Storia dell’antica Abbazia e del Santuario
di Nostra Signora di Vezzolano
Del Sac. Cav. Antonio Bosio

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Alcune memorie su Albugnano

Chi dalla città di Chieri, transitando vicino a graziosi villaggi e passando pel grosso e ricco borgo di Castelnuovo d’Asti, sale verso Albugnano, graziosamente gli si presenta quest’allegro villaggio schierato sulla vetta della collina a mezzogiorno e ponente, ove fan bella mostra di sè la chiesa parrocchiale col suo campanile, il vetusto olmo sull’alto piazzale della Torre, così detto da una torre che ancora esisteva in parte, e distrutta nel 1861, che indicava esservi stato murato su quel poggio l’antico castello, da diversi secoli distrutto, così pure si veggono molte case di civile e comoda abitazione.

Non si conosce l’origine di questo paese, la quale si perde nelle tenebre dei tempi, ma per certo è molto antico: esso è detto in latino Albunianum, forse così denominato dai Romani per la bianchezza delle sue terre. In gallico Alb vuol dire altura, montagna. È da notarsi che in una lunga linea, i paesi che si succedono hanno la desinenza in ano alla latina, come Pogliano, Albugnano, Bersano, Passerano, Schierano, ecc., ed in un altra linea vicina i paesi terminano in engo alla longobardica come Tonengo, Agonengo, Banengo, Moransengo, Aramengo, ecc.

In cima al paese è costrutta la sovraccennata chiesa parrocchiale dedicata a S. Giacomo Maggiore, era questa la chiesa del castello, piccola in origine, ma aumentata di quattro navate, essendone ora cinque, il che forse avvenne, quando nel 1574 fu eretto l’attuale campanile sui quale è posta l’iscrizione scolpita su /117/ pietra calcare alquanto guasta, la quale mi sembra di poterla così leggere:

de anno 1574
die 1. apr. fuit
princip. et de
con si. iac. sera
c. t. r ac. rec.
. . . . . . m.

Questa chiesa ha la facciata verso occidente, e per ciò il sacerdote quando celebra il santo Sacrificio guarda ad oriente, siccome comanda il rito vetusto della Chiesa, cosa che sempre si dovrebbe osservare a meno, che un forte motivo obbligasse a collocare la chiesa altrimenti (1a).

/118/ In cima di ciascuna navata vi era un altare: perciò paralello al maggiore, il quale occupa il posto di mezzo ed ha un non molto ampio presbitero e coro.

La mensa e l’altare sono di stucco fatto modernamente, prima era di legno dorato e sculturale con bel tempietto in mezzo di forma graziosa, ma fu tolto per la vetustà; la bella balustra fu fatta nel 1762 in marmo bianco macchiato di Gassino. L’incona è di buon pennello sul fine del secolo XVII, o sul principio del XVIII: essa rappresenta la Madonna col divin Infante in gloria, S. Giacomo Maggiore titolare della Parrocchia, e S. Francesco di Sales.

Questo quadro fu portato da Vezzolano, regalo di uno fra gli ultimi Abati, si noti però che S. Giacomo rappresentava prima S. Carlo Borromeo, e si diede un’altra tinta alle vesti di porpora, e gli venne aggiunto l’orcio da vino (cucurbita lagenaria) ed il bordone da pellegrino. Parimenti da Vezzolano fu trasportato il quadro che sta nel presbiterio rappresentante la Vergine incoronata dalla SS. Triade, con S. Giuseppe e S. Francesco Saverio nel piano, buon lavoro del principio del secolo scorso. In faccia a questo quadro vi è quello della Madonna del Rosario coi 15 misteri dipinti attorno ed alcune figure nel piano, lavoro di una delle figlie del nostro celebrato pittore Guglielmo Caccia da Montabone, detto il Moncalvo (luogo del suo domicilio), che lavorò molto in Monferrato specialmente soggetti sacri; questa tela copriva già in forma d’incona la statua della Vergine del Rosario nel suo altare in chiesa.

Nella sagrestia si vede il quadro di S. Orsola colle compagne martiri, opera di Orsola, altra figlia del Moncalvo, ma molto ritoccato. Questo dipinto si vedeva /119/ sull’altare in capo alla quarta navata dalla parte del Vangelo, come quello suddetto di S. Giuseppe era nella quinta navata, e fu tolto quest’ultimo per aprire la portina della sagrestia.

Il bel pulpito è intarsiato in legno rosso e giallo colla figura di S. Giacomo, e fu fatto dal capo mastro ebanista Navone Giuseppe fu Giovanni di Chieri nel 1765 per sole L. 110: una volta si lavorava proprio a buon prezzo. La volta ed il coro furono rifatti nel 1659 sotto la direzione di D. Giorgio Scozia Vicario foraneo di Pino a ciò delegato.

La cappella, che si trova accanto all’altare maggiore dal lato del Vangelo ha un buon quadro di Luigi Bernero regio professore di Pittura nell’Accademia, che lo dipinse nel 1809, era figlio di Gio. Battista da Cavallerleone, regio scultore.

Esso rappresenta S. Barnaba Apostolo, e S. Grato Greco e Vescovo d’Aosta in Piemonte, che tiene in un bacino la testa del Precursore, che si vuole abbia portata dall’Oriente, o almeno parte d’essa: è protettore contro le grandini (1b). Il sudetto valente artista dipinse pure le 14 stazioni della Via Crucis fatte a spese di alcune famiglie. La mensa, o palliotto di questa cappella è di un bellissimo stucco lucido, che imita perfettamente il marmo intarsiato, l’artefice vi lasciò il suo nome così: Solari Giacomo Comasco, di Val d’Intelvi Verra fece 1739. Il medesimo fece anche la mensa /120/ dell’altare del Rosario, e quella della cappella campestre di S. Antonio di Padova.

Bella è la statua della Madonna del Rosario in legno dorato, come pure sono le colonne e gli ornati di quest’altare.

La statua in legno posta in una nicchia in luogo dell’antico altare, rappresentante S. Antonio di Padova è di mediocre lavoro.

Nella navata di mezzo si veggono due tele ovali rappresentanti una S. Antonio suddetto e l’altra San Vincenzo de’ Paoli, quest’ultima è dono del Signor D. Bogino, missionario Casalese nel 1770.

Nel 1663 li fratelli Serra con Bartolomeo Signorio fanno una cessione di beni alla Comunità per l’elemosina del Predicatore.

Essendo in Roma il Priore Giacomo Serra nel 1768 istituì un legato per le sacre missioni e pel maestro di scuola in Albugnano, facendo una donazione alla Casa dei Missionari, erigenda in Casale con istromento rogato Ferdinando Ciallo ai 21 gennaio dell’anno suddetto, ma i fondi per ciò lasciati furono divorati nella rivoluzione francese; ora però si fanno le dette missioni ogni sette anni per legato di Giovanni Nebbia.

