Achille Motta
Vezzolano e Albugnano

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Albugnano

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Ai miei parrocchiani

La storia è maestra della vita, ma specialmente quella del natio loco che ci tocca più da vicino, risuscitando nomi, fatti e case che proiettano, la loro ombra sul terreno che calpestiamo, sulla casa che abitiamo e sulla Chiesa che ci raduna in fratellanza. Quanta storia sotto l’ombra di un campanile! La Parrocchia è l’allargamento della famiglia, è il centro che sospinge avanti la vita religiosa e civile. Dalla Parrocchia ebbero origine opere, attività e istituzioni che sono la pagina gloriosa d’una popolazione. La Parrocchia possiede sovente una preziosa eredità di pergamene, carte, manoscritti ed opere d’arte, che merita di essere conservata e tramandata ai posteri. Ecco lo scopo di questo lungo e paziente lavoro: la storia della vostra Parrocchia. Conoscendola meglio, serva ad avvicinarvi maggiormente alla vostra Chiesa, ad amarla vieppiù. La rievocazione dei vostri padri, così solleciti dei culto, del decoro e degli interessi della loro Parrocchia, parli al vostro cuore. Il nome di tanti insigni Sacerdoti e benefattori resti additato alla vostra riconoscenza ed al vostro suffragio. Il ricordo ancora che le vicende Albugnanesi, religiose e civili dei tempi andati, sono intrecciate, con quelle di Vezzolano, alimenti sempre il vostro affetto e la vostra figliale predilezione verso la gloriosa Vergine che ne immortala il nome. La luce che lo scritto porta sulle vostre memorie, serva per ricordare lungamente in Domino il vostro aff.mo

Achille Motta, Prevosto

Albugnano-Vezzolano.
Pasqua dell’Anno Santo 1933.

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Capitolo I.

Della cura – Curati amovibili
Prevosti di S. Giacomo

Della cura

Prima che Ugone, Vescovo di Vercelli, nel 1235 cedesse ai Frati di Vezzolano le Chiese di S. Pietro e di S. Stefano, la cura delle anime in Albugnano era tenuta da Sacerdoti dipendenti dalla Pieve di Pino. In quei tempi, le sole Pievi erano vere Parrocchiali; le altre Chiese, dette minori, venivano ufficiate da Sacerdoti inviati e sottoposti alla giurisdizione di quelle. Che le nostre due Chiese non fossero Parrocchiali risulta dalla Bolla 1182 di Urbano III, già Vescovo di Vercelli, in cui si trova elencata, tra le Pievi Vercellesi, quella di Pino, ma non S. Pietro, né S. Stefano d’Albugnano.

È a credere pertanto che dal 1235 S. Pietro venisse equiparata ad una vera Cura, ma non sappiamo se il Fonte Battesimale fosse in S. Pietro o a Vezzolano. Invero, oltre che in S. Pietro non vi sono traccie né storiche, né materiali, nel Sinodo Vercellese, di Monsignor Didier, 1440, troviamo presente la Canonica di Vezzolano, e non S. Pietro. Comunque, è bene notare subito come la Cura, passata ai Frati, si concentrasse, a comodità della maggioranza, in S. Pietro; per il che S. Stefano, non più domenicale e trascurato, verso il 1550 si trova già in rovina.

Dopo il 1400, per scarsità di Religiosi, Vezzolano cominciò ad esercitare la Cura per mezzo di Sacerdoti secolari con pattuita ricompensa. Della mercede al Curato abbiamo la prima notizia nella Visita Past. 1591, /178/ quando il Vescovo ordina all’Abate di dare al Curato «quattro sacchi di grano, sei barozze di legna, sei carozze di vino e scudi sei, oltre la casa ed un piccolo orto». Nel 1619 il grano ed il vino si convertono in una colletta di un covone di grano e secchio di vino per famiglia; è vietato però al Curato di intervenire in persona alla Colletta. Secondo il De Canis (Asti Arch. Municip.), nel 1633, sorse questione tra gli abitanti per l’esazione borla, covone di grano;
curla tinozza per uva o vino;
brenta o brinda unità di misura del vino, equivalente a 36 pinte, ovvero circa 50 litri
del covone di grano ogni sei borle e del secchio di vino ogni sei curle, ossia brente, e, per intervento del Pievano di Pino, D. Antonio Bilanzono, già Curato di Albugnano, il Senato, con sentenza 29 Marzo, mantenne il Curato in possesso.

