Massaja
Lettere

Vol. 2

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252

Al cardinale Alessandro Barnabò
prefetto di Propaganda Fide – Roma

F. 606rEminenza R.ma

Kaffa 8. Settembre 1860.

Corre l’ottavo anno dalla mia entrata nei Paesi Galla; se in questi otto anni siasi fatto qualche bene qui, o no, Iddio lo giudicherà, e V. E. R.ma non ha mancato certamente di ricevere notizie tante che bastano per conoscere, almeno il sostanziale di tutto quello che si è fatto. La missione a me commessa dalla Fel. Mem. di Gregorio XVI. nel 1846., nei quattordeci anni decorsi, ha avuto delle crisi dolorose di ogni genere, alcuni delle quali, anche poco onorifiche all’apostolato dei nostri tempi; il diavolo ha assalito parecchie volte il povero Giobbe, non solo alla lontana, ma in tutta vicinanza, e nella stessa sua persona; Ella ha dovuto conoscere abbastanza, ed avrà conosciuto sopratutto la mia debolezza ed insufficienza per governare una missione critica e scabrosa per ogni riguardo. Per parte mia non ho lasciato di scriverLe ogni anno, ed anche due volte l’anno, quando ho potuto avere qualche relazione colla costa; di tutto il bene, e di tutto il male che vi è stato, posso dire che ho nascosto molte cose, anche ai più intimi amici, ed alla stessa curia generalizia del mio Ordine amatissimo, di cui mi glorio di essere sempre figlio divoto e fedele, ma a Lei nulla ho nascosto; ai di Lei piedi, ed ai piedi del di Lei antecessore, ho sempre versato il calice di tutte le mie amarezze ed angustie; onde mettere poi in sicuro la mia coscienza nei dubbj che presenta l’apostolato di questi paesi, e nel bisogno di decidere dei punti prattici, per i quali non aveva /207/ tempo a ricorrere, non ho lasciato di scrivere parecchie volte una quantità di quesiti e dubbj; nei miei bisogni ho domandato anche parecchie cose; sopratutto aveva ricorso relativamente ad un’amministrazione che io pensava bene che si facesse in Egitto sui fondi di questa missione; come pure aveva fatto e fatto fare delle demarcie presso la Provincia di Francia per assicurare all’avvenire di questa missione dei buoni missionarii – Se tutti questi miei documenti siano arrivati a Roma o no, io non lo so, solamente so di avere avuto nessuna risposta, ad eccezzione di due cose; nel 1857. ho ricevuto una lettera da Monsignore Guasco, il quale mi mandava una coppia autentica del Breve che mi autorizzava a nominarmi un Coadjutore; l’anno scorso ho ricevuto una di Lei lettera, che accusava in generale ricevuta di alcuni miei quesiti, e mi raccomandava di andare adaggio nell’elezione e consacrazione del Coadjutore, da me ricevuta però il giorno dopo della consacrazione di Monsignore Cocino – Se io per il passato avessi avuto le commodità non solo dei Vescovi, ma anche di alcuni piccoli curati d’Europa, avrei conservati gli originali, ed ora potrei giustificarmi con spedire coppia di tutto, ma, coll’ajuto delle semplici [f. 606v] mie mani, occupate anche in lavori di necessità di ogni genere, ed in certe circostanze mancante persino di carta, ho dovuto lasciare questa operazione, e così mi trovo ora con non altro diritto fuori di quello di poter fare le mie lagnanze. Parecchie volte in questo frattempo la malinconia mi ha tentato di lasciar tutto e ritornarmene; mi si opponeva un voto fatto sulle sponde del Nilo di non più ritornare in Europa, e ciò per togliere la via a tutte le tentazioni future; come altresì mi trattenne sempre la difficoltà delle strade per attraversare l’Abissinia; del resto non saprei come sarebbe andata a finire, e questa Missione sarebbe forse a quest’ora perduta; se la conservazione di questa operazione è una cosa buona nell’ordine della divina Providenza, bisogna dire che Iddio l’ha conservata a forza di miracoli, fra gli altri, il più grande di tutti, quello di aver mantenuto in me la costanza; le tribolazioni dalla parte degli indigeni, i dispiaceri cagionati dai nostri, le privazioni e i bisogni di ogni genere, e dopo tutto ciò vedermi abbandonato dagli stessi Superiori, quali mi parevano fare poco o nessun caso delle cose che io scriveva, era questo pel mio debole cuore l’ultimo colpo che mi abbatteva; non mancavano anche titoli speciosi di coscienza e di spirito, messi forse in campo dal diavolo patrono e padrone