Massaja
Lettere

Vol. 3

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Al padre Domenico Gouttes da Castelnaudary OFMCap.
ministro provinciale di Francia – Roma

[F. 1r]M. R. P. Provinciale Amat.mo

Marsilia 22. Gennajo 1866.

Ho ricevuto con piacere la di Lei lettera, perché supponeva che Ella doveva essere afflitta dalle mie precedenti; Ella ha provata la mia pazienza di un’anno e mezzo, senza fare la menoma la- /336/ gnanza a persona di questo mondo, ne di vitto, ne di servizio, ne tanto meno di cose appartenenti all’amministrazione nostra, quale ho sempre lasciato ciecamente nelle Sue mani. Presentemente ho sollevato questa questione, perché era troppo necessario di farmi sentire un poco, avendo ultimamente avuto delle prove di un’assoluta indipendenza da me, anche in materia di consigli. Del resto, sapendo quello che faceva, ho sollevato la questione fra noi al tribunale del R.mo P. Procuratore che ci ama tutti, col semplice fine che lui si adoperasse per condurci entrambi a condizioni ragionevoli prima di fare qualunque passo fuori dell’Ordine; [in] prova io ho ancora scritto niente alla S. C., e le mie mani saranno forse un poco più pure del di Lei sangue, di quello che a quest’ora siano le Sue del mio, come posso immaginarmi; ma nulla importa, il soldato di Cristo che ha già esposto più volte alla morte se stesso, non fa conto di queste bagatelle.

[F. 1v] Parliamo ora dei nostri affari: Caro P. Provinciale, non si allarmi della compra del terreno già fatta, perché è un regalo di cento mille franchi che intendo di farvi; l’opera nostra ha guadagnato questo nel giorno del contratto; come la persona che ha fatto questo intendeva di fare un dono all’opera pia avrei creduto far peccato a rifiutarlo; il dono è indirettamente alla vostra provincia, perché ad ogni costo tale sarà l’atto publico che farò di concerto con Lei; solamente sia un poco più bravo e ragionevole.

Riguardo al locale da farsi lo stabilimento, fino a tanto che non vi saranno piccoli ragazzi, certamente che potrà stare come si trova nel locale dell’infermeria, ma dal momento che vi saranno dei piccoli è impossibile che possa star così, perché non è cosa canonica, e si faranno dei guai ai quali ne Ella, ne i suoi successori potranno cedere, perché avrà diritto di mischiarsi lo stesso P. Generale, ed allora il convento e la Provincia saranno in pericolo di trovarsi compromessi in facia al publico di Marsilia, che non comprenderà le ragioni toccanti l’osservanza; anche per questa parte, lasciate a me il calcolo, ed un giorno sarete contenta.

[F. 2r] Riguardo all’andare adagio, tanto quanto vuole, ma altro è andare adagio nel fare, altro è andare adagio nel prevenire le cose; mai io avrei potuto risolvermi di portare dei ragazzi, come eravamo d’accordo, se non si stabiliscono queste basi, perché io sono certo che un giorno i miei ragazzi sarebbero in piazza abbandonati. Presentemente essendovi il locale starà da noi il trasportare colà il collegio: anche per questa parte lascii far da me, e prenderò i di Lei consigli tanto che vuole. Ma, mio caro, andare adagio nel prendere queste misure, vuol dire lasciare totalmente l’operazione per la quale abbiamo fatto parola al governo, ed il pubblico è già informato, ed informato da noi; caro P. Provinciale, io l’amo troppo ed amo troppo il di Lei onore per lasciarmi arrendere a consiglio simile che mi comprometterebbe in facia al publico già messo in movimento. Si ricordi che Ella mi ha lanciato in lotta nell’affare di Aden per il quale Le ho domandato in Lione in presenza dei Deffinitori, e poscia mi ha abbandonato alla prima lettera del P. R.mo /337/ procuratore. Si ricordi che io aveva già promesso i ragazzi al Cardinale, perché aveva già abbandonato il progetto del Collegio da me creduto allora inconciliabile colle circostanze [f. 2v] dell’amministrazione di questa provincia, V. P. M. R. fu quella che mi lanciò in [in] questo affare; ora che mi trovo compromesso in facia al publico da ogni lato, Ella incomincia ritirarsi, e così farmi fare con Lei il burattino; meglio morire rinunziando che vivere come la luna.

Caro P. Provinciale pensiamo piuttosto al modo di conciliare le cose. Lascii a me l’idea del collegio, e l’eseguirò nel senso che Ella vuole, salvi gli articoli dell’irremovibilità dei Superiori senza il mio consenso ed il consenso di Propaganda; salvo pure il diritto di fare i regolamenti di questo collegio, perché io solo conosco la maniera di educare i ragazzi. Ella mi dia i Superiori che Le domando; d’accordo coi medesimi farò i regolamenti, quali fatti gli presenterò alla Definizione Provinciale affinché facia le sue osservazioni, poste le quali li manderemo a Roma per l’approvazione. Per tutto il resto non dubiti che anderemo d’accordo, perché io amo Lei, amo la Provincia, e non vorrei sentirmi più alle orecchie certe critiche contro di Lei taciata come variabile; Ella sa quanto l’ho sempre amato [f. 3r] stia certa che io non ho idee diverse per l’avvenire.

