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Fedele da Sigmaringen, al secolo Markus Roy (Sigmaringen, 1º ottobre 1577 – Seewis im Prättigau, 24 aprile 1622), appartenne all’Ordine dei Frati Minori Cappuccini e fu missionario nella zona protestante dell’Europa centrale: fu aggredito e ucciso durante una rivolta anti-austriaca in Svizzera ed è venerato come santo e martire dalla Chiesa cattolica... (Wikipedia)
A sinistra lo stemma dell’Ordine francescano: il braccio sinistro di San Francesco (contraddistinto dalla manica del saio) e il braccio destro di Cristo, sormontati dalla Croce; entrambe le mani hanno le stimmate. A destra lo stemma di Propaganda Fide: un globo sormontato dalla Croce. Sulla fascia dello Zodiaco è ripetuto il simbolo francescano
Capo I.
Istituzione della missione galla.
Memorie Vol. 1° Cap. 1.
1° marzo 1846 - 1° giugno 1846
Torino e Roma
1. I fratelli D’Abbadie. — 2. Condotta cristiana di Antonio D’Abbadie. — 3. D’Abbadie in Ennèrea e Kaffa. — 4. Ritorno del D’Abbadie in Abissinia. — 5. Lettera del D’Abbadie a Propaganda. — 6. La Missione Galla viene affidata ai Cappuccini. — 7. Ricerca dei Missionari e del Vicario Apostolico. — 8. Son chiamato a Roma. — 9. Partenza da Torino ed arrivo in Roma. — 10. Visita a Propaganda ed al Papa. — 11. Due mesi di aspettazione. — 12. Son preconizzato Vescovo. — 13. Miei compagni di Missione. — 14. Mons. Nicols e Mons. Casolani; nuova Missione dell’Africa Centrale. — 15. Arrivo dei suddetti e nostra consacrazione. — 16. Il Marchese D’Herculais. — 17. Visita al Papa infermo. — 13. Partenza da Roma del P. Giusto e del P. Cesare. — 19. Morte di Papa Gregorio.
Nell’anno 1838 l’Ill.mo signor Cav. Antonio D’Abbadie (oggi vecchio venerando, insigne matematico, astronomo, geografo, filologo, e da molti anni membro dell’Istituto di Francia) partì con suo fratello Arnoldo, in età ambidue ancor giovanile, per un viaggio scientifico in Abissinia. D’Abbadie e Sapeto: 3.3.1838 A.Rosso Passando per l’Egitto, s’incontrarono con un giovane Missionario Lazzarista, italiano ligure per nome Giuseppe Sapeto (1): e, fatta conoscenza, il Sapeto si unì con i medesimi; ed entrato in quelle regioni dell’Africa Orientale, aprì /2/ la strada alla Missione Lazzarista in Abissinia; la quale, come si vedrà nel corso di questa storia, è molto intrecciata con la Missione Galla.
Antoine Thomson d’Abbadie (Dublino 1810 - Parigi 1897) e Arnaud-Michel d’Abbadie (Dublino 1815 - Castello di Abbadie 1893), nati in Irlanda da padre francese (di origine basca), e madre irlandese, passarono gran parte della loro vita viaggiando in varie zone del mondo. Antoine scrisse opere sulla lingua basca, la geografia dell’Africa, le lingue dell’Etiopia.
Giuseppe Sapeto (Carcare 1811 - Genova 1895) missionario lazzarista, nel 1838 fu inviato in Etiopia per sondare le possibilità di stabilire una missione. Con padre Giovanni Stella fu il primo ad esplorare le regioni dei Mensa, dei Bogos e degli Habab. Ad Adua entrò in contatto con Degiac Ubiè. Fece da intermediario per accordi di espansione coloniale con la Francia. Nel frattempo raccolse una gran quantità di materiale sulla chiesa etiopica. Fu grande studioso delle lingue e delle culture africane. Abbandonato nel 1862 l’abito ecclesiastico, si diede ad una frenetica quanto discutibile attività di esploratore e di sostenitore del colonialismo italiano. Nel 1869 comprò per conto della compagnia Rubattino la baia di Assab.
La Congregazione della Missione (Congrégation de la Mission, Congregatio Missionis), (C. M.) fu fondata nel 1625 da S. Vincenzo de’ Paoli (1581 - 1660) per la “missione rurale” presso i poveri e i contadini. Nel 1632 la sede della C. si stabilì nel Priorato di Saint-Lazare a Parigi, da cui il nome di Padri Lazzaristi. Dalla fine del XVII secolo i Lazzaristi seguirono i Gesuiti nell’apostolato in Asia; dai primi dell’800 si spinsero in Africa.
