Massaja
Lettere

Vol. 3

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Al canonico Giuseppe Ortalda
direttore della Propagazione della fede – Torino

P. 444Signore,

Il 25 agosto 1863 festa di S. Luigi re di Francia, Regno di Ghera Galla

L’anno passato 1862 ebbi l’onore di indirizzarvi una lettera da questo paese, per rendervi conto degli avvenimenti di questa missione negli anni 1860, 61 e 62, ora mi proverò di farvi conoscere per quanto potrò i popoli barbari verso i quali la Divina Provvidenza ci ha mandato ad annunziare la parola evangelica.

Sono compresi sotto il nome di popoli Galla un gran numero di tribù libere senza forma di governo, che non hanno altro legame che quello del sangue; esse si stendono dal sud dell’Abissinia sino al di là dell’equatore, ed hanno conquistato diversi paesi, occupati anticamente dalla schiatta Amhara Sidama.

La razza Amhara è una razza particolare dell’Abissinia cristiana, differente dall’Axumita o Tigre. Credo che questa razza, che forma la popolazione dei paesi sud dell’Abissinia e del Shoa, fosse una razza [p. 445] Semitica, passata in Etiopia dall’Arabia, e proveniente dalla razza Amiaritica od Hamiarita. Il vocabolo Amar, che significa rosso, indica con ragione il colore di questa razza che si è confusa colla Camitica, e che essendosi fatta cristiana nei secoli scorsi, ha conservato sino ai nostri giorni le tradizioni cristiane. Il vocabolo Amhara viene da quello di Amorrhaei popolo di Canaan, e credo che la razza Amhara abbia la stessa origine degli Amorrei. In questi paesi abbiamo il paese di Amorro, di Horro che paiono indicare l’origine della Palestina e della terra di Canaan.

Etimologia del vocabolo Galla. – L’etimologia del vocabolo Galla è difficile ad interpretare; credo che sia una espressione di disprezzo data a questi popoli dalla razza Amhara, che indicherebbe barbaro. I Sidama dicono ancora attualmente parlando dei Galla: «non sono uomini, ma Galla.» In Abissinia la voce Galla significa pagano.

Loro origine probabile – I Galla si chiamano essi stessi Oromo che credo esser il nome del loro progenitore che essi chiamano anche Wosabbon che significa padre di tutti. Sulla costa di Zanzibar i Galla si danno il nome di Orma che significa altri (proximus). Questi due nomi di Orma e di Oromo paiono identici: il dialetto Galla si chiama afan-el-n’orma.

Identità coi barbari – La famiglia Oromo è una delle più potenti e delle più interessanti di tutta la costa orientale dell’Africa; e quella che par chiamata a fare una parte importante nelle future disposizioni della divina Provvidenza in questa parte dell’Etiopia.

Credo che la razza Galla appartenga alla razza Camitica aborigena dell’Africa orientale. I Soomalis abitanti del paese di Barbara sul golfo di Aden dicono che il lor paese fu dapprima abitato dai Galla /24/ che venivano dall’Arabia: secondo questa tradizione i Galla sarebbero gli antichi barbari della costa d’Africa, ricacciati dalla razza araba verso le regioni equatoriali che occupano attualmente; essi vivono da nomadi e pastori sotto la condotta dei loro capi di tribù, in guerra continua gli uni contro gli altri, senz’altra legge che quella del più forte.

Suddivisioni – La famiglia Oromo si compone di nove grandi tribù venute dai nove figli di Won Abbou: e sono le tribù Borena, Touloma, Arousi, in questa parte dell’Etiopia: Wardai ed altre sulla costa di Zanzibar. Esse parlano tutte la stessa lingua, salvo piccole variazioni, e questo comprova sempre più la loro comune origine.

Epoca della loro invasione nell’Etiopia – Nel tempo dell’invasione Musulmana nell’Abissinia a mezzo del secolo XVI, sotto la condotta di Maometto Gragne, molte orde di Galla li aiutarono, ed invasero [p. 446] alcune provincie dell’impero Etiopico, che avrebbero distrutto se il re di Portogallo non avesse inviato, sotto gli ordini di Cristoforo di Gama, un soccorso di 500 uomini al re Cristiano di Etiopia. I Portoghesi respinsero l’invasione Musulmana e Galla a colpi di moschetto; ma il Negus etiopico avendo tradito il giuramento, che aveva fatto di rendersi cattolico, e di più avendo cacciato la missione che aveva accompagnato la spedizione; la divina vendetta non tardò a manifestarsi. Le Provincie le più fertili dell’impero furono invase dai Galla, che tribù per tribù, abbandonando l’arida costa del Zanzibar, vennero ad occupare l’altipiano, cacciando innanzi a sé, o rendendosi tributarti i Sidama indigeni, che occupavano il paese di Ennarea, regno che dipendeva allora dal Negus di Etiopia. Allora i Sidama che non vollero sottomettersi, si ritirarono negli aspri paesi, che formano oggidì i regni di Garo, Boscha, Cafa, Bonga, Muccia ed Afilo o Filari: quest’ultimo paese confina col Fazoglo.

Regni Galla – I Galla abbandonarono allora poco a poco la loro vita nomade e pastoreccia; cominciarono a coltivare il suolo ed a seminar grano; e mescolandosi alle poche famiglie indigene che si sottomisero, formarono dei piccoli regni indipendenti sotto la condotta dei loro capi. Nei paesi vicini a Cafa i capi, la cui potenza è limitata a presiedere il consiglio degli anziani, presero il titolo di re, e così cominciarono, or son 50 anni, i piccoli regni Galla di Gimma, Limou, Gouma, Gonio e Ghera, che tutti insieme non formerebbero una prefettura francese.