Nel 1851 alli 6 di maggio, con istromento rogato Scaravelli Ignazio, il cavaliere Angelo Serafino, professore di teologia, più volte menzionato, fondò la divozione perpetua delle Quarantore nella Domenica di Sessagesima.

Vi sono in questa parrocchia stabilite diverse divote Compagnie.

Le cinque navate sono divise da colonne e pilastri in mattoni.

/121/ Sulla porta principale vi è scritto:

D. O. M. Deiparæ Mariæ Virgini
Divoque Iacobo Apost. Dicatum.

La sagrestia posta dal lato dell’epistola accanto al maggiore altare è sufficientemente ampia, e ben provveduta di sacri arredi.

Vi si legge scritto sul marmo le seguenti parole:

Onus V. Curati a D. P. Th. Serra relictum
hoc lapide desbendum M. A. M. S. Th. B. Præptus
Curavit anno 1817.

Fu posta questa iscrizione a perpetuare la memoria del lascito fatto dal fu D. Gio. Tommaso Serra, già prevosto di Mondone, per il vice-curato, il prevosto Marco Aurelio Mureto lo descrisse in questa lapide.

Questa sacrestia fu ampliata nel 1834 a spese pubbliche e con offerte dei devoti, come appare dall’iscrizione posta esteriormente su piccola lastra di marmo:

Exaudi de coelis parvi Sacrii domus angusta
amlta magnice publ. sumptu plelisq. devtne
Deo dicta 1834. E. S. P.

cioè: Evasius Sartoris Præpositus.

La facciata è di stile moderno volta a ponente ed imbianchita, perciò si può vedere anche da lontano.

La canonica o casa parrocchiale sta a fianco della chiesa, e fu acquistata e rifabbricata colle richieste commodità ed in bella posizione dall’attuale prevosto sig. D. Fassio Giovanni da Asti, ora Cavaliere della /122/ Corona d’Italia, mentre la vecchia casa era molto incommoda per la lontananza e località (1c).

La cortesia di questo egregio signor Parroco non è solo conosciuta nel luogo d’Albugnano, ma anche nei vicini paesi accogliendo esso cordialmente e con bei modi coloro, che si recano a visitare il Santuario di Vezzolano, e vanno ad ammirare dalla piazza della torre l’estesissima vista, e nella bella stagione si può dire, che non passi giorno senza che qualche allegra brigata venga a sciogliere una preghiera alla Madonna, e quindi salga su quell’alta vetta a godere di così vasto orizzonte.

Forse la data del 1574 posta nell’iscrizione, sopra riferita, del campanile, denota per approssimazione il trasporto dell’ufficiatura dall’antica parrocchia in questa chiesa del Castello.

In seguito al disposto della legge I vendemiaio anno IX Repubblicano essendo il Parroco d’Albugnano rimasto privo di congrua, per non possedere la Parrocchia beni stabili ed essere quello sempre stato stipendiato sui beni già spettanti all’Abazia di S. Maria di Vezzolano, come Vicario e fungente le veci dell’Abate, che era il vero ed abituale Parroco sul ricorso della Municipalità per atto delli 30 ventoso (21 marzo 1801) il governo separò a favore della parrocchia altrettanti beni nazionali (cioè dell’Abazia) del reddito annuo di L. 1000, oltre la casa nel luogo, cantone di Piazza abitata dal Parroco, ed ora, come dissi, cam- /123/ biata coll’attuale vicinissima alla chiesa. La carta originale è negli archivi parrocchiali colla descrizione degli stabili.

Il monastero di Vezzolano cogli annessi beni furono venduti all’incanto con atti 24 aprile 1810, e 11 ottobre 1811 dal governo al sig. Carlo Magol, Ispettore telegrafico a Torino. Quell’ampio fabbricato con circa 80 giornate si pagarono solamente L. 15000.

Il Magol vendette poi questo tenimento al signor Chaudes-Aigues.

Anticamente le case d’Albugnano si trovavano un po’ più al basso in più comoda posizione difese dai venti ed erano attorno alla chiesa parrocchiale di S. Pietro, e nel luogo detto il Pozzo di S. Pietro, il quale tuttora somministra a tutto il paese abbondanti acque, quando gli altri sono asciutti per la siccità.

Questa chiesa di S. Pietro è piccola perchè piccola dovea essere la popolazione, una parte della quale frequentava la Chiesa di Vezzolano, ed un’altra parte la parrocchia di S. Stefano.

Essa è d’una sola navata a soffitto, le mura sono costrutte nella parte inferiore in pietra calcare, nella superiore in mattoni levigati con bel corniccione, di piccoli archetti, l’abside del coro è tutta in pietra a vaghi e variati disegni, quasi come quella di Vezzolano, colla quale può competere in età; le anguste finestre sono come feritoie, se ne praticarono posteriormente alcune più ampie e quadrate guastando l’architettura. La porta principale guarda a ponente secondo l’uso ed il rito antico (1d).

/124/ È detta S. Pietro di Fenestrella, forse dalle piccole finestre che in essa si veggono, o piuttosto trovandosi tra due monti, dietro di essa si apre come una finestra la bellissima valle di Aramengo e di Marmorito.

Trovandosi questa chiesa nella dovuta distanza dalle case, serve ora per cappella del cimitero, il quale è chiuso dal prescritto muro; e solo lascia a desiderare, come la più gran parte dei piccoli cimiteri, che vengano un po’ meglio interrati i corpi, da non doverne calpestare le ossa dei nostri cari, quando in esso si entra.

Ugone Vescovo di Vercelli trovandosi nel suo castello di Verrua nel 1235 ai 14 d’aprile, come già dissi, concede al Prevosto Enrico ed ai frati di Vezzolano la chiesa di S. Pietro di Fenestrella, e quella di S. Stefano di Maconeto, perchè vengano da essi ufficiate, presentando il frate, che avrebbero nominato al Pievano di Pino, coll’obbligo di portarsi al Sinodo, pagare il cattedratico, e di offrire annualmente nella festa di S. Giorgio libbre cinque di cera ai Vescovi di Vercelli; erano presenti come testimoni il prete Guglielmo Pievano di Pino; il prete Sinibaldo canonico di Vezzolano; il prete Giovanni di Finistrella e Giacomo chierico di Pino; rogato Anselmo Notaio del Sacro Palazzo.

Vi è in questa chiesa un unico altare sopra cui vi fu collocata una bella Sacra Famiglia dipinta su tela nel secolo XVII. È da notarsi che furono poste posteriormente nelle mani di S. Giuseppe le chiavi, perchè venisse a rappresentare S. Pietro.