2. Il signor Antonio D’Abbadie rimase in Abissinia sino al 1846, mantenendo sempre una condotta veramente cristiana, studiando le lingue di quei paesi, facendo osservazioni scientifiche, e raccogliendo libri e manoscritti indigeni con grandi sue fatiche, e non minori spese. Fra tutti i viaggiatori, che lo precedettero e lo seguirono, nessuno, come lui, lasciò fra quei popoli memoria così cara ed edificante; sia per le sue assidue fatiche, sia la sua incorrotta ed esemplarissima morale: cosicchè io, percorrendo per trentacinque anni quei paesi, trovai che molti, parlando di lui, stentavano a credere ch’egli non fosse monaco o prete.
3. In questo spazio di tempo il D’Abbadie corse tutta l’Abissinia, visitò le chiese ed i monumenti più insigni, passò il Nilo Azzurro, entrò nei paesi Galla, e restò un anno presso Abba Baghibo, Re di Ennèrea. Una favorevole occasione gli si offrì per visitare altri paesi. Il Re di Ennèrea avea chiesto in isposa una figlia del Re di Kaffa; e conosciuta la probità del D’Abbadie, lo mandò con numeroso seguito, in qualità di suo procuratore, o, come là si dice, Misiè (padrino dello sposalizio) a prendere la sposa. Attraversati i principati di Gòma e di Ghera, giunse a Bonga, metropoli del regno di Kaffa, ed ivi si fermò quindici giorni, che impiegò in utili osservazioni, principalmente astronomiche. Ritornato con la sposa in Ennèrea, vi restò ancora qualche mese, per compire tutti i suoi importantissimi lavori, favorito sempre dal suo amico Abba Baghibo.
Abissinia. Il termine, oggi disusato, deriva probabilmente da un’antica parola egiziana, indicante le popolazioni nere dell’alto Nilo; in seguito, nella forma ḤBŠT (solitamente vocalizzato Ḥabašāt) indicava le regioni dell’altopiano etiopico degradanti verso il Mar Rosso, in cui ebbe origine la civiltà etiopica.
Sotto amministrazione ottomana, il termine “provincia dell’Ḥabeš” ایالت حبش Eyālet-i Ḥabeš indicava la costa africana tra Suakin e Zeila, con centro amministrativo a Massaua.
In età moderna, A. si è usato genericamente come sinonimo di Etiopia Etiopia ኢትዮጵያ Ityop̣ya. Più precisamente, indica l’insieme delle popolazioni dell’altopiano, di lingua semitica e di religione cristiana, che costituiscono il nucleo storico dell’impero etiopico.
La religione prevalente è la cristiana etiopica.
Lingua storica e liturgica è il ge’ez ግዕዝ gəʿəz, appartenente al gruppo delle lingue semitiche meridionali, con attestazioni scritte a partire dal III sec. d.C. ed una vasta letteratura a carattere prevalentemente religioso. Dal ge’ez derivano le due principali lingue moderne, il tigrino ትግራኛ təgrəñña e l’amarico አማርኛ amarəñña.
Possiamo individuare nell’A. due grandi regioni storiche, che a lungo si sono contese il primato sull’Etiopia: il Tigrè, che il Massaja solitamente indica come “regno del Nord”, e l’Amhara, il “regno del Sud”.
Il Tigrè ትግራይ Təgray è una vasta regione nel nord dell’Altopiano Etiopico. Attualmente è diviso tra la Regione etiopica del Tigrè ብሔራዊ ክልላዊ መንግሥቲ ትግራይ Bəḥerawi Kəlləlawi Mängəśti Təgray “Stato Nazionale Regionale del Tigrè” o più semplicemente ትግራይ ክልል Tigrāy Kələl “Regione del Tigrè”, e la Regione eritrea del Mar Rosso Settentrionale.
Il più antico impero etiopico, con capitale Axum o Aksum አክሱም , comprendeva gran parte dell’attuale Tigrè.
L’Amhara አምሃራ è la vasta regione storica dell’altopiano etiopico ad est del Nilo Azzurro, che solo parzialmente corrisponde all’attuale omonima Regione amministrativa nazionale.
Il termine Galla
ጋላ
viene oggi considerato dispregiativo, e si preferisce chiamare Oromo il gruppo etnico che con il 34% circa è il più importante dell’Etiopia, ed è il prevalente nell’attuale regione Oromia.
I G., distinti originariamente nei due grandi gruppi dei boorana e dei baarentuu, erano organizzati in comunità tribali, che vivevano secondo un’istituzione politico-religiosa denominata gadaa; essa prevedeva un complicato sistema di classi di età, di riti di passaggio, e di governo comunitario.
I G. a partire dal XVI secolo iniziarono un vasto e complesso movimento migratorio in diverse direzioni; verso il Kenya, e verso le regioni meridionali e centrali dell’Etiopia, creando insediamenti a volte senza continuità territoriale, sottraendo vaste aree a popolazioni preesistenti, approfittando anche dell’indebolimento dell’elemento amarico in seguito all’invasione del musulmano Gragn.