di questi paesi,... dimodoché io stesso non so come mi sia sostenuto. Ancora ultimamente dopo l’arrivo del P. Leone, e prima del nostro incontro, io non faceva altro piano che di andarmene in Roma a dare conto del mio operato, e poi domandare al S. Padre di ritirarmi e passare qualche anno nell’osservanza della regola professata prima di morire, sentimento che ancora attualmente non poco mi domina, al quale però tutti mi oppongono l’insufficienza delle mie forze attuali per fare il viaggio d’Europa – A fronte di tutte le suddette tentazioni, e forti inclinazioni del mio cuore, ho ceduto alle esortazioni di tutti per timore di contraffare alla volontà di Dio, e variare quella catena di disposizioni che egli ha avrà forse /208/ ordinata per il mio maggior bene, e benché mi facia gran pena il pensare solo alla mia vecchiaia fra questi selvaggj, pure ho risolto di starvi, e di morir qui, comunque sia per essere infelice la mia esistenza dell’ultima vecchiaja; posso assicurare V. E. che ho fatto presentemente un sacrifizio più grande di quello che abbia fatto nella mia prima partenza dall’Europa – Il detto sin qui, avrei potuto lasciarlo, bastandomi che lo sappia Iddio, l’unico da cui aspetto paga, ma nel dirlo ho avuto intenzione di movere V. Em. R.ma a prendere un poco più in considerazione le mie fatiche, non per una ricompensa che io mi aspetti, ma per i bisogni che occorrono – Sarà forse per mio demerito, ma di tutto quello che ho domandato sin qui ho ottenuto un bel niente, neanche una risposta che mi appagasse in qualche modo; ultimamente si era organizzato colla Provincia di Francia, la quale era disposta a prendersi cura di questa missione, Ella per compiacere Monsignor Persico ha disfatta la cosa; in caso che fosse per mio demerito, la più curta sarebbe stata quella di richiamarmi, e mettermi anche nella S. Inquisizione, persuaso che farei nessunissima difficoltà, perché nel caso sarei compensato del centuplo, se non altro nella vita materiale, e potrei pensare colà a me stesso, giammai l’opera di Dio deve portare la pena delle mancanze del suo capo – Vedendo mille bisogni estremi, e non conoscendo altra via per provedervi, facio l’ultima prova, e facio il sacrifizio maggiore che possa fare la Missione, con privarmi di un Missionario arrivato qui [f. 607r] con mille pericoli e stenti, e lo mando appunto per informare la E. V. R.ma ed il S. Padre delle cose di questa Missione, per quindi prendere le debite misure e provvidenze per l’avvenire della medesima. Io prevengo V. E. R.ma, e con Lei tutti coloro ai quali Iddio ha dato il decidere gli affari in grande della Sua Chiesa, che io non posso prendermi sulla coscienza un giudizio definitivo sull’avvenire di questa operazione – Dal calcolo che facio la mia morte non deve essere lontana, e morto avrò neanche in questi paesi chi pregherà per me, epperciò temo troppo di portare con me nell’altro mondo le conseguenze di questo giudizio: dire che questa operazione abbia un grande avvenire, e così determinare la S. Sede e l’Europa Cristiana a fare dei sacrifizii in grande, temo che tocchi poi a me pagargli in caso di sbaglio; dire poi anche che la medesima abbia nessun avvenire affatto, e che dietro queste mie parole la Chiesa e l’Europa Cristiana venisse a disanimarsi e lasciare l’operazione di Dio, e così si interrompesse l’ordine della Divina Providenza a vantaggio di tutti questi popoli, è anche questa una riflessione, la quale nel Marzo del 1851. in Marsilia mi ha spaventato, mi ha fatto troncare il filo a mille lusinghe e tentazioni del diavolo, e mi fece partire improvvisamente di là senza vedere neanche più la Patria e Roma stessa dove era aspettato; cosa poi che attualmente debbo temere molto di più, avendomi il Signore da allora in qua fatto vedere alcuni segnali di Sua approvazione – La persona che mando in Europa sarà probabilissimamente il P. Leone des Avancher; abbiamo già incomminciato le operazioni per la sua partenza, ma come le cose di questi paesi sogliono an- /209/ dare a lungo, e penso finire alcune operazioni da portare, potrebbe darsi che la sua partenza venga ritardata di qualche mese, e partito anche, come non sarà solo, e le circostanze non sono troppo favorevoli, non potrà anche andare molto in fretta; per