Nel 1709, vacando l’Abbazia, il Curato Serra supplica presso la S. Sede un aumento di Congrua, ma non risulta altro che la conversione, nel 1712, dei sei scudi in lire 72. Andata a vuoto una supplica del Curato Millano, fatta dopo la morte dell’Abate Solaro, il Municipio, nel Maggio 1788, sapendo che doveva arrivare in Vezzolano il novello Abate Mossi, si prepara a dimostrargli con documenti il giusto aumento di Congrua. Per contro, il 3 Giugno, anziché sperare, teme molestie, perché i capi-famiglia sono morosi del covone e del secchio, e la Comunità è in ritardo nel pagamento dei fiorini dovuti all’Abbazia. Per il che, vista la lettera del Vescovo al Curato, 3 Agosto, di ricorso a S. Maestà, il 13 Ottobre spedisce a Torino un Commissario, e il 3 Aprile 1789 S. M. risponde che si mandi un Delegato munito delle concessioni, transazioni, ecc., 12.I.1159 – 14.XII.1306 – 15.IV.1485 – 17.IV.1556 – 26.IV.1557 e 24.X.1559. Il 25 il Comune delega all’uopo Domenico Gianoglio, il quale riferisce poscia aver trovato presso l’Intendente l’atto 1485, l’Ordinanza del Vescovo 1755, ma non la transazione 1678, dei fiorini. Da una lettera, 7 Marzo 1790, parve al Municipio che veramente l’Abate volesse elevare la congrua a L. 500; per contrario, il 3 Luglio, l’Abate cita il Consiglio davanti all’Inten- /179/ dente il quale, il 10 Agosto, condanna il Comune a pagare L. 308, da dividersi tra i particolari morosi. Più, il 22 Marzo 1791, il Consiglio è nuovamente citato e condannato, il 12 Settembre, a pagare L. 160 per residuo dei fiorini dovuti tra il 1783-90.

La lite ebbe termine definitivo solo nel 1793 con una sentenza del Senato nel petitorio, possessorio e recesso dell’Abate. Tanto afferma il Municipio il 30 Agosto 1796, quando ricorre ancora inutilmente a S. M. Come si vede, il secchio di vino, il covone di grano e le 72 lire furono sempre il magro stipendio del povero Curato fino al 1801, quando il governo napoleonico costituì la Prebenda con 87 giornate di terreni stralciati dal Vezzolano.

I Curati amovibili

La dipendenza della Chiesa di Albugnano dalla Pieve di Pino portava il facile avvicendarsi di ufficianti nel nostro S. Pietro; per il che, prima del 1235, non leggiamo nomi di Sacerdoti Curati, salvo un D. Giovanni di Fenestrella, teste nel suddetto atto. Nel periodo 1235-1400, in cui tennero la Cura i Vezzolanesi, non abbiamo nomi di Curati, forse perché la Cura era esercitata indistintamente, o perché i nomi andarono dispersi.

I primi Curati pertanto non appaiono che dopo il 1400, quando cioè Vezzolano cominciò a farsi sostituire nella Cura da Sacerdoti secolari. Ma anche all’inizio della serie abbiamo una lacuna, causa sempre la dispersione delle carte e perché la nuova Diocesi di Casale non si assoggettò Vezzolano che dopo il Concilio di Trento e dopo la scomparsa dei Canonici, avvenuta circa alla stessa epoca.

Eccone la serie:

D. Petrino de Roccatis, da Montaldo, 1485

È citato, quale teste consultato, nella Bolla di Innocenzo VIII, 1485, al Prevosto Marco Lascaris. Nella /180/ Bolla è detto Vice Curato, essendo l’Abate Curato abituale.

D. Enr. de Albis (Dellabianca) d’Albugnano, 1534

Rappresenta l’Abate in un atto di consegna 11 Settembre ed in altro di investitura 13 Dicembre 1541. A. S. T. 2. → P. III C. III pag. 203 Ved. Cap. III, n. 8.

D. Giannino Marchisio, d’Albugnano, 1565

Il 14 Febbraio viene autorizzato ad esercitare la cura in Oppido Albugnani, attesa l’estrema vecchiaia del Rettore. L’anno seguente, da Casale, si sollecitano il Vicario di Vezzolano ed i Sindaci a retribuirlo. Viene eletto Curato dall’Abate Sitico il 24 Dicembre 1572, e, nel 1577 25 Febbraio, gli si dà facoltà di amministrare i Sacramenti nella Chiesa di S. Pietro e di S. Giacomo. Nel 1584 è nominato Pievano di Pino, dove muore nel 1604. In Arch. Parr. abbiamo la memoria di sua Ordinazione in data 14 Marzo 1562. – → P. III C. III pag. 204;
al luogo indicato il curato ha nome Giovanni
Ved. Cap. III, n. 12.

D. Giovanni Bima, da Volpiano, 1586

Si trova teste in un atto 1586 (A. S. T. 2) e si legge Curato nella Visita Past. 1591. Sotto questo Curato, Albugnano, unitamente ad Aramengo, Tonengo, Primeglio, Schierano, Mondonio e Moncucco, pellegrinò alla Madonna di Vico in Mondovì, Santuario che, per recenti miracoli successi, era fatto meta di pellegrinaggi piemontesi, lombardi, genovesi, ecc., nazionali ed esteri. I nostri pellegrini sostarono a Mondovì il 17 Settembre 1595, riportando al Vezzolano una medaglia in stagno con l’effigie della Vergine di Vico e, al rovescio, quella di S. Antonio da Padova.

Il 27 Settembre 1603 l’Abate presenta un Curato che dal Vescovo non viene approvato per sordità ed ignoranza.

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D. Silvio Pelosio, 1604

Ha il patentino in data 8 Luglio, ma si ferma poco tempo.

G. Paolo Sordevolo, Viverone nell’orig. Vivarona corr. a penna da Viverone, 1605

Da questo Curato hanno inizio gli atti di Battesimo e Matrimonio ed un mutilato Stato d’anime, storicamente prezioso.