I gruppi baarentuu si spostarono prevalentemente verso nord-est, penetrando nei territori dello Scioa, Wollo fino al Tigrè meridionale; i gruppi boorana verso nord-ovest, raggiunendo il Goggiam e il Begemeder
In parte questi gruppi G. assorbirono le popolazioni preesistenti, in parte si integrarono. Fu soprattutto sotto l’imperatore Sisinnio
ሱሰንዮስ
Susənyos (1607-1632) che i Galla del nord vennero assorbiti nel sistema di potere abissino e si convertirono in gran parte al cristianesimo.
Invece galla che si trovavano a sud nel Nilo Azzurro, nel bacino del Gibe, formarono alcuni piccoli stati tribali, il Limmu-Ennerea, Gomma, Gumma, Gimma e Ghera, in parte influenzati dalla preesistente cultura sidama. Furono queste popolazioni a conoscere per lungo tempo l’azione missionaria del Massaja.
Con un’economia di tipo pastorale ed un’organizzazione tribale, i G. del sud tentarono a lungo di mantenere la loro indipendenza dai sovrani dell’Etiopia; nel corso del XIX secolo passarono in gran parte dagli antichi culti pagani all’islamismo, anche per reazione contro l’invadenza della chiesa nazionale etiope.
Maggiori informazioni su queste e altre comunità G. verranno fornite più avanti nel testo.
Il Nilo Azzurro o Abai አባይ Abbay nasce dal lago Tana o Tsana ጣና Ṭana e confluisce con il Nilo Bianco nel Sudan presso Khartum.
Per gli altri termini geografici e nomi di persone, si veda nel seguito della narrazione
4. Dovendo ritornare, non potè più tenere la via di Nonno, di Leka e di Lagàmara, per giungere a Gemma-Nunnu, dov’era passato andando; perché due giovani Inglesi, Walter Plauden e John Bell, volendo tenere la stessa via, per la quale era passato il D’Abbadie, nel recarsi in Ennèrea, erano stati fermati in Gudrù, e costretti a combattere contro i Gemma-Nunnu, con cui il Gudrù era in guerra. Ed in questo conflitto, avendo i due Inglesi ucciso un gran personaggio del popolo nemico, era rimasto nei Gemma-Nunnu un grande odio contro gli Europei. Il D’Abbadie pertanto dovette volgere più a Levante; e tenendo la via che passa pel Liban-Kuttài, gli fu facile rientrare in Gudrù, dove si fermò tutta la stagione delle piogge: indi, presa la via del Goggiàm, ritornò a Quaràta, posta sopra il lago Tsana. Tutto ciò accadeva verso la fine del 1844.
Walter Chichele Plowden (1820-1860). Figlio di un funzionario dell’amministrazione inglese in India, a diciannove anni entrò anche lui nell’amministrazione, ma nel 1843 diede le dimissioni. Rientrando in Inghilterra incontrò a Suez John T. Bell, col quale decise di andare in Abissinia alla ricerca delle sorgenti del Nilo. Ripartì per l’Inghilterra nel 1847; nel 1848 fu nominato console inglese presso Ras Ali, poi presso Teodoro. Nel 1860 decise di tornare in patria, ma presso Gondar fu catturato da un gruppo di ribelli. Liberato dalle forze governative, morì in seguito alle ferite riportate. Il fratello Trevor pubblicò le sue memorie nel 1868.
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5. Premesse queste brevi notizie sulla persona dell’illustre viaggiatore D’Abbadie, per aprirmi la via a narrare la storia dell’origine della Missione Galla, soggiungo, che è appunto in questo tempo, e precisamente /4/ dopo il suo ritorno dai paesi galla, che, Lettera di D’Abbadie a Propaganda: 9.3.1845 A.Rosso con data di Quaràta, scrisse alla Sacra Congregazione di Propaganda quella famosa lettera (1), che con tutta verità può riputarsi come la pietra fondamentale dell’istituzione del nuovo Vicariato dei Galla. In quella lettera il pio e zelante viaggiatore, seppe così bene descrivere l’indole ed i bisogni di quegli abbandonati popoli pagani, e talmente insinuarsi nella mente e nel cuore degli eminentissimi membri della Sacra Congregazione, che, esaminata la proposta, e riferita al S. Padre, allora Gregorio XVI, a pieni voti fu determinata la formazione del nuovo Vicariato (2): Il Papa poi, volendo dare un attestato di stima e di affetto allo zelante viaggiatore, gli mandò una lettera di elogio e di ringraziamento, avendolo, qualche anno prima, insignito della Croce di Cavaliere di S. Gregorio Magno (3).
Gregorio XVI (Bartolomeo Alberto Cappellari; Belluno 1765 - Roma 1846). Entrò nell’ordine dei Camaldolesi con il nome di Fra Mauro. Fu Prefetto della S. C. di Propaganda Fide dal 1826 al 1831, quando fu eletto Papa. Sostenitore dell’Ultramontanismo. Nel 1839 pubblicò l’Enciclica In Supremo Apostolatus in cui definì la schiavitù un “delitto”.