Governo – Col titolo di re sorse o si stese il dispotismo su questi popoli non cristiani. Il regno di Gimma, ch’or son quindici anni, si componeva di sette piccoli stati, fu annesso da un piccolo Napoleone Galla, che facea tremare tutti i re circonvicini, i quali, si dice, l’abbiano poi fatto uccidere dai suoi durante una battaglia. Il governo di questi piccoli regni è piuttosto aristocratico che assoluto: poiché il re non può far nulla senza il consiglio degli anziani; tuttavia ha la facoltà di uccidere o perdonare a suo capriccio. Il regno si divide in distretti, che si chiamano choro. Un Abba Coro, o capo superiore, ha sotto i suoi ordini cinque o sei Abba Ghinda, che hanno ciascheduno un centinaio di famiglie sotto di loro. Questi uffiziali presie- /25/ dono al pagamento delle tasse, ai lavori pubblici ed alla guerra: essi hanno gran parte dei proventi dei giudizi ne’ loro distretti, poiché in questi paesi la ragione è per quello che è un generoso. Il povero per una colpa, che in Europa sarebbe punita con pochi mesi di prigionia, vien ridotto in ischiavitù. Il proverbio che i grossi pesci mangiano i piccoli è qui verificato in tutta l’e- [p. 447] stensione del termine: tuttavia la severità delle leggi fa sì che gli omicidi ed i ladrocinii siano rarissimi, e che molti delitti, comunissimi in Europa, siano affatto ignoti in questi paesi.

Paesi liberi – Nei paesi repubblicani, o liberi, ciascuno è re nelle sue terre; ed il viaggiatore non può avere il passo senza pagare un tributo ad ogni proprietario. Questi paesi hanno costituzioni particolari, che tuttavia pare abbiano avuta la stessa origine. Il presidente di ciascun paese si chiama Abba Boka, che significa padre del tronco (capo di famiglia). Il Boka è un corto bastone terminato in mazza ed è segno del potere. L’Abba Boka si elegge ogni otto anni, allorché si fa il sacrificio detto butta, ed è della famiglia dei Borena; affinchè poi questi non pensi a farsi re, si sceglie nelle famiglie più povere. Il suo potere si limita a presiedere le assemblee della tribù, che si chiamano Luba. Egli pubblica le decisioni del consiglio, adunando tutti gli anziani ch’egli chiama per nome, come farebbe il sergente di una compagnia; tutti rispondono: «son venuto». Allora essi mettono un ginocchio in terra, e l’Abba Boka sta al centro col scettro nella mano manca ed un corto frustino detto alinga nella destra; poscia comincia a dire queste parole: «Iddio che abita l’azzurro (il cielo) ci dia la pace!» e fa schioppettare il frustino; tutti rispondono «amen»; quindi dopo aver pubblicata la legge, fa di nuovo schioppettare il suo frustino, e gli anziani fanno pure schioppettare il loro rispondendo: «amen, sia così» Qualunque Galla di rilievo ha sempre il frustino in mano, sebbene sia a piedi, e lo fa schioppettare ogniqualvolta esso parli.

Governo – Durante il tempo del suo governo, l’Abba Boka non esce dalla sua casa e non rende visita a nessuno. In caso di guerra, egli nomina l’Abba Dula, ossia il capo della guerra, che ha diritto alla metà del bottino; del resto il potere dell’Abba Boka è poco rispettato.

L’omicidio è sempre vendicato dai parenti della vittima e può essere riscattato con una forte somma: i ladrocinii e gli altri delitti vengono giudicati dagli anziani. Lo straniero che vuole abitare presso di loro, deve scegliersi un signore a cui egli paga un tributo annuale; questo signore è sempre un gran proprietario che s’incarica di far rispettare la persona e la casa dello straniero.

Periodo di otto anni. Il Butta è la sola maniera di contare il tempo presso i Galla; è questo un periodo di otto anni: allorché ha principio, i capi di famiglia sacrificano ad alcuni alberi determinati; il figlio non può sacrificare se non 40 anni dopo suo padre; i veri Galla non conoscono altro computo per valutare il tempo che queste setti- [p. 448] mane di anni; ma quelli che sono più prossimi all’Abissinia conoscono il calcolo degli Etiopi, e cominciano l’anno col mese /26/ di settembre. Coloro che sacrificano il Butta diventano Luba ossia Abba Allinga, essi fan parte del consiglio degli anziani, e nei paesi liberi acquistano diritto di farsi pagare il tributo dagli stranieri. Colui che non è circonciso non può esser Luba.

Superstizioni – La religione degli Oromo consiste in un miscuglio di tradizioni cristiane e di tradizioni pagane: le prime furono prese dagli Amhara. Chiamano Wak o Wakaio, l’Essere Supremo, che è un puro spirito creatore del cielo e della terra: i nomi di Dio e di Cielo sono un solo; per distinguerli, abbiam dovuto prendere il nome di cielo dalla lingua Etiopica. Essi conoscono i nomi della SS. Vergine, di S. Michele, e di S. Giorgio. Alla SS. Vergine è specialmente dedicato il giovedì d’ogni settimana che si dice Aïana Ghìsti, cioè giorno della festa della Signora. Gli altri giorni della settimana han nomi presi in parte dall’Etiopia. Il sabbato si dice piccolo sabbato, e la domenica il gran sabbato; in questo giorno non si ara il terreno, ma si fanno gli altri lavori.

In molte famiglie si celebrano annualmente delle feste in onore di Atieté Mariam cioè della regina Maria; esse consistono nel bere della birra e cantar strofe grossolane in suo onore; essi celebrano due feste di S. Michele, l’una in giugno, che corrisponde alla nostra dell’otto maggio dell’Apparizione, e l’altra in novembre: questa viene forse dalla Sinagoga e corrisponderebbe alla nostra festa del 29 settembre. Si fanno in tali giorni sacrifizi all’Arcangelo, con libazioni di birra.

La festa del Maskal o della Croce, si celebra verso la fine di settembre con molti fuochi di gioia; essa è aspettata con grande impazienza perché è l’epoca del ricolto.

Aïana – I Galla invocano molti spiriti, che chiamano Aïana: essi credono che ogni persona ed ogni famiglia ha il suo Aïana che veglia su di loro: questi sono gli spiriti favorevoli all’uomo, cioè gli angeli; e chiamano ginni quei che noi diremmo spiriti folletti o fate; finalmente danno il nome di Sceitan (satan) ai demoni. Essi adorano tutte le creature ed in modo speciale gli alberi folti, che credono abitati da spiriti cui danno il nome di Kollo. Sotto questi alberi fanno libazioni di birra, vi portano zuppe spesse e sature di burro che abbandonano agli spiriti, domandando loro le grazie di cui abbisognano: altre volte avviluppano ancora questi alberi con matasse di filo.

