Massaja
Lettere

Vol. 3

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Al padre Fabiano Morsiani da Scandiano OFMCap.
procuratore generale delle missioni – Roma

[F. 1r]P. R.mo

Massawah 4. Novembre 1866.

Le ho scritto più volte dall’Egitto, dopo partito dall’Egitto, e dopo arrivato qui in Massawah; quello che più importa Le ho spedito tre pieghi di lettere col mezzo del P. Alfonzo di Aden; se questo padre le abbia spedite fedelmente, e se Ella le avrà ricevute nulla ne so, perché ne il P. Alfonzo mi rispose di averle mandate, ne da Lei ho potuto avere risposta di sorta. Comunque sia per essere, mi basta che Ella ne sia informata di tutto. Avrei ancora molti manoscritti da mandarLe prima di entrare nell’interno, ma non oso mandarli per Aden, perché per l’ultimo vapore il P. Alfonzo non rispose ad alcune mie lettere; da lettere avute di là [f. 1v] mi risulta, che questo Padre, già anticamente prevenuto contro i Francesi dal tempo che il P. Domenico coi suoi compagni restarono colà, ora si è adombrato con me in seguito ad una mia lettera di raccomandazione fatta al Console francese presso un Padre nostro di Parigi, quale lettera per un caso pervenne a lui. Ho potuto conoscere o almeno sospettare in questa occasione, che quelle certe difficoltà, da Lei citate nelle sue lettere a me in Parigi, concernenti il governo inglese sospettoso dei francesi... sono difficoltà organizzate in gran parte dai nostri stessi missionarii; intelligenti pauca... In prova sappia, che io sono stato gratis da Aden a Massawah con dieci e più tonnellate di bagaglio, la più parte dei Lazzaristi, ed ottenni questo favore ad istanza del console francese, mentre Monsignor Bel quattro mesi [prima F. 2r] per lo stesso viaggio dovette pagare quasi mille franchi. Le dico ciò unicamente pr informarLa di quanto si passa; del resto Ella sa che io non pensava più alla missione di Aden; il P. Domenico fu quello che mi convinse del bisogno di quella missione e mi diede la spinta a fare il passo; ora il P. Domenico si è ritirato e non vuol più saperne, e stando le cose come sono, debbo anche io addattarmi, a fronte che il bisogno sia sempre reale, in prova a giorni debbo partire per quella parte, ma non so se toccherò Aden per non adombrare di più quel buon Padre Alfonzo. Quella missione ha un’estrema necessità di essere provveduta, altrimenti hanno ragione i cristiani a lagnarsi di noi, e di domandare providenze ab alto. Se Ella manderà un missionario di soccorso, arriverà come è arrivato sempre, o il nuovo tenderà la rete al P. Alfonzo, oppure questi farà partire il nuovo; l’unico rimedio è fare colà una casa con un’amministrazione regolare. Lasciare [f.2v] colà le cose come sono è un vero obbrobrio per l’ordine nostro, perché passando colà tutti i missionarii dell’Asia meridionale non fanno che sentire lagnanze, non per la cattiva condotta del P. Alfonzo, di cui posso dir nulla, ma semplicemente perché il servizio è come nullo; lo stesso Padre Alfonzo lo /407/ confessa, e dice a tutti che non fa altro che domandare un compagno, ma se poi sinceramente lo desideri non lo so.

Presentemente parlo per scaricare la mia conscienza a Lei; non avrei parlato se non avessi ricevuto una lettera di Francia, per la quale io ritiro formalmente la mia domanda della missione di Aden, e ritratto ogni progetto fatto a questo riguardo, a fronte che il bisogno sia reale. Questa mia ritirata non è ne collera ne altro, ma unicamente perché i miei collaboratori di Francia non vogliono saperne più, ed io senza di loro posso far nulla, meno che si cangi l’ordine delle cose presenti, cosa impossibile.