Caro P. Provinciale, se valessero tutte le ragioni da Lei portate, ne risulterebbe una decisione di lasciare totalmente il progetto, cosa neanche da pensarci dopo tutto l’apparato di publicità fatte; tanto più che questa è l’unica operazione possibile, o almeno quasi unica, attualmente; inutilmente porta la ragione della difficoltà di far venire i giovani, perché è una cosa già stata discussa e decisa. Inutilmente parimenti mi porta la ragione della spesa, perché io credo al contrario come un dovere di occupare il denaro in modo più stabile e fuori di pericolo, non che più legittimo; nel caso non è una spesa, ma un guadagno di cento mille franchi; oggi una persona mi faceva la proposizione di venderne due mille mettri fuori di linea per dodeci mille franchi; all’opposto io ho ricusato dicendo che bramerei invece di aggiungere altri due mille che fanno linea al suddetto pezzo per quadrare il terreno se si potesse [f. 3v] avere a modico prezzo, perche non si sa all’avvenire cosa possa occorrere, ma di questo ne vogliono venti mille; noi abbiamo comprato 25. mille mettri per 40. mille franchi; Ella poi dice che è meglio conservare il denaro? Quando Ella verrà qui e che avremo la fortuna d’intenderci sarà contenta di vedere il guadagno fatto per la causa di Dio. Vuole che ci dica una cosa? L’opere di Dio trovano sempre delle difficoltà, ma fintanto che le medesime dipendono da un’elemento Secolare, difficilmente l’opera va a monte, è sempre la collisione fra noi ecclesiastici che la mette in pericolo; Iddio ha fatto un vero miracolo, ed io credeva di aver avuto in ciò un vero segno della Sua volontà, invece sono obligato a passare un giorno ed una notte a scrivere per difenderla, da chi? da quello stesso che me la fece fare. Per cosa? perché vorrebbe tutto a suo modo; no, caro, Ella ceda un poco, ed io cederò qualche altro poco, e così troveremo il giusto medio, e faremo la cosa insieme in S. pace.

/338/ Se Ella vuol vincere con spingere le mie dimissioni, come già Le diceva, allora io ho guadagnato l’intiera partita, ma badi bene a ciò che verrà dopo; io rimetterò [f. 4r] nelle mani del futuro V.o Ap.o persino la mitra e baston pastorale, e tutte le cose come sono, ma allora il collegio si farà? ma allora come anderà la missione? finiranno per consumarsi i pochi miei risparmii in viaggi e scoraggiamento di tutti. No, Le ripeto, caro, per un grillo di gelosia non facia andare a monte l’opera di Dio. Se io facessi questo per gelosia di conservarmi il potere, sarei condannabile, ma parlo coram Deo che non lo facio che per assicurare l’opera dalle passioni private; ottenuto questo scopo potrà fare di me tutto ciò che vorrà; in prova, appena avrò organizzato questo io partirò, se sarà volontà di Dio, e se mi riesce di rivedere la mia chiesa, non penserò più a ritornare.

Io ho scritto questo indotto da uno spirito di conciliazione; se Ella crede di arrendersi un poco, eccomi sempre pronto; se poi Ella in Domino crede di tener fermo sappia che io non aspetto altro che un segnale della providenza per fare un passo, che nessuno sa, per mettermi fuori di tutti questi impicj, e pensare a me stesso.

In quanto alla protesta di cedere l’infermeria col consenso dei Superiori naturali, è una cosa nominale.

[F. 4v] Caro P. Provinciale rifletta bene a tutto [e] non vada tanto avanti in esaggerazioni; l’idea del collegio era pure pochi giorni sono un’idea Sua, come è divenuta impossibile in pochi giorni? non metta questa questione colla questione di Aden che Ella pure mi fece intrapprendere. Le cose non cangiano d’aspetto tanto facilmente, se non è la nostra testa che cangia. Ella non può dire che io ho cangiato, io sono sempre lo stesso, solamente voglio portare l’idea del collegio ad uno stato normale da assicurare il medesimo in avvenire, e mettere il Convento medesimo al riparo di certi inconvenienti molto facili a prevedersi. Quando si trattò di fare il collegio in convento si parlava di separazione totale, e tale fu sempre la mia idea; ora questa separazione non è possibile, ed Ella non è in caso di poterla accordare senza critica; dunque è una providenza che si sia trovato un locale con gran guadagno; il modo di eseguirlo è nelle nostre mani, si potrà fare poco per volta, e venire d’accordo sopra molte cose. Del resto il mio sentimento ultimo l’ho scritto al P. R.mo. Preghi per me e mi creda sempre

Suo Aff.mo

Fratello in S. Francesco
Fr: G. Massaja V.o Capp.no