Sacra Congregatio de Propaganda Fide, istituita da papa Gregorio XV con la bolla Inscrutabili Divinae del 22 giugno 1622, è il dicastero della Chiesa Cattolica che ha competenza per tutto quello che riguarda l’attività missionaria. Dal 1967 ha preso il nome di Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli (Congregatio pro Gentium Evangelizatione)
6. Decisa la fondazione della nuova Missione, si pensò tosto a chi affidarla; e dopo varie proposte e discussioni, si conchiuse ch’essa venisse data all’Ordine dei Cappuccini. Per lo che il Cardinal Franzoni, Prefetto della Sacra Congregazione di Propaganda, chiamati a sè il Rmo P. Andrea da Arezzo, Vicario Generale di tutto l’Ordine, ed i PP. Venanzio da Torino, Procuratore Generale, e Giusto da Camerino, Prefetto delle Missioni, fece loro nota la determinazione della Sacra Congregazione e la volontà del S. Padre, che la nuova Missione venisse assunta dall’Ordine Cappuccino; e soggiunse che, in conseguenza di ciò, pensassero subito a scegliere i soggetti da mandarvisi. Inoltre ingiunse loro di presentare un Religioso, maturo di senno e di dottrina, per essere consacrato Vescovo, e preposto agli altri in qualità di Prefetto e Vicario Apostolico; e raccomandandosi poi di proporre presto quest’ultimo, affinchè la Sacra Congregazione ne prendesse le necessarie informazioni, li accomiatò benevolmente.
Dal momento che fù decisa la fundazione del Vicariato Galla la S. C. di Propaganda dovette pensare ad una spedizione di missionarii con un capo, il quale sarebbe stato Vescovo e Vicario Apostolico. Se debbo credete a quanto mi si disse quì in Roma da alcuni individui che potevano conoscere i diversi progetti stati presentati e discussi nel congresso degli Eminentissimi Cardinali, la missione Galla doveva essere affidata ai Padri della Compagnia di Gesù; prevalendo però alcuni, i quali opponevano la difficoltà che i medesimi avrebbero forze incontrato delle opposizioni in Abissinia, dove i Padri della Compagnia suddetta avevano anticamente incontrato molte opposizioni e persecuzioni si decise in congresso che la Missione sarebbe stata consegnata all’Ordine dei Cappuccini. Memorie Vol. 1° Cap. 1 p. 4.
Giacomo Filippo Fransoni (Genova 1775 - Roma 1856; fratello di Luigi Fransoni arcivescovo di Torino). Prefetto di Propaganda Fide dal 1834 al 1856.
7. Ritornati i suddetti Superiori al Convento, radunarono i Rmi Definitori Generali in Congregazione per conferire circa gli ordini dal S. Padre e da Propaganda ricevuti. Nel Convento dell’Immacolata Concezione di Roma trovavasi allora anche il collegio delle nostre Missioni, del quale era Prefetto il Rmo P. Giusto da Camerino, fatto poscia Cardinale da Pio IX; e perciò si decise di lasciare a lui la scelta dei Missionari: il che tornava facile al Prefetto, essendo allora il collegio ben popolato di alunni, dei quali egli, meglio di chiunque, poteva conoscere il merito e l’abilità. In quanto poi al Vicario Apostolico si convenne pure di proporre uno /5/ dei Religiosi più dotti e più anziani dello stesso collegio. Presentata dai Superiori la proposta a Propaganda, il loro compito era finito, e se o attendeva l’approvazione. Se non che, trascorsi due mesi di silenzio, sul finire di Dicembre 1845, il Papa chiama il Rmo P. Procuratore Generale dell’Ordine, cui allora apparteneva il governo delle Missioni, e gli domandò se non conoscesse egli un qualche Padre grave e maturo, ed atto allo scopo, e nel caso affermativo, lo chiamasse immediatamente a Roma, senza dirne parola a chicchessia.
8. Premetto che circa dieci anni prima io aveva detto ai Superiori della mia Provincia di Piemonte che sentivami chiamato pel ministero delle Missioni, ed aveva soggiunto ch’era risoluto di non fare altri passi su tal proposito, senza il consiglio ed il consenso dei medesimi. Scorsi dieci anni, mi trovava Lettore di teologia e Definitore nel Convento del Monte di Torino; e quando meno vi pensava, Chiamato a Roma: 1.3.1846 A.Rosso mi giunse una lettera del P. Venanzio suddetto, in cui mi diceva che, se la mia vocazione per le Missioni, altra volta esternata, ancora perdurasse, senza aspettare altr’ordine partissi subito per Roma. E non aggiunse altro.
