Massaja
Lettere

Vol. 3

/128/

365

Al cardinale Alessandro Barnabò
prefetto di Propaganda Fide – Roma

F. 643rEminenza Reverendissima

Clermont-Ferrand 3. Settembre 1864.

Corre il quarto mese della mia partenza da Roma, e quando sono partito, ho detto, che non mi sarei fermato in Francia più di cinque mesi, fisso di partire al più tardi sul finire di Ottobre per l’Egitto, dove aveva preso qualche intelligenza di passare l’inverno, ed occuparmi colà a fare una piccola casa per l’educazione dei giovani della missione, ed anche, se fosse stato possibile, per il passaggio dei pellegrini abissinesi, onde sottrarre i medesimi all’influenza dei Copti eretici, tentando in ciò di eseguire un piano più volte combinato col fu M.r Dejacobis di S. memoria. Ora debbo, mio malgrado prevenire l’Em. V. R.ma, che mi veggo obbligato a lasciare, o meglio sospendere tutti questi miei piani e risolvermi di passare l’inverno qui in Francia, dove le operazioni, per le quali sono venuto, non posso dire neanche di averle incominciate.

Circa la metà di Luglio mi sono recato in Parigi, ma tutto il mondo era alla campagna, ed ho trovato nessuno di quelli, che avrebbero potuto occuparsi dei miei affari, appena ho trovato un’uffiziale del ministero degli esteri, il quale mi consigliò di scrivere qualche relazione, atta ad interessare il governo. Dietro questo consiglio, ho pensato di ritirarmi qui in Clermont, tanto più che i medici mi ordinarono i bagni di Bourbule per la mia schiena. In quanto alla mia schiena, grazie a Dio, ed alla cura di persone, che ebbero la bontà di occuparsi in modo tutto speciale di me, è talmente guarita, che l’asino potrebbe ancora portare il basto [f. 643v] qualche anno; in tempo della cura ho potuto anche lavorare, e posso dire, che le memorie da presentare al ministero sono già a buon porto, ma la difficoltà non sta qui, bensì nell’ottenere quello che abbiamo biso- /129/ gno; per una parte i governi dominati da uno spirito infernale, hanno una vera antipatia per tutto ciò che puzza di Dio e di religione, per altra parte poi questi governi medesimi si trovano in una certa diffidenza politica tale, che quasi direi, non credono alla propria esistenza di domani, ecco il gran male, il quale mi fa temere, che tutti i miei sforzi siano per essere inutili; come però il morire è sempre l’ultima cosa, e molti ancora mi fanno sperare, tenterò tutti i mezzi possibili, e non risparmierò certamente la fatica.

Dopo la mia partenza da Roma ho ricevuto tre volte lettere da Massawah, ma nessuna affatto dalla Missione Galla dalla mia partenza di là, cosa che mi mette in gran pena; la posizione dell’Abissinia va sempre peggiorando; l’impero di Teodoro pare che incomminci a crollare, ma, da quanto mi scrivono, invece di diventare più umano nel trovarsi percosso, come un cane arrabiato, morde a destra e sinistra tutto ciò che si presenta, tutti gli europej sono in catene colà, e persino i mercanti Galla, che ancora venivano qualche poco, pare che abbiano lasciato affatto di discendere alla costa.