/125/ Nel mezzo della navata si legge sopra una pietra sepolcrale la seguente:

Dno Jacobo Antonio Serra Nottario (sic)
suisque posteris tumulum.

Nella parete vicina vi è la lapide di marmo che scorrettamente così dice:

Ioan. Thom. Serra iam Montisdonii
Prœptus dilectis pauperibus Ecclesiæ
Ditata in sui memoriam perpetuam hunc
lapidem erigi iussit anno mdcccxiv xv iulii.

Sulla facciata e sulle pareti laterali furono incastrate diverse lapidi sepolcrali con danno del bello architettonico; di più la facciata fu imbianchita. Le iscrizioni si dovrebbero porre nei muri di cinta.

Ecco le epigrafi:

Pregate per l’anima di Felice Lisa di Torino
rapito in Albugnano da cruda morte
li 9 dicembre 1841 d’anni 70 lasciando
piangente la desolata vedova che questo
monumento eresse.

Ivi:

Alla memoria delle rare virtù
di Luigia Martina di Torino
figlia del regio notaio Giuseppe
e di Vincenza Barberis
questa lapide posero dolenti i genitori
passò allo sposo celeste nel fior degli anni suoi
addì 9 agosto 1845.

/126/

Ivi:

1853, 20 giugno
Giuseppina Bergancini
compiuti appena 3 lustri
lasciavi dolente
l’ava tua amorosissima
Teresa Chaudes-aigues
che sempre consacrò a tuo bene
più che materna cura.
Ah tanto buona non dovevi
morire così giovine!
Ora vivi felice
dove non si muore.

Vicino alle suddette fu posta l’iscrizione seguente scolpita sopra marmo bianco con alcuni ornati:

Alla diletta Avola
Teresa Rovere
Vedova Chaudes-aigues
che li 16 luglio 1868
in età d’anni 90
cara a Dio
alla famiglia al povero
lasciava in Albugnano
le mortali spoglie
la riconoscente nipote
Clotilde Abbate,
nata Bergancini
Fece erigere.

Quasi sotto la chiesa parrocchiale di S. Giacomo e quasi in fondo del paese si trova quella della Confraternita della SS. Trinità, dedicata a S. Rocco. Ha un solo /127/ altare con quadro di mediocre pennello: capace per le funzioni che vi celebrano i Confratelli e le Consorelle, ed è sufficientemente provvista di arredi sacri.

Ivi scritta sul muro, si legge la epigrafe seguente:

Alla singolare pietà di Carlo Giuseppe Papino d’Albugnano.
Che a promuovere nella chiesa di S. Rocco il divin culto
Chiamata con atto 3 maggio 1791 ad erede la V. Compagnia ivi
Eretta la volle stretta dall’obbligo di tre messe ebdomodarie
Compresa la festiva da celebrarsi nella medesima in suffragio della sua anima.

Dall’altra parte si legge:

Radunati a consiglio i Confratelli per far risplendere maggiormente il culto esterno di Dio
Unanimi dipingere questa chiesa decretavano 22 ottobre 1854.

Sarebbe meglio che un altro decreto unanime la facesse imbianchire.

Accanto a questa chiesa si erge il campanile, e avanti vi è una croce posta in occasione delle sacre missioni.

In quasi tutti i villaggi si veggono le cappelle dedicate a S. Rocco ed a S. Sebastiano, ambedue protettori contro le pesti una posta in cima e l’altra in fondo dell’abitato. Sembra che nella loro semplicità i buoni villici collochino i loro protettori quasi due guardie a difesa del proprio paese, perchè non vi penetri la pestilenza ed altri malori.

/128/ In cima al paese verso oriente vi è la cappella, ora fra le case, perchè si continuò a fabbricare, di S. Sebastiano. Vi è un solo altare col quadro del santo martire. Nel 1655 i nobili Gerolamo detto Vercellio, esattore, Domenico e Carlo fratelli Serra con atto delli 5 marzo fondarono ivi un beneficio colla dote di lire 235 annue. La nomina passò quindi ai loro figli ed eredi. Fu affranchito sotto il governo francese.

Vi sono le tombe dei Serra e dei Novarese, perchè due figlie dell’Avvocato collegiato, e Lettore straordinario vespertino di Leggi nell’Università di Torino Gio. Battista Serra figlio del Domenico, confondatore suddetto, sposarono due fratelli Notaio Filippo e Medico Gio. Felice Novarese.

Ivi in una nicchia si vede il busto in plastica del conte Luigi Serra d’Albugnano, già dal 1780 intendente, e quindi nel 1814 generale di Finanze, morto nel 1825, d’anni 75 circa, e fu l’ultimo della nobile sua casata, quantunque molte altre, famiglie dei Serra sussistano ancora in Albugnano e nei paesi circonvicini, le Nel testo: qnali
vedi Correzioni
quali probabilmente derivano da un solo stipite.

Passando avanti questa cappella per la bella strada che conduce a Schierano e Primeglio per il tratto di 20 minuti dal paese s’incontra l’antica cappella di Sant’Antonio di Padova compatrono del paese.

Demolita la vecchia nel 1858 si rifabbricò la presente di buon gusto in forma ottangolare con cupola e lanternino nel mezzo ed il coro quadrato e piccolo atrio avanti. Si dovette tagliare la mensa dell’altare di buono stucco, come dissi altrove, e si tolse il nome dell’artefice Giacomo Solari 1739. L’incona che rappresenta la Beata Vergine che porge il suo divin fanciullo a S. Antonio, con accanto un S. Giovannino, sembra /129/ che sia della scuola del Moncalvo, ma fu ritoccato. Vi si veggono diversi voti dipinti del secolo XVII.

L’antica avea un vasto atrio che serviva anche a riparare i viandanti sorpresi da qualche intemperie, ed era quindi di non poco vantaggio; una volta non si cercava tanto l’eleganza, ma piuttosto l’utile.

Trovandosi fra diverse valli questa chiesuola è esposta alla corrente dei venti, e fu già percossa dal fulmine.

Fu benedetta ed officiata ai 13 di giugno del 1859 giorno della festa.

La festa di S. Antonio è la patronale del paese, o come si dice, nell’originale anche le parole in vernacolo sono in corsivo in vernacolo, della pignatta, per li inviti che si fanno dai particolari, e si celebra nel giorno del santo col concorso di molta gente dai circonvicini paesi.

Vi è la corsa sul carro che viene sino avanti la cappella. Il giorno susseguente si fa la fiera. Si erge anche avanti la medesima una gran croce.

Si era proposto di mettere sopra la porta la seguente iscrizione, ma sinora non si eseguì:

D. O. M. in honorem
D. Antonii a Padua
Patroni præsentissimi
vetus sacellum sacrum
Albunianenses
Piorum elemosynis
elegantiori forma
funditus instaurarunt
Ano a Repa Sal.
mdccclix.