Confesso ingenuamente che un tale invito lì per lì mi conturbò. L’amore che portava all’Ordine ed alla mia Provincia, l’affetto ai miei studenti, /6/ in numero di circa trenta, ed altri dubbj e timori, che in tali occasioni sogliono suscitarsi nell’animo, mi facevano apparire quella partenza come l’abbandono di un secondo mondo, assai più doloroso che non sia stato il primo, cioè il passaggio dal secolo alla Religione. Tuttavia, riconoscendo in quest’invito una chiara manifestazione della volontà di Dio, risolvetti di partire, e partir subito senza che niuno il sapesse.
La mia partenza dalla Provincia era tutto un’affare, sia per la Provincia, perché avrebbe dato molto motivo a parlare, poichè dominava colà un pregiudizio, favorito anche molto dagli stessi Superiori Provinciali, per il quale per lo più la partenza per le missioni era considerata come una secolarizzazione onorata... Memorie Vol. 1° Cap. 1 p. 6.
9. Messici pertanto d’accordo col Provinciale, che allora era il P. Fulgenzio da Carmagnola, già Confessore del Re Carlo Alberto, feci presto il mio piccolo bagaglio; e preso commiato dagli studenti per una gita di pochi giorni, raccomandando loro rispetto ed ubbidienza a chi in quel tempo avrebbe fatto le mie veci, il giorno dopo l’arrivo della lettera da Roma, lasciai il Convento, e partii direttamente alla volta di Genova. Rimasto due giorni in quella città per aspettare l’imbarco, finalmente affrontai per la prima volta il mare su di un piccolo piroscafo, chiamato il Castore; il quale dopo tre giorni mi sbarcò a Civitavecchia. Di là il giorno appresso A Roma: 17.3.1846 A.Rosso mi trasferii a Roma, ed era circa la metà di Gennajo del 1846.
10. Abbracciato il mio carissimo P. Lettore Venanzio da Torino, mi offrii pronto ai suoi comandi; ma egli, dopo un’amorevole accoglienza, mi disse che nulla poteva palesarmi intorno alla mia futura destinazione, essendo il tutto nella mente del Papa e della Sacra Congregazione di Propaganda. Che però, dopo un giorno di riposo, mi avrebbe egli stesso presentato alla Sacra Congregazione suddetta, ed a suo tempo forse anche al Papa. Intanto mi consegnò al Rmo P. Giusto da Camerino, Prefetto delle Missioni, come semplice collegiale. Il dimani di fatto mi condusse dal Cardinal Franzoni, Prefetto di Propaganda, e da Monsignor Brunelli Segretario. Questi mi ricevettero con aria di affetto e di piacere, e mi dissero che del mio arrivo avrebbero parlato al Papa, per procurarmi un’udienza. Scorsi pochi giorni, il Rmo P. Venanzio ricevette un biglietto del Vaticano, con cui era chiamato dal Papa; ed io gli tenni compagnia. Il S. Padre, dopo aver trattenuto il Rmo Venanzio in particolare colloquio, ammise anche me alla sua presenza; e dopo avere ricevuto i miei filiali omaggi, mi diresse amorevolmente qualche parola, mi fece domande sulla mia vocazione alle Missioni, e, raccomandandomi di pregare Iddio, diede a tutti e due paterno commiato.
11. Dopo queste visite, io me ne stava tranquillo nel collegio, attendendo allo studio ed alla regolare osservanza, ed aspettando con calma le disposizioni della Provvidenza. Dai discorsi, che si facevano fra i collegiali, e con altri di fuori sulla spedizione ai Galla, pareva che il capo di essa dovesse essere un altro, e non io. E lo stesso Rmo Venanzio, col quale /7/ io conversava ogni giorno, ed usciva per la città, visitandone i monumenti, teneva tal riserbatezza sulla mia destinazione, che in due mesi e più di confidenza, non mi lasciò mai trapelare un minimo che su quanto doveva accadere. Spesso parlavami a preferenza di una spedizione al Brasile: ma circa la fine di Marzo, giunto in collegio il P. Fabiano da Scandiano, Lettore e Definitore della Provincia Lombarda, si seppe che appunto egli era stato chiamato a Roma per essere spedito al Brasile, qual Commissario di quella Missione: e così il bujo si faceva più fitto.
12. Finalmente nel Concistoro, che fu tenuto prima di Pasqua, si squarciarono le tenebre, e fu svelato ogni mistero. Io fui preconizzato Vescovo di Cassia in partibus. All’inaspettato annunzio tentai oppormi, presentando le molte difficoltà che vi avrei incontrato: ma i Superiori seppero dirmi tante cose, che alla fine fui costretto lasciarmi guidare dalla ubbidienza, sulla considerazione anche che il Vescovado di un Missionario sia piuttosto un peso anzichè un onore; e con ciò, come ben dicevami il Rmo P. Andrea da Arezzo, non avrei aggiunto che un vincolo di più al martirio dell’apostolato.
