’imitare, come il mancipio suol fare col padrone. Io stesso sentiva molti gloriarsi della circoncisione non solo, ma vilipendere l’Europeo, perché incirconciso; io stesso li vedeva mettere in non cale la sacramentale Confessione (che pur conservano e profanano con tanta facilità), e far gran conto della immonda ed immorale purificazione dei mussulmani, i laici prima di accostarsi al sacramento dell’Eucaristia, ed i sacerdoti medesimi prima di celebrare la Messa. Poveri eretici! E dovetti faticare non poco per togliere e distruggere in alcuni nostri proseliti certi loro usi ed abitudini di simil genere. La fede del cristiano eretico orientale non è che onore ed amor proprio nazionale e di razza, e talvolta anche una passione più vile, cioè un mezzo di materiale interesse; ed appunto per questo essa è così facile a trasformarsi, e cambiare, come la luna, secondo le vicende, cui va soggetta la politica e la comunanza civile.

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3. Più del popolo, il clero eretico orientale è divenuto talmente estraneo al vero spirito apostolico ed evangelico, che più non lo comprende, neppure al vederlo nel nostro clero cattolico. Un sacerdote romano, agli occhi loro, è un essere misterioso, e la sua vita, la sua operosità, la sua abnegazione sono un’occasione di gelosia, di questioni e di odio. E la ragione è semplicissima. Il povero prete eretico non è atto più a sollevarsi tanto da comprendere la sorgente del vero zelo, che si trova nel sacerdote cattolico: perché, abituato a considerare la sua condizione come semplice mestiere materiale, ed intento solo a questo suo mercato ed al lucro che ne ricava, non può persuadersi che altri possa elevarsi a concetti ed azioni superiori a questi.

Una tale decadenza del clero eretico orientale non nacque dallo scisma, ma piuttosto questo nacque da quella. Chi ha meditato la storia dell’impero bisantino, non istenterà a persuadersi che questo morbo è molto antico in Oriente, ed incominciò sin dai tempi dell’Arianesimo. Allora questa eresia, per sostenersi, s’immedesimò con l’impero, e quindi avvezzò il clero alle fazioni ed agli intrighi; e la simonia, divenuta quasi mezzo normale, corruppe ancor più la casta sacerdotale, e l’allontanò dal vero /17/ spirito evangelico. Sotto il dominio mussulmano poi la corruzione divenne generale; perché il clero superiore, entrato nell’amministrazione dello Stato civile, sotto l’immediata dipendenza di un Governo nemico e pagano, finì col diventare una casta quasi mussulmana, differendosi solo da’ seguaci di essa per alcune pratiche esteriori di culto e di semplice formalità; ma senza quello spirito interiore, che nasce dal Vangelo ed è nutrito dalla grazia dello Spirito Santo.

Rada o Porto d’Alessandria
Rada o Porto d’Alessandria

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4. Ed appunto per questo stato infelice del clero asiatico orientale, la Chiesa cattolica sin dai tempi dell’impero bisantino, per quanti sforzi abbia fatto affin di ridurre lo scisma all’unità, non ne riportò che larve di conversioni, e vittorie di pochi giorni. Dappoichè tali conversioni, a causa della corruzione generale, eran quasi sempre provenienti da fini secondarj, principalmente trattandosi di conversioni di moltitudini, e quindi poco durevoli. Non bisogna dimenticare inoltre che in Oriente la razza greca dominò assai prima della latina; e se la forza romana, avanti il Cristianesimo, la soggiogò, non ne potè però domare l’orgoglio: anzi questo col progredir del tempo si convertì in odio. Stabilito poi l’impero in Oriente, questo orgoglio si accrebbe, e Bisanzio guardò sempre Roma con occhio di livore. Ed ancor oggi questo livore non è spento nella razza greca e greco-slava. E qui fa d’uopo dirlo che la razza latina ha /18/ commesso un grande errore nel dare la corona ad Atene, essendo questa la più tenace nemica della razza d’Occidente. E basterebbe studiare un po’ attentamente anche solo l’odierna Gerusalemme per convincersi di questa verità.

Nel 1832 le potenze europee danno ad Ottone di Wittelsbach la corona di Re di Grecia col nome di Ottone I. Col termine “razza latina” qui il M. intende tutta la cristianità occidentale.