[F. 3r] Tengo qui dieci ragazzi preparati per il collegio; fra otto giorni deve partire di qui un bastimento inglese per Suez e col medesimo questi ragazzi partiranno per il Cairo, dove resteranno nel collegio degli ignorantelli fino a tanto che vengano da Marsilia a prendergli; io ho proveduto per il viaggio sino al Cairo, e per le vesti e pensione che occorrerà colà; la mia attenzione per quel collegio non può andare più avanti; per parte mia ho fatto tutto quello che ho potuto. La spesa fin qui fatta per quello stabilimento, compresa quella di questi ragazzi in viaggio, mi arriva già a cinquanta mille franchi, tutti risparmj precedenti della missione; ora lascio al zelo di quei buoni Padri di continuarlo. Io sarei rimasto ancora un’anno di più in Europa per organizzarlo, e dargli il primo movimento, ma delle ragioni più forti, parte provenienti dall’interno, e parte per difficoltà colà suscitate, e che Ella [f. 3v] non ignora, mi hanno obligato a lasciare l’Europa; presentemente tutto è finito, ed io ho fatto per parte mia tutto quello che ho promesso relativamente allo stabilimento; non resta che ai padri continuarlo con tutta l’energia, se non vogliono fare l’ultima trista figura in facia al publico, rendersi colpevoli avanti Dio di un gran debito verso la missione. Nelle mie lettere non facio che predicare, ma sarò ascoltato? V. P. R.ma si unisca a me nel raccomandare questo affare; forze Ella avrà più ascendente. Se le cose anderanno bene tutta la gloria sarà a Dio, ed io non avrò altro merito che quello dei miei desiderii e voti; se poi anderanno male spero di essere fuori di ogni risponsabilità, perché non ho influito per nulla nell’elezione dei soggetti, come Ella sa, ma nelle mie idee sono stato sempre attraversato.

Presentemente ho finito tutte le spedizioni e corrispondenze coll’interno, e fatta che avrò la spedizione dei ragazzi io potrò partire quanto prima; non so [f. 4r] ancora quale strada prenderò, se quella dell’interno dell’Abissinia, oppure quella del golfo di Aden che porta allo Scioha; tutto dipenderà da risposte che aspetto a giorni dall’interno e dall’operazione che faranno gli inglesi, la quale è ancora un mistero, ma che deve spiegarsi a giorni. Se fosse questione di me solo non sarei impicciato ad arrivare sino alla missione, come ognun sa, ma è questione di preparare una strada ai missionarii che debbono venire, e per le corrispondenze avvenire; epperciò sono obligato a maneggiarmi colle circostanze della politica del paese.

Ella aspetterà notizie del mio catechismo, e vorrei poterLe dire che è terminato, ma invece debbo dirLe che la correzione non arriva /408/ ancora ad un terzo. Io pensava di fermarmi qualche mese in Aden, dove avrei avuto più tempo, e più facili le corrispondenze per mandare i quinterni in Francia oppure a Roma per la stampa, ma le ultime freddure [f. 4v] del P. Alfonzo mi determineranno a lasciare da una parte questo piano; per altra parte la fretta di lasciare Massawah, per levarmi di mezzo a molti impiccj che non mi risguardano, è probabile che mi risolva di sacrificare ancora questo lavoro, come in parte ho sacrificato la grammatica per trovare al più presto la mia tranquillità nella solitudine dei popoli selvaggi. V. P. R.ma conosce troppo le contrarietà che ho avuto, e deve conoscere pure che il solo vincolo dell’ubbidienza è quello che mi ha tenuto e mi tiene; del resto sarei già nella mia grotta, dove neanche avrei bisogno del soldo d’Europa per mangiare un pugno di ceci all’uso degli eremiti abissinesi; è questa una vita che ho già fatto, e per cui ho una gran simpatia; prima di morire ci arriverò, come spero, senza compromettere la mia conscienza coi Superiori. Il mondo, anche ecclesiastico, con tutte le sue complicazioni, mi si rende ogni giorno più pesante e difficile in modo che qualche volta la malinconia mi domina.