D. Antonio Muccius o Musso, da Calliano, 1618

Pare oriundo Albugnanese ed anche parente con Don G. M. Serra, suo successore, per il fatto che questi esordì la sua vita sacerdotale a Calliano e poi, trovandosi Vicario di Vezzolano, presentò all’Abate il Don Musso, come Curato. Di più, nella Visita Past. 1681, si legge che certo Antonio Musso, morto in Albugnano nel 1642, ma «abitante; altre volte a Calliano», abbia lasciato alla Cappella di S. Emiliano L. 60, gravanti sopra una vigna in Calliano. In data 2 Dicembre 1618, fece l’inventario dei mobili della Chiesa, da cui risulta che l’Icona del Rosario, del prezzo di 45 scudi, fu eseguita durante la sua Cura.

Don G. Maria Serra, 1622

Era Vicario di Vezzolano dal 1617 circa, ma, venuti ad abitare a Vezzolano i fratelli dell’Abate, Cesare e D. Paolo Galliano per procura 12 Settembre 1620, venne nominato Curato. Le sue patenti datano dall’8 Novembre ed in esse è detto che ha dato prova di idoneità nella Cura della nuova Cittadella in Casale. Sullo scorcio del 1624, infermo, rinunzia alla Cura e muore il 1° Agosto 1625’in Vezzolano, dove viene sepolto nella Cappella di S. Carlo, da lui eretta, in capo alla navata laterale. – → P. III C. III pag. 204 Ved. Cap. III, n. 13.

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D. Bernardino Parolio, da Livorno Vercellese, 1625

La. nomina è in data 10 Febbraio, non rimane che pochi mesi, senza scrivere alcun atto.

D. Guglielmo Zalderia, da Palazzolo, 1625

Il suo patentino è in data 29 Luglio e vi rimane fino a tutto il 1627. Da lui hanno principio gli atti di Morte.

Dall’Ottobre 1627 al Luglio 1632, anni di peste, mancano gli atti Parrocchiali, perciò non si conosce chi esercitasse la cura in detto tempo. Pare che fosse vacante, perché, da un Decreto da Roma, indirizzato all’Abate Galliano, veniamo a conoscere che il Vescovo di Casale tentava mettere a Curato un Canonico lateranese, con lo stipendio di 120 fiorini. – A. S. T. 2.

D. Giacomo Antonio Bilanzono, da Verolengo, 1632

Nel Marzo 1633 è nominato Parroco di Pino, che abbandona nel 1649 per la Cura di Verolengo, sua patria, dove muore nel 1651.

D. Ottavio Palazzo, da Chivasso, 1633

Dalle patenti, in data 10 Dicembre, risulta già Parroco di Locana d’Ivrea, dal 1622 al 1628. Infermo, non prese possesso; deve esser morto non molto dopo, perché il 30 Marzo 1634, Cesare Galliano, scrivendo al Vescovo per un successore, lascia a sperare che D. Palazzo sia già in Cielo.

D. Giovanni Sartoris, da Mercenasco, 1634

Al momento della nomina era maestro in Albugnano. Travagliato dalla nostalgia dei luoghi abbandonati, va parroco a Villate, frazione di Mercenasco, dal 1637 al 1651; nel 1669 ritorna, maestro di scuola, in Albugnano; dal 1670 al 1679 è nuovamente a Villate, quando ancora rinunzia per divenire parroco di Dru- /183/ sacco, dove muore il 1692. In Drusacco è detto di Novareglia; nato ex virgineo partu, era facile l’equivoco.

D. Filippo Vespa, da Piovà, 1637

Si legge già teste nella collazione del Beneficio di S. Giorgio in Poirino a D. Carlo Calosso, il 4 Gennaio 1632. Si ferma pochi mesi e non scrive che gli atti di Battesimo. Nel 1669 battezza, a Berzano, col titolo di Vicario Foraneo di Piovà, e nel 1679, in Curia a Casale, attesta su gli obblighi che Vezzolano tiene verso la Cura di Albugnano. Non risulta la data della sua morte, difettando in Piovà gli atti di Morte.

D. Giacomo Roggerio, da Ivrea,. 1638

Presentato al Vescovo dal Sig. Cesare Galliano, ha le patenti in data 1° Luglio e vi rimane fino al Maggio del 1639, scrivendo i soli atti di Battesimo.

D. G. Battista Barello, da Torino, 1640

Inizia la cura IV nonas Aprilis, per finirla nell’Aprile del 1644. Scrive i soli atti di Battesimo.

D. Guglielmo Sapiens o Savio, da Montanaro, 1644

Come il D. Savio, molti Curati vengono dalla Diocesi d’Ivrea; ciò si spiega dal fatto che una buona parte proveniva da maestri di scuola della vicina Berzano, appartenente a quella Diocesi.

D. Antonio Magro, da Bianzè, 1653

Eletto dall’Abate Maurizio di Savoia, ha le patenti in data 11 Aprile. Scrive gli atti senza declinare il suo nome e rinunzia alla Cura, per infermità, nel Settembre 1657.