Per questa ragione, ancora in tempo dell’impero bisantino per quanti sforzi abbia fatta la chiesa per condurre all’unità il scisma non diede che dei segnali di una vita, e di una vittoria di pochi giorni. Per questa stessa ragione ai nostri giorni stessi per quanti sforzi che facia la Chiesa, ad eccezione di qualche individuo, tutte le conversioni in massa sono sempre sospette di motivi secondarii, epperciò poco durevoli, perché le conversioni in massa portano con se il suo clero, epperciò il virus della malattia orientale, il clero accantonato e protetto dalla celebre bolla sottrae il suo cristiano dall’influenza del missionario latino, e senza istruirlo mantiene così tutto il suo prestigio per imporre alla Chiesa in caso di rigore. Ancora ultimamente in Bayruth mi diceva un vecchio venerando levantino: io sono cattolico per convinzione, ma ho dovuto lottare degli anni per divenirlo, perché io voleva essere cattolico latino per sottrarmi dalle vessazioni del nostro clero anche cattolico. La S. C. di Propaganda deve avere i scaffali pieni di simili ricorsi nel suo archivio, ma ricorsi divenuti sempre sterili dopo la solenne bolla di emancipazione di tutti i riti. La malattia [è] nata coll’arianesimo, dopo secoli si perdet[te] l’arianesimo nella parte dogmatica, [p. 28] ma siccome la crisi si fece solo sul campo della fede e della verità, e si fece nella maggior parte per impulso governativo, restava sempre intatta tutta la coruttela del clero, e sopratutto dell’alto clero, perche la Chiesa latina [non] ha mai potuto esercitare sull’oriente tutta l’influenza del suo zelo per riformarne lo spirito. Avvi ancora un’altra ragione: la razza greca che ha dominato sempre in Oriente prima della razza latina, dominata poscia da questa ancor prima del cristianesimo dalla forza dei romani il suo orgoglio [non] è mai stato dominato, anzi accrebbe collo stabilirsi l’impero da quella parte, e guardò sempre verso Roma con un’occhio ben tutt’altro che di pace; ancora oggi giorno quest’odio esiste nella razza greca ed in quella greco-slava; in questo senso la razza latina ha commesso un grande errore dando la corona ad Atene, perché questa è la più grande nemica della nostra razza d’occidente. Basterebbe studiare profundamente Gerusalemme anche odierna per convincersi di questa grande verità.
Ciò premesso ritorniamo ad Alessandria; dove ci aspetta non solo il filo della nostra storia, ma lo sviluppo ancora della sopra annunziata idea, la quale non finisce in Egitto ma ci accompagnerà [p. 29] anche in Abissinia, dove sarà necessario di mai dimenticarla per spiegare tutte le difficoltà di quel lungo apostolato. Memorie Vol. 1° Cap. 2 pp. 15-16

La "celebre bolla". Nel 1824 con la bolla Petrus Apostolorum papa Leone XII eresse un patriarcato per i cattolici copti.

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5. Una bella occasione si offrì all’Occidente, sulla fine del secolo passato, per aprire l’entrata nell’Oriente al predominio latino, con grande speranza anche di un avvenire assai favorevole per la Religione sì in Asia come in Africa. Quella, cioè, delle vittorie riportate dall’esercito francese, guidato dal giovane Bonaparte nella guerra delle Piramidi. Ma essa non fu compresa. Sgraziatamente quella gloriosa campagna veniva fatta dalla Francia in un momento di ebbrezza e di entusiasmo pagano; e non ebbe altro effetto che di far conoscere il valore di colui, che in quel frangente poteva salvare la povera Francia dallo sfacelo sociale, il quale minacciava anche il resto d’Europa. In altri tempi una tale spedizione, ordinata e diretta da un Governo cattolico, e d’accordo con la Chiesa, avrebbe molto ottenuto, se invece di piegare il ginocchio alla Mecca (come fece il nostro giovane Napoleone), avesse riuniti tutti i diversi cristiani del paese, e li avesse affidati all’educazione della Chiesa. E così l’Egitto, divenuto a poco a poco cattolico, e nella sua maggior parte di rito latino, oggi sarebbe più popolato di colonie europee, e servirebbe di avanguardia per la rigenerazione e l’incivilimento di tutto l’Oriente. Invece quella memoranda campagna non fece altro che irritare i mussulmani, scandalizzare i cristiani ed avvilire la Francia con una ritirata poco meno che vergognosa.