questa ragione abbiamo pensato di fare precedere un corriere alla costa e far precedere in Europa alcuni documenti per facilitare colà lo scopo del suo viaggio. Nella sua venuta porterà con se dei ragazzi, se ci riescirà di fargli passare per l’Abissinia, e nel caso V. E. R.ma, non potendo, come credo, incaricarsi dell’educazione di tutti i medesimi, guardi di animare la Provincia dei Cappuccini di Francia, la quale aveva già anticamente esternato qualche disposizione, e trovato qualche elemento che si prestava in proposito, per fare anche nel caso un piccolo stabilimento di educazione particolare da darsi ai ragazzi di questo Vicariato – Relativamente poi all’avvenire di questa Missione, ai bisogni della medesima, il P. Leone suddetto, benché sia una persona un poco nuova, pure ha veduto abbastanza, ed io ho cercato di fargli conoscere tutto il pro e contra; lo credo anche abbastanza timorato di coscienza per essere sicura di tutto ciò che dirà, sia relativamente allo stato delle cose attuali, sì concernenti il paese, che i personali della missione stessa, sia ancora relativamente alle probabilità future delle cose che potrebbero in seguito incomminciarsi – Ella perciò guardi d’interrogarlo molto bene di tutto, non per una sola volta, [f. 607v] ma molte volte, lo facia interrogare dalle persone più prudenti e probe, raccolgano tutte le notizie che crederanno utili da lui, e poi formino un giudizio, prima di tutto sull’affermativa, o negativa della continuazione dell’operazione. Se l’operazione non sarà giudicata conveniente a continuarsi, la cosa è presto finita, non avranno a fare che significarmelo, io me ne ritornerò, e nel ritornare voglio scaricarmi persino dei conti e fondi della missione, perché io ho in cuore di passare il restante di mia vita in Convento da semplice frate; dovranno solamente significarmi cosa debbo fare dei pochi Preti da me ordinati, se posso portargli in Europa con me – In caso poi che l’operazione debba continuarsi, allora pensino ad una persona capace a continuare ed accrescere anzi l’idea incominciata; la scielta di una persona vorrà dire o la salute o la morte totale di questa missione; la persona scielta dovrà essere una persona di una immaginazione creatrice, di un’energia tal quale, e di una virtù consummata disposta per una parte a fare tutti i sacrifizii di se stesso, sia nella vita materiale, sia nella convivenza, tanto cogli Europei, quanto cogli indigeni; qui siamo in paesi lontani, e fra i barbari, gli stessi missionarii europei non possono essere maneggiati colla libertà e potere con cui un Vescovo può maneggiare i preti in Europa, ma vi vuole grandissima prudenza, e maggior esperienza nel maneggio dei cuori, e saper pazientare a tempo e luogo; tanto più ciò per gli indigeni che sono piante deboli, e non ancora assuefatti ad una disciplina rigorosa. Non faciano capitale di me, perché io mi dichiaro incapace ed incapacissimo. Finquì la cosa era in piccolo, ora la cosa incommincia a dilatarsi e farsi grande, ed il poco talento che il Signore /210/ mi ha dato, quale neanche per il passato forse ha bastato, per l’avvenire non basta più; così della forza morale mia, quale è insufficientissima; anche il fisico mio si è molto indebolito ed invecchiato; se l’età ed i lavori precedenti non hanno bastato, hanno certamente bastato i peccati miei per indebolirmi; non è questa una mia esaggerazione, ma una verità; domandi e sentirà che io sono invecchiato, ed il vecchio, come suole accadere, non solo in questi paesi scabrosi, ma anche nell’Europa stessa, suole distruggere nella sua vecchiaja il poco di bene fatto nella sua gioventù, perché non potendo più tutto vedere e fare da se stesso, col suo nome onorato e rispettabile prestato ai male intenzionati che lo avvicinano, farà del male anche senza volerlo, e distruggerà tutto, quando tutto dovrebbe edificare; Per la quale ragione ho detto sopra di cercare una persona capace di prender le redini di questa missione creata fin qui per puro miracolo della divina Providenza, alla quale ha concorso nessuna industria degli uomini affatto, perché tutti incapaci, incominciando dal loro capo. La presente serva di mia dimissione, affinché V. Em. R.ma possa agire con tutta libertà; conoscendo la mia insufficienza, spero che