D. G. Battista Casalegno, da Moncucco, 1657

Il patentino è in data 14 Dicembre, ma già il 30 Agosto, trovandosi maestro in Albugnano, otteneva patenti da Vice Curato per un trimestre, essendo infermo /184/ il Curato D. Magro. Vacando l’Abbazia, la presentazione del D. Casalengo vien fatta dal Nunzio di Torino, in data 1° Agosto. Nel 1663 va Curato a Moncestino.

D. Antonio Bertoldo, da Valperga, 1663

Le patenti sono in data 8 Novembre, mentre era Cappellano del Conte di Moncucco. Nel 1666 è nominato Parroco a Moncestino, succedendo al D. Casalegno.

D. Pietro Cipriano, da Quincineto, 1666

Ha le patenti in data 4 Ottobre. Di sua Cura resta ancora un’opera lodevole e pregevole, cioè due grossi libri di atti Parrocchiali per la durata di cento anni. Sul finire del 1669, si porta Curato a Schierano, Diocesi di Vercelli, dove da lui hanno principio gli atti Parrocchiali e muore il 28 Marzo 1703, d’anni 72. In Albugnano, il Cipriano suscitò un vasto malumore per aver chiamato i Municipali scomunicati, ecc., tanto che l’Abate, il 22 Ottobre 1669, scriveva al Vescovo d’essere costretto ad allontanarlo (1).

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D. Pietro Viarisio, da Berzano, 1669

È presentato al Vescovo dall’Abate Compagni il 29 Novembre; il patentino è in data 4 Dicembre. Uomo ordinato e studioso, nell’Agosto 1671, viene eletto Parroco di Castagneto, per concorso.

D. Giacomo Antonio Serra, d’Albugnano, 1671

È il Curato più longevo. La nomina dell’Abate è in data 11 Settembre e quella della Curia, 5 Novembre. Ebbe conferme nel 1672-81-88-1702. Nel 1674, ad evitare le noie della Cura, vi rinunzia ed ottiene licenza di uscire dalla Diocesi per due anni. Forse voleva andare con i cugini a Roma per studi, ma, nel frattempo, resasi nuovamente vacante la Cura, per rinuncia del suo successore, il 29 Febbraio 1675 è riconfermato Curato e muore il 22 Marzo 1721, dopo 50 anni di umile e santa vita. I suoi ricorsi alla S. Sede, per aumento di Congrua, sono in data 8 Settembre 1709 e 15 Maggio 1710. – → ivi Cap. III pag. 206 Ved. Cap. III, n. 16.

D. Alberto Gibelli, da Saluggia, 1674

Dopo qualche mese di Cura, lascia il posto al suo antecessore. Credo che abbia seguito il Consiglio evangelico: «Nessuno può servire due padroni», Abate cioè, Vescovo e Municipali.

D. G. Battista Papino, d’Albugnano, 1721

Le patenti sono in data 22 Aprile ed in esse è riconosciuta la sua idoneità in concorso già fatto per Mondonio. Ebbe una conferma dall’Abate Coppier in data 28 Aprile 1728. Fu prima economo spirituale ed iniziò la Cura con fervore, poiché nel 1722 scriveva: «prima Pasqua da me fatta in qualità di Parroco, con assenso della R. Camera ed autorità del Vescovo». Causa però l’intensa lotta tra l’Abate ed il nuovo Conte Serra, passò /186/ i suoi giorni tra l’incudine ed il martello. È a lui che, nel 1723, vacando l’Abbazia, la R. Camera scriveva di opporsi alla Visita del Vescovo in Vezzolano. Nel 1733, dopo l’accomodamento tra Abate e Vescovo, in un col Vicario Marchisio, manda le sue congratulazioni e sensi di sudditanza. Lasciò preziosi atti di Stato d’anime e morì, come visse, santamente, il 14 Marzo 1734, d’anni 67; tanto afferma il suo successore.

D. Stefano Nebbia, d’Albugnano, 1734

La nomina in Curia data dal 26 Aprile, quando era Maestro di scuola in Albugnano, ed ebbe una conferma dall’Abate Merlino il 20 Maggio 1753. È il Curato forse più benemerito della Parrocchia e per provvista di suppellettili e per regolarità d’amministrazione. Fatta eccezione degli atti Parrocchiali, è opera sua l’inizio di tutti i libri, registri, conti e Stati d’anime. Strenuo difensore dei diritti della Cura, nel 1755, in Curia a Casale e, in contradditorio col Medico Eug. Novarese, delegato municipale, difese i diritti del Curato, e, dopo una seduta di sei ore avanti al Vicario Gen. e col permesso dell’Abate Morello, uditore dell’Abate di Vezzolano, Card. Merlino, riportò favorevole conclusione.