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6. Dopo la ritirata della Francia, sorse Mohammed-Aly a dare ordini politici all’Egitto, con intenzioni di rigenerarlo, per quanto permetteva la sua condizione di mussulmano e vassallo della Porta. Egli, con l’abolizione del Califato, acquistò un’autorità sufficiente per potere operare ed impiegare il suo genio a pro di un paese, caduto nell’ultimo avvilimento. Secondato da suo figliastro Ibraim Pascià, giovane ardito e valoroso soldato, circondato da Europei, che chiamò da tutti i paesi, formò un esercito, che, dopo pochi anni, potè stare a fronte con quello della Sublime Porta: e verisimilmente l’avrebbe vinto, se le Potenze europee non l’avessero obbligato ad una pace forzata, ma per lui sempre gloriosa. Sotto il suo Governo anche la Chiesa ci guadagnò non poco, e più frutto avrebbe raccolto all’ombra della protezione francese (allora in Egitto assai potente), se quei popoli, in quel tempo molto inclinati al rito latino, avessero avuto un poco più di libertà per emanciparsi dai proprj riti. Esposte queste poche idee sull’Oriente e sugli Orientali, che appresso, e in Abissinia ed /19/ altrove, sarà d’uopo richiamare alla memoria, per ispiegare le difficoltà che spesso incontrerò nel mio lungo apostolato, ritorno in Alessandria, dove mi chiama il filo di queste Memorie.

... ma al momento che scrivo è come passata l’epoca; i riti orientali, colle armi stesse che la Chiesa ha dato loro, si sono trincerati in modo contro il latinismo, che la Chiesa medesima cogli elementi immensi delle congregazioni insegnanti è pochissimo quello che può fare, perché la sola questione del rito è divenuta tale, che poco si allontana dal scisma, quando non fosse maneggiata con gran prudenza... Memorie Vol. 1° Cap. 2 p. 17.

Visita di Mons. Massaja ad Ibraim Pascià
Visita di Mons. Massaja ad Ibraim Pascià

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7. Il mio pensiero era sempre fisso al viaggio che si doveva imprendere, e rifletteva che la miglior guida, e la più valida protezione l’avrei potuto trovare nel Consolato francese. Perciò mi portai dal signor Barot (fratello del celebre Odillon-Barot) Console Generale francese in Egitto, e persona molto accetta a Mohammed-Aly. Il signor Console volle condurmi a visitare il Vicerè, allora l’eroe d’Egitto, ed onorato meritamente da tutte le Potenze europee. Mohammed-Aly mi ricevette molto cortesemente, e mi trattenne seco non meno di un’ora. I nostri discorsi più di tutto si tennero sulla morte di Gregorio XVI, che Mohammed-Aly stimava assai, e volle sentire tutti i particolari di quella sventura; poi esclamò: «L’Europa ha perduto il suo angelo tutelare, e la bussola che la teneva in equilibrio.» Parlando poscia del mio viaggio, mi disse che, prima di recarmi in Abissinia, io doveva prestare il giuramento di non entrare in trattati contro l’Egitto, essendo questo l’uso di tutti i Vescovi, che colà si portavano. — Ma non quelli mandati da Roma, risposi io. I Vescovi cattolici non abbisognano di giuramento per mantenersi fedeli alle legittime Autorità. — Pare che si acquietasse a questa mia risposta; /20/ ma nell’accomiatarmi mostrò il desiderio di volermi rivedere prima di partire. Indi il signor Console mi condusse a visitare Ibraim Pascià, dal quale pure fui ricevuto con gentile cortesia.

Théodore Adolphe Barrot (Parigi 1801 - 1870), diplomatico francese.

