Massaja
Lettere

Vol. 3

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Al cardinale Alessandro Barnabò
prefetto di Propaganda Fide – Roma

F. 742rEminenza R.ma

Parigi 18. Maggio 1865.

Ho ricevuto jeri la veneratissima Sua del 13. nella quale Ella mi impegna a trattare con questo governo l’affare della protezione, aggiungendomi, aver scritto in proposito a S. E. M.r Chiggì, e quindi passa a dirmi schiettamente il Suo sentimento sull’affare del catechismo.

1. Per ciò che riguarda la protezione di questo governo, ho l’onore di significarLe, che presentemente le cose vanno mediocremente bene, e quando verrà il nuovo Vicario Ap.o dell’Abissinia, spero che si otterrà qualche cosa di consolante; non già che il governo m’abbia detto questo, ma piuttosto io lo penso, perché bramo di essere d’accordo col medesimo, in una cosa che riflette più la sua missione che la mia; del resto il ministero sarebbe forse disposto a fare qualche cosa, anche solo a mia istanza.

Io poi debbo dire, che S. E. M.r Kiggì ha fatto tutto ciò che ha potuto, ma sgraziatamente non può far molto; ed a tale effetto, se fosse in parole potrei dirLe anche qualche detaglio in più; il giorno 30. Aprile fummo a pranzo dai Lazzaristi, dove il Ministro si trovava alla destra del Nunzio, ed io alla sua sinistra, ed alla mia sinistra il primo uffiziale del ministero; da ciò può capire che presentemente le cose vanno bene relativamente alla parte diplomatica.

2. Per ciò che riguarda il catechismo, debbo dirLe candidamente, che io ammiro il gran concetto di virtù che Ella nutre a mio riguardo, concetto che non mi merito certamente; forse Ella sarà stupita che io parli così, ma pure l’assicuro che non saprei capire diversamente la risposta suddetta, e sono certo, che se Ella in simile caso avesse dovuto rispondere ad un giovinetto missionario con un capitale di amor proprio, certamente non sarebbe stato tanto secco, ed avrebbe pensato a fargli almeno un poco più di coraggio, lodando almeno le sue buone intenzioni; posto [f. 742v] che Ella suppone in me tanta virtù, spero concederammi anche un momento di giustificazione sopra il fatto da me, e quindi alcune altre riflessioni che mi credo in diritto di poter fare, sempre però rispettosamente.

Io non ho inteso di fare un semplice catechismo per l’istruzione dei catecumeni, come sarebbe quello del Bellarmino, ma sibbene un librettino contenente non solo il catechismo suddetto, ma molte altre /219/ cose di prima necessità a sapersi; se nel medesimo sono disceso sino alla particolarità di notare le feste di precetto, di dare il modo prattico di sentire la S. Messa, di esporre un compendio degli ordini, gli impedimenti del matrimonio, e simili materiali, poteva Ella ben immaginarsi che aveva delle ragioni forti di farlo, e talmente forti, che ancora mi troverei in bisogno di aggiungere, come diffatti tengo qui preparato il calendario latino ed abissinese, il modo prattico di trovare la Pasqua tanto latina che orientale, una via crucis, ed altre cose, che pensava di aggiungere.

Le ragioni poi sono le seguenti: 1. V. Em: deve sapere che tengo colà Preti e chierici indigeni, alcuni dei quali sanno appena il latino per esercitare il ministero, e fra questi alcuni dei quali non si potrà sperare che possano impararlo in modo da potervi studiare sulle nostre teologie, neanche dopo cinque o sei anni, eppure sono i preti migliori, e più zelanti che fanno mirabilia, ne V. Em: deve scandalizzarsi di questo, perché io potrei dirLe che ne conosco qui in Europa, di questo genere, benché vi sia tanta commodità di studiare, e meno necessità di sacerdoti. La seconda ragione è che in quei paesi non esiste un sol foglio di stampato in lingua loro, e studiano ancora sopra alcuni miei manoscritti, che i poveretti sono costretti a trascriversi, come lo erano i primi Cristiani dei tempi antichi; ciò poi che più mi spinse si è che perduta questa occasione, non vi sarà più speranza di libri in lingua volgare, neanche dopo quindeci anni e forse più. Ora queste ragioni non sono forti? per me lo sono tanto, che diversamente mi veggo cangiato tutto il sistema della missione, ne io mi sentirei più di ordinare, e quando si dovesse aspettare solo missionarj europei, allora è tutt’altro calcolo, di cui lascio l’esecuzione ad altri.