Sue opere sono: il campanile rialzato di trabucco = m 3,0825 tre trabucchi, l’orologio, la benedizione di tre nuove campane, la Balaustra e Battistero di marmo di Gassino, il pulpito, il baldachino, il ternario di pregio, i candellieri di ottone, l’ampliamento della Chiesa di due navate laterali, ecc. Lo zelo sacerdotale però, secondo il Vangelo, incontrò l’odio dei malvagi. Il Giov. Papino, detto Giulia, testimonio contemporaneo, riferì al Prevosto Fassio che un tale sobillato dai Novarese, di nottetempo, quando il Curato ritornava da un infermo, gli spianò contro un fucile, che per fortuna non colpì. Nel 1781, essendo colpito da leggera paralisi, gli si fece suonare dai medesimi il segno dei trapassati. È da sapersi che i Novarese tenevano tra mani i fondi della Chiesa e mal /187/ volentieri sborsavano per l’ampliamento delle navi laterali. Per questo il Vescovo, nel 1783, ordinava al Curato di radunare il Consiglio d’amministrazione per sentire se intendeva, o no, mantenere a Priore il Medico Novarese. Dalla lettera risulta che il Municipio aveva ricorso contro l’inamovibilità del Novarese. Anche qui viene a proposito i Vaeh! qui tangit... Zacharias 2:8: qui enim tetigerit vos, tangit pupillam oculi mei
→ v. sotto
→ P. III C. III pag. 218
«Vaeh! qui tangit...»: nonostante i 17 nati dal medico Novarese, dopo 40 anni scompare da Albugnano il casato Novarese.

Il D. Nebbia, dopo un’attiva e zelante cura di 43 anni, moriva il 30 Ottobre 1784 ed il 2 Novembre veniva seppellito in S. Pietro dal Parroco di Mondonio G. Domenico Moiso, seniore della Vicaria. – Vedere C. III, n. 28.

D. Pietro Roggero, d’Albugnano, 1784

Morto D. Nebbia, l’Abate di Vezzolano tentò far succedere nuovamente un Albugnanese; e, poiché la cosa era già stata ventilata durante la malattia del Curato, in data 1° Novembre si dà subito il patentino di Curato a D. Pietro Roggero, d’Albugnano, allora Vicario amovibile in Cervotto di Verrua. Il D. Roggero però, come si legge anche in A. S. T. 2, meglio esaminata la difficile posizione in cui trovavasi allora Albugnano, declinò la nomina; Difatti i successori passarono cattive ore, – → P. III C. III pag. 224 Ved. Cap. III, n. 35.

D. G. B. Millano, da S. Giorgio Canavese, 1785

La nomina dell’Abate è in data 9 Marzo; preso possesso, ricorre subito presso il Municipio per provvista di suppellettili in Chiesa, e nel 1786 supplica, presso Sua Maestà, aumento di Congrua, appoggiato- dal Municipio, che testifica l’attività e lo zelo del supplicante. Ma fatalità! Causa la petulanza del Vicario di Vezzolano, si inasprì, nel tempo stesso, la lotta di giurisdizione tra Vescovo ed Abate, ed il Curato è obbligato a sostenere la parte contro l’Abate. Ecco la causa del dissidio che /188/ amareggiò i giorni di due Curati: nel 1786, morto l’Abate Solaro, il Vescovo, col consenso del Nunzio di Torino, ordina che la Processione del Corpus Domini si faccia, non più partendo da Vezzolano, ma dalla Chiesa Parrocchiale (A. S. T. 2). Così si fa, nonostante il lamento del Vicario in Curia l’11 Aprile. Però il sobillamento, che il medesimo fece precedere, divise il paese in due partiti, sicché, alla notte del S. Natale, il Curato non osò celebrare, se non assistito da uomini armati di ronche e randelli. Tanto testifica il suddetto Papino, detto Giulia. Il 1° Gennaio e 4 Febbraio 1787 il Curato, unitamente ai capi di famiglia, riferisce al Vescovo sul contegno del Vicario e sui disordini del Natale. Il Vescovo, a troncare ogni discussione, il 2 Maggio spedisce in Albugnano Decreto perché la processione, anche in quest’anno, si faccia in Parrocchia, con obbligo di pubblicazione.

Frattanto il Curato faceva pratiche presso l’Abate di Grazzano, Nicolò di S. Marcel, per essere nominato Vicario di quella Parrocchiale. La supplica sortì effetto; il Curato, fatta la processione il 4 Giugno, lascia Albugnano per Grazzano, dove muore il 5 Dicembre 1793, compianto dal popolo che lo aveva amato.

D. Ignazio Rusca, da Scarnafigi, 1787

L’Abate lo presenta al Vescovo l’11 Luglio e la Curia gli dà il patentino il 16 dello stesso mese. Un sonetto, in occasione del suo ingresso, lo dice già Curato di Pessina, Cantoria e lo profetizza Vicario-Curato di Albugnano; profezia che si avverò nel 1789, quando partì per sempre il Vicario di Vezzolano.

In Biblioteca R. si legge una lunga relazione di D. Rusca sugli usi locali di Albugnano. Egli resse la cura in momenti difficili per un Curato a servizio di tre padroni. Invero, dopo la processione del 4 Giugno 1787, il Vicario di Vezzolano si riservava la reintegrazione dei diritti abbaziali al venturo anno, sperando nel nuovo /189/ Abate, che egli avrebbe illuminato. Difatti, il 27 Aprile 1788, il novello Abate Mossi dichiara nullo il Decreto Vescovile 1787, ordina al Curato di fare là processione secondo l’antico uso e dà ad ogni evenienza ampio potere al Vicario di Vezzolano. Il Vescovo per risposta all’Abate, il 6 Maggio sospende il Vicario dalla confessione, il 13 ordina al Curato di osservare il Decreto ed il 17 minaccia il Vicario di sospensione, se non interviene di persona alla processione in Parrocchia. In tanta confusione il Curato è in dubbio se debba partire insalutato ospite; infatti l’Abate, il 17, elegge il Vicario a tener le veci, se parte il Curato.

