Massaja
Lettere

Vol. 4

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Al deputato avvocato Cesare Correnti
presidente della Società geografica Italiana – Roma

[P. 1]Ill.mo Signore

Licee Scioha 18. Giugno 1873.

Debbo accusare ricevuta della Sua veneratissima, nella quale Ella mi fa una quantità di questioni tutte interessanti per la Società geografica della nostra amatissima patria. Lasciamo da una parte gli eloggi che Ella mi fa, e che io non merito, essendo una persona incapace di servire in qualche cosa la Società, di cui confesso essere un membro morto e nulla più. È vero che ho scritto un libro conosciuto in Europa sotto il titolo di Lectiones grammaticales, ma è un’opera così incompleta che arrossisco che porti il mio nome, essendo un lavoro da me fatto alla sfuggita, mancante di tutte le memorie state perdute nelle mie diverse cattività, e dato alla luce unicamente, perché costretto dalle domande dei missionarj aspiranti a questa missione, e ciò con pochissimo tempo, e senza poterlo finire.

Prima di venire alle questioni che Ella mi fa debbo prevenirLa che io sono incapace di risponderLe direttamente a tutto, e ciò per molte ragioni. La prima di tutte è che manco di tutte [p. 2] le memorie ed annotazioni state perdute, quali, an[che] nel supposto che vi fossero ancora, sarebbero inesatte e mancanti di calcoli precisi che si possono ottenere colle osservazioni e cogli istromenti, dei quali io ho mancato sempre, e che neanche ho cercato di procurarmi, come persona addetta solamente al ministero apostolico. La seconda ragione ancor più potente è [che] invecchiato ora mancherei di tempo e di forze per darLe una risposta completa.

Per farLe vedere ciononostante che voglio prendere parte interessante nelle ricerche della S. V. Illustrissima Le dirò qualche cosa che potrà servirLe di regola anche nel caso di voler spedire qualche perito per fare delle ricerche e delle osservazioni che possano essere utili alla scienza geografica ed interessanti alla Società. Il paese in cui mi trovo è troppo isolato dalla nostra Società europea, e benché /240/ geograficamente vicino, è più lontano da noi dell’America, del Perrù, e della Cina stessa. Una persona civile e commoda se vuole arrivare nello Scioha, dove io attualmente mi trovo ha due sole strade da fare, quella del Nord attraversando l’Abissinia dal nord al sud, e quella dell’Est all’ovest da Tagiurra sino ad Ankober. La prima di queste due strade è chiusa [p. 3] dai diversi principi tutti dispotici, guidati da una gelosia reciproca, i quali non lasciano passare un’Europeo da un paese all’altro per timore che il suo nemico o emolo, non riceva consigli o ajuti in suo discapito. La seconda strada all’Est è impedita dalla razza affatto barbara degli Adel mussulmani, ed in specie dai mercanti stessi di Tagiurra, i quali tengono il monopolio del commercio di questi paesi, e ciò per il timore che il loro commercio segnatamente di Scioha vi sia impedito dalla frequenza degli Europei. Questo Re Menilik potrà far nulla per aprire la strada del nord fino a tanto che la politica Abissinia non sarà unita o per un’influenza europea, oppure per la forza di un Principe che domini sopra tutti gli altri; dalla parte dell’est ha maggiore influenza, ed officiosamente può assicurare qualche persona in particolare, ma non per tutti la strada fra gli Adel indipendenti ed indomabili senza l’assistenza di qualche potenza o compagnia Europea che lo spaleggi dalla parte del mare; io mi sono affaticato e mi affatico ancora per aprire questa strada, per la quale io ho penetrato, ma ancora siamo lontano dal poter officialmente risponderne; per mancanza di questa io stesso mi trovo nelle strettezze di mezzi e di missionarii; questo Re in gran parte mi ajuta, del resto sarei stato obligato a lasciare il paese; in caso che il governo, oppure qualche compagnia mer- [p. 4] cante volesse effettivamente cooperare all’apertura di questa strada dell’est, l’avverto che con questa mia parte un’altra mia lettera al V. Console Italiano di Aden, nella quale rispondo più direttamente a certi quesiti da lui fatti in proposito, e che potrebbero servire al caso desiderato, e che il governo potrebbe facilmente procurarsela.

