Girolamo (dal greco Ἱερώνυμος Hieronymos, “Santo Nome”) nacque in Dalmazia intorno al 347, e ancora giovinetto si recò a Roma dove apprese i principi della religione cristiana. A 19 anni fu battezzato. Recatosi ad Aquileia, poi in varie località orientali, approfondì la sua cultura, sia nelle letterature classiche, sia nelle opere dei Padri della Chiesa, perfezionò la sua conoscenza del greco ed iniziò lo studio dell’ebraico. Sentì però il peso del contrasto fra la cultura pagana e quella cristiana, ed è nota la visione nella quale Dio lo rimproverò di essere “ciceroniano e non cristiano”. Nel 379 ad Antiochia fu consacrato sacerdote.
Nel 382 si recò a Roma dove collaborò con papa Damaso, impegnato nella lotta contro le eresie e nell’affermazione della supremazia del successore di Pietro. Su impulso dello stesso Damaso, Girolamo iniziò la sua traduzione della Bibbia in latino, mentre accompagnava l’ormai inarrestabile conversione della classe dirigente romana al cristianesimo, fungendo da guida spirituale di matrone e fanciulle di nobile famiglia.
Alla morte di Damaso (385) si recò in pellegrinaggio in Terra Santa, poi in Egitto, terra scelta da molti asceti come sede di vita monastica. Infine a Betlemme, con l’aiuto di due nobildonne, fondò un monastero maschile, uno femminile ed un ospizio per i pellegrini; a Betlemme morì il 30 Settembre del 420.
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La sua produzione letteraria fu immensa, in tutti i campi: commenti alle Sacre Scritture, vite di santi, lettere, interventi nelle polemiche dottrinali e organizzative di una Chiesa che dopo l’editto di Teodosio (395) aveva ormai acquistato il predominio sul mondo romano. Ma l’opera più famosa è la traduzione in latino delle Sacre Scritture, che egli condusse a partire dagli originali ebraici e greci, di cui si sforzò di fissare il testo autentico ricercando i manoscritti più antichi.
L’opera, realizzata in gran parte di sua mano, poi completata dai suoi discepoli, va sotto il nome di Vulgata (cioè “tradotta in lingua comune”); fu subito adottata come versione più autorevole dalla Chiesa d’Occidente, e nel 1546 Concilio di Trento la dichiarò unica versione autentica delle Sacre Scritture. Ciò richiese tra l’altro un’opera di revisione del testo, che nel corso dei secoli aveva subito diverse contaminazioni, e sotto i papi Sisto V e Clemente VIII si approntò una nuova edizione, che venne pubblicata nel 1592 col nome di Sisto-Clementina. Questa fu l’edizione ufficiale della Bibbia per la Chiesa Cattolica fino al 1979, quando sotto impulso del Concilio Vaticano II ne fu pubblicata una nuova revisione.
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È patrono della Dalmazia, in cui nacque, di Roma, dove collaborò con Damaso; dei traduttori, e di tutti coloro che hanno a che fare con libri e biblioteche. Per l’indebolimento della vista che subì a causa del suo studio infaticabile, è patrono dei miopi.
L’iconografia ce lo rappresenta spesso in ambente desertico, intento alla penitenza e alla vita ascetica. Altre volte è seduto nello studio, mentre legge o scrive. Data la sua vicinanza al Papa, è spesso rappresentato in abito cardinalizio, anche se non ricoprì mai quella carica, e l’abito color porpora con il largo cappello è un evidente anacronismo. Fra i vari momenti della sua vita, è spesso dipinta la scena in cui poco prima di morire riceve la Comunione dal suo discepolo Eusebio.
Molte rappresentazioni fanno riferimento a particolari più o meno soprannaturali o fantastici della sua vita ascetica; viene così rappresentato mentre resiste alle tentazioni del Demonio, spesso incarnate in bellissime fanciulle. Gli si attribuì l’elemento folklorico dell’amicizia con un leone, a cui avrebbe tolto una spina dalla zampa: la belva ammansita fu poi interpretata come simbolo del suo dominio sulle passioni terrene. Il teschio è il segno delle sue meditazioni sulla caducità della vita.
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