Il 22 Maggio si fa la processione secondo l’ordine Vescovile ed il Vicario D. Casalegno non interviene; anzi, stans in curtis, contro la porta del Conte, irridens... facendo gesti di irrisione e scherno, si batteva le cosce con il bastone irridens et subsannans, virga femoralia percutiebat. Per il che il 25 è sospeso a divinis e la sospensione, intimatagli dal Curato e dall’Avv. Carlo Novarese, è ascoltata con parole ed atto indecente. La questione si inasprì. Il Vicario licenza il Curato dalla Canonica, di proprietà dell’Abbazia, e gli impone la resa delle chiavi; il Consiglio notifica subito al Vescovo l’agire del Vicario ed il Vescovo, il 3 Giugno, scrive al Curato di non partire e di non consegnare le chiavi a nessuno, aggiungendo che, se D. Casalegno ride, non tarderà a piangere.

Frattanto l’Abate Mossi, a rendersi conto della questione, il 3 Giugno, viene a Vezzolano ed il D. Casalegno celebra coram Abate. Il Curato denunzia il fatto al Vescovo e questi, il 27, interdice la Chiesa ed il Cimitero di Vezzolano. L’interdetto fu il principio della fine: il 2 e 10 Luglio l’Abate riconosce l’autorità del Vescovo, assicura di non voler causare ulteriori lagnanze, scusa il D. Casalegno e desidera lasciare le cose come erano, al tempo del suo antecessore l’Abate Solaro. Il Vescovo risponde col domandare l’allontanamento del Vicario incriminato e coll’imporre la nomina del Curato stesso a Vicario come si fa a Grazzano e a Lu- /190/ cedio. A regolare intanto la propria posizione, il Don Casalegno, il 28 Ottobre e 29 Novembre, scrive al Vescovo per la riabilitazione, che viene concessa da Roma il 28 Gennaio 1789 a condizione che si allontani da Vezzolano. Così si avverò la profezia del sonetto: A. D. Rusca, Vicario-Curato eletto di Albugnano; cioè il Vicariato di Vezzolano venne unito alla Cura d’Albugnano.

Ma il povero Curato era sfibrato dalla fame e dalla lotta; fin dall’Agosto 1788, visto che l’Abate veniva a miglior consiglio, lo supplicava per un sussidio, poiché, causa il dissidio, non aveva raccolto che quattro emine di grano. L’Abate risponde, ma pel momento non concede nulla. Il Vescovo, visto il rifiuto dell’Abate, accondiscende al desiderio del Curato di allontanarsi da una Cura che gli ricordava tanti dolori. Nel Settembre 1789 è traslocato Parroco a Lavriano, dove muore il 19 Dicembre 1822 e summa ecc. resse questa Parrocchia con grandissima lode; pio, dotto, amico di tutti, acceso di gran zelo per la salute delle anime; praticò il dovere della carità verso tutti, principalmente i poveri «summa cum laude, dice l’atto di morte, erexit hanc Paroeciam; pius, doctus, comes in omnes, magno zelo succensus pro animarum salute; officium caritatis erga omnes praesertim pauperes exercuit».

D. G. Bartolomeo Carboneri, da Avigliana, 1789

Le patenti sono in data 25 Agosto, ma della loro forma si lamenta l’Abate, come lesive dei diritti abbaziali. Si sottoscrive subito Vicario. Come dissi, parlando della Cura, in questo tempo era sorta lite tra Abate e Comune, per cui entrambi si erano resi morosi nel dovere di mercede verso il Curato; per questo, mentre si litiga, il Curato, per non stare a digiuno ed a bocca asciutta, va Arciprete a Piazzo nel Settembre 1792, dove si dice sia morto nel 1807, ma fuori Parrocchia, mancando in essa l’atto di suo decesso.

D. G. B. Rambaudi, da Bra, 1792

Nacque il io Aprile 1754 da Giorgio e Rista Margarita. Fu Vicario di Grazzano fino al 1787, dove lasciò /191/ un buon manoscritto intitolato: «Memorie intorno ai principali Castelli del Monferrato». Fece ingresso in Albugnano nel Dicembre, ma venne presto in rotta col Municipio che gli aveva tolto il ferro delle ostie, ed egli perciò negava la Comunione, salvo che agli infermi. I Municipali lo dicono di spirito caldo ed impegnoso; comunque, stanco e disilluso di due Cure ad nutum Abatis, nel Settembre 1793, si ritira in patria, in cui, benedetto dai poverelli, passa a miglior vita il 24 Dicembre 1807.

