Massaja
Lettere

Vol. 3

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Al cardinale Alessandro Barnabò
prefetto di Propaganda Fide – Roma

F. 850rEminenza R.ma

Alessandria 20. Maggio 1866.

Di ritorno jeri sera da Gerusalemme, dove mi sono recato per la Consacrazione di Monsignore Vincenzo Bracco, ho trovato la Sua veneratissima del 30. scorso aprile, colla quale Ella m’invita a recarmi a Roma per conchiudere le questioni da me proposte relativamente al Vicariato ed alla Prefettura.

Come l’Em. V. R.ma nella precitata Sua mi cita le esortazioni avute dal R.mo Procuratore Fabiano in proposito della mia venuta a Roma, mi giova sperare altresì, che dal medesimo avrà pure sentito le forte ragioni, le quali mi determinarono a partire, a fronte di tutto ciò che il medesimo mi scriveva; quindi pure, che la mia partenza un poco precipitata, invece di essere da Lei interpretata odiosamente, verrà anzi calcolata come un nuovo vero sacrifizio che io facio per soccorrere la missione là dove sono più urgenti i bisogni. Il solo lavoro della grammatica, il quale si trova ai due terzi di stampa, ed abbastanza desiderato dal Publico; il solo collegio di Marsilia già incominciato fra gli applausi di quella città, senza citarLe altri lavori che Ella ben conosce, erano senza dubbio un’esca al mio amor proprio abbastanza gustosa per trattenermi in Europa anche due anni senza l’invito grazioso dell’Em: V. R.ma e del R.mo Procuratore Fabiano.

Per ciò che riguarda le questioni da me proposte a cotesta S. C. di Propaganda Le dirò, che, vedendo un ritardo nella soluzione delle medesime, io stesso, spinto dal bisogno di partire le fo finite provisoriamente, conciliando le cose come meglio ho creduto poter fare, e cotesta S. C. con tutto il suo commodo potrà poi ultimarle [f. 850v] tenendo, per quanto crederanno conveniente, per base la massima generale che trovasi raccomandata nel mio ricorso a cotesta S. C. di Propaganda. Eminenza R.ma! mi permetta qui una delle mie solite digressioni da maestro non cercato: da due anni in qua ho veduto, e posso dire anche esaminato, la Palestina e l’Egitto; nella prima ho veduto Monsignor Patriarca dignitosamente stabilite ed organizzato in tutto il senzo, che suppongo inteso dalla Chiesa nel crearlo, e che conviene in facia a tutto quel mondo eterodosso, contento lui, contenti i religiosi (anche paternamente governati), e /368/ ciò che più importa, quella missione sortita dall’inerzia antica, e presentare tutte le speranze, delle quali è capace quel paese; l’Egitto all’opposto trovasi ancora nelle peripazzie in cui si trovava la Palestina negli anni 1848.-49. e 50.; secondo il mio debole giudizio, le questioni attuali dell’Egitto non sono un sintomo di debolezza nel Vescovo, ma sibbene dell’autorità sua non abbastanza categorica e sostenuta, e di una tale massima non abbastanza compresa; Ella si persuada che la moltiplicità delle autorità governative e dei privileggi nelle missioni lontane sono una sorgente di questioni interminabili, le quali faticano inutilmente cotesta S. C. e qualche volta anche ne compromettono la gravità della medesima, ma ciò che più importa, e che io oserei chiamare moralmente anche grave, è che da ciò nascono i disgusti, e l’ineficacia del ministero; Cotesta S. C. deve ponderare bene prima di creare i vicarii apostolici per assicurarsi che siano capaci; se occorre di trovarne qualcheduno debole, possono dare al medesimo un’ajuto, di cui siano sicuri con delle istruzioni segrete a lui per salvare la sua dignità gerarchica, e poi devono operare coll’oracolo suo più che potranno, e non violarlo senza gravissime ragioni, altrimenti i pastori saranno sempre timidi, senza coraggio e senza forza, ed i lupi disperderanno il gregge sotto l’umbra della stessa autorità. Pagato questo tributo di verità ai miei Superiori, ritorno alla questione che mi riflette direttamente in risposta all’anzidetta veneratissima Sua, e Le dico [f. 851r] candidamente tutto il ragionamento, che nel mio modo di vedere giustificò la mia partenza senza aspettare una risposta di Lei, e la benedizione del S. Padre. Tutte le questioni che mi chiamavano a Roma, anzi tutti i lavori da me fatti ed in via di stampa, e lo stesso collegio di Marsilia, sono tutti accessorii della missione già incominciata nell’interno dei paesi Galla, e se questa si perde rimarranno inutili tutti gli altri tentativi; già dai primi mesi dopo il mio arrivo in Europa, quando si trattava del catechismo da approvarsi, io non ho mancato di far presente la premura grande che io aveva di ritornare presto almeno sulle coste dell’Africa per soccorrere i gravi bisogni della missione, e cercare d’impedirne la rovina totale. Ora questi bisogni e pericoli sono arrivati, come potrà accertarsi da alcune lettere che di questo stesso corriere mando al R.mo Procuratore, e questi nel mio calcolo devono essere avanti tutto il resto, fino a tanto che Ella sta ferma a non volermi dispensare dalla risponsabilità di questa missione. Oltre di ciò, trovandomi ancora in Francia, tutto all’improvviso sono avvertito da lettere private e da alcuni giornali medesimi, che questo Monsignor Delegato doveva partire; Ella sa che tutti gli interessi del mio Vicariato sono nelle sue mani da lungo tempo e da lui solo conosciuti; questo solo sarebbe stato un motivo per farmi partire, e sarebbe ancora sufficiente per trattenermi qui molto tempo per vederne il fine e potermi intendere con altri, se le gravi ragioni suddette non mi obligassero a partire subito per Massawah.