Proseguendo ancora un buon tratto nella stessa via discendendo quindi nella amena valle, quasi in fondo alla medesima, nella regione di Maconeto si trova la /130/ cappella di S. Stefano Protomartire; essa fu traslocata a poca distanza dal sito antico. Si ha memoria che fu parrocchiale, e ciò forse per la grande distanza dal luogo, e per le vie impraticabili nella cattiva stagione, si trova ai confini di Albugnano verso Marmorito. Non ha niente di notevole.

Verso Aramengo parimenti nella valle vi è la cappella di S. Emiliano vescovo di Vercelli, morto nel 520 alli 11 di settembre, giorno in cui si celebra la festa con rito doppio di seconda classe in tutta la diocesi Eusebiana. In tale giorno viene pure solennizzato in questa cappella con grande concorso. Questo santo Prelato si crede nato in Cerrione dalla nobilissima famiglia degli Avogadri Vercellesi, ma in quel secolo non si conoscevano ancora i cognomi. Visse sino agli anni 100, avendone impiegati quaranta nel far vita contemplativa nei monti sopra Biella, e trenta nel governo della diocesi. La devozione a questo santo forse derivò da quando Albugnano si trovava compreso nella vasta diocesi di Vercelli.

Questa cappella fu rifabbricata nel secolo XVII, come si vede dalla data postavi.

Nel 1870 gli fu aggiunta la sagrestia e riattato il campanile.

Nella festa vi è pure il ballo; è veramente da deplorare che alle feste sacre e di chiesa si aggiungano le profane, le quali pur troppo terminano quasi sempre con risse e ferimenti.

Sulla strada di Castelnuovo, e quasi ai piedi del colle d’Albugnano si trova la vecchia cappella di S. Gottardo.

Nacque questo Santo nel villaggio di Ritheimbach nella diocesi di Passaw nella Baviera circa l’anno /131/ 960; fu monaco benedettino di Altaach, poi Abate dello stesso ministero, quindi vescovo di Ildesheim, e vi morì ai 4 di maggio del 1038. S. Gottardo è titolare della parrocchia della cattedrale d’Asti.

Questa cappella è pure dedicata a S. Delibera, o Liberata vergine (1e). È di proprietà delle famiglie Vay d’Albugnano. Essendosi da qualche anno rialzata la strada, tutta l’acqua che vi cola, entra nella cappella, e presto pur troppo sarà rovinata se non si ripara in tempo (2a).

In generale gli Albugnani sono religiosi, morigerati e laboriosi.

Diverse sono le vie di questo luogo, una lunga lo percorre in tutta la sua estensione, le altre lo intersecano e conducono specialmente alla piazza.

Le abitazioni sono assai comode e pulite, si ammirano specialmente la casa dei Conti Curbis, già Serra con bellissimo giardino, ricco di piante esotiche, e dove maturano egregiamente i limoni. Così pure quella dei Signori Serafino, posta in amena località e quasi in fine del paese, senza alcuna soggezione ed è difesa dagli aquiloni.

Nella via delle Beccherie vi è una casa alta, antica, costrutta in rossi mattoni, i possessori o abitatori della /132/ medesima ebbero il soprannome di Nel testo: caalta. L’errore non è segnalato nelle Correzioni ca alta. La casa comunale ha alcuni ornati gotici, come anche un’altra verso la piazza.

Gli abitanti godono in generale buona salute e robustezza, e ne godrebbero vieppiù, se si potessero allontanare gli stagni d’acqua per lavare i pannilini, ed abbeverare le bestie, e si curasse maggior polizia nelle vie. Tuttavia essendovi poche malattie i sanitari non hanno sufficiente clientela per potervi abitare stabilmente e perciò si ricercano dai vicini paesi e specialmente da Castelnuovo.

I giovanetti d’ambo i sessi possono frequentare le solite scuole elementari stipendiate dal Municipio, ma tuttora si desidera un Asilo Infantile per li fanciulli, che tuttodì si veggono vaganti per le vie e nelle strade abbandonati a sè stessi baloccarsi e alle volte con proprio danno rissare, per cui alcuni riportano magagne, e almeno sono sempre d’impedimento ai loro genitori e parenti d’occuparsi nei propri lavori. Susciti Iddio qualche brava persona, che a vantaggio dei bimbi apra un così utile Istituto e ne avrà la benedizione dal cielo e dagli uomini.

Per ciò fare certamente ci vogliono mezzi, ma essi non sono tali da impedire, che si eseguisca; un poco di buonvolere, e sono certo che nessuno si rifiuterebbe dal concorrere, secondo i propri mezzi, a stabilirlo, ed a mantenerlo, e sarà una utile istituzione di più ed una gloria per Albugnano.

Albugnano fu smembrato dalla diocesi di Vercelli come dissi nel 1474 ed unito alla nuova di Casale; per qualche tempo fu annesso (1780 circa) alla archidiocesi di Torino, e nel riordinamento delle diocesi del 1817 incorporato a quella d’Asti.

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Serie dei Curati
della Parrocchia di S. Giacomo Maggiore d’Albugnano.

Essendo detti Curati nominati dal Prevosto e poscia dall’Abate di Vezzolano, il nome dei più vecchi si è perduto colle carte di quell’Abbazia.

1485. — Petrino de’ Rocati da Montaldo è nominato in una bolla d’Innocenzo VIII.

1605. — Sordevolo Gio. Paolo da Piverone, si trova sottoscritto nel più antico registro parrocchiale.

1615. — Zalderia Pietro da Palazzolo.

1619. — Mucio (Mucius) Antonio da Caliano.

1622. — Serra Gio. Maria, morto in quell’anno.

1632. — Bilanzona, o Bilanciano Giacomo Antonio da Verolengo, quindi nel 1633 in aprile Pievano e Vicario Foraneo di Pino d’Asti.

1634. — Sartoris Gio. di Marcenasco.

1636. — Zaldera Guglielmo.

1638. — Oggerio Giacomo.

1640. — Barello Gio. Battista, Torinese, prese possesso ai 2 d’aprile.

1645. — Savio (Sapiens) Guglielmo.

1657. — Casalegno Gio. Battista da Moncucco.

D. Gio, Bardella, era Rettore della scuola nel 1661.

1663. — Bertoldo Giuseppe Antonio da Valperga prese possesso il 1° agosto.

D. Rossoto Bartolomeo da Cinzano era maestro e cappellano.

1666. — Bertello Gio. Antonio.

/134/

1667. — Cipriano Pietro da Nel testo: Qiuncineto
vedi Correzioni
Quincineto.

1670. — Viarizio Pietro da Berzano.

1671. — Serra Giacomo Antonio Rettore, morto ai 22 di marzo 1721 d’anni 75 e di cura 50: fu sepolto in S. Sebastiano.