D. Giuseppe Bodrero, da Melle, 1793

È l’ultimo Curato stipendiato in L. 72 di Piemonte. È presentato dall’Abate il 28 Novembre, quando esercitava la Vice Cura a Macello. Nel 1794, accusato di poca correttezza verso l’Abate, il Consiglio lo difende e lo dice zelante, disinteressato ed alieno da questioni. Curato nei difficili tempi della Rivoluzione, si dimostrò uomo di prudenza, mantenendo Albugnano fuori delle lotte e dolorose conseguenze di partiti. Sua opera di imperitura riconoscenza per gli Albugnanesi sarà quella d’aver salvato, dalla soppressa Abbazia di Vezzolano, la Congrua per la Parrocchia d’Albugnano: cosa lacrimata altrove. Eretto il Beneficio, cominciò a goderlo quale Prevosto, titolo, dice il successore, sine ulla canonica institutione. Anche lui però riportò le stigmate curae animarum. Curato da 15 anni, e da 6 in possesso del Beneficio, non potè averne l’istituzione fuori concorso. Nella collazione al Prevosto Muretti, si dice che la Cura è vacante «per liberam resignationem a D. Iosepho Bodrero (!?). In ricompensa, nel 1807, viene traslocato più in alto... a Groscavallo!!

I Prevosti

Soppressa l’Abbazia, essendo il Curato d’Albugnano rimasto privo di stipendio, perché la Parrocchia non possedeva beni stabili ed era sempre stata stipendiata /192/ dal Vezzolano, sul ricorso del Curato e Municipalità, in data 3 Frimaio, il governo napoleonico, con atto 30 Ventoso 1801, separò, a favore della Parrocchiale, giornate 89 e tavole 19 di beni già spettanti all’Abbazia, del reddito netto di L. 802, e le eresse a perpetua Congrua Parrocchiale di Albugnano, sotto il titolo di San Giacomo Maggiore. Ma siccome per la riduzione dei Vescovadi in corso, si indugiava a dare un titolare, incorporato nel 1805 Albugnano all’Archidiocesi torinese, si indisse concorso nel 1808, da cui uscì eletto primo Prevosto di S. Giacomo il

Teol. Marco Aurelio Muretti, da Sciolze, 1808

Nacque il 6 Giugno 1762 da G. B. e Margarita Merlino; fece concorso il 9 Genn. e nell’Aprile seguente venne in Parrocchia come amministratore. Il 19 Maggio gli si fa la Collazione ed il 26 Giugno prende possesso, presente il subeconomo Teol. Griffa, Prevosto di Brusasco e Can. onorario d’Acqui. Inizia gli atti Parrocchiali enumerando i Curati che lo precedettero e notando come siansi fermati per breve tempo «ob continuas discordias, dissentiones, pretentionesque», dalle quali prega tutti i Santi a difenderlo. Sacerdote zelante, curò la Chiesa e i registri, compilò molti Stati d’anime e scrisse alcune memorie. Sono opere sue la Via Crucis, l’Icona di S. Grato, l’altare maggiore in scagliola ed un piccolo Organo con l’Orchestra. Nel 1817 avanzò pratiche a Roma perché Albugnano restasse ancora Diocesi di Torino, ma invano.

Morì il 15 Aprile 1834 e venne tumulalo in Chiesa Parrocchiale, vicino al Campanile. Con testamento, 23 Marzo 1834, lasciava alla Congregazione di Carità due pezze di prato, affinchè col fitto gli si facesse in Parrocchia un funebre anniversario, si pagassero lire 3 per i luoghi di terra santa ed il soprappiù fosse in favore dei poveri. Suo merito è d’aver salvato la Chiesa di Vezzolano da certa rovina, facendo istanza presso il governo /193/ di Napoleone perché fosse dichiarata proprietà Comunale.

D. Evasio Sartoris, da Montaldo, 1834

Nacque il 13 Novembre 1805 da Giuseppe, fu Carlo Emanuele e da Lucia Reverdino, fu Evasio. Già Pievano di Bagnasco, apportava seco zelo e carità. Nei brevi anni di Cura, innalzò una spaziosa e quadrata sacrestia, con volta a crociera, riformata ed in parte occupata, nel 1900, per ricostruirvi l’altare del Rosario ed ampliare la Chiesa e il Coro. Causa del suo allontanamento da Albugnano furono gli Ordinati civili che portavano i cimiteri fuori dell’abitato e le istruzioni ecclesiastiche che dispensavano i Parroci dall’accompagnare i cadaveri ai cimiteri, senza distinguere i nuovi dai vecchi. Il D. Sartoris, interpretando l’ordine in senso assoluto, si rifiutò per il solito accompagnamento a S. Pietro. Sotto le finestre della Canonica piovvero zufoli e fischi giorno e notte ed anche si fece una scalata per assalirlo in casa! Vittima di obbedienza come altri, nel Novembre 1838, venne traslato a Villafranca d’Asti, pievania di patronato dei Malabaila. Morì, come visse, benedictione popoli, il 18 Marzo 1883.

D. Francesco Argenta, da S. Marzanotto, 1838

Nacque il 2 Settembre 1814 da Agostino e Orsola Maria Rasero. Giovane, d’ingegno forte come il suo fisico e d’umore faceto, fu ordinato l’11 Marzo 1837 e fece l’ingresso in Albugnano nel Dicembre 1838. Nei dieci anni di cura sono opere sue: la decorazione della Chiesa, il Confessionale del Parroco, ed il giardinetto dell’altare ricamato in seta. A provvedersi d’una decorosa Canonica, trattò invano presso il Conte Teofilo Curbis per l’acquisto della Casa già dei Notai Serra, posta ad oriente dell’attuale Canonica. A scopo ancora di sottomurare la vecchia Canonica e provvederla di un pozzo, con autorizzazione 10 Maggio e 4 Giugno 1845, /194/ alienò terre ai fratelli Bertelo Giorgio per lire 575, con obbligo della reintegrazione, da cui nel 1849 veniva esonerato.