Serpenti – Essi adorano ancora i fiumi, le fontane, gli scogli, [p. 449] e più di tutto i serpenti. Il demonio si compiace d’esser adorato sotto la forma con cui perdette la nostra generazione; niuno oserebbe ammazzare uno di questi rettili: ed allorché un Galla ne incontra uno, gli getta un mazzo di erba dicendogli: «Ti adoro, padre mio, siimi propizio». Fui testimonio un dì d’un simile atto d’idolatria, ed uccisi il serpente con un colpo di bastone dicendo loro: «Adorate Iddio e non il demonio.» Gli idolatri mi guardarono spaventati, e si aspettavano vedermi cader morto, però gettarono erba sul loro idolo dicendo: «Non sono io che ti ho ucciso,» poi vedendo ch’io rideva risero essi pure con me. Allorché passano un fiume od /27/ un torrente, essi gettano un pugno di erbe verdi allo spirito del fiume, domandandogli di proteggere il loro passaggio; e cosi tuttociò che loro ispira timore od ammirazione viene adorato.

P. 461 Atti d’ossequio e di adorazione. – L’atto di ossequio consiste nel baciar la mano, e l’atto di ringraziamento nel presentare un mazzo di erba verde, dicendo: «Dio ti benedica», oppure: «Mangiate, vivete», poiché per loro vivere significa mangiare: per benedire una persona si sputa sulla sua mano; la saliva è loro acqua benedetta, e lo sputare su di una persona vuol dire benedirla. Non molto dissimili dai Galla sono quei principi l’Europa, che senza ragione benedicono i loro grandi colle decorazioni, dette per ischernocrachats.

Gli atti di adorazione sono di tre specie: i sacrifizi, le libazioni e le offerte d’incenso o di altro. Allorché sacrificano, gettano il sangue della vittima verso i quattro angoli della terra, e se il sacrificio si fa ai piedi di uh albero, esso si spruzza col sangue dicendo: «O Dio, spirito protettore di mio padre, spirito che abiti in quest’albero, cibati, siami propizio.» Alcuni Galla sacrificano al demonio che invocano insieme con Dio; e vi sono tribù che pretendono discendere da Satana, il quale avrebbe sedotto una giovane Amhara, dalla quale sarebbe nato il padre degli Oromo. Il sangue della vittima è considerato siccome propiziatorio, ed essi se ne tingono la fronte; l’adipe, ossia il grasso degli intestini, si esamina accuratamente, perché essi credono scoprire in esso l’avvenire: in alcuni luoghi si esaminano anche gl’intestini: il grasso, che essi chiamano mora, avvoltato in guisa di corda, è convertito in collana superstiziosa, di cui il capo di famiglia orna il suo collo sinché cada in putrefazione.

I re dopo aver sacrificato ai demoni, tagliano colle lor mani la carne della vittima che gettano poi agli avvoltoi, e le lor capanne reali sono così il luogo di convegno di tutti gli uccelli di preda del paese; le carni della vittima servono ancora pei conviti della famiglia. Si sacrifica poi pel menomo accidente; per un cattivo sogno, o per rendersi l’aïana favorevole; i poveri uccidono un gallo, od abbruciano incenso o mirra.

P. 462 Invocazioni. – Le libazioni consistono nel versar birra od idromele nelle feste solenni; perciò si pongono i vasi della birra nel centro della casa vicino al pilastro centrale, e si riempiscono finché versino; il capo di famiglia compie questo rito colle spalle nude e la toga avviluppata alla cintura, come lo schiavo in presenza del suo padrone; poi versa il liquido ai piedi della colonna, frammischiando sovente il nome di Dio e quello degli Angeli col nome dei demoni, pregandoli di bere quella birra, di concedergli ricchezze e di essergli favorevoli, però con l’accortezza di limitare la loro libazione ad un mezzo corno riserbando per loro l’altra parte. Prima di mangiare, essi gettano un po’ di pane verso i quattro angoli della tavola allo spirito della casa, e prima di bere gli versano un po’ del contenuto nel corno. Nel caso di malattia e nelle grandi circostanze si portano sotto gli alberi-idoli, gran vasi di birra e zuppe ben compatte, che si abbandonano agli spiriti e servono nella notte di cibo /28/ agli animali selvatici. Altre volte gli abitanti di un paese convengono in un sol luogo, gli uomini da una parte e le donne dall’altra, e fanno un festino in onore del demonio dell’albero, invocandone tutti insieme la protezione, l’invocazione si fa in coro dagli uomini, che cingono la toga alle reni e tengono invece della lancia un bastone che si appoggia alla spalla destra; poi girano attorno all’albero, ripetendo assieme l’invocazione fatta prima da uno di essi: tali sono le loro agape.

Calla. – I loro sacerdoti od indovini si chiamano Calla: molti fra loro sembrano veramente invasati dal demonio, parlano da insensati, predicono l’avvenire, ed urlano come fiere: allora gl’idolatri adorano lo spirito, e gli offrono doni; sulle malattie essi vengono consultati, ed amministrano medicine e soventi anche veleni. Questi indovini tengono presso loro serpenti, che adorano e cibano con latticini per esporli alla venerazione pubblica. Essi portano lunga capigliatura ed hanno in mano un frustino, al di cui manico è attaccato un campanello; allorché le malattie resistono ai primi medicamenti, oppure quando si dubita ch’esse dipendono dall’ossessione degli spiriti malefici vien chiamato il Calla per cacciarli; egli giunge allora armato del suo frustino e del tamburo, poi fa una quantità di contorsioni battendo a tutta forza sul tamburo, e frusta, il paziente ordinando al demonio di uscirne: qualche volta l’ammalato guarisce dopo una sanguinosa flagellazione.

Le ossessioni del demonio sono comunissime in questi paesi, particolarmente nelle donne. Gli indovini pretendono aver in lor facoltà la pioggia ed il sereno, epperciò i Galla offrono loro molti doni in biade, [p. 463] in incenso e mirra che l’indovino abbruccia in loro presenza in onore dello spirito che invoca al suono del tamburo per rendere gli oracoli. Questi idolatri han molta fede ne’ sogni, credono scorgervi la predizione dell’avvenire; ricercano ancora gli augurii nel canto degli uccelli e particolarmente in quello del gallo. Insomma le follie degli antichi pagani continuano in questi paesi, in cui il demonio non è ancora fuggito dinanzi alla croce; è veramente il caso di dire di questi paesi: che sono una terra che divora i suoi abitatori, ed ove la schiavitù è all’ordine del giorno. Difatti nel paese dei re, su di una popolazione di mille abitanti, più di cento vengono annualmente ridotti in ischiavitù dai grandi; allorché si riduce in ischiavitù una famiglia, metà appartiene al re e l’altra metà è divisa fra i grandi; basta a ciò il rendersi colpevole d’un piccolo furto, di rifiutarsi ai lavori del re, o di avere mentito col dire: «Se la cosa non sta così, sia io colpito dalla collera del re.»