non avrò bisogno di aggiungere altro per determinarLa ad acettare, nel caso, prostrato ai di Lei piedi in spiritu, La prego per il Sangue del nostro bon Gesù Salvatore, e per i dolori della sua Santissima Madre Maria, a volermi sgravare di questo peso divenutomi insopportabile, e forse anche d’inciampo per la mia salute. A questo medesimo effetto scriverò allo stesso Santo Padre, presso cui sarà V. Em. di ajuto – Nella lettera che farò a S. B.? Forse da leggersi S. P. (Santo Padre), come riferimento alla successiva Lettera 253 indirizzata a Pio IX S. B. dirò alcuni sentimenti miei [f. 608r] relativamente all’attuale mio Coadjutore, onde sgravare la mia coscienza, ed aggiungerò forse nella medesima qualche motto che servirà di lume nella futura elezione. Ho detto sopra che ho fatto il sacrifizio di restar qui dietro i consigli... anche sino alla mia morte... nel dir questo intendeva sino all’arrivo del nuovo titolare, ed anche potendo, sino ad un certo tempo, necessario al medesimo per prendere le redini e l’idea giusta delle cose, e chi viene sia pur tranquillo che sarà ricevuto da me come un’Angelo del Signore, e farò tutto per installarlo nel suo posto, e rimettergli tutta quella poca influenza che ho potuto guadagnare io presso questi popoli. Come poi ho voto che mi lega a questa Missione, dovrò anche restare qui sino alla morte di necessità, se il S. Padre non avrà la bontà di dispensarmi, ma resterò come privato e senza nessuna risponsabilità; e dica pure a chi viene che ho imparato ad ubbidire, e che [non] abbia nessuna paura di me. Solamente raccomandino al medesimo che abbia cura della mia vecchiaja, in caso che, o il S. Padre non mi dispensi dal voto, oppure che la mia vecchiaja non mi permetta più di mettermi in viaggio. Fino all’arrivo del successore titolare io metterò in campo tutta la mia poca abilità, e guarderò di custodire la posizione alla meglio che potrò nel senso che ho fatto sino al presente. V. E. R.ma intanto abbia tanta bontà di occuparsi una volta di questa Missione; di questo corriere io scrivo alla Provincia di Francia per scuotere di nuovo l’affare, di cui già eravamo come intesi; Ella per Sua parte /211/ guardi di spingere l’affare affinché si facia, persuasa che noi qui abbiamo più bisogno di tutti, le altre missioni possono non solo scrivere a loro talento, ma andare personalmente a cercare soggetti a loro talento, e mancando da una parte possono aggiustarsi da un’altra, ricevendo una negativa da un luogo, possono scrivere subito in un’altro, e così in poco tempo provvedere ai loro bisogni, laddove noi non possiamo andare come vogliamo, ed occorrendo che un carteggio vada fallito ci porta il ritardo non di un’anno, ma almeno di due anni, ed in questo frattempo la missione potrebbe notabilmente soffrire, ed anche occorrere la morte o mia, o di altra persona sostanziale nella medesima, ed accadere qualche bolversamento totale; tocca alla S. C. pensarvi, per me scritto che ho, ho compita la mia missione avanti Dio, e come si tratta di decidere l’affermativa o negativa dell’operazione, io ho risolto anche di andare più in là; se fra due anni vedrò nessun risultato, io considererò la cosa come abbandonata, e non mi curerò più, se pure non mi risolverò di lasciare tutto e venirmene in Europa, poiché nel caso negativo che l’operazione non meriti a giudizio loro, io aspettando di più corro pericolo di non poter più fare il viaggio e dover poi morir qui frammezzo a questi tappini senza nessuna assistenza di qualche Europeo. La Provincia di Francia, essendo una Provincia nascente ha buoni soggetti, e possiede anche dei mezzi per fare colà uno stabilimento di educazione per i ragazzi, cosa al sommo importante per dare un poco di anima a questi paesi, ed introdurre nei medesimi un poco di civilizzazione Cristiana. In verbo di ragazzi da istruirsi mi ricordo aver sentito dire [f. 608v] esservi in Napoli in uno stabilimento detto L’Istituto S. Antonio La Palma (Salita allo Scudillo, Napoli) fu fondato da San Ludovico (Arcangelo) Palmentieri da Casoria 1814 - 1885. Vedi sotto la L. 259 Palme dei ragazzi neri, fra i quali alcuni nativi del mio Vicariato Galla e Sidama, già ben avvanzati nell’educazione; se è vero, prego V. E. R.ma di fare in modo che i medesimi siano