[F. 5r] Prima di partire per l’interno Le scriverò e la rinsegnerò sulle risoluzioni mie posteriori, e dove avrò depositato le memorie e manoscritti che tengo ancora nelle mie mani. Anticamente aveva il Vescovo dell’Egitto, persona di mia confidenza, a cui poteva tutto manifestare e tutto rimettere; ora non conosco il nuovo Vescovo che uomo sia, e questo cambiamento sconcerta non poco le cose mie. Tengo una ricevuta di dieci mille franchi impiegati nella compra di un locale in Suez fatta in Società quando io pensava di far colà il nostro stabilimento; ora lo scaduto Vescovo, preso all’improvviso, nulla aggiustò, e nulla mi scrisse; è facile che io mi risolva di mandare a Lei questa Scrittura prima di partire, affinché intenda la cosa con la S. C. di Propaganda, poiché io sono stanco di entrare più oltre in questioni con nuove persone che non conosco; anche per i depositi che tengo ancora in Egitto [f. 5v] mi trovo nelle più difficili complicazioni; questo deposito, ancora abbastanza notabile, ed è la scorta troppo prudenziale della missione; lasciarla ciecamente nelle mani del Prefetto io temo che me la finiscano in poco tempo, e che poi mi lasciano i missionarii dell’interno nella necessità; fin qui ho veduto poco interessamento per i missionarii antichi che hanno lavorato; se avessi ascoltato il primo movimento di questi missionarii francesi, a quest’ora gli antichi sarebbero già sortiti disgustati, la missione sarebbe vuota, ed i novi missionarii sarebbero ancora sulle coste con nulla di fatto e mangiato tutti i fondi; sortito io ho messo un’argine alle dicerie ed al movimento dei fondi, ed al giorno d’oggi la missione non va tanto male e coi fondi si è già fatto qualche cosa. Dico ciò non per avvilire i nuovi missionarii, ma per giustificare il mio modo di procedere; Ella sa che a quest’ora io sarei in Corsica a fare il frate se avessi ascoltato; le mie lettere di Nizza [f. 6r] sono abbastanza recenti per convincerLa di questo. I Lazzaristi hanno messo qui tutti missionarii francesi, tutta bravissima /409/ gente, persone che amano Dio e vogliono il bene, ma quel maledetto pregiudizio nazionale sfavorevole all’operazione precedente degli italiani fa loro fare dei passi falsi e resterei niente affatto stupito di vedere la barca andare a fondo; non vorrei che accadesse lo stesso alla missione nostra; per prevenire questo inconveniente io lavoro a procurare ai nuovi missionarii un luogo separato, dove potranno lavorare, e non vorrei introdurgli nel centro dell’operazione, se non dopo che avranno fatto un buon noviziato sul paese, e le difficoltà gravissime che troveranno faciano loro aquistare un poco di umiltà e un pò più di stima per chi si è sacrificato a sgrossare l’operazione; questa è l’unica via per conciliare e rendere eseguibile il cangiamento dei missionarii. In Roma è presto fatto decidere a rigore dei canoni del potere supremo, ma dalla decisione [f. 6r] vi è tanta distanza, che frammezzo la storia ci presenta volumi immensi di missioni andate a male per cause di operazioni simili; le diverse prevenzioni o provenienti da nazione diversa, oppure da diversa congregazione sono così forti che riuscirono qualche volta di far sortire i Santi stessi canonizzati dal cielo, come provano alcuni stampati letti da me in Parigi relativamente ai martiri del Giappone, e come ne ho l’esempio sotto gli occhj; la ragione di tutto questo è, che la passione materiale, nel cuore anche delle persone più rispettabili, è sempre un’elemento di distruzione, alle volte tanto più potente, quanto più vicina del tabernacolo...

Metto fine a questa mia lettera con pregarLa di presentare i miei saluti non solo al Caro P. Rocco, ed all’amabile P. Nicola, ma ancora e più di.tutti al R.mo P. Generale ed al Suo R.mo Deffinitorio, ed a tutti quei padri che mi conoscono, dei quali non posso fare menzione. Facia poi le mie veci presso l’Eminentissimo nostro Prefetto e presso i due R.mi Segretarii Suoi, ai quali non scrivo, perché non ho cose abbastanza interessanti che meriti[no] la loro attenzione. Abbracio Lei nel S. crocifisso e sono

Divot.mo Suo
Fr: G. Massaja V.o, Capp.no