Nei paesi liberi poi la schiavitù è il risultato delle guerre continue. Se gli Oromo potessero vivere in pace e rinunciare alla schiavitù, essi diventerebbero tosto una potente nazione, poiché son gente rubusta e guerriera; al campo della loro ingordigia, ovvero delle loro lotte, la più bella gioventù è composta dei musulmani, e diventa preda del Turco, o dell’Arabo.

Schiavitù – I nostri filantropi Europei, che vorrebbero abolire la schiavitù, dovrebbero anzitutto distruggere l’islamismo; poiché i /29/ musulmani son quelli che comprano e vendono gli schiavi; ed è naturale, poiché tutto l’edifizio sociale dei musulmani è fondato sul Corano, che non è che il codice della schiavitù, cosa per loro lecita, e santa. Presso i Galla la schiavitù si è introdotta coli’islamismo, ed i Galla repubblicani però detestano i musulmani e li chiamano col nome odioso di mercanti. Dopo che il negus etiopico Teodros giunse a riunire sotto al suo scettro i diversi stati dell’Abissinia; per l’influenza degli Europei che si trovano alla sua corte, egli cominciò a proscrivere la schiavitù ed a tagliar la strada ai negozianti di carne umana.

Questi popoli, e tanto più quello dei regni, sono procerae staturae a criminibus; essi calunniano lo straniero, divorano il povero e l’orfano, sono spergiuri, e bugiardi, e l’adulterio stesso non è un delitto per loro; i principi ed i grandi ricevono dalla sinistra i regali, per ispargere colla destra il sangue degli innocenti; la giustizia si vende a chi la paga maggiormente; la poligamia e l’incesto sono protetti dagli usi e dalla dottrina musulmana; epperò la santa morale dell’Evangelio non pare dover far qui grandi progressi. Deus scit.

P. 464 Islamismo – Le dottrine musulmane s’introdussero or sono quattro anni circa in questi regni. Però i re ed i grandi, sebbene musulmani, conservano gli usi pagani sacrificando agli idoli ed ai demonii; ma fanno le prostrazioni ed oblazioni regolarmente nelle varie ore del giorno, benché conoscano poco le preghiere arabe. I musulmani si riconoscono facilmente pel mesbab, o corona araba, essi fanno il saluto arabo Salam aliekum e pronunziano soventi la professione di fede la illah illahla, (non vi è altro Dio che Dio); non mangiano le carni degl’animali uccisi dagli Oromo e dagli Amhara, in ciò sta tutta la lor differenza dai pagani, che in tutt’altro imitano; osservano ancora il digiuno del Ramadan.

Gli Amhara non mangiano le carni degli animali uccisi dai musulmani o dagli Oromo; osservano alcuni dei digiuni della chiesa di Etiopia, immolano vittime nelle feste di Natale, di Pasqua e di S. Michele; ma son poligami come i pagani ed i musulmani: con sacrifizi ai boschi-idoli, consultano gli auguri, sposano le mogli del fratello defunto, vendono gli schiavi, ecc. Brevemente, meno poche eccezioni, sono una razza vile e spregievole quanto i pagani ed i musulmani.

Non si trovano qui uomini con idee grandi ed elevate, ed i re di questi paesi non sono paragonabili al sindaco del più piccolo paese delle nostre Alpi; l’ultimo dei nostri contadini ha più buon senso che tutti i principi ed i grandi di questa parte dell’Etiopia, tante sono le tenebre di cui l’idolatria offusca il cuore dell’uomo.

Il Cristianesimo invece allarga le idee, rialza l’uomo piccolo e povero, dandogli maggior saviezza che ai gran monarca, la cui potenza sta nel dispotismo, la clemenza nell’aver bevuto un buon corno d’idromele, la giustizia nell’effetto dei regali ricevuti, e le di cui carezze sono come quelle dei leoni: qui si scorge evidentemente che senza il Cristianesimo non si trova né ordine, né vera famiglia, né un vero regno. Senza il Cristianesimo non vi ha società.

Formazione del governo – La santa Chiesa Cattolica Apostolica /30/ e Romana è quella che ha ricevuto dall’autore di tutte le cose, dal Verbo divino fatto uomo, l’ordine di fare e formare i popoli e le nazioni, di creare la famiglia e la società umana. Quindi il primo dovere del prete, sia in Europa, sia presso gl’infedeli, sta nello stabilir bene le famiglie: dalla riunione di queste poi deriva la società ed il potere che la dirige.

La prima difficoltà che il missionario incontra in questi paesi bar- [p. 465] bari è quella della formazione della famiglia cristiana; tanto i ricchi quanto i poveri, gli Amhara ed i pagani, tutti son poligami, perchè hanno il cuor corrotto; i grandi han tante spose quante ne possono mantenere, i poveri ne han due almeno; poi ereditano quelle del fratello o del parente più prossimo, abbia o non abbia già prole, presso i Sidana, il padre eredita le spose del figlio e viceversa (more pecudum). Pei poligami sarebbe necessaria una fede ben viva, ed un amor di Dio intensissimo per decidersi ad abbandonare tutte le loro spose ritenendone una sola. Poi che cosa fare di queste spose? rimandarle ai loro parenti, se li renderebbero tutti nemici: se non han prole sarebbe più facile ad aggiustar le cose con qualche regalo; ma se vi son ragazzi, che cosa ne farà il proselita? La prima sposa che porta il nome di Dama, e che è la vera sposa in diritto, soventissimo non è padrona del cuore del suo sposo. In molte di queste famiglie la vita interna è una vera immagine dell’inferno; non vi sono che gelosie, discordie, infedeltà, talora avvelenamenti. Lo sposo, ossia il padrone, come lo chiamano, è costretto a ristabilir l’ordine a colpi di frusta: la prole non è meno indisciplinata, appena giunta alla pubertà, le femmine si vendono al maggior offerente, e tale è il matrimonio; i maschi si rendono indipendenti dal padre appena possono maneggiar la lancia. Le difficoltà per formare con tali elementi una famiglia cristiana sono tali che sinora nessun pagano ha avuto la forza di passare alla morale pura dell’Evangelio.