riservati a me, essendo troppo giusto che ritornino alla loro patria; con alcuni di questi ragazzi potremo andare avanti sino a tanto che ci riesca di averne dei nostri. Nella necessità in cui mi trovava da principio per forza ho dovuto formare un clero indigeno, sia per avere dei compagni da dare agli europei, dai quali possino confessarsi, e sia anche per i lavori materiali del ministero in certi luoghi, dove non sono ancora accostumati all’Europeo, ma questi Sacerdoti sono poco istruiti, sia perché sono quasi sempre in viaggio, sia anche [perché] mi manca il tempo materiale per instruirgli; Potrei farne ancora di questi Preti, ma moltiplicargli troppo ho paura che siano poi in avvenire di ostacolo ai Preti instruiti che verranno d’Europa; Se presentemente mi venisse qualcheduno di questi indigeni dall’Europa potrei tenermi un poco più indietro dall’ordinare, altrimenti sarò obbligato a farlo, non fosse altro, per introdurre il sistema della Confessione ai nuovi Cristiani che si moltiplicano ogni giorno, oppure sarò obligato a lasciare di fare dei Cristiani, per non correre il pericolo che si introduca fra i medesimi il sistema di non confessarsi. Questi nuovi Preti indigeni sanno leggere la lingua latina, ma non sono ancora capaci di capire le rubriche nell’amministrazione dei Sacramenti; per questa ragione ho scritto due volte /212/ raccomandandomi di farmi stampare dei manuali d’amministrazione dei Sacramenti, segnatamente del Battesimo, pro masculis a parte, pro foeminis a parte, pro uno a parte, pro una anche a parte, pro pìuribus ancora a parte; come pure un’breviarietto della Madonna, ut in die ad Nives che è quello che si recita qui dai Scuolari e dai Preti indigeni, sia perché non abbiamo breviarii, sia ancora perché non sarebbero ancora capaci a cavarsi delle rubriche; detto Breviario contiene tutto l’ordine del Breviario Romano, per quando avranno i breviarii, e sapranno maneggiargli; di tutto ciò nessuna risposta; ciò ha fatto che ho dovuto scrivere io tutte queste cose in stampella, e così logorarmi gli occhj e la salute, motivo per cui non potrò più servire lungo tempo; se vogliono anche che mi ammazzi, lo farò, ma domando, per cosa sono i tipi di Propaganda, se non sono per ajutare un povero missionario in questi lavori materiali? il tempo che ho dovuto dare a questi lavori materiali non ho potuto darlo ne alla istruzione del publico, ne a quella degli allievi, Iddio giudicherà poi, se alle volte tutto questo discapito non sia anche per causa di non prendere le cose a cuore per parte di Propaganda – Sia a far questo, sia a far quello io fintanto che avrò forze non mi risparmio, ma facio riflettere che ho soltanto due mani, e la giornata [è] di 24. ore, nelle qual[l]i posso dire che non ho avuto ancora un quarto d’ora a lecita ricreazione... Se io domandassi di mandarmi bei cavalli, bella vettura, [f. 609r] avrebbero ragione perché queste cose non sono convenienti ai poveri missionarii; se io fossi ogni giorno ai di Lei piedi a domandare, avrebbe anche un poco di ragione, perché so benissimo che le missioni sono molte e V. E. deve pensare a tutte, ma ciò che domando io è una cosa di tutta necessità, e dalla mia partenza di Roma non credo di averLa molto disturbata, persino le spese di mantenimento fatte in Roma nel mio viaggio sono state a carico della Propagazione di Lione, e dalla Propaganda ho ricevuto un bel nulla –

Si avvicinano i tre anni dacché ho spedito all’E. V. un’estratto di regola minoritana che io aveva fatto per i monaci di questo Vicariato, pregato da alcuni che bramavano di essere religiosi dell’Ordine di S. Francesco; nel mandare detto estratto Le ho fatto conoscere il bisogno che aveva di far questo per dare una forma al nuovo clero, ed introdurre nel medesimo un poco di disciplina sotto questo titolo. Avrei creduto che V. E. vedendo questo mio lavoro, ed entrando nelle mie circostanze e bisogni, mi avrebbe ajutato, se non altro mi avrebbe fatto coraggio, mi avrebbe consigliato in proposito sul merito del lavoro o affermativo o negativo, e mi avrebbe detto come regolarmi sino ad un risultato per parte della S. Sede; così parimenti di parecchj altri quesiti fatti, dubbj esposti, e bisogni esternati, ma nulla affatto ho ricevuto; col silenzio sono state