In quanto alla missione d’Abissinia, ecco il quadro che mi scrive il Signor Delmonte: Monsignor Biancheri trovasi un poco incommodato, ed è attualmente in Ebbò; P. Stella è perfettamente in disaccordo coi Superiori generali dell’Ordine, e richiamato non vuole rientrare in Europa; il Signor Devitto divenuto mezzo pazzo è ripartito per l’Europa. Vedendo le cose così, oserei pregare V. Em. R.ma a non calcolare più certe parole o suggerimenti miei (benché non miei, ma dati d’accordo con M.r Biancheri), e crederei meglio, che si procedesse [f. 644r] in favore del suddetto Delmonte l’unico che esiste ancora colà, oltre Monsignore, onde impegnarlo di più a prendere parte attiva per quella missione, altrimenti, se ancora questi si disanimasse, sarebbe perduta quella missione, per ogni caso che venisse a morire M.r Biancheri; il Signor Delmonte è una persona capace, attiva, ed abbastanza solido nei costumi, per quanto mi consta, di ciò mi pare poterne rispondere, benché non sia stato molto insieme; l’unica difficoltà è che non è molto ben veduto dal clero indigeno, ma ben avvertito e consigliato in ciò, potrà correggere certe piccole cose, e farsi amare per l’avvenire. Lo stesso Monsignore mi scrive, che il sacerdote abba Emnatu, quel tale venuto in Europa anni sono in qualità di ambasciadore del fu Principe Negussié, abbia dato perfettamente in reprobum, e che facia molto del male, oh quanto sarebbe desiderabile che quel soggetto fosse chiamato con qualche titolo, e levato di là – ! Secondo me, una lettera al medesimo, che finga di nulla sapere, che lo chiamasse a Gerusalemme, ad esercitare colà il ministero ai pellegrini abissinesi che si trovano sempre in gran quantità, potrebbe forse indurlo a partire, e forse anche farebbe del bene, perché poi ha tutta l’abilità, ed allontanato dal suo paese, potrebbe forse essere, non solo salvo lui, ma anche fare la propaganda per salvare tutti quei pellegrini, che in Gerusalemme si trovano senza guida, e senza qualcheduno che gli assista; in Gerusalemme io ne aveva già parlato con M.r Patriarca, il quale sarebbe disposto ad occuparsene; la coltivazione dei pelle- /130/ grini abissinesi in Gerusalemme è un calcolo stato mai abbastanza capito, perché i medesimi di ritorno in Abissinia sono colà in gran stima, e penetrano in tutte le case più rispettabili del paese; per me crederei tanto utile questo, quanto sia la missione esercitata nell’Abissinia medesima; io dico ciò, indotto unicamente dalla brama di far del bene, e dal mio sistema di non nascondere niente di tutto ciò che può essere utile, del resto poi io conosco molto bene di essere un miserabile, che ho fatto dei passi falsi, che mi fanno anche piangere, nella mia missione stessa, perciò mi rimetto in tutto al parere dell’Em. V. illuminata da Dio.

F. 644v Lasciando le cose altrui, ritornerò alle mie: prevedendo che il mio ritorno in Egitto non potrà aver luogo prima dell’inverno, prevengo V. Em. R.ma, che d’accordo col nuovo V.e Prefetto Domenico sono stati richiamati in Francia i due missionarii destinati per i Galla, i quali si trovavano in Egitto; abbiamo pensato di stare invece tutti uniti nel Convento di Parigi, e fare colà una specie di collegio Galla sotto la mia direzione, per lo studio delle lingue, e di ciò che occorrerà; quando tutte le difficoltà saranno spianate, verremo tutti a Roma per prendere la benedizione del S. Padre, e poi partiremo. Col medesimo scopo, ed anche collo scopo di servirmene nella revisione del catechismo, per ciò che spetta alla lingua, ha fatto venire anche un giovane Galla di quelli che ho lasciato in Egitto, e potrebbe darsi che mi risolva a far venire ancora il secondo, perché così potranno confessarsi, ed avere un poco di scuola; come uno di questi non ha ancora l’età dei canoni per restare in Convento, bramerei che V. Em. me la procurasse [la facoltà].

Più, essendo venuto in Europa il P. Gabriele da Rivalta, debbo dire ciò che penso relativamente a questo soggetto: egli vorrebbe stare con me, ed io avrei niente in contrario, ma come la missione è data ai Francesi, io debbo pensare a semplificare le cose, e procurarmi soggetti francesi: il P. Gabriele non potrebbe essere utile più alla missione Galla fuori del caso che si dovesse prendere la via del Sennaar, perché lui conosce la lingua araba, e conosce quei paesi; come però sarà questo l’ultimo ripiego, e nel caso disperato di nulla ottenere, essendo la via del Sennaar sempre ancora pericolosa e dubbiosa di riuscita, non vorrei trattenere questo Padre così sospeso tanto tempo; qualora perciò il R.mo Padre Procuratore Fabiano, a cui pure ho scritto, vedesse di poterlo occupare in qualche altro luogo d’oriente, con maggior vantaggio, io non m’intendo che sia legato.

Prego poi V. Em. R.ma a perdonarmi, se sono stato un poco lungo, secondo il mio solito, e se ho arbitrato in qualche cosa, ho creduto di far bene, se mi sono sbagliato dica che sono una testa di zucca, ma mi compatisca, e tanto basterà; Le bacio la S. porpora, e pregando Iddio per la Sua prosperità e per la prosperità della S. C. a Lei affidata col massimo figliale rispetto, godo raffermarmi

D. Em: V. R.ma

Divot.mo figlio in Cristo
Fr: G. Massaja V.o I.