Islamismo – La seconda difficoltà, che non è minore, è l’islamismo, nei regni il re ed i grandi sono musulmani ed il popolo è pagano: questi preferiscono la nostra dottrina a quella dei mercanti degli schiavi, ma temono di farsi cristiani. Molti di essi son tenuti nell’idolatria per non rinunciare alle carni degli animali uccisi dai musulmani e dai pagani; allorché essi vanno presso i grandi o presso i vicini, possono partecipare ai loro conviti se si facessero cristiani, dovrebbero rinunciare alle carni non preparate dai cristiani, poiché in questi paesi il cibarsi delle carni preparate dagli infedeli è un segno di apostasia: dicono che sono i cani che si cibano di due coltelli. Questa legge che risale ai tempi della Sinagoga, pare essersi conservata in questi paesi dai primi predicatori del Vangelo per stabilire la separazione tra i fedeli e gli infedeli; ed infatti fu una conseguenza di questa legge la conservazione delle tradizioni religiose che qui si trovano, e per molte famiglie questo è il solo segno della razza Amhara.

Questa legge ci cagiona ora una gran difficoltà; poiché se po- [p.466] tessimo permettere ai cristiani di mangiare indifferentemente delle carni degli animali uccisi dai musulmani o dai pagani, /31/ la quistione sarebbe semplificata, ma non possiamo opporci a questa legge senza acquistarci il titolo di cani o di iene, la razza Amhara non ci darebbe più ascolto; giacché gli Amhara quando uccidono un’animale pronunciano la formola di fede, cioè il segno della croce, il musulmano pronuncia il la illah illah la, il Galla invoca i demoni. Secondo le loro idee la vittima uccisa in onore della divinità, fa mutar fede a colui che la mangia, e molti Amhara che non volevano farsi musulmani, furono così ingannati trovando al fondo delle loro bibite piccoli pezzi di carne musulmana, e si credettero perciò fatti musulmani. Noi insegniamo loro che l’uso delle carni non fa loro perdere il battesimo, poiché essi si credono dover esser ribatezzati quando hanno mangiato carne degli infedeli, ma non abbiamo permesso l’uso indifferente delle carni: queste sotto le difficoltà che troviamo nei paesi dei re.

Presso i repubblicani lo spirito di anarchia, l’assenza di ogni legge e di ogni freno, produce non minori difficoltà; tuttavia la nostra speranza è maggiore per questi, giacché i loro costumi sono più puri: ogni famiglia sta isolata, la schiavitù ed i musulmani sono odiati, essi amano le tradizioni cristiane, sebbene sieno unite alle più grossolane superstizioni.

>Goudrou. – Abbiamo due missioni nei paesi liberi, l’una nel Goudrou, paese vicino al Gojjam, provincia principale dell’Abissinia, dalla quale è separato dall’Abbaie o Nilo azzurro. Questa missione fu la prima che abbiamo aperto entrando nei paesi Galla; si amministrarono molti battesimi agli Amhara, ma la maggior parte dei nostri neofiti ritornarono al loro vomito. Monsignore nostro Vicario Apostolico vi fissò la sua residenza al suo ritorno da Cafa. Per dare a questo paese una forma di governo, egli aiutò uno dei grandi Amhara per nome Gama Moras a giungere al potere; i grandi più influenti cedettero alle rappresentanze del vescovo sottomettendosi al nuovo capo, il di cui primogenito ricevette il battesimo e sposò una cristiana dell’Abissinia. Il nuovo re, insuperbitosi, volle seguir le fraode dei tiranni musulmani, epperciò i suoi sudditi gli si ribellarono nel mese di maggio di quest’anno. Fu incendiata l’abitazione reale, e la casa della missione, che le stava vicino, ebbe la stessa sorte, cosicché Monsignor Massaia appena potè salvare gli oggetti più preziosi e rifuggirsi nella valle del Nilo. La rivoluzione fu domata, e si attribuì alla presenza dei sacerdoti il successo di Gama Moras, che però ricevette un’assai severa lezione dal Dio di misericordia; cosicché se la sua vittoria sarà completa, egli dovrà [p. 467] esser più docile ai nostri consigli, e la religione acquisterà influenza nel paese.

La seconda missione è a Lag-Amhara a tre giornate al sud della predetta; in questo paese vi ha un centinaio di famiglie Amhara, fra cui dodici cristiane; ma questi cristiani di razza Abissina, son quasi tutti mercanti, e fanno il commercio degli schiavi: i veri cristiani sono rarissimi. In questi l’opinione pubblica ci è favorevole; i Galla ci amano, però non pensano ancora a farsi cristiani.

Limou. – Avevamo una terza missione nel regno di Limou, che /32/ fa parte della provincia di Ennerea; nella mia lettera dell’anno scorso ho narrato il modo con cui il nuovo re aveva trattato il nostro Vicario Apostolico, profanato i vasi sacri e saccheggiato parte delle nostre sostanze. Dopo la partenza di Monsignor Massaia, il re istigato dai musulmani, voleva ridurre in ischiavitù il missionario rimastovi; ma questo sacerdote indigeno potè uscire dal regno, e la casa della missione fu data ad un musulmano, mentre la cappella dedicata alla Vergine Maria fu convertita in lupanario dell’iperaspista dell’Anticristo. Apocalisse 6:10Salmi 43:23 Usquequo, Domine Sanctus et Verus, non judicas et non vindicas sanguinem nostrum, de iis qui habitant in terra. Quare obdormis, Domine, libera nos, adjuva nos, propter nomen Sanctum tuum. E non tardò il Signore ad entrare in giudizio col re e col suo regno. Il musulmano nostro nemico principale ebbe la sua casa distrutta dalle fiamme e non potè salvar nulla; due spose del re morirono repentinamente, la tranquillità esterna fu turbata da una gran guerra contro il regno di Gouma; una rivoluzione interna nella famiglia reale ebbe luogo; il fratello uterino del re tentò di ucciderlo per impadronirsi del regno, e dicesi che il re dica sovente: «Dio vendica i sacerdoti che mi hanno maledetto.» I cristiani di questo paese son di nuovo quel che erano prima del battesimo. Limou si trova a tre giornate al Sud di Lag-Amhara.