risolte tutte le questioni e domande mie; il silenzio cosa mi giova? crede forse Ella che io abbia scritto per farmi un nome? oppure per sod disfare ad un semplice prorito di scrivere qualche cosa di nuovo? Stento [a] scrivere ciò che mi è di tutta necessità, pensi un poco se posso lasciarmi guidare da sentimenti così leggieri – Il di Lei silenzio /213/ perciò oltre di affliggermi m’impiccia non poco. Riguardo ai quesiti fatti, non vedendo risposta debbo arbitrare io per forza, ed i sudditi in questi luoghi lontani sono critici, uno la vuole cotta e l’altro cruda, e quando hanno bisogno di scuotere il giogo dei Superiori, sono fortunati di trovare un titolo specioso di canoni o di decisioni della Chiesa; in questi paesi, se si questiona tutti siamo dotti eguali, perché non vi è un giudice capace di dire chi ha ragione, e neanche abbiamo libri per autenticare la sentenza – Circa la regola poi una pronta risposta era cosa molto buona, tanto affermativa che negativa, perché altrimenti non sappiamo che via prendere; lasciare di istruire i monaci in questi statuti rincresce privare la missione di quel bene; rinforzare la cosa, domani potrebbe venire una negativa, ed anche non venendo, è difficile chiudere la bocca ai vogliosi di parlare, e la cosa resterà sempre battuta dalle critiche, epperciò poco rispettata; il risultato è stato che ho lasciato correre e non ho spinto; si faceva ogni settimana la lettura dei medesimi e si è lasciata; non si sono più fatte coppie e traduzioni, tutto è restato morto ed i monaci sono stati come in Abissinia, di semplice nome, sono tentato di lasciare ancora i voti annuali che si sogliono fare, ecco il guadagno del silenzio! F. 609v Eminenza, abbia la [bontà] di scusarmi, ma si vede che Lei o fa poco caso di noi, oppure non so cosa dirmi; io sono vecchio, e nella mia piccola Superiorità uso anche io qualche volta di non dare risposta a chi domanda, per prendere tempo a pensare, ed anche per assicurarmi della schiettezza, del bisogno di chi domanda; uso anche qualche volta di far domandare la seconda volta, ma ciò facio con giudizio e con sale, nelle cose vicine a me, a quelle persone che possono ogni giorno vedermi ed esternarmi il loro cuore, ma coi lontani, e con quelli che non possono corrispondere con me tutte le volte che vogliono soglio regolarmi diversamente, non solamente guardo di provvedere subito, ma qualche volta studio anche di prevenire il bisogno, perché so che potrebbe guastarsi anche alle volte un’affare in grande per aver lasciato passare il tempo utile; così è l’affare di questi paesi; ricevuta una nostra domanda, il metterla da una parte, ed aspettare che venga la seconda è lo stesso che voler trasportare a parecchi anni la risposta, perché appena noi scriviamo una volta l’anno, ed occorrendo la seconda che si perda, è lo stesso che mandare a monte l’affare – Ella quando riceve una domanda, se non è cosa conveniente subito lo scriva, se poi sarà una cosa che merita riflesso non deve dimenticarla più fino a che sia eseguita. Credo non esaggerare dicendo che fra tutte le missioni del globo non esiste la seconda come questa bisognosa di essere assistita in tutto, perché qui ci manca tutto; e neanche si trova comprare con denaro, e siamo obbligati a fare tutti i mestieri, e poi per compimento manchiamo di strada e di canali per fare sentire i nostri bisogni, e per far venire quello che il Signore ci manda. Essendo così noi qui abbiamo diritto a precedenza nell’essere sentiti e soccorsi – Ella dirà che parlo un po[’] troppo chiaro, nel caso pensi che come capo dei selvaggj ho qualche diritto anche /214/ di più di tutti gli altri; se Ella sentisse il bel rispetto che questa gente hanno per me, forse mi compatirebbe un poco di più, e farebbe anche Lei uso di quella pazienza che facio uso io tutti i giorni – nel caso Ella può sempre castigarmi, sicuro che riceverò il castigo con rispetto, che io posso far nulla, che prendere alle buone chi mi ingiuria e perseguita; ciò non ostante mi compatisca, non mi dimentichi, facio ogni possibile per ajutarmi, e nella fiducia che tutto avrà luogo, La prego gradire i miei rispetti, e baciandoLe la Sacra porpora godo raffermarmi

D. Em. V. R.ma

Divot.mo Servo in G. C.
† Fr: G. Massaja V.o di Cassia
V. A. dei Galla