Venendo ora ad una risposta diretta ai varii quesiti da Lei fatti prima di tutto debbo dirLe che le relazioni fatte dal messaggiere ultimo spedito da Menilik al nostro Re d’Italia, sia per la mancanza di lingua, sia per esaggerazione dei traduttori, stando all’articolo publicato dal giornale il Diritto, in molte cose sono esaggerate. Falso affatto che qui vi si trovino dei cavalli verdi, vi si trovano dei colori variati bensì e diversi dalla nostra Europa. Falso pure che in tutto il regno di Scioha, ed in tutti i paesi Galla da me conosciuti si trovino miniere d’oro; questo si trova sulle frontiere ovest sino a tutto lo spazio tra i paesi Galla e le ultime posizioni dell’Egitto del Fasuglu, e di Gassan; l’oro di là versa nei paesi Galla, come dall’altra parte versa ai mercati del Sennaar. Falso finalmente che il governo inglese abbia domandato soccorso a Menilik per la guerra con Teodoro a Magdala, e falso che [p. 5] Menilik abbia rifiutato il detto soccorso, avendo anzi spedito un’armata sulle frontiere per impedire che Teodoro fuggisse da questa parte, cosa unica domandata dal governo inglese.

/241/ Ciò posto tutto il complesso della relazione citata dal giornale suddetto sostanzialmente è veridica. Non parlo dell’esaggerazione relativamente a Monsignore V.o Apostolico dell’Abissinia M.gre Tauvier, che si suppone mischiarsi di cose politiche, come non parlo della supposta libertà dei culti in Abissinia, perché io sono parte interessata, e secondo me è una vera invenzione o male intelligenza di chi scrisse. L’Obbo di cui V. S. Ill.ma mi parla non appartiene alla famiglia delle scimmie, secondo me, sibbene a quella dei leopardi, se pure non è lo stesso leopardo di specie grossa accostumato al sangue umano. Nel 1849. mi trovava all’Ovest del Gogiam in un paese dove questo animale faceva gran strage; nel mille ottocento cinquanta sei in Gemma Lagamara sul terreno stesso appartenente alla missione si manifestò questo animale facendo molta strage; io non l’ho veduto, ma dalla relazione dei paesani è un vero leopardo. In quanto al leopardo nero citato dalla S. V. Ill.ma deve sapere che tutto nero non esiste affatto, il detto leopardo nero è un leopardo colle macchie nere [p. 6] come tutti gli altri leopardi, solamente sul dorso ha un colore più nerastro che non impedisce la visibilità delle macchie nere conosciute, quale colore diviene più leggiero a misura che discende verso l’umbilico.

Per tutto il resto, siano animali particolari, siano altri prodotti del terreno o d’industria il Re Menilik ha ordinato una raccolta, quale subito che sarà completa, per quanto si può in questi paesi, ha divisato di farne una spedizione in forma, ed allora spero darLe tutti i detagli che mi saranno possibili sulla natura di detti oggetti e sul luogo dove si trovano; probabilmente, come spero, avremo una raccolta abbastanza curiosa ed interessante, e non mancherà qualche articolo nuovo affatto alla nostra Italia.

In quanto ai fiumi da Lei citati, Le dirò che il fiume Waràta non esiste, avvi una razza che circonda tutta la parte Nord-est di Kafa detta Waràta; il fiume più importante colà è il Goggiéb, il quale nasce sui confini di Kafa al Sud-ovest, all’ovest segna i confini di Kafa e di Ghera, dove l’ho passato io nel 1859. entrando in Kafa, e più a nord segna i confini di Kafa e di Gemma Kàka, dove l’ho passato nel 1861. sortendo di Kafa; volta quindi più all’est e circonda tutto il paese Waràta diviso in tre regni, cioè Kullo al nord, Gòbo all’est, e Walamo più a sud ovest di Kafa. La [p. 7] la razza Waràta ha una lingua a parte che non conviene affatto, ne colla lingua Galla, ne con quella di Kafa. Il fiume Goggiéb suddetto più in là non si sa dove vada a sboccare; si parla di un lago al Sud di Kafa, detto Ganané, e pare che sia alla sua foce, e non potrei dire il positivo: un’indigeno venuto da quelle parti portava con se un poco di sale trito venuto dal mare da quella parte; la persona non sapeva nessuna delle lingue conosciute in paese, e portava di regalo al Re uno scudo a mandola lungo dalla testa ai piedi, da ciò ho potuto argomentare la spiegazione della mezza pietra che si trova fra gli antichi scrittori, vedendo questa persona nuda con detto scudo fece a me la stessa impressione, e mi parvi[!] uomo mezzo pietra.