13. Dopo la preconizzazione si venne a parlare dei compagni che mi dovevano seguire nella Missione; ed il Rmo Prefetto mi propose il P. Giusto da Urbino ed il P. Cesare da Castelfranco, che accettai con piacere. Poscia chiestomi se mai avessi desiderato qualcheduno di mia confidenza, e lo pregai che mi si concedessero il P. Felicissimo da Cortemilia, già mio studente, ed il laico Fra Pasquale da Duno, i quali avevano manifestata altra volta la loro vocazione alle Missioni; e subito dal Rmo Padre Generale furono chiamati a Roma.
Padre Giusto da Urbino O.F.M.Cap., al secolo Iacopo Curtopassi (Matraia LU 1814 - Khartum 1856). Seguì il Massaja in Etiopia nel 1846. Stabilitosi del monastero di Tedba Mariam, divenne esperto di lingue orientali e in particolare della lingua e letteratura geʿez. Nel 1851 fu costretto a spostarsi nel monastero di Bietlehem, e rifiutò di seguire il Massaja nel territorio galla. Collaborò col D’Abbadie nella pubblicazione di opere linguistiche. Pubblicò sotto il nome di due autori del 17° secolo, Zarʿa Yāʿqob e Walda Hawāryāt, due trattatelli teologici che a lungo furono ritenuti opere originali. Nel 1855 fu espulso dall’Abissinia per ordine di Teodoro e rifugiò al Cairo; mentre tentava di tornare in Abissinia attraverso il Sudan, morì a Khartum il 22 nov. 1856.
Nei primi tempi la convivenza col P. Giusto fu disastrosa:
Il P. Giusto è sempre misterioso secondo il solito: è venuto mal volentieri, e prosegue mal volentieri – almeno si contentasse di tenerlo nascosto fra se, ma pare se ne faccia un piacere dirlo a tutti. [...] Io non posso dire che sia un cattivo giovane capace di venire a commettere qualche scandalo, ma sarà sempre, come lo è attualmente un peso alla Missione – Si vede mai in lui un momento sereno, sempre ha qualche lagno a fare – parla mai, e se parla qualche volta lo fa per contradire – è mai del sentimento degli altri, e persino nel sortire a spasso, sortì mai coi compagni, qualche volta aspetta che siano via gli altri, e poi sorte solo – Stravagantissimo nelle sue opinioni, quali quando le spiega guai a contrariarlo – Nei giorni che stiamo fermi, come qui in Suez, siamo soliti a dire la nostra Messa, massime sul riflesso che abbiamo Messe a celebrare, egli la sentirà, qualche volta, ma non la dice, meno qualche festa – nel mangiare, nel bere, nel dormire tutto gli fa male, meno le sue stravaganze – in una parola, io lo credo più scemo che perverso, poco presso del carattere dell’Anselmo di Virle – [...] Una volta l’ho esortato a ritornarsene, e mi rispose che egli voleva essere Missionario – io non so cosa dirmi di più – Lettere vol. I n. 46, al Padre Venanzio Burdese, Suez 15 Settembre 1846
Padre Cesare Orengo da Castelfranco (oggi Castel Vittorio IM) n. 1818 ✝ Kaffa 1860)
Padre Felicissino Cocchino (o Coccino) O.F.M.Cap. nato a Cortemilia (CN) nel 1816, nel 1855 fu nominato Coadiutore del vicariato Apostolico dei Galla e preconizzato Vescovo; ordinato vescovo nel 1859; rinunciò al Vicariato nel 1873; morì nel 1878.
Riguardo al P. Felicissimo, Il M. scriverà poi da Alessandria d’Egitto:
Una cosa io ravviso di tutta necessità dietro le informazioni prese, si è il bisogno di un quarto Missionario, per non essere poi obligati a fare tanto presto una seconda spedizione – L’aggiunta di uno fatta subito, affinchè possa ancora partire con noi, sarebbe una picolissima spesa, tanto più che potrebbe dispensarsi dal prendere costà tante provviste di vesti, laddove aspettando dovrebbe fare spese di viaggio a bella posta – Questi sarebbe certo Padre Felicissimo da Cortemilia mio studente, il quale già trovasi attualmente in Collegio – persona non di straordinario talento, ma di una volontà, e sanità straordinaria – d’altronde una persona, che io conosco da molti anni, di tutta mia fiducia, e che brama ardentemente di venire con me – di questi Ella potrà farne parola col R.mo P. Venanzio da Torino Procuratore, il quale potrà dargliene piena informazione – potrebbe essere che il summentovato non si senta ancora di prendere l’esame, perchè avendo già terminato il corso degli studj da alcuni anni, avrebbe bisogno di un più lungo esercizio; in questo caso trattandosi di venire con me Suo Lettore, spero nella bontà dell’E. V. che non avranno difficoltà a passarvi sopra – potendo io assicurare la sufficientissima abilità; mi raccomando dunque tanto tanto alla bontà dell’E. V. affinchè mi venga spedito al più presto questo soggetto – assicurandoLa che sarà di sommo vantaggio alla Missione, che così non sarà poi tanto presto nel bisogno di chiedere altri soggetti – Lettere vol. I n. 28, al Cardinale Giacomo Filippo Fransoni, Alessandria d’Egitto 17-19 giugno 1846
Fra Pasquale da Duno (1803-1873 ca)...