Mohammed-Aly, in turco: Mehmet ʿAli (Kavala 1769 – Alessandria d’Egitto 1849). Di etnia albanese, nato in una città della Tracia (oggi Grecia), fece carriera nell’esercito ottomano. Quando Napoleone lasciò l’Egitto, il Sultano Selim III mandò un’armata contro le truppe francesi di occupazione, ma i soldati, mal pagati, si ammutinarono. M.A., giunto in Egitto col contingente albanese, si creò un suo potere personale, e nel 1805 fu riconosciuto come Governatore d’Egitto. Nel 1811 fece una strage dei mamelucchi, un corpo militare che godeva di un’eccessiva autonomia.
Per ordine del sultano Mahmud II, M.A. mandò una grande flotta a combattere contro le flotte europee che difendevano l’indipendenza della Grecia; ma la flotta ottomana fu distrutta a Navarino il 20 ottobre 1827. La vicenda convinse M.A. a rivendicare autonomia dalla Turchia. Nel 1833 inviò il figlio Ibrahim Pascià a conquistare la Siria, e ad attaccare direttamente l’Anatolia; Mahmud II si rivolse per aiuto alla Russia, che impose la Pace di Kütahia. Ibrahim Pascià si oppose alla pace, ma fu costretto a lasciare la Siria in seguito all’intervento dell’Inghilterra. Con la pace del 1841 M.A. dovette rinunciare alle sue aspirazioni in Siria, ma ottenene la sovranità sull’Egitto con il titolo di vicerè ereditario. Nel 1848 lasciò il potere al figlio Ibrahim Pascià, che però morì pochi mesi dopo. Nel 1849 il potere passò al nipote Abbas Hilmi

Ho veduto il Viceré – che bel vecchio! questi senza tanti senati e cause fa tagliar la testa agli arabi come noi la taglieressimo ad una lucerta – in questo modo ha saputo impadronirsi di queste bestie, che non temono che la sferza – lo temono come il Diavolo la Croce – Lettere vol. I n. 30, al Padre Benvenuto Buratti da Chiavazza, Alessandria 28 giugno 1846

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8. Dopo alcuni giorni dal nostro arrivo in Alessandria, si celebrò un solenne funerale per l’anima di Gregorio XVI, al quale intervennero in treno di gala a lutto tutti i Consoli Generali delle Potenze, anche protestanti e scismatiche; e lo stesso Vicerè ed Ibraim Pascià vi mandarono i loro rappresentanti. Celebrò la Messa Monsignor Delegato, ed io vi assistetti con cappa. Si recitò una bella orazione funebre, e si chiuse la funzione con l’assoluzione di rito. Ad essa assistevano pure i Padri Lazzaristi, i Fratelli delle Scuole Cristiane, le Suore di Carità, ed una gran folla di gente, da non poter capire in quella chiesa.

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9. Io dimorava ordinariamente in convento; ma essendomi stata offerta da Monsignor Guasco una camera nel suo palazzo, situato lì vicino, passava gran parte del giorno con questo carissimo compaesano, trattando dei nostri affari presenti e futuri. Stendendosi la Missione Galla in paesi molto lontani e di difficili comunicazioni, avea bisogno di una persona fedele e valevole, che mi rappresentasse in Egitto come Procuratore; e certamente non avrei potuto trovare altri, che meglio di lui potesse favorirmi, sia per ricevere i soccorsi, che ci si doveano mandare dall’Europa, sia per farci a tempo le necessarie spedizioni, sia anche per trattare, ove occorresse, la nostra causa presso il Consiglio centrale della Propagazione della Fede a Lione. In tutto il tempo pertanto che rimasi in Alessandria, non lasciai passare giorno, che non lo pregassi a questo scopo: e poichè l’uomo di Dio tiene per bene suo proprio tutto ciò che a vantaggio della Religione può ridondare; così Monsignore accettò la preghiera, e mi promise che si sarebbe prestato per la nostra Missione con quello stesso zelo col quale si prestava per la sua. Quindi un giorno, alla presenza del Console francese, gli feci un atto legale di procura, con facoltà di sostituire altri in caso di bisogno, e con la clausola che, avvenuta la sua morte, la detta procura passasse con le stesse attribuzioni al suo successore. Ciò fatto, scrissi a tutti i miei corrispondenti di Europa di rivolgersi a lui per tutti gli affari, che in avvenire si riferivano a me ed alla Missione Galla, e di dirigere anche a lui le mie lettere.

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10. Monsignore godeva grande stima in Egitto, era amato dal Vicerè e rispettato da tutti i Grandi, che frequentavano la Corte ed amministravano il paese. Si diè premura pertanto di mettermi in comunicazione con essi, ed in particola modo con Clot-Bey, medico francese, fervente /21/ cattolico, ed allora Ministro dell’istruzione pubblica in Egitto. Quello stesso che, mandato a Roma per complimentare il Papa, lo persuase a fondare un Vicariato Apostolico in Egitto; dove prima un Guardiano de’ Religiosi di Terra Santa faceva da semplice Delegato del Rmo Custode, residente in Gerusalemme. Questo dotto e zelante signore, ottenuto dalla Santa Sede il primo intento, mentre io trovavami in Alessandria, lavorava a fin di ottenerne un secondo, cioè, l’istituzione di un Patriarcato latino a Gerusalemme. Il che poi avvenne sotto Pio IX nel 1847, quando vi fu mandato per primo Patriarca Monsignor Valerga.