Riguardo al fiume Sobat che sbocca nel fiume bianco sopra la /242/ tribù dei Dinka, più all’interno sembra che prenda il nome di Barò, il quale ha origine al Sud di Kafa vicino a Mòccia antica dipendenza di Kafa, ora regnocolo indipendente, discende all’ovest tra i Sciangalla detti Bàri, ed i Galla di Ilù e di Gabba, dove riceve un fiume detto Gabba che da il nome a tutti quei paesi, all’est dell’alto piano di Affilò regnocolo all’ovest di Kafa separato dai paesi Galla di Gabba e di Ilù: La razza e lingua di Affilò è Kafìna ritiratasi in quelle alture nella venuta dei Galla conquistatori circa l’anno o meglio nel secolo 15., come tutti gli altri Gal- [p. 8] la in detta epoca venuti dall’est dal paese Somauli, e che hanno caciato la razza amara da quasi tutto l’alto piano etiopico del Sud, fuggita parte al nord verso il Gogiam, parte a Kafa, e parte in Affilò. Nell’anno 1851. in Gennajo io mi trovava in Gassan tre piccole giornate al Sud di Fasuglu, ultima posizione occupata dal governo Egiziano, mi si faceva vedere colà le altezze di Affilò al Sud-est, e mi faceva l’impressione che fa la veduta delle alpi dal centro d’Italia; in Gassan Mauhumed Aly aveva fatto coltivare la miniera dell’oro, e dalle notizie che ho potuto ricavare tutto quel basso piano sino ai paesi Galla e sino ad Affilò è pieno di oro, ed argomentando dalla quantità che si trova in commercio nel Sennaar, e quella che io stesso ho calcolato che si trova in commercio nei paesi Galla, portato dalla razza negra detta Sciangalla ai confini dei paesi Galla, oro trovato dai paesani nelle alluvioni senza nessuna industria, ho dovuto dire esservi in tutti quei paesi grandi richezze d’oro.

Ritornando ai fiumi più notabili, potrei notarLe l’Awaz, il quale incomincia sui confini ovest di questo regno di Scioha, gira al Sud, e quindi all’est intorno al medesimo; io l’ho passato in Marzo 1868. per entrare in questo regno di Scioha venendo da Aden; discende verso il nord-est e va a sboccare nel lago [p. 9] di Aussa lontano circa 20. leghe francesi dallo stretto di Babelmandel, come più a lungo ho scritto al V. Console Italiano nella lettera sopracitata.

Si trovano ancora altri fiumi notabili, come il Didessa che ha la sua sorgente al Sud dell’Ennerea sui confini nord-ovest di Ghera discende al al nord-ovest tra il regno di Ennerea e di Gùma, tenendo la medesima direzione discende a Leca, quindi a Dàbo, paese dove avvi il gran mercato dell’oro, e discendendo poscia più all’ovest, attraversa tutti i paesi bassi suddetti abitati dalla razza negra, dove avvi l’oro, e va a sboccare nel nilo bleu a poca distanza da Fasuglu al Sud-est del medesimo, mutando il suo nome in Yun. Di più potrei citare il Ghivié, fiume anche notabile, il quale ha la sua sorgente sulla catena di montagne che separa Gemma dal Gudrù a due o tre leghe dal Nilo adzurro al Sud del Gogiam, discende verso Sud-est tra Lagamara e Nonno, e tenendo la medesima direzione verso Gemma Kaka sopracitato, ed attraversato questo regno va a gettarsi nel Goggieb sopracitato adirimpetto di Kullo. Questo fiume ha di singolare di partirsi dalle vicinanze del Nilo per tenere una via opposta dal Didessa suddetto per gettarsi nel Gogieb, ciò che indica una grande altezza della montagna dove nasce, che separa le aque [p. 10] /243/ confluenti nel Nilo azurro da quelle che tengono una direzione opposta.