14. Nello stesso Concistoro erano stati preconizzati anche Monsignor Nicols Arcivescovo coadiutore dell’Arcivescovo di Corfù, e Monsignor Casolani Vescovo di Maurocastro in partibus: destinato questi Vicario Apostolico dell’Africa Centrale, nuova Missione fondata contemporaneamente alla mia, e con la quale appresso ebbi non poche attinenze. I due nuovi Prelati erano attesi a Roma fra pochi giorni per la loro consacrazione, che doveva tenersi insieme con la mia. Frattanto la Sacra Congregazione di Propaganda cominciò ad assegnarmi qualche somma di danaro per provvedermi degli arredi vescovili e di altre cose necessarie, e mi diede a leggere la lettera del signor D’Abbadie sopramenzionata, ed altre particolari istruzioni sul viaggio e sulla Missione.
Annetto Casolani (La Valletta 1815 - 1866). Laureatosi a Malta, andò a perfezionarsi nelle scuole romane di Propaganda Fide. Nel 1844 e 1845 inviò a Roma dei rapporti in cui denunciava il pericolo derivante dall’espansione dell’islam in Africa. Consacrato vescovo insieme col Massaja, fu nominato Vicario Apostolico dell’Africa Centrale. A causa dell’enorme difficoltà di stabilire la sede del vicariato a Kartum, e di incomprensioni con la direzione di Propaganda, Casolani rinunciò alla direzione dell’impresa, che fu affidata al gesuita polacco Maxymilian Ryllo. Nel 1848, poco dopo l’arrivo della missione a Kartum, a causa delle spaventose condizioni ambientali Ryllo morì, e Casolani gravemente malato, dovette ripartire per l’Europa. La direzione del vicariato dell’Africa Centrale fu assegnata al giovane prete sloveno Ignaz Knoblecher, e Casolani non tornò mai più in Africa.
15. Monsignor Casolani arrivò da Malta sulla fine di Aprile, ma Monsignor Nicols non giunse da Corfù che il 10 Maggio; quindi fu stabilito il giorno 24 dello stesso mese per la sacra funzione. E poichè trattavasi /8/ della consacrazione di tre Vescovi di Propaganda, la Sacra Congregazione volle che quell’augusto rito si compisse con grande solennità. Scelse la chiesa di S. Carlo al Corso per la funzione; il Cardinale Franzoni, Prefetto di Propaganda, per Vescovo consacratore; Monsignor Brunelli, Segretario della medesima, per primo assistente; e Monsignor Luquèt, Vescovo di Esebon e Vice Procuratore Generale delle Missioni straniere di Parigi, per secondo assistente. Consacrazione: 25.4.1846 A.Rosso La solennità invero riusci splendidissima; poichè v’intervenne una gran parte della Corte Pontificia, e moltissimi dell’aristocrazia romana. Dopo la funzione, in S. Carlo stesso si diede un nobile rinfresco, e poi in Propaganda si tenne pranzo di gala.
16. In quest’occasione conobbi il Marchese D’Erculais da Lione, venuto a posta in Roma per assistere alla nostra consacrazione. E poichè questo Signore poteva molto nei consigli dell’Opera della Propagazione della Fede di Lione, fui in verità assai contento di tal conoscenza, e caldamente mi gli raccomandai per avere qualche soccorso nei bisogni della Missione, e principalmente per l’impianto della medesima. E debbo confessare che, finchè visse, fu sempre il nostro più amorevole protettore e generoso benefattore.
Opera per la Propagazione della Fede (Œuvre de la Propagation de la foi). Organizzazione laica fondata a Lione nel 1822 da Pauline Marie Jaricot con lo scopo di sostenere spiritualmente ed economicamente l’attività delle missioni.
