Massaja
Lettere

Vol. 3

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357

Al padre Fabiano Morsiani da Scandiano OFMCap.
procuratore generale delle missioni – Roma

F. 627r

Osservazioni relativamente alla petizione
fatta dal Signor Massa di Verona
alla S. C. di Propaganda

[Lione, 14 luglio 1864]

Da quanto ho letto nelle memorie statemi comunicate dalla S. C. di Propaganda, il Signor Massa domanda due cose.

1. La missione dei paesi situati tra i Vicariati dell’Abissinia, dell’Affrica centrale, e la prefettura dell’alto Egitto.

2. Domanda di poter fare uno stabilimento in Cairo per l’educazione dei giovani appartenenti alla missione suddetta che domanda.

La persona che fa queste domande, da quanto si può vedere, e si dice da alcuni, deve essere una persona con delle buonissime intenzioni, la quale potrebbe essere un’elemento molto utile alla Chiesa, ed alla quale perciò converrebbe dare una missione non semplicemente nominale e di nessuna speranza, anzi con dei pericoli di stancarla inutilmente e senza profitto.

In quanto alla seconda petizione è una cosa che non presenta difficoltà, solamente che si potrà rimettere a Monsignore Delegato, di assegnargli un luogo in Egitto, dove il suddetto possa ottenere ciò che desidera, e nel tempo [f. 627v] stesso possa occuparsi in Egitto medesimo con vantaggio di quella Cristianità, e sotto gli ordini di quel Vescovo, il quale, come credo, sarà fortunato di fare un simile aquisto. L’Egitto è molto grande e può prestarsi per molti stabilimenti anche con vantaggio della missione locale.

Quella che è più difficile è la prima petizione, del paese della missione. Prima di dire qualche cosa direttamente su tal proposito bisogna premettere che il supplicante si è determinato di fissare egli stesso il luogo della missione per più ragioni, quali non bisogna dimenticare per venire ad una concessione saggia ed utile.

La prima ragione deve essere, perché il buon Massa ha dovuto temere nell’avvanzarsi di più di avere una negativa, perché la S. C. non suole tanto facilmente toccare i confini di altri Vicariati, del resto forse avrebbe domandato qualche posizione nell’alto Egitto, oppure nei Vicariati dell’Affrica centrale, o dell’Abissinia, oppure anche dei paesi Galla.

La seconda ragione che deve aver influito nella domanda fatta, deve essere, perché il buon Massa non deve conoscere abbastanza il paese da lui domandato, il quale è un paese per una parte quasi tutto mussulmano, e che presenta quasi nessuna speranza di poter fare proseliti; per altra parte poi è un paese malsano in modo che fra poco tempo, e prima ancora che i missionarj abbiano potuto imparare le lingue ed il paese, avranno certamente delle malattie, delle perdite anche di soggetti, e grandi pericoli di raffreddarsi prima /118/ di aver potuto fare il menomo bene. [F. 628r] Se dopo tutte queste osservazioni il supplicante starà fermo nella domanda, si potrebbe accordare il paese che domanda, ma bisognerebbe aggiungerli qualche punto d’appoggio preso, o dall’alto Egitto, oppure dall’Abissinia, oppure dall’Affrica centrale.

Dargli un pezzo dell’Abissinia è un poco difficile, perché basterebbe quel poco per doversi subito occupare delle lingue e del rito etiopico, e d’altronde al Nord est l’Abissinia non ha paesi sani e tranquilli che possano servire di rifugio alla nuova missione, piuttosto potrebbero servire di rifugio i vicini paesi turki confinanti, ma sono paesi di febbri terribili.

Prendendo una posizione nell’alto Egitto, sarebbe sempre ancora troppo, lontana dai paesi che lui pretende di piantare la missione, essendo separati da deserti quasi impraticabili.

Si potrebbe accordare le regioni del fiume bleu dal Sennaar in su verso il Sud, come paesi non ancora praticati dalla missione dell’Affrica centrale, e considerati ancora come liberi, come sono le regioni di Fasuglu, Tabi, e più in là sino ai paesi Galla; nel caso di volersi gettare da quelle parti più verso i paesi Galla, potrebbero tentare di penetrare di là agli Ammorù Galla, oppure più al Sud ai Galla di Affilò, i quali sono i primi alti piani, e paesi sani dei Galla di quelle parti; io sarei ben fortunato che potessero entrare in detti paesi; sarà però molto difficile, epperciò gli consiglierei piuttosto di tenersi alla diritta del fiume bleu prima di arrivare a Fasuglu, e fare tutti i sforzi per entrare [f. 628v] per entrare nelle altezze di Tabi, di cui ho già parlato nelle memorie date relative all’Affrica centrale; in questo ultimo caso non verrebbe toccata la missione dell’Affrica centrale nella parte fin qui coltivata, benché sia certo che i minori osservanti non avrebbero niente in contrario di cederla totalmente.

Relativamente alle vertenze tra Monsignore Delegato d’Egitto e la Terra Santa mi sono accorto che Monsignore avrebbe bramato che si facessero più parrochie, e che i parroci non fossero più, ne guardiani del convento, ne tanto meno amovibili e mutabili ogni due o tre anni; è cosa certa che facendo molte parrochie piccole si coltiva meglio la popolazione, perché il parroco può conoscere tutte le sue pecore, e coltivarle secondo il bisogno di ciascheduna; così pure è troppo essenziale che il parroco sia per un tempo illimitato, affinché prenda impegno, come proprio ovile, ed abbia tempo a concepire e finire le sue operazioni; il pretendere di governare una missione che conta quindeci mille coll’istesso sistema che si governava quando ne aveva solo mille o due mille, è una stramberia.

L’operazione da farsi è d’incoraggire Monsignore e fare molte parrochie senza tanti riguardi ai diritti parocchiali antichi, farle dove non ci sono, e dividerle dove sono troppo grosse; fatte le parrochie, si lascii alla Terra Santa la preferenza in tutto e per tutto di acettare le parrochie che vuole, anche tutte se si sente; e che acettate le parrochie secondo i canoni, la terra Santa presenta i curati e Monsignore gli approva, se gli troverà buoni.

/119/ Ecco in breve le cose più urgenti che possono toccare le attribuzioni di M.r Delegato in competenza di quelle di Terra Santa; mancomale poi Monsignore deve sorvegliare che vi sia l’istruzione, che le parrochie siano fornite di Sacerdoti che conoscono la lingua; in una parola trattasi far sortire quella missione dall’abitudine della ruota antica, e seguire il tempo.