1675. — Gibello (Salliensis) curato forse per due mesi e poi di nuovo il suddetto Serra.

1721. — Papino Gio. Battista da Albugnano, economo, poi parroco nel 1728, morì ai 14 marzo 1737, sepolto avanti la porta grande di S. Pietro, avendo anni 64.

1737. — Nebia Stefano da Albugnano, economo e rettore, morto ai 30 ottobre 1784, d’anni 70 circa, sepolto ai 2 novembre nel cimitero di S. Pietro.

1784. — Lupo Viarizio Gio. Battista da Berzano, Vicario di Vezzolano, economo, morì 28 aprile 1785, è sepolto nella chiesa di Vezzolano.

1785. — Millan Gio. Battista da S. Giorgio in Canavese.

1787. — Rusca Sebastiano Ignazio da Scarnafigi, curato e rettore. Alli 11 di settembre del 1789 fu traslato a Lavriano.

1789. — Carboneri Giuseppe d’Avigliana fu Vicario parrocchiale dai 18 settembre sino ai 27 settembre 1792.

1792. — Lampiano Maurizio, economo.

1792. — Rambaudi Gio. Battista da Bra, Vicario curato, fece ingresso solenne ai 17 dicembre 1792 e vi stette sino ai 12 settembre 1793.

1793. — Serra Tommaso, economo.

1793. — Bodrero Giuseppe da Melle, Vicario, Curato e Prevosto sino al 1806, in cui fu parroco di Groscavallo.

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1808. — Mureto Marc’Aurelio da Sciolze, Dottore in Teologia, 1° Prevosto con Bolle, morì 1833.

1834. — Sartoris Evasio sino al 1838 che fu traslato alla parrocchia di Villafranca d’Asti.

1838. — Argenta Francesco, traslato ai 31 agosto 1848, alla parrocchia di Castagnole di Monferrato.

1848. — Fassio Giovanni d’Asti, prese possesso ai 12 settembre.

Albugnano in una carta del 1034 di cambio di terre tra l’Abate di Nonantola, ed un conte Widone è nominato Albucianum, come sono pure nominati Pinarianum, Pino d’Asti; Pulianum, Pogliano; Bresianum, Bersano; Vizolanum, Vezzolano.

Essendosi il marchese Guglielmo di Monferrato, il grande, impadronito di alcune città, fra le quali di Alessandria, gli Astigiani ingelositi di tanta possanza, unitisi ai Visconti, fecero ribellare con danari cotesta città; ove essendo accorso il Marchese per sedare la sommossa fu dagli ammutinati nel Nel testo: 1190
vedi Correzioni
1290 alli 8 di settembre preso e venne rinchiuso in un sotterraneo foderato di tavole, e perciò detto gabbia, ove stette fra i ferri sino alla morte avvenuta ai 6 o ai 13 di febbraio del 1292, e venne quindi sepolto nella Badia di Lucedio. In quel lasso di tempo fu dagli Astigiani assediato il castello d’Albugnano, ma gli abitanti sentita la morte del loro Marchese si arresero, e fu poi restituito nel 1293 al marchese Giovanni, il giusto, figlio del suddetto, e non fratello, come da alcuni si disse, che fu l’ultimo degli Aleramidi, morto nel 1305. Questo Principe ne rifece le mura.

Il castello d’Albugnano e metà del paese, come altrove ho detto, era stato nel 1226 con atto dei 19 ottobre dal Capitolo dei Canonici di Vezzolano infeu- /136/ dato al marchese Bonifacio, padre del suddetto Guglielmo.

E così stette sotto il dominio di quei Marchesi e poi Duchi di Monferrato e di Mantova delle tre stirpi d’Aleramo estinta nel 1305 e dei Paleologi estinta nel 1533, quindi dei Gonzaga Duchi di Mantova sino al 1631, epoca in cui col trattato di Cherasco del 31 marzo fra il Re di Francia ed il Duca di Savoia Vittorio Amedeo I si fece lo scambio di Pinerolo e della sua vallata con Alba ed altri settantuno paese del Monferrato, fra i quali Albugnano colla conferma di quanto sopra con altro trattato tra l’Imperatore ed il Cristianissimo dei 6 aprile dell’anno suddetto, seguito pure in Cherasco.

Nel 1401, ai 13 di marzo fu preso il luogo d’Albugnano e posto a sacco dagli Armagnacchi e da altri dei circostanti paesi, come si rileva dalla Cronaca di Chieri, ed anche da quella di Rivalta.

Questo castello, dopo avere sostenuto diversi assalti nelle molte fazioni e piccole guerre, venne distrutto da alcuni secoli, e solo rimane il piazzale dello stesso.

Addì 24 ottobre del 1559 la Comunità d’Albugnano dovette prestare fedeltà alla Duchessa di Monferrato e di Mantova, Margarita tutrice del suo figlio Guglielmo per mezzo de’ suoi Sindaci, li providi uomini Giacobino Serra e Matteo Marcoto con procura al rogito del nobile Anselmo dei vassalli di Passerano del primo d’ottobre, e questo giuramento fu prestato nella casa dell’avvocato Guglielmo dei Marchesi di S. Giorgio e Biandrà in Casale, dove risiedeva la suddetta Duchessa. E ciò a motivo che Albugnano era stato occupato da Francesi e Spagnuoli.

Vedi le → Aggiunte Nel 1690 il sig. Gio. Michele Vergnano Fuselli Conte /137/ di Villar e Bayrols, rammentato per le sue poesie dal chiaris. Vallauri, avea beni feudali in Albugnano.

Sul fine del secolo XV trovo menzionati fra li castellani d’Albugnano, Gabriele de Luparia (ora Luera), Guglielmo De Rubeis, o De Rossi di Moncucco, ed il nobile Bernardo Cortellario.

Nel giardino detto il gelsomino, che sta accanto ed inferiormente alla strada, che in forma di quadrivio interseca il paese vi è un corridoio sotterraneo, ora impraticabile, ove si trovò una spada antica e irruginita, corridoio, che si crede prolungarsi sin al dissotto del castello. Un lato del colle sovra cui si ergeva il castello si dice tuttora della Cittadella.

Sul vicino colle, che sovrasta il cimitero vi era ultimamente il telegrafo a segni, come già vi era ai tempi della dominazione francese, prima che venissero in uso i fili elettro-magnetici.

Nella valle che comincia ad aprirsi tra levante e mezzogiorno ai piedi d’Albugnano nasce il Rivo Moscandia, che dopo molti tortuosi giri va a scaricarsi nel Tanaro presso Asti, ritenendo sempre il proprio nome, questo Rivo manca al dizionario di Casalis, nel quale pure non vi è indicata la sorgente sulfureo minerale nel rivo detto Rifreddo, e presso il molino del Maltempo.