Ghera. – A due giornate al Sud di Saka, che è la residenza del re di Limou, dopo avere attraversato il regno di Gouma, che ha l’estensione di una signoria del Medio Evo, si giunge al paese di Ghera, piccolo regno dell’estensione di una giornata dal Nord al Sud, ove abbiamo una piccola cristianità, che io coltivo attualmente. È questo un paese montuoso e freddo, che credo essere il punto più alto di questa parte dell’Etiopia. Nei mesi di dicembre e di gennaio il termometro scende soventi allo zero, e la brina copre allora il paese. Le montagne son quasi tutte calcari, rosse e bigie. Il gesso si trova in grandi strati con piombo ed altri minerali: si trova anche marmo bianco; il ferro è abbondante [p. 468] e di buona qualità: credo aver trovato traccie di rame. Questo paese è ricco di acque minerali ferrugginose, altre sorgenti contengono soda, altre zolfo; il salnitro si trova dappertutto; il terreno non è adattato alla coltivazione; vi ha del miglio, della meliga, orzo, frumento, e due altre qualità di miglio, il cui gambo rassomiglia alla canna, poi una pianta africana detta dagousa che serve per la birra; i legumi che coltivano sono la cipolla, l’aglio, le fave, i piselli ed altre piante sono conosciute in Europa; ma tutti i grani hanno un gusto insipido; si direbbe pesare ancora l’anatema: Genesi 3:17-18 Maledicta terra in opere tuo, spinas et tribulos germinabit tibi et comedes herbam terræ: nell’eredità di Cham la terra è quasi sterile e non può produr pane a sazietà per quanto venga lavorata; le spine e le cattive erbe vi crescono spontaneamente ed invadono la terra ed i campi; cosicché si debbono sarchiare tre o quattro volte i terreni seminati, ed il raccolto è sempre in proporzioni minime, epperciò gl’indigeni si cibano in parte con erbe colla radice del koccio, pianta che rassomiglia al bananier.

L’albero del caffè riesce perfettamente, produce in abbondanza /33/ ed è allo stato selvatico. Il coriandolo si trova pure dapertutto, se ne raccolgono i frutti che sono proprietà reale, chi ne ruba vien punito colla schiavitù.

P. 490 Spiegazione del nome di Ghera – Il nome di Ghera è il nome di uno dei figli di Gimma, nipote di Borena Galla, quindi gli abitanti di questo paese si dicono di Gimma Ghera. I Galla entrarono in questo paese or sono sette generazioni, ed [p. 491] erano soltanto poche famiglie, che venivano da Gimma Kaka. Il paese era allora coperto da selve, nelle quali abitavano alcune famiglie Sidama dipendenti dal re di Ennarea, che era venuto a stabilirvisi fuggendo dal paese di Limou. Dopo il loro arrivo in questo paese i Galla vi si moltiplicarono assai, e se la schiavitù e le guerre intestine non li decimassero considerevolmente, essi si sarebbero estesi sino alle frontiere di Cafa, da cui questo paese è separato da un deserto d’una giornata di cammino. I Sidama abbandonarono questo paese e si rifuggirono nelle montagne di Cafa, ove si confusero in parte coi Caficio. Il re dell’Ennarea vi passò egualmente, ed oggidì la sua discendenza vi sta come tributaria del re di Cafa, che gli ha conservato tutti gli onori della dignità reale, salvo il potere.

Abbiamo trovato in questi paesi i residui di antiche chiese, che ci indicano che la razza Sidama era cristiana: i monti hanno nomi cristiani, così abbiamo il Golgota, ed il monte degli Olivi al quale si rende un culto superstizioso, ed il re vi offre tutti gli anni sacrifizi allo spirito che lo abita: gli indigeni dicono che alla fine del mondo Dio vi riunirà tutti gli uomini per giudicarli. Il Cristianesimo di cui abbiamo indicato le traccie dev’essere sparito per l’invasione Galla.

Origine del regno di Ghera – Questo regno ha avuto principio or sono quasi cinquant’anni: l’Abba Boka, o capo di famiglia, che allora con Abba Boso, s’impadronì dell’autorità reale; Abba Rago suo fratello e padre del re attuale lo cacciò dal paese, pose il braccialetto d’oro al suo pugno, e stabilì la sua dominazione versando il sangue de’ suoi sudditi. Circa alla stessa epoca, vi fu pure a Cafa una rivoluzione fra due membri della famiglia reale che si disputavano la corona ed i rivoltosi si rifuggirono nei paesi Galla, e così un gran numero di famiglie Amhara che conservavano alcune tradizioni cristiane si sparsero nei paesi circonvicini e particolarmente a Ghera. A quest’epoca i Galla erano vestiti di pelli, non si avevano cavalli né si sapevano montare, gli Amhara formarono poco a poco questo regno. Abba Rago era affezionatissimo agli Amhara, e non mangiava che le carni degli animali uccisi da loro; egli ebbe anche l’idea di farsi cristiano, alla moda abissina però, ma un prete abissino ne lo dissuase rappresentandogli l’impossibilità di osservare i digiuni dell’Etiopia; la sua sposa principale era Sidama, ed osservava religiosamente i digiuni; dicesi che ella avesse ricevuto il battesimo da un monaco abissino; dopo la morte del re; allorché il paese diventò musulmano essa si rifiutò all’apostasia, e morì nella sua fede. Dicesi ancora che Abba Rago morisse pronunziando la professione di fede cristiana. Il re [p. 492] attuale suo figlio, Abba Magal, ebbe a disputare il trono ai suoi fratelli ed ai suoi cugini, si versò il san- /34/ gue, ed i suoi competitori furono cacciati o gettati in prigioni infette. In questa intrapresa venne aiutato or son quindici anni da Abba Baghibo, re di Limou, epperciò egli si fece pure musulmano, senza però farsi circoncidere (questa cerimonia ebbe luogo cinque o sei anni sono): i grandi del paese imitarono il loro sovrano; e cosi tutti, eccetto il popolo ed una trentina di famiglie Amhara, passarono sotto il giogo del falso profeta. Allora la schiavitù prese piede, o come dicon essi, cominciò lo scopamento dei poveri e delle famiglie senza nome, che diventarono preda degli antichi repubblicani.