Ciò nulla ostante, per ora posso prometterLe, che non anderò nell’interno, dove neanche potrei forse penetrare, ma mi limiterò ad /369/ una gita sino a Massawah per farmi sentire vicino, soccorrere i bisogni già indicati, incoraggiare di là i timorosi, e minaciare i deboli; nel tempo stesso raccoglierò giovani per il collegio di Marsilia, e tutto al più m’innoltrerò fra gli Azzobou Galla per vedere se mi riesce di stabilire colà una stazione intermedia per i missionarii francesi impazienti di partire. Se l’Eminenza Vostra avrà qualche ordine contrario [f. 851v] da significarmi sarà sempre ancora in tempo, potendo sempre ancora ritornare in Europa al menomo dei di Lei comandi assoluto che io riceva.

Riguardo alla grammatica, che si sta stampando, avrà inteso dal Procuratore nostro, come ho provveduto nel modo migliore che mi è stato possibile, passando procura al Signor Antonio d’Abbadie per la correzione e segnatura dei fogli, secondo l’uso. Piuttosto ne soffrirà il lavoro del catechismo, per il quale avrei avuto bisogno di qualche tempo libero per ripassarlo e farvi le correzioni ed addizioni indicate dagli esaminatori; guarderò se posso farlo in Massawah, dove esistono ancora alcuni libri. Lo stesso sarebbe di un manovale liturgico che io aveva pensato di stampare, proporzionato alle circostanze dei luoghi difficili, e del clero indigeno bisognoso di simili materiali chiari e portatili. Per tutto ciò il tempo e la Previdenza di Dio sottentreranno a dettarci quid agendum.

Questa mia è già abbastanza lunga, per non attediarLa di più conchiudo pregandoLa di un benigno compatimento, e baciandoLe la S. porpora, con tutta la figliale venerazione godo raffermarmi

D. Em: V., Rana

Divot.mo Figlio in Cristo
Fr: G. Massaja V.o