Io dunque ho inteso di fare un’operetta che potesse soccorrere la missione fino a tanto che potesse prendere una via più normale: posto questo come ragionevole, e supposta la premura con cui io ho fatto questo lavoro in otto mesi, lavoro che mi è costato quasi la vita, mi pare che mi meritava un poco più di latitudine e di riguardo, e che V. Em: poteva be- [f. 743r] nissimo dispensarsi dal fare esaminare con [tanto rigore il mio] lavoro da teologi che hanno passato cinquant’anni sfogliatando libri e vecchj in lavori di lusso letterario, persone ignare di tutte le circostanze che mi devono scusare; se io fossi un’asino più di quello che sono, non conoscerei la gravità della cosa, ma ho seduto dodeci anni in cattedra, e sono un vescovo vecchio, perché vogliono cimentarmi in questo modo? Che io cercassi di assicurarmi sopra il dottrinale, Ella ha avuto una prova, mentre io stesso ho domandato, ma per questo bastava un’esame economico fatto da due teologi dell’Ordine stati destinati... Ma transeat ancora tutto questo, postoche ha voluto farlo esaminare e darmi questo smacco, a me non solo, ma ai due esaminatori, ed a tutto l’Ordine mio, almeno mi avesse data una soddisfazione, io forse mi sarei risolto di riformare qualche cosa, e levare qualche questione di dottrinale meno sicuro, come sarebbe stato mio dovere, ma niente affatto, un lavoro che mi ha costato tanto, e di cui sento tutto il bisogno, gettato là come /220/ una ciavatta, degnato neanche di una risposta diretta; per fortuna che Iddio è là custode fedele e calcolatore delle buone intenzioni di chi cerca nella semplicità la Sua gloria, e la salute delle anime, del resto posso assicurarLa che il mio amor proprio si è risentito sino alla punta dei piedi, così i poveri missionarii sono incoraggiati? ho passato 19. anni in missione senza poter contare una sola linea di esortazione e d’incoraggiamento da cotesta S. C. la quale è pure la sorgente ed il centro del movimento apostolico; sono venuto in Roma l’anno scorso, benché abbia niente da lagnarmi, certamente non ho ricevuto una parola di più, di quanto voleva il rigore della stretta convenienza, dopo dicianove anni di fatiche; S. Em: il Cardinale Franzoni, di venerabile memoria, soleva almeno ricevere i missionarii e sentirne i risultati con lacrime di consolazione, le quali erano un etere che si trasformava in coraggio al povero missionario, ora più niente di tutto questo; V. Em: si ricordi di certe parole che si trovavano in una mia lettera diretta confidenzialmente al S. Padre, e che Ella ha dovuto conoscere e far conoscere, ebbene sappia che io sono ancora il medesimo, non interrogato moriranno con me i miei sentimenti, ma interrogato legittimamente non arrossirò di parlare; sono troppo vecchio, e fuori di ogni influenza dell’amor proprio, per lasciarmi dominare dal rispetto umano; ciò, di cui mi lagnava in quella lettera, è appunto ad litteram quello che mi arriva oggi. Ne V. Em: deve lagnarsi di queste mie rimostranze, perché nell’ultima mia, io ho cercato di aprire il mio cuore confidenzialmente e figlialmente a Lei, avendo nella soprascritta dichiarata la lettera non di officio, ed aggiunto anzi un’altra lettera a parte per ciò che avrebbe potuto interessare la cancellaria, ma Ella invece, ha voluto rimettere il tutto alla cancellaria; posso dunque credere che non ha approvato la mia riserva, per parte mia ho nessuna difficoltà che sia conosciuto ciò che scrivo, purché per parte mia [f. 743v] non si possa attribuire a mancanza di rispetto; io credeva che S. Santità avesse un consiglio di controllo segreto a parte, e V. Em: stessa ricevesse a parte le lettere confidenziali, ma dacché veggo che tutto si fonde nella cancellaria, lascierò in seguito questa delicatezza, e per non ritenere in cuore ciò che penso bene manifestare, dirò tutto alla medesima, quale per parte mia venero egualmente, come venero la Sua stessa persona, ed il S. Padre stesso.

