Massaja
Lettere

Vol. 3

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Al cavaliere Antonio Thomson d’Abbadie
esploratore dell’Etiopia – Parigi

F. 70rIll.mo Signor Cavaliere

Alessandria 2. Marzo 1864.

Ho ricevuto oggi solamente la Sua gentilissima, la quale mi fece molto piacere per la candidezza con cui Ella mi ha parlato; caro Signor d’Abbadie, le vedute di lontananza vanno sottoposte a certi inganni compatibili da tutte le parti e sotto tutti i rapporti; non sapendo sopra qual punto e quale direzione abbiano postato il canochiale quelle persone che trattarono di me, non posso dire, ne se abbiano o non abbiano ragione circa la verità del fatto in questione a me ancora sconosciuta, solamente conosco di aver fatto pochissimo di bene e moltissimo male, e se V. S. crede di me che /73/ sia un galantuomo e buon missionario, Lei si sbaglia, e se ciò che Ella ha sentito a caso fosse falso, lo sa il mio bon Dio come tengo poi tanti peccati veri e reali, per i quali tutto sarebbe poco, e qualunque siasi giudizio della Chiesa sopra di me, sarà sempre [f. 70v] vero, eccettuato il caso che la medesima volesse dichiararmi Santo prima della morte. Come però un Vescovo è sempre obbligato a mantenere il suo decoro per il buon’esempio del publico, io sono molto grato a Lei per aver preso le mie diffese, purché le medesime si faciano salvando il debito rispetto alla Chiesa di Cristo; caro Signor d’Abbadie, in questi tempi di apostasia quasi universale dalla Chiesa di Cristo, amo molto meglio essere io stesso vittima, a preferenza di vedere criticata la Chiesa nel Suo giudizio, qualunque possa essere sopra di me, fosse ben di morte; io non sono che un semplice uomo pieno di miserie, e la Chiesa è l’oracolo di Dio vivente, tanto basta; ella perciò lasciando anche di parlare in mio favore, se pregasse Iddio per me e per i poveri Galla, Le sarei molto grato, e tanto più grato, perché ho sentito da persone degne di fede che Lei conduce una vita tutta cristiana, sperando con ciò che Iddio lo ascolterà per il bene mio e di quella povera missione che io ho sempre considerato come Sua, e non come mia; ella, non si dimentichi che realmente Iddio si è servito di Lei per formarla, ed in tutte le mie lettere, Lei sa che l’ho sempre considerata come tale, e ciò non per la speranza che mi ajuti negli interessi, sibbene nelle [f. 71r] preghiere per la conversione di quei popoli ai quali io mi sono dedicato.

Io probabilmente dovrò andare in Roma prima di venire a Pariggi, ma prima di me verrà il Dottore La Garde, il quale Le farà vedere qualche lavoro che abbiamo fatto sopra quei paesi, onde indurre il governo a prender parte in favore della missione medesima minaciata molto dalla mancanza delle strade; i lavori che abbiamo fatto, se saranno qualche cosa che meritino, il merito non sarà mai mio, ma Lei dovrà sempre averne la parte principale tanto avanti Dio, che avanti gli uomini.

Io sono poi molto grato, sia delle gentilissime esibizioni che mi fece, sia ancora per la buona memoria che ha fatto di me presso gli amici Foujer e Du Havelt, ai quali oggi avrei scritto, ma dovendo partire domani mattina per Gerusalemme, i disturbi dell’assestamento di ogni cosa mi hanno impedito; Ella perciò presenti ai medesimi i miei ringraziamenti e gli assicuri che loro scriverò quanto prima, essendomi persone troppo care, come ben sa.

Gradisca intanto i miei più vivi sentimenti di riconoscenza e di amicizia, coi quali ho il piacere di raffermarmi

D. S. V. Ill.ma

Divot.mo Servo
Fr: G. Massaja V.o

F. 71v All’IlLmo Sig.e P.on Col.mo / Il Cavaliere Antoine d’Abbadie / Rue du Bac Nº 104. / Paris //.