Quantunque nell’istromento del 1226, col quale il Capitolo di Vezzolano investì il Marchese di Monferrato del castello e della metà del feudo d’Albugnano sotto riserva di non mai alienarlo od infeudarlo ad altri, tuttavia essendo, come dissi, passato sotto il regime di Casa Savoia nel 1631, il Duca Vittorio Amedeo I volle gratificarsi il suo Consigliere di Stato Amedeo Benzo, Presidente del Ducato di Monferrato, /138/ e secondo del Senato di Piemonte in recognizione, come dicono le lettere d’infeudazione delli 2 luglio 1635 date in Torino, in parte di notabili servigi e più importanti affari dello Stato, con occasione che ancor ci resta a disporre di alcuni feudi del Ducato di Monferrato lo investì di parte di Albugnano, in virtù di donazione col titolo comitale.

Prese possesso alli 22 di settembre dell’anno suddetto, e ricevette nello stesso giorno l’omaggio di fedeltà degli Albugnanesi, essendo testimoni Carlo Grisella Conte di Moncucco e Gio. Francesco De Rossi. Nell’investitura concessa al conte Amedeo Benzo, ai 14 maggio 1639, si parla del tasso detto della cittadella di scuti d’oro 106, oltre scuti 16 dell’ordinario, e scuti 20 d’accordii, in tutto, scuti 142.

Il conte Amedeo Benzo era figlio di Giovanni Antonio de’ Signori di Ponticelli e di Baldisseto e della sua consorte Violante Ponte di Lombriasco.

Era già dal 1614 avvocato fiscale patrimoniale consigliere e senatore; nel 1627 consigliere di Stato e di Segnatura, e fu uno dei tre ministri deputati per trattare le convenzioni stipulate a Susa, Bussolino e Cherasco nel 1630-31, ed il suo ritratto si vede nella sala, ove seguì il trattato in Cherasco nel palazzo Salmatoris, ora dei Marchesi Seyssel d’Aix e Sommariva, e sta cogli altri ritratti dei Sovrani, dei Ministri convenuti. L’amico commend. e prof. Giambattista Adriani C. R. S. possiede il sigillo del Conte Amedeo Benzo.

Ma il conte d’Albugnano cadde in disgrazia del Duca, e probabilmente morì nel principio del 1641, poichè per la morte del medesimo fu investito ai 14 di giugno il suo figlio primogenito conte Antonino, natogli da sua moglie Luigia Grassi di Chieri.

/139/ Monsignor Della Chiesa nella Relazione del Piemonte dice che il Presidente Amedeo Benzo, oltre alle cognizioni delle leggi, è di tanta prudenza dotato, che a lui sono rimesse la maggior parte del faccende pubbliche di questi Stati. Lasciò stampata la seguente opera, che ha di notevole d’essere stata stampata in Chieri dal Meruli e dal Giangrandi, quantunque ivi fosse già dal 1626 la stamperia ebraica di Abramo Konzio, e forse anche del suo padre Giuseppe; ecco il titolo: Amedei Bencii patritii Cheriensis ejusdem Sereniss. Ducis Consil. Status Marchiœ Salut. Senatus Pedem. Præsidis Disceptationes pro serenissimo Sabaudis Duce in causa liquidationis redituum suœ Celsitudini adsignandorum. Cherii apud Merulum et de Giangrandis MDCXXXI in 4°. In quell’anno medesimo li stessi tipografi stamparono in Cherasco il trattato, che in quella città si fece.

L’Antonio o Antonino Benzo fu colonnello di cavalleria al servizio di Venezia: essendo morto senza discendenza gli succedette nel feudo il fratello Carlo e ne fu investito alli 11 maggio del 1674.

Il detto Carlo avea acconsentito alla vendita fatta dal fratello Antonino di due terze parti del Molino feudale di Rifreddo con istromenti del 1670 e 1671, con testamento 14 ottobre 1678 eresse Albugnano in primogenitura. Fu Dottor Collegiato di leggi nell’Università Torinese e dal suo matrimonio con Margarita Ludovica del Marchese Carlo Forni gentiluomo Modenese (1f) avendo avuto Giuseppe Maria Amedeo, che /140/ morì giovane, ed il Michelangelo Francesco Luogotenente nel Reggimento Guardie morto nel 1691 all’assedio di Carmagnola alli 6 d’ottobre senza discendenza, il feudo d’Albugnano passò alla sua sorella primogenita Margarita Amedea moglie del conte Carlo Emanuele Gontery di Faule ucciso nel 1697 alla battaglia d’Orbassano, e ne fu investito il loro figliuolo Giovanni Giuseppe Antonio Gontery il 18 febbraio 1702 per rinuncia della madre (1g).

La detta contessa Margarita sposò in seconde nozze il C. Grisella di Rosignano. Alla sua sorella Anna Felice moglie del conte Scaglia di Verrua passò la Cascina di Passatempo, su quel di Chieri, che consegnò come feudale nel 1702, e così nella famiglia del detto primo marito, avendo quindi sposato il conte Robbio.

Il P. Michelangelo Benzo Cappuccino in Chieri e Guardiano nel 1621 del Convento di Cuneo, era fra- /141/ tello del conte Amedeo, o suo figlio (1h). In un brano di genealogia trovo che l’ultimo conte di Albugnano di casa Benzo fosse il suddetto Giuseppe Maria, ma credo ciò uno sbaglio.

Il feudo d’Albugnano stette per poco tempo nella famiglia Gonteri, poichè il conte Gio. Giuseppe predetto fu privato del feudo, senza sapersene precisamente la cagione.

I Gonteri sono d’origine francese, e possedevano Cavaglià, Faule, parte di Cocconato, Gorino e Montegrosso. Alzavano per arma: d’azzurro a due bande d’argento fra le quali tre stelle d’oro: cimiero una clava; motto Ferre nec diferre. Ora sono estinti.

Dietro la declaratoria della camera dei 27 aprile 1722 in odio del conte di Faule essendo stato dichiarato il feudo d’Albugnano vacante l’avvocato ed auditore Bartolomeo Serra, figliuolo di Gerolamo, detto Vercellio, nativo di questo Comune, comparve avanti /142/ il vassallo Francesco Vincenzo Ferrero di Roascio generale delle finanze (il celebre ministro Marchese d’Ormea) e fece l’offerta di lire 4000 a soldi 20. Il re Vittorio Amedeo II approvò tale vendita e diede infeudazione, erigendo Albugnano in titolo comitale per lui ed eredi e successori maschi col mero e misto impero prima e seconda cognizione delle cause civili e criminali e miste con facoltà d’eleggere li giudici fiscali, segretari, campari ed altri inservienti alla giustizia colla ragione delle pene, multe, ecc., pesca e caccia, con più la porzione a noi spettante del sito del castello, ecc. Dato in Rivoli 10 agosto 1722 sottoscritto Vittorio Amedeo.