La Francia potenza colossale conosciuta e riverita per tutto l’Orbe, è in stato senza dubbio di servire in questo alle disposizioni della Provvidenza più di quanto lo sia l’Italia, a fronte di tutte le sue buone disposizioni, è questa una cosa innegabile, e noi Missionari figliuoli dell’Italia per mille rapporti, volendo comparire figliuoli di una Nazione conosciuta presso gli stranieri, siamo costretti tacere la nostra personalità italiana, e prendere quella della Francia. – Le cose come sono ordinate dalla Provvidenza ci mettono nell’impossibilità di fare diversamente – ma per tutto questo lascieremo noi di essere italiani? Mai e poi mai! – Il Signore che ha stabilito l’Italia madre universale dei popoli dei suoi figli e credenti, vorremo dire per questo che sia per negare all’Italia questa divina Maternità che la rende così grande e così sublime, per farla figliuola della Francia? Lettere vol. I n. 63, al Canonico Pietro Riberi, Gualà 11 febbraio 1847
17. Dopo la consacrazione si fecero le consuete visite alle Basiliche, e poscia si chiese l’udienza del S. Padre. Era il giorno seguente dell’Ascensione, ed il buon Papa Gregorio, avendo il giorno innanzi tenuto Cappella papale in S. Giovanni Laterano, era tornato al Vaticano in sì penoso stato di salute, che dovette passare la giornata a letto. Presentatici per la visita di uso, non si voleva disturbarlo; ma poi desiderando egli stesso di vederci, fummo introdotti nella sua camera privata. Il S. Padre diresse a ciascuno di noi tre poche parole, con grande affabilità da parte sua, e con grande conforto da parte nostra; ma Monsignor Maggiordomo, che stava alla porta, temendo che quelle commozioni potessero riuscire di maggior disturbo alla salute dell’augusto infermo, ci fe’ segno di prendere commiato.
18. Io aveva già fatte tutte le necessarie provviste, e disposta ogni cosa per la partenza; e sinanco i biglietti per l’imbarco sui piroscafi francesi erano stati presi. Credetti bene di far partire prima i PP. Giusto e Cesare con una parte del bagaglio, e con ordine di aspettarci in Alessandria d’Egitto. Io inoltre ed il mio compagno di servizio Fra Pasquale da Duno saremmo partiti col piroscafo della settimana seguente: ed il P. Felicissimo di Cortemiglia, che non ancora era arrivato dal Piemonte, ci avrebbe seguito appresso, portandoci il resto delle istruzioni e del bagaglio.
19. Sentendo aggravarsi ogni giorno più la malattia del S. Padre, io da un lato aveva gran pena di lasciare Roma in tale angosciosa ansietà; ma /9/ riflettendo che la morte del Papa avrebbe potuto far nascere in Roma ed altrove spiacevoli disturbi (i quali pur troppo da molti si temevano), e ch’essi avrebbero forse potuto ritardare la mia partenza, quasi non vedeva il momento di andarmene. Una mattina pertanto verso le nove andai a Propaganda per prender commiato dal Cardinal Prefetto; e mentre stava parlando con sua Eminenza sugli affari della Missione, gli giunse un biglietto dal Vaticano; ed apertolo con mano tremante, vi lesse il triste annunzio della Morte di Gregorio XVI: 1.6.1846 A.Rosso morte del Pontefice. Il buon Cardinale si mise a piangere, e poi pensando allo stato politico delle cose, rivolto a me esclamò: Beato lei che se ne parte, Dio sa che sarà di noi! — Ciò detto, mi raccomandò di non parlarne fino a tanto che non fosse pubblicata la notizia ufficiale. Mi accomiatò, e partì pel Vaticano. Gli domandai allora se anch’io avessi potuto seguirlo, per vedere ancora una volta l’amato Pontefice; ma mi rispose che per due giorni nessuno poteva entrare in quelle camere, eccetto i Cardinali.
Buon per me che in quei giorni era riuscito a sbrigare tutte le mie faccende; poichè, appena si seppe la morte del Papa, tutte le Congregazioni furono sospese, gli uffizj chiusi, e da per tutto un’agitazione, un’inquietudine tale, che sarebbe stato impossibile compiere il menomo affare. A gran pena mi riuscì di prender commiato da alcuni Prelati e Signori, e segnatamente dal Marchese D’Herculais, cui avea raccomandato la mia Missione.
[Nota a pag. 1]
(1) Giuseppe Sapeto si portò in Abissinia con doppio scopo, cioè religioso e scientifico. Associatosi poi in Cairo con i signori D’Abbadie, i quali lo condussero seco a loro spese, entrò in Abissinia sotto sembianze di viaggiatore; ed in verità si occupò più di ricerche naturali che di ministero sacerdotale. Con ciò non gli si vuol togliere nessun merito, che sotto tutt’altro aspetto possa avere. Non molto dopo abbandonò l’Abissinia, e più tardi [anche la] Congregazione, e si dette all’insegnamento, segnatamente dell’Arabo, di cui stampò qualche cosa. [Torna al testo ↑]
[Note a pag. 4]
(1) Vedi la nota 1 in fine del volume. [Torna al testo ↑]
(2) Vedi la nota 2 in fine del volume. [Torna al testo ↑]
(3) A queste meritate onorificenze se ne aggiunse un’altra in questi anni: ed ebbi io l’onorevole commissione dal Santo Padre Leone XIII di portargli nel Giugno del 1881 le insegne di Commendatore di S. Gregorio Magno. [Torna al testo ↑]