Massaja
Lettere

Vol. 4

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Al padre Francesco Ferrero da Villafranca Piemonte OFMCap.
commissario generale – Roma

[F. 1r]Rev.mo Padre Generale

Fekerie Ghemb – Scioha 2. Gennajo 1879.

L’uomo che invecchia poco per volta, si allontana da tutti senza avvedersene, e così prepara il suo passaggio all’eternità.

A fronte di tutto il mio attaccamento all’ordine che mi ha educato ed al quale debbo il tutto, pure non so per quale cagione, forse le gravi mie occupazioni, forse le gravi difficoltà di comunicazione, il fatto sta ed è, che sono molti anni dacché non Le ho scritto e dubito anzi di non aver ancora scritto dopo l’elezione della P. V. R.ma in Generale dell’ordine – che Dio mi perdoni e V. P. Rev.ma mi compatisca.

Oggi sono come obbligato a scriverLe per annunziarLe l’infausta notizia della morte di Monsignore Coccino già Vescovo di Marocco e nostro confratello della Provincia di Piemonte.

Questo Ven.do Prelato nativo di Cortemiglia Diocesi d’Alba vestì l’abito religioso nel 1833, fu mio studente del mio primo corso di studio e nel 1846 quando io sono partito, partì egli pure con me, di modo che conta oggi 33 anni di Missione – Nel 1859 il 3 Maggio giorno dell’Invenzione di S. Croce fu consacrato Vescovo di Marocco nel paese di Ennerea quando io stava per partire per Kafa. Egli come mio coadiutore rimase alla custodia delle Missioni fra i Galla ora in Ennerea ora in Gudrù ora in Lagamara sino al 1877 sul principio /337/ di detto anno essendo morto in Kafa il P. Hajlù Michele nostro terziario Sacerdote indigeno che io aveva lasciato colà nel mio esilio e vero Apostolo di quel paese [f. 1v] Mons. di Marocco volò in soccorso di quella Missione desolata, rimasta senza pastore. Restò colà sino al mese di Febbrajo dell’anno prossimo passato. Essendosi recato a visitare una nostra Cappella per il ministero, nel suo ritorno alla casa principale di Sciap Gabriele prese per istrada una gran pioggia. Rientrato fu colto da una febbre catarrale che nel suo terzo giorno lo rapì alla Missione. Non voglio trattenere V. P. Rev.ma in detagli sui meriti del Ven. Prelato e una sol cosa basta per tutti. 33 anni di ministero fra questi selvaggi paesi, di pazienza cogli uomini, di pazienza nel vitto, di pazienza nel dormire e di continua pazienza in tutto. Egli ha mai esternato il menomo desiderio di rivedere l’Europa e la patria; il che prova il distacco dal mondo che regnava nel suo cuore, e la correlativa unione col suo Dio. Ecco in breve la storia del nostro defunto.

Attese le sue infermità io per viste avvenire della Missione ho domandato a Roma un nuovo Coadjutore fu consacrato Mons. Cahagn Vescovo [di] Adramit egli ricevette questo suo successore con un rispetto ammirabile ed eccoLe un altro documento sul conto del medesimo. Tanto Le debbo per farlo conoscere in Europa, affinchè V. P. R.ma scrivendo alla Provincia di Piemonte per i soliti suffragi, abbia qualche piccolo documento sul conto del medesimo. Sono due mesi dacché ho mandato questa notizia, ma come non so più se pure esista e potendosi dare che il corriere sia perduto: scrivo ora a Lei onde assicurarmi che arrivi.

Egli morì il 27 Febbrajo e la notizia della sua morte arrivò nel mese di Luglio; da ciò argomenti le difficoltà di comunicazioni che abbiamo in questi poveri paesi. La Missione di Kafa restò nelle mani di due Sacerdoti indigeni debolissimi; le due Missioni di Gudrù e di Lagamara sono chiuse per mancanza di missionarii. Da ciò Ella potrà comprendere lo stato in cui ci troviamo. Qui in Scioha abbiamo tre Missioni stabilite; siamo quattro missionarii Europei e tre Sacerdoti indigeni, [f. 2r] sgraziatamente non possiamo andare e venire come vogliamo; fra questi selvaggi è forse più pericoloso l’amico che il nemico; così è; io mi trovo qui vecchio e qualche volta sono ancora obbligato a far le ostie, ed esercitare tutti gli ordini incominciando dall’ostiariato sino all’episcopato, come sono obbligato qualche volta a fare tutti i mestieri. Caro P. Rev.mo, io qui non godo gli onori che gode in Roma il suo Fratello Laico ed il mio pranzo qualche volta può arrivare sino ad eguagliare il pranzo del Convento nel giorno di Venerdì Santo. Qui abbiamo il digiuno terribile per numero, terribile per la specie di nutritura. Abbiamo mercoledì e venerdì digiuno, la quaresima grande di 55 giorni, il digiuno dell’Assunta di 15 giorni quello dell’Avvento di 40 giorni ed altri 40 quello degli Apostoli Pietro e Paolo. La più parte dei digiuni sono senza olio, e col solo sale e molti giorni si mangia grano cotto per la difficoltà di macinare. Dico ciò non per vana gloria propria, ma piuttosto per far conoscere il merito del Defunto e degli altri missionari, come pure /338/ per disingannare alcuni Religiosi di Europa i quali temono di andare nelle Missioni per scrupolo in materia sopratutto del voto di povertà.

Chiudo questa mia pregando la P. V. Rev.ma di non abbandonarci e di non considerarci come fuori dell’Ordine.

No, si assicuri anzi che Ella ha qui dei figli, e tolte alcune formalità ed osservanze qui impossibili, ma in molte cose ed in specie nella povertà, e nello spirito di sacrifizio il nostro S. Padre troverebbe qui ancora il suo conto.

Ci benedica tutti ed in specie chi si gloria professarsi

Devot.mo figlio in S. Francesco
Fr: G. Massaja V.o I.