Arrivo del vescovo missionario – Monsignor Massaia venne in questo paese nel 1860, recandosi a Cafa; il re lo ricevette benissimo, malgrado le calunnie dei musulmani, che pretendevano avrebbe portato disgrazie al paese; gli Amhara che erano rimasti fedeli alle tradizioni dei loro antenati si affrettarono a ricevere il battesimo; coloro che avevano parecchie spose non ne conservarono che una sola, e cosi fu formata questa piccola cristianità. Il sedicente prete abissino vedendosi abbandonato dal suo gregge andò a far lamento al re, che gli rispose: «Io non entro nelle questioni del libro; credo che l’Abouna deve conoscerlo meglio di te». Egli dovette adunque umiliarsi e domandò il battesimo; rimandò le sue concubine e si sposò leggittimamente con una di esse; ma il lupo non può cambiar costumi, e quindi egli rimase quel che era e continua il mestiere di Simon Mago. Io venni in questo paese poco dopo la partenza di Mons. Vicario Apostolico: il re mi regalò un terreno per la missione; era il sito di una antica abitazione reale, e mi trovai così alla testa di questa piccola missione, ove le speranze son poche, giacchè ogni anno una parte delle dodici nostre famiglie cattoliche di razza Amhara passa nelle mani dei musulmani. Le fanciulle di questi cattolici, che sono tutte di un ceppo e di una famiglia non possono maritarsi nella loro parentela, non già per la proibizione canonica, perchè in questo caso la chiesa darebbe le dispense, ma per le leggi locali; poiché queste proibiscono le nozze in famiglia sino alla settima od ottava generazione e perciò si danno in matrimonio ai musulmani. Da tre anni circa dacché son qui, sei giovani battezzate son così diventate preda del demonio; ho fatto il possibile per oppormi a ciò, ma tutto fu invano; ora ho risolto di non più battezzare le ragazze per non vedere passare i figliuoli di Dio nelle mani dei settatori del falso profeta; questa difficoltà toglie ogni speranza per l’avvenire di questa missione. L’altro uso che si [p. 493] oppone ancora ai nostri disegni è quello di ereditare la moglie del fratello defunto; secondo le leggi essa apparterrebbe al fratello od al parente più prossimo: se costui non fosse ammogliato basterebbe la dispensa ecclesiastica, che la santa chiesa accorderebbe, piuttosto che vedere la perdita di tante anime; ma la difficoltà sta nel fare accettare il matrimonio cristiano a quello che, secondo le leggi del paese, vivrebbe con essa in concubinaggio.

Nel paese di Cafa, ove il figlio eredita le spose del padre, ed il padre quelle del figlio, è ancora peggio: con usi così contrarli alla legge naturale, che cosa possiamo noi sperare? Tradidit illos Deus /35/ in reprobum sensum. In questa piccola missione, se ci eccettuano pochi vecchi, che sono fedeli alle tradizioni dei loro antenati, i veri cattolici sono pochissimi, e quando questi saranno morti, i figli forse non seguiranno più l’esempio dei loro padri. Deus scit!

Speranze dei missionari – Il re Abba Magal ci vede di buon occhio e ci ama; ma non possiamo sperar nulla in lui pel Cristianesimo, perchè è musulmano; egli ha delle buone qualità, è un buon soldato, e combatte da leone; in politica non è senza buon senso e pazienza, egli governa bene ed è senza misericordia pei ribelli e pei ladri; ama le curiosità europee, però io dovetti fabbricargli una piccola casa in pietre, e potei trovare del gesso ed una pietra bigia facile a tagliare; con cattivi strumenti abbiamo potuto tagliare pietre di 7 od 8 piedi di lunghezza, ed in meno di tre mesi, con circa 300 schiavi ai miei ordini, terminai il mio lavoro con grande stupore degli abitanti. I re vicini mandarono a visitare questa nuova maraviglia e pregarono il mio Faraone a spedirmi presso di loro per fabbricare simili case; ma fortunatamente per me non accondiscese per gelosia; con questo lavoro m’acquistai la sua stima e la sua amicizia; e così non ho più da temere delle calunnie dei musulmani e dei malevoli. Dio benedica il re e gli renda al centuplo il bene che egli ci fa.

Dio solo sa se il Cristianesimo potrà spandersi in tutti questi paesi. I governi dei paesi dei re essendo tutti musulmani, ed i paesi liberi avendo usi così barbari e contrari alla legge naturale, pare che le speranze non debbano esser grandi. Quanto a me credo che la salute di questi paesi ha da venire dall’Abissinia, ove l’antico impero sta per ristaurarsi. Verso il fine dei tempi l’universo intiero sarà diviso in due regni, sui quali dominerà il figlio della perdizione; ora qui come in Europa si osserva la predisposizione degli spìriti alla formazione dei grandi regni anticristiani.

P. 494 Crudeltà dell’attuale Negus Teodros. – Egli ha rovesciato più di quaranta troni, ed impiccato ed ucciso più di duecento piccoli re o duca dell’Abissinia; ultimamente dicesi abbia fatto impiccare il troppo famoso Abba Salama vescovo scismatico e l’eretico dell’Etiguè, ossia capo di monaci, e così questi due nemici del Cattolicismo avrebbero ricevuto la mercede dei loro misfatti. Questo principe sul quale si raccontano favole d’ogni genere è il vero flagello di Dio: cominciò a metter mano sui defteras o scribi dell’Abissinia, sul clero e sulle chiese, e così in questi paesi gli eccessi che gli si attribuiscono fanno dire agli abitanti che è giunta l’ultima ora del mondo. Dicesi abbia al suo servizio degli Europei che gli hanno fabbricato alcuni cannoni, e con un esercito formidabile voglia conquistare i regni ed i paesi dei Galla. In questi paesi ancora, i grandi regni vogliono invadere i piccoli, i grandi dei paesi liberi vogliono farsi re, e fra venti anni questi paesi avran totalmente cambiata la loro fisionomia, probabilmente saran preda dell’Abissinia.

Allora il Vangelo potrà penetrare fra i pagani ed i musulmani. In attesa del giorno della divina misericordia il nostro dovere è di evangelizzare i piccoli paesi di razza Amhara che si trovano dispersi fra i pagani. Il pane della parola appartiene prima di tutto ai figliuoli /36/ dispersi della casa d’Israele. Queste famiglie, e questi paesi, che conservano alcune tradizioni cristiane, non conoscono le dispute dei monaci e dei preti scismatici Abissini e paragonando la nostra alla loro condotta, ci stimano e porgono l’orecchio alla dottrina cattolica.