Il Galla è una razza guerriera ed agricola, il suo tipo di fondo semitico, è misto, perché la schiavitù porta necessariamente la mescolanza delle razze. I Galla mancano d’instituzioni sociali e politiche epperciò si trovano in guerra continua fra loro, e la menoma forza estranea venuta nel loro paese gli domina, come è arrivato qui nel regno di Scioha. Fra i Galla del nostro Sud-ovest si trova nessun monumento affatto che provi una precedente civilizzazione; fra i Galla di Scioha, dove abbiamo la missione avvi qualche residuo di chiese, lavoro indigeno di poco valore attribuito agli imperatori abissinesi precedenti la dominazione dei Galla; fra questi Galla, da quanto mi riferisce il P. Vice Prefetto Taurino vi sono delle grotte artefatte con una certa industria e regolarità, da far credere una popolazione troglodita precedente.

In tutto questo alto piano del Sud d’Abissinia si trovano in gran quantità le aque minerali di ogni specie, le quali sono molto utili per i bestiami che, mangiando tutto [p. 11] l’anno dell’erba verde hanno bisogno di questo per purgarsi dai vermi ed insetti. Le erbe e le aque minerali pei loro bestiami sono per i Galla un gran fomite di guerra. Si trovano pure molte terme, alcune delle quali sono particolari ed in gran quantità. Le case, le vaserie di casa, gli atrazzi di campagna tutto è primitivo; nessuna industria affatto fra i Galla del Nord verso l’Abissinia; più al Sud è conosciuto il torno e fanno dei lavori bellini; di più in Kafa aggiungono le stuoje damascate bellissime. Le pelli degli animali sono conciate sotto diverse forme, però miseramente; in alcuni paesi sono conciate come marochino bianco, e servono di vesti per le donne. Si trovano poco presso le stesse granaglie dei nostri paesi ad eccezzione del riso, avvi il tieffe, specie di miglio, molto dominante.

Le produzioni per il commercio sono i denti d’elefante e di ipopotamo, il muschio, il caffé, il corriandro, e l’oro; il caffé si trova più al Sud, e l’oro più al nord proveniente dai paesi bassi verso il Sennar; la cera anche è molta e sarebbe più abundante se fosse coltivata. Vi sarebbe anche un gran commercio di pelli, ma è un’articolo poco trafficato nell’interno per difficoltà di trasporto. Gli articoli di cambio sono il sale, il rame, il piombo e stagno, le verotterie di diverso genere, il drappo rosso, ed anche di altri colori, le tele nere o rosse, la seta azurra [p. 12] principalmente, ed anche di diversi colori; così del filo colorato. In generale vi sono altri oggetti di commercio, ma meno principali, perché non di consummazione popolare. Il commercio, nello stato attuale del paese, in detaglio non converrebbe ad un’europeo, il quale non avrebbe il passaggio libero, e non potrebbe addattarsi al vitto del paese, non essendovi in paese l’uso degli alberghi, come pure mancando il mercato del pane e di altri adminicoli della vita materiale; gli indigeni possono tutto. Col tempo tutto verrebbe. In 28. anni dalla mia venuta si sono già fatte molte variazioni, ed introdotte molte nuove consummazioni, come del tabacco da naso, il bisogno dei forbici, degli aghi, fazzoletti da naso /244/ in alcuni luoghi. Il contatto cogli europei porta molti nuovi bisogni, come è chiaro.

Lascio tante altre cose, perché altrimenti non basterebbe un libro; ho dato semplicemente qualche sunto, per farLe vedere che apprezzo la domanda da Lei fattami. Io, come già Le dissi, sono stanco ed occupatissimo, epperciò spero un condono per tutto ciò che lascio di dire.

Gradisca i sentimenti della più sincera amicizia e venerazione, coi quali ho l’onore di professarmi

D. S. V. Ill.ma

Divot.mo Servo

† Fr: Guglielmo Massaja V.o