Antoine Barthelemy Clot (Grenoble 1793 - Marsiglia 1868), medico francese. Divenne chirurgo capo alla corte di Mehmet Ali. Introdusse in Egitto la vaccinazione antivaiolosa. Fondò nei pressi del Cairo una rinomata scuola di medicina. Ottenne nel 1832 il titolo di Bey, nel 1836 quello di generale. Scrisse Aperçu Général sur l’Égypte (1840).

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11. Egli un giorno esponevami le seguenti ragioni per mostrare la necessità di questo Patriarcato. — Veda, Monsignore, dicevami, l’Oriente è pieno di Patriarchi e di Vescovi; ogni rito orientale, o scismatico o cattolico, ha il suo; e non vi è città, un po’ importante, in cui non risiedino due o tre Patriarchi e parecchi Vescovi. Solo noi, cattolici di rito latino, dobbiamo avere il nostro Patriarca in Roma! Ed è molto se in questi ultimi tempi ci venne dato qualche Vescovo; poichè prima in Oriente non si vedevano che Frati. E quest’assenza, Monsignore, ci pregiudica grandemente; poichè i popoli sono materiali, e fan gran caso dell’esterna grandezza; e lo stesso Governo ha tale rispetto per i Patriarchi, che non osa ingerirsi nell’amministrazione delle Diocesi da essi dipendenti, lasciandone loro ogni cura e vigilanza. Gli scismatici spesso ci dicono: «Noi siamo più di voi, perché noi abbiamo i Patriarchi, e voi, cattolici latini, non li avete.» Ora, tostochè la Chiesa ha dato a ciascun rito il suo Patriarca con residenza locale, perché non deve darlo a noi Latini, che già siamo oggi in grande numero, ed in alcuni luoghi sorpassiamo gli stessi Orientali? Io vorrei vedere un Patriarcato latino anche in Alessandria. —

Il signor Clot-Bey, così ragionando, non conosceva tutti i motivi che la Chiesa romana si aveva di tenere questa pratica; ma io, dopo di avere studiato a lungo l’Oriente, trovo che il dotto e zelante Francese, semplice secolare, diceva di grandi verità, che meritavano di essere con molta attenzione meditate. Ora quei tempi son passati, e difficilmente torneranno. Allora l’autorità europea era grande in Oriente, e la Chiesa, sotto l’efficace protezione delle Potenze, avrebbe potuto far molto. Oggi sventuratamente questa protezione è men che nulla; e se un giorno quei popoli acquisteranno un po’ di autonomia, allora, umanamente parlando, per la Chiesa sarà perduta ogni speranza in Oriente. Accadrà ivi ciò che oggi accade in Atene, dove le nostre Missioni sono appena tollerate, e /22/ dove vi è tutto il pericolo che i cattolici latini sieno obbligati con la forza ad unirsi con gli scismatici, come si è operato dal Russo in Polonia e nella Lituania. Che se Atene fosse ancora soggetta alla Sublime Porta, assai probabilmente oggi fiorirebbero in quelle regioni numerose colonie cattoliche; od almeno si avrebbe un po’ più di libertà.

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12. Erano tre settimane che io trovavami in Alessandria, e bisognava partire. Con Monsignor Delegato andai a prender commiato dal Vicerè; egli mi domandò se per avventura desiderassi qualche cosa, e che, occorrendo avere io bisogno di lui, in Cairo o in Suez, ne avessi pure scritto a Monsignor Delegato od al Console; che egli, fino a quando saremmo rimasti in Egitto, ci avrebbe protetti ed agevolati. Dopo andai dal Console Cerruti, sì per conchiudere i nostri affari, come per accomiatarmi. Rispetto alla somma destinatami da Propaganda, si convenne che l’avrebbe consegnata a Monsignor Delegato mio Procuratore; rispetto poi al viaggio con Vallieri per la via del Nilo, restammo che, appena ricevute le nuove istruzioni da Roma, io gli avrei scritto dal Cairo. E così troncai, almeno per allora, la questione e mi disposi alla partenza.

Chiusa

Rosone a forma di croce con il simbolo dell’Ordine Francescano