Verso il sud, nell’estensione di due gradi, si trova un gran numero di piccoli regni di razza Amhara, che i Galla chiamano razza Koullo, i Sidama Cafa si chiamano Dawaro, ed essi stessi si chiamano Warrata. Essi sono al sud del regno di Gimma-Kaka sulle due sponde del fiume Giviè, od Omo, che deve esser lo stesso che il fiume Jub ed Ozi Riviev che sbocca nell’oceano indiano, con alcuni altri che sono situati fra l’equatore ed il 2° o 3° grado sud sulla costa di Zanzibar. Questi paesi Amhara della sponda occidentale sono i seguenti: 1. Garo Boscham. 2. Koullo. 3. Golfa. 4. Konta. 5. Gobo. 6. Kuisca. 7. Malo ecc. Quei della riva orientale sono i regni di: 1. Cambato. 2. Wallamo Tigro. 3. Boregia. 4. Gamo e molti altri di cui ignoro il nome. Essi parlano tutti la lingua warrata, hanno in orrore i musulmani ed amano i sacerdoti; presso di loro vi sono parecchie chiese, con un gran [p. 495] numero di tabot o pietre consacrate. Il re di Combat pretende esser della stirpe d’Israele discendente dai negus di Etiopia. Al nord di Cafa, vicino al paese di Fazoglo, vi sono pure tre o quattro paesi di razza Amhara Sidama che parlano la stessa lingua di Cafa e sono i paesi di: 1. Murcia. 2. Afilo, o Filoni. 3. Amhara.

Gli Arabi del Sennaar vengono in questi paesi passando il Nilo azzurro od Abbai. Il re di Afilo ha sotto i suoi ordini i Schangalla Mazingo; alcune barche pure son ivi giunte sul Saubat, con entrovi uomini bianchi, che saranno stati Arabi o Turchi.

Tutti questi paesi desiderano la presenza dei sacerdoti e possono offrire qualche speranza pel santo ministero; ma la gran difficoltà sta nel poterli visitare. L’anno scorso un sacerdote indigeno dell’alto Wallaga, paese ricco di oro, andò nel suo paese ove amministrò alcuni battesimi; ma i musulmani sparsero subito la voce, esser egli spedito dal re di Abissinia per sottomettergli il paese, e cosi fu costretto a ritirarsi.

Elogio della Propagazione della Fede – Tutti ci calunniano, i musulmani, i pagani, gli eretici Abissini ed i cattivi cristiani indigeni; tutti si oppongono alle nostre operazioni; alle nostre corse evangeliche; i soli nostri amici sono nel cielo e nell’Europa cristiana; se l’opera ammirabile della Propagazione della Fede non ci inviasse regolarmente le sue elemosine non troveressimo un tozzo di pane, un bicchier d’acqua, od un cencio per coprirci; questi popoli sono Romani 1:31 insipientes, sine affectione, absque fœdere, sine misericordia epperciò Iddio ha suscitato l’Opera della Propagazione della Fede per dare all’apostolo del Vangelo il pane quotidiano che gli nega il paese che egli evangelizza. Se questa opera non esistesse la metà degli operai evangelici sparsi su tutta la terra morrebbero di fame o di miseria; quante anime sarebbero così private del cielo! Opera ammirabile formata dal soldo dei poveri di Cristo per nutrire altri poveri; per mezzo di lei migliaia di anime di tutti i paesi e di tutte le nazioni, trovano il mezzo di santificazione e la via del cielo. Salmi 21:27 Edent pauperes et /37/ saturabuntur et laudabunt Dominum qui requirunt eum; vivent corda eorum in sasculum saeculi.

Opera ammirabile che fa sorgere il sole di giustizia su tanti popoli e nazioni sepolte nelle ombre della morte; che fa piegare migliaia di fronti innanzi alla croce di Cristo Salvatore: Salmi 71:9 coram illo procident Æthiopes; et inimici eius terram lingent. Opera ammirabile [p. 496] che cambia in missionarii, in apostoli il povero artefice delle nostre campagne, la povera vedova, l’umile serva e l’orfanello, e tira su di loro i sguardi misericordiosi del Signore che Salmi 71:4 Judicabit pauperes populi, et salvos faciet filios pauperum, et humiliabit calumniatorem.

Opera ammirabile, che fornisce ai grandi, ai ricchi, ai potenti del mondo la via ed il mezzo per riscattare le loro ingiustizie, i loro peccati, e versare nel seno dei più poveri fra i poveri il superfluo, e di riunire nella celeste patria un tesoro che è sicuro dai ladri, e di ottener misericordia nel giorno poco lontano in cui i re, i grandi ed i potenti che fan la guerra al Cristo si nasconderanno nelle caverne e nei buchi dei sassi: e diranno alle montagne ed ai macigni: Apocalisse 6:16 «Cadete sopra di noi, copriteci dalla faccia di Colui che siede sul trono della collera dell’agnello». Opera ammirabile che fa di tutti i cristiani sparsi per tutto il mondo una sola famiglia, che si unisce tutti coi legami d’una stretta fraternità! Religione ammirabile, così eri nei dì dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, nei giorni della tua infanzia; allora tutti gli uomini: Atti 4:21 multitudinis autem credentium erat cor unum et anima una; erant illis omnia communia. Questo miracolo di carità è rinnovato oggidì dall’Opera della Propagazione della Fede. L’obolo del povero, della vedova, dell’orfano, unito al superfluo del ricco, all’elemosina del grande, limosina temporale accompagnata colla spirituale ed insieme poste nel turibolo aureo sono innalzate dai SS. Angeli custodi della Francia e dell’Europa cristiana innanzi al trono dell’Agnello: Apocalisse 8:4 et ascendit fumus incensorum de orationibus sanctorum de manu Angeli coram Deo... Signore, per tutti i beni spirituali e temporali che riceviamo dalle mani di quest’opera di misericordia, spargete sui nostri benefattori, sulla nostra patria, sull’Europa cristiana, sui monarchi cristiani e cattolici i tesori della vostra benedizione celeste. Salmi 71:6 Descendat sicut pluvia in vellus: et sicut stillicidio stillantia super terram. Orietur in diebus ejus justitia ed abundantia pacis... fiat... fiat...

Sono nel Signore

Vostro Umil.mo e Devot.mo servitore F. Léon des Avanchers M. C. Miss. Ap.