Venendo poi al particolare dell’esortazione fattami di tradurre il Bellarmino, il mio giudizio è, che questo non è sufficiente, anzi neanche sufficiente il di più che ho aggiunto; quando bene lo traducessi, e che poi facessi una seconda traduzione letterale del testo Galla in latino, sono certo che il Teologo Perrone avrebbe ancora di che rilevare, perché le lingue nomadi mancano dei due terzi di termini, e bisogna fare dei giri per spiegarsi, e sempre si potrebbe dire che non è più il Bellarmino; gran che avere piena la testa delle biblioteche europee, come era anticamente la mia, e non sapere cosa sia la povertà delle lingue sigliche e dactilologiche; non veggo perciò altro rimedio che coreggere nel caso ciò che suona male in fede, ecco il mio ultimo giudizio.

/221/ Del resto Le dirò, che quando ho saputo esser stato comunicato al P. Perrone il mio manoscritto, io ho preveduto tutto ciò, che doveva accadere, ed ho finita la questione nella mia prima lettera, alla quale mi rimetto, solo prego V. Em: R.ma della risposta diretta all’ultimo periodo della lettera suddetta; ne creda che io voglia staccarmi dal servizio delle missioni, alle quali sono consacrato sino alla morte, io voglio morire missionario, se me lo permetteranno, farò tutto ciò che Ella mi comanderà, quando sarò sciolto dall’amministrazione, mi occuperò a tradurre, non solo il Bellarmino, ma anche qualche teologia, se Ella vorrà, e Le farò vedere il rispetto che nutro in cuore col fatto: a questo proposito ho scritto al R.mo P. Fabiano, Ella conferisca con lui e facia tanta carità di venire ad una decisione a mio riguardo; il R.mo P. Fabiano conosce perfettamente come la penso, e spero che il medesimo arriverà a persuaderLa dei miei sentimenti, ben tutt’altro che ostili; se mi riesce di ritornare in quei paesi farò tutto per mettere al possesso il nuovo Superiore, e poi passerò la più parte del tempo con qualche prete indigeno nella mia cara grotta; occupandomi là sempre per il bene delle due missioni che ho sempre amato ed amo sinceramente.

Relativamente a D. Comboni, io rimango come V. Em: mi dica ancora che non appartiene all’instituto Massa, perché riceve continuamente lettere dal Rettore di quell’instituto medesimo, alcune delle quali le ho vedute; ciò nonostante Le dico che fra due settimane deve partire per Verona, e di là verrà probabilmente a Roma, d’accordo coi suoi Superiori, ed al suo arrivo riceverà molte note mie che non credo bene esporle, ne alla posta, ne altrove; è probabile che mi risolva di spedirle anche l’originale del catechismo, tale quale si trova, già preparato per la stampa, salve alcune correzioni e modificazioni, con patto però che sia rimesso all’Ordine mio, comunque sia per essere, io qui mi limiterò a stampare la grammatica, già nelle mani dello stampatore, e sino a una di Lei risposta seguiterò ad occuparmi colla medesima premura, come ho fatto sin qui. Le bacio le mani e sono sempre

D. Em: V. R.ma

Figlio divot.mo in Cristo
Fr: G. Massaja V.o I.