Massaja
Lettere

Vol. 4

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A sua santità Pio IX
pontefice massimo – Roma

F. 169rPadre Santo

[Scioa, 28 maggio 1873]

Dal ritorno del corriere spedito da questo Re in Italia ho potuto comprendere lo stato delle cose d’Europa, e segnatamente di Roma, ed ho potuto subodorare perciò che il cuore della Santità vostra ha dovuto soffrire a cagione del mio procedere nell’affare del corriere suddetto; epperciò sento nel mio cuore il dovere di giustificarmi a tal proposito, essendo per me cosa più amara della morte darLe qualunque siasi motivo di afflizione in queste dolorose circostanze per se medesime più che bastanti a mortalmente aggravarLa. Prego quindi Vostra Santità di riflettere a due cose: la prima è la difficoltà somma nella quale ci troviamo qui noi per essere informati di tutto ciò che si passa in Europa; in prova di ciò Le ripeto ciò che Le scriveva nella precedente mia, che cioè qui siamo rimasti un’anno intiero colla persuasione che Ella già avesse pagato il tributo a tutti comune della morte, come ancora lo credono alcuni miei preti del Sud, ai quali ancora non ho potuto far arrivare loro la mia ritrattazione in proposito. La seconda cosa a riflettere è la nostra posizione con questo Re, non perfettamente libera. Questo Re, benché eretico dichiarato ci ama, e ci permette di evangelizzare nel suo regno a fronte di molte minacie del Vescovo eretico, il quale continuamente gli scrive di caciarci; tutto ciò, come è chiaro, non è per il desiderio della parola di Dio, ne tanto meno per l’amore del medesimo, ma sibbene per certe speranze temporali che ha [f. 169v] di essere sopratutto assistito nelle sue corrispondenze coi diversi governi d’Europa. Dietro tali riflessioni Vostra Santità ha troppa accortezza per non vedere la delicatezza delle nostre circostanze, e saperci al uopo compatire, se qualche volta ci vedrà lanciati in certi affari che non ci appartengono, e che noi medesimi vorremmo ben schivare, ma non possiamo senza compromettere tutta la missione. Del resto, Padre Santo, i miei sospiri e le mie lacrime per Lei e per la Chiesa sono conosciuti da Dio, e nell’estremo giorno Ella vedrà chi ha preso più sincera e viva parte nelle di Lei attuali tribolazioni; chi sarei io senza di Lei? non sarei forze un grande impostore, peggiore di quanti or malignano in Europa? Per carità Ella non abbia il menomo dubbio a mio riguardo, perchè altrimenti il solo pensarvi è per me una crisi mortale; ventotto anni di ministero il più tribolato e senza consolazioni di sorta per ubbidire a Lei, non saranno per avventura una prova invitta del mio attaccamento alla Sua persona, in cui è personificata tutta la massima evangelica e Cristo nostro Salvatore medesimo? con tali sentimenti di speranza lascio questo argomento per parlarLe di altri affari.

Prima di tutto La ringrazio per l’affare del commissariato in Francia stato fatto tutto come io desiderava; così in avvenire sarà /232/ per me un pensiero di meno; rimane ancora una cosa da me domandata a Vostra Santità, ed è quella del mio successore; questo affare non è stato compreso dalla S. C. di Propaganda nel senso da me domandato. Se gli amministratori della S. C. di Propaganda avessero tenuto conto di tutte le mie lettere precedenti avrebbero compreso che io non ho domandato il cangiamento del mio coadjutore Monsignore Cocino, e ciò tantomeno per motivi d’insubordinazione che il medesimo mi abbia dato, essendovi tra [f. 170r] me e lui tutta la buona intelligenza desiderabile; ciò che io ho domandato è la nomina di un nuovo Vicario Apostolico, per assicurare in avvenire che vi sia una persona capace ad amministrare questa difficilissima missione; se Vostra Santità giudicherà bene di farlo assoluto, io rimetterò a lui fedelmente l’amministrazione del Vicariato, disposto ad ubbidirgli sino alla morte; se poi Ella credesse meglio di farlo ad nutum meum, io aggiusterò ogni cosa, se Iddio mi accorderà tempo e forze al uopo. La persona da me proposta è conosciuta abbastanza dalla S. C. di propaganda, senza che io di nuovo qui ripeta ciò che ho già scritto. Vostra Santità poi non si metta in pensiero rapporto alla mia sussistenza avvenire, perchè io in ciò mi rimetto ciecamente alla generosità del nuovo Vicario Apostolico, il quale penserà a me a misura che Iddio provederà alla missione; ad ogni evento sono figlio di S. Francesco, il mendicare perciò mi è di dovere. In un’epoca in cui Vostra Santità stessa vive coll’obolo dei fedeli cercherò io qui pensioni stabili che Iddio nega al capo della sua Chiesa? Iddio usi delle Sue misericordie con tutti, del resto non solo io qui povero missionario, ma tutto l’episcopato cattolico è da temersi che non debba correre la medesima sorte.

Da quanto debbo credere lo stesso Monsignore Cocino in[vero] non la pensa diversamente di me; questi, benché più giovane, e mio antico allievo, da quanto mi si dice, è più invecchiato ed indebolito di me; e questa è l’unica ragione per cui insisto nella domanda in questione.

Prostrato ai piedi della S. V. imploro la Sua benedizione sopra di me e di questi popoli, protestandomi sempre figlio divot.mo

Fr: G. Massaja V.o Ap.o dei Galla