Fu delegato dalla Camera il Notaio Collegiato Giuseppe Battista Gallone di Casalborgone Podestà d’Albugnano e di Passerano per mettere in possesso il sullodato conte Serra, come realmente fece alli 23 di settembre del 1722 trasferendosi col detto sotto l’atrio del forno di detta Comunità solito tribunale ed albo pretorio in cima della piazza in coerenza del palazzo dell’Illmo e Eccmo Signor Presidente Garagno, e qui haver preso per mano detto Sig. Conte e messo nel reale possesso di detto feudo e giurisdizione, e di aver ivi passeggiato in esso tribunale, e di aver affissa l’arma propria di esso Conte, e trasferitosi nel sito in cui anticamente si trovava il castello, posto nel recinto, sotto le coerenze della strada, la chiesa parrocchiale, li fratelli Caldera e Domenico fu Giannino Conrotto, salve, etc, e preso per mano detto Sig. Conte d’averlo messo in possesso del sito del Castello, fatto passeggiare e sterpar erba, etc, in presenza del M. Ill. e Rev. Sig. D. Giacomo Serra, e del M. Ill. Sig. Medico Felice Novarese del presente luogo.

/143/ Il giorno dopo vi fu la prestazione del giuramento di fedeltà.

Seguirono alcune proteste dei sindaci a nome della Comunità riguardo alla durata in tempo del podestà, la proibizione della caccia e pesca, ecc., e con tale riserva i suddetti erano pronti a prestare giuramento.

Il Conte replicò esserli state quelle cose concesse da S. Maestà.

Si prestò quindi giuramento, senza pregiudizio però, di ambe le parti.

Il tribunale e l’albo pretorio che si trovava nell’atrio del forno erano posti nel muro del giardino annesso alla nuova casa parrocchiale.

Il Conte Bartolomeo Serra morì nel 1734 e gli successe il suo figlio Conte Giacomo Filippo, che fece in tale anno ai 19 luglio la consegna del feudo.

Questi morì alli 7 di ottobre del 1780 d’anni 80 e lasciò il feudo al suo figlio Conte Luigi Vincenzo, che ne prese investitura ai 10 di maggio 1782.

Nel 1780 fu Intendente di Finanze, nella ristorazione poi del 1814 fu nominato Presidente e Generale di Finanze, poi capo del Consiglio del Commercio.

Era lodato per la sua giustizia e per la sua scienza finanziaria: Dalla contessa Carlotta Torassa (prima delle tre mogli che impalmò), ebbe Giuseppe Filippo che morì di mesi 11 nel 1778, Carlotta morta nel 1804 d’anni 9, e Luigia che sposò il Cav. Casimiro Curbis di S. Michele, poi Conte per la morte del fratello primogenito.

S. E. il Presidente Luigi Vincenzo essendo morto nel 1825 d’anni 75 circa venne sepolto nella Cappella di S. Sebastiano, ove gli fu eretto un busto di scagliola, ivi aspetta tuttora una iscrizione che lo indichi ai po- /144/ steri. Lasciò erede l’unica figlia superstite la suddetta Contessa Luigia. I possessi d’Albugnano passarono nell’egregio Signor Conte Teofilo, mentre il fratello primogenito Conte Oreste ebbe quelli di S. Michele. Il prelodato fu diverse fiate Sindaco, e sotto il suo regime si resero molto più commode le strade, e s’istituì la fiera della Madonna di settembre (1i).

Oltre li predetti personaggi che illustrarono Albugnano, si devono ancora annoverare Gio. Battista Serra, della medesima famiglia dei sopra lodati, il quale nel 1680 era Dottore Collegiato in Leggi e Lettore straordinario vespertino, ossia Professore di diritto; il suo fratello Antonio fu Canonico Prevosto della Cattedrale di Saluzzo; il Priore Giacomo altro fratello abitante in Roma fece, come già si disse, un legato per le Missione errore non corretto le Missione e pel Maestro di Scuola nel 1708.

Un altro Giacomo Serra che credo differente dal suddetto, era Lettore nella Sacra Congregazione di Propaganda Fide, e nel 1665 Dottor Collegiato di Teologia.

/145/ Negli statuti del Collegio di Teologia trovo all’anno 1658 un Vincentius Rubeus ex Albignano, che dovrebbe essere Albugnano (1j).

Il P. Edoardo d’Albugnano della famiglia Novarese, Cappuccino lasciò scritto: Acta Pedemontanæ Provinciæ PP. Capucinorum: P. Edoardus ab Albugnano Secr. Prov. redigebat ad an. 1752.

Illustra tuttora sua patria il dotto e pio D. Angelo Serafino Dottore Collegiato e Regio Professore di Teologia Scolastica-Dogmatica nell’Ateneo Torinese, Cavaliere ed Uffiziaie Mauriziano, per diversi anni Preside della Facoltà, e che supplì in molte circostanze il Rettore dell’Università istessa.

Oltre alle Tesi d’aggregazione dei 19 luglio 1828 pubblicò le sue Prælectiones Theologiæ, coi tipi della Stamperia Reale dal 1845 al 1848, che in quattro tomi in 12, comprendono i trattati De Deo ejusque attributis.

De Trinitate, de Angelis et de homine.

De Incarnatone Verbi Dei.

De Divina Christi gratia.

I quali Trattati, sia per la bontà e copia della cattolica dottrina, che per la loro chiarezza, essendo molto dagli studiosi di divinità ricercati, li dovette ristampare coi tipi di Speirani e Tortone in 12 dal 1853 al 1864.

Questo esimio sacerdote colle sue copiose largizioni ai poverelli ed alla chiesa si fa amare e benedire da suoi conterranei.

/146/

Statistica

In una nota inserta in un registro parrocchiale si rileva che la popolazione era

Nel 1607 d’anime 410.
1848 1005.
1858 955.
1863 784.

La superficie territoriale è di ettari 723, are 8, centiare 6.

Vi si conservano negli Archivi Comunali li catasti vecchi del 1537, 1635, 1670.

Si conservano memorie delle visite pastorali fatte nel 1732, da M. Pietro Caravadossi Vescovo di Casale; nel 1750 alli 10 e 11 maggio da M. Ignazio della Chiesa di Cinzano e di Roddi, nel 1764 da M. Avogadro Giuseppe Luigi, ambedue Vescovi di Casale. Nel 1847 M. Filippo Artico Vescovo di Asti fece la visita, ed essendo anche fatta la Sacra Missione, venne collocata sul piazzale della torre la croce, che tuttora si vede colla data suddetta.

Nel 1863 si stabilì una nuova fiera da farsi alli 9 di settembre, oltre quella di S. Antonio.

In generale gli abitanti di questo paese, che partecipa dell’Astigiano e del Monferrino sono sani e robusti, dediti ai lavori agricoli, religiosi, ed anche cortesi coi forestieri, i quali vengono volentieri a respirare queste pure e fresche aure ed a pascere la vista di un estesissimo orizzonte.

Il commercio principale è quello delle uve e del /147/ vino, e specialmente il nebbiolo, stimato e ricercato in molte parti d’Italia: gli altri prodotti della terra sono appena sufficienti per gli abitanti, eccetto la legna che è piuttosto abbondante per le molte selve anche di pini. I caciuoli detti rubiole rubeolæ, dal color rossigno, che vi è sulla crosta, sono eccellenti ed in modo speciale quelle del vicino Cocconato.

(1a) Anticamente se per l’abbondanza di sacerdoti si dovevano erigere più altari laterali, si mettevano paralleli ai maggiore, o nelle navate minori, ma nel lato della cappella che corrispondeva all’oriente.

Nell’antichissima chiesa di S. Pietro in Avigliana, che ora serve pel cimitero, si vede tuttora un altare con piccolo finestrino pel quale passavano i primi albori nel sorgere del sole, e rischiaravano le Sacre Specie nel mentre, che il sacerdote celebrava l’incruento Sacrifizio nell’aurora.

In questa chiesa si vede una tomba colla croce scolpita sul coperchio di pietra; in essa si credeva che fosse stato deposto il corpo di Filippo figliuolo di Giacomo di Savoia, Principe d’Acaia sentenziato per fellonia in Avigliana ed affogato nel lago circa il Natale del 1368. Alcuni anni sono ho visitata questa tomba, e l’ho fatta aprire, ma altro non ho trovato che terra e ciottoli; niente può far credere che abbia rinchiuse le ossa di quel sventurato principe, se non la croce scolpita, ma questo venerabile segno si suole mettere anche sopra altre sepolture cristiane. [Torna al testo ]

(1b) S. Barnaba Cipriotto fu eletto Apostolo con S. Paolo, e se ne celebra la festa alli 11 di giugno.

S. Grato era accettissimo a Carlo Magno, che lo conduceva seco, e lo impiegò in diversi affari religiosi. La festa è ai 7 di settembre. Era dei Principi di Sparta. [Torna al testo ]

(1c) Questa nuova casa era già del conte di Roccabigliera Gio. Antonio Garagno di Chieri, Presidente delle Finanze, e passò poi per eredità con alcune cascine al conte Gio. Maria Vittorio Balbiano di Viale. [Torna al testo ]

(1d) Essendosi nella primavera scorsa guastata una parte della vetusta facciata, ora, invece di limitarsi a riparare il /124/ danno, con non buon consiglio e forse con maggiore spesa, si vuole rifare la medesima, accorciando la chiesa. [Torna al testo ]

(1e) S. Delibera si dipinge con due infanti fra le braccia poichè si crede che unitamente alla sua santa sorella Faustina raccogliesse gli esposti e desse origine ai ricoveri di così misere ed innocenti creature, e si crede, che stabilisse pure gli Asili d’infanzia. È molto venerata nella Diocesi di Como, nel distretto della quale forse nacque, quantunque alcuni la credano, non so con quale fondamento, nativa di Genola o di Giaveno. [Torna al testo ]

(2a) Sento ora con soddisfazione che si determinò di rialzare questa cappella e di rifabbricarla. [Torna al testo ]

(1f) La Margarita Ludovica era figlia del conte Carlo Forni gentiluomo Modenese al servizio del Duca di Savoia, che avea acquistati i feudi di Aisone, Bersezio e d’Argentera. /140/ La detta era cugina germana della Margarita figlia d’onore dell’Infanta Maria di Savoia, poi conosciuta col nome di Suor Maria di S. Gioachino, esempio delle dame e delle monache, morta ai 25 di gennaio del 1668 in concetto di gran santità d’anni 48, essendo nata in Torino ai 2 agosto 1620 dal marchese Filippo Forni, e da Margherita Fiaschi gentildonna di Ferrara, come si può vedere nella vita della medesima, scritta dal P. Alessio di Santa Maria (Gio. Maria Limato da Carrù) carmelitano scalzo, intitolata: La virtù educata in corte perfezionata nel chiostro, ecc. Torino Mairesse MDCCXIII in 4. [Torna al testo ]

(1g) Il tutto è narrato chiaramente nelle dette patenti d’investitura di Vittorio Amedeo II Duca di Savoia e di Monferrato ecc. datate da Torino. [Torna al testo ]

(1h) La Gasa Benza, che dalli Visconti di Baldisseto vassalli del Vescovo di Torino originata si trova, riportò tale cognome da una donna chiamata Bentia, la quale vivendo circa il 1150 lasciollo ai suoi figliuoli, i quali si chiamavano de Donna Bentia, ebbero il castello di Ponticello, e nel 1191 acquistarono dalla chiesa di Torino una parte di quello di Santena (Vedi Corona Reale di M. Della Chiesa, vol. 2, p. 53). Lo stemma dei Benzi è d’argento al capo di rosso carico di tre conchiglie d’oro in fascia. Cimiero un pellegrino nascente Nel testo: col motto Pax altri hanno Gott Will rect.
vedi Correzioni
col motto pax: altri hanno Gott Will recht, e Militia et peregrinatio. I Bensi o Benzi si divisero in diversi rami, principalmente nei Consignori di Cellarengo, di Corveglia, di Mondonio, nei Signori di Menabò, castello nel Comune suddetto di Cellarengo, e nei Conti d’Isolabella, e Marchesi di Cavour e possedettero diversi altri feudi. [Torna al testo ]

(1i) Della nobile famiglia Curbis originaria di Vercelli e stabilitasi in Asti, cospicua per parentadi e cariche Gio. Giacomo figlio di Filiberto, e questo d’altro Gian Giacomo Senatore nel 1559, venne infeudato di S. Michele in Astegiana col titolo comitale, già appartenente alla famiglia Malaspina di Pozzolo per ducatoni 1686 nel 1623. Innalza per arma: d’argento ad un caduceo di rosso col capo dell’Impero, e tiene per motto o impresa A chascun son droit. Fra le parentele mi piace qui annoverare quella colla nobile famiglia Fontanella di Santena e Baldissero, e perciò colla Beata Maria degli Angeli, e cogli Arcivescovi di Torino Michele Beggiamo, e Gio. Battista Boero di Pralormo Cardinale. [Torna al testo ]

(1j) Statuta Vetera et nova venerandi sacrique Collegii Theologorum Augustæ Taurinorum typis Jo. Baptistæ Zappatæ Impress. Archiep. 1701 in 12 dedicati a Monsignor Vibò Arcivescovo. [Torna al testo ]