Causa della sua partenza da Albugnano fu una burla sacrilega, provocata forse dal suo scherzare: una donna, il 16 Ottobre 1847, gli presentò per il battesimo un bimbo di sei mesi, già battezzato a Buttigliera. La donna fu condotta in prigione per due mesi e il Parroco colse l’occasione per allontanarsi. Nell’anno seguente infatti ottiene per concorso la ricca Parrocchiale di Castagnole Monferrato, dove muore pieno d’anni il 7 Aprile 1899. Indulgente e largo, fu alcune volte interdetto nell’amministrazione. Per porre termine alla lite tra il Prevosto Riccio e gli eredi di D. Fassio, con atto Marzo 1881, rog. Pia d’Asti, donava alla nostra Parrocchiale lire 1100, per una Messa annuale letta in suo suffragio.

D. Giovanni Fassio, da Asti, 1848

Figlio di Michele e di Pelizzetti Vittoria, nacque nel 1815 e fu ordinato Sacerdote il 22 Settembre 1838. Prese possesso il 2 Settembre, accompagnato dal Teol. Sticca, prevosto di S. Silvestro in Asti e dall’antecessore D. Evasio Sartoris, di cui era vice curato. In Chiesa non lasciò traccie: sacristia ed altari spogli, pavimento rotto e senza banchi. Ottimo provvedimento fu l’acquisto dell’attuale Canonica; gli si fece colpa di troppo economica costruzione; credo sia stato difetto del capomastro Bricco, le cui fabbriche fecero tutte misera fine. Ebbe col Municipio liti e questioni. Alienò circa 60 giornate, di terreni Parrocchiali, ma a prezzi irrisorii.

Morì il 30 Settembre 1878 e fu sepolto in fossa ordinaria, a lato della Chiesa di S. Pietro. Mentre il cadavere veniva portato alla tomba, tre uomini ed una donna gli alzarono bandiera rossa, pronunziando la donna, parole di canzonatura. Vaeh! qui tangit... Adattamento del ← preced. Vaeh! qui tangit... con Psalmi 104:15 Nolite tangere christos meos Vaeh! qui tangit christos meos!! Morirono tutti di mala fine!

/195/

D. Giuseppe Riccio, d’Agliano, 1879

Nacque il 7 Agosto 1842 da Giovanni e Costanza Garberoglio e fu ordinato il 6 Settembre 1868. Fece il concorso l’11 Marzo e l’ingresso in Albugnano il 27 Aprile. Intimò subito lite agli eredi del suo antecessore, per mancanza di L. 950; lite lunga e transatta. In Chiesa fece il pavimento in cemento, i banchi, tre piviali ricamati, il contraltare simile e, col concorso della Maestra Gili M. e Sig.a Laura Cacciatore, provvide la spogliata sacrestia.

Nella Visita Past. 1894 venne nominato Canonico della Cattedrale; se ne andò il 31 Dicembre. Morì Canonico Cantore in Asti, il 24 Febb. 1924 e venne sepolto in Agliano, sua patria. Già Canonico depositava, senza consultarmi, lire 400 per due funebri Serafino, in compenso di lire tre mile che Serafino Camilla gli aveva dato ad imprestito, a fondo perduto.

D. Achille Motta, da Viarigi, 1895

Sono nato il 25 Genn. 1866 da Luigi, di Bartolomeo, di G. Paolo, di G. Battista e di Pollara Angela, di Giuseppe e Gatti Maria, e da Gatti Enrichetta, di Antonio e Fracchia Maria. Feci gli studi nel Seminario d’Asti; fui ordinato Sacerdote il 2 Aprile 1892 e per tre anni fui vicecurato a Tigliole. Fatto concorso il 20-21 Marzo, venni eletto con Bolle da Roma Idibus Aprilis e presi possesso il 1 Settembre. La mia vita? Peccatores, te rogamus, audi nos. Noi peccatori ti preghiamo, ascoltaci; dal rito di benedizione dell’acqua battesimale.
Vos odio eritis omnibus hominibus! ovvero et eritis odio omnibus propter nomen meum Matteo 10:22
Peccatores, Te rogamus, audi nos! La mia bandiera? Vos odio eritis omnibus hominibus! Ho 38 anni di Cura, cioè ho superato i giorni di ciascuno dei miei antecessori, fatta eccezione dei due Curati Albugnanesi D. Serra e D. Nebbia. I miei antenati vennero, verso il 1730, da Brovello a Viarigi, dove avevamo tomba di famiglia in S. Agata e poscia nel Camposanto. Passammo a Camerano-Casasco, ove era Parroco un mio zio, D. Egidio Motta, morto il 6 Maggio 1911. In Altavilla, frazio- /196/ ne Franchini, vive un mio cugino cognato, Sacerdote, D. Giuseppe Bo. Mio nonno aveva un pro zio Sacerdote, Padre Valentino, Cappuccino, al secolo Giuseppe, che, dopo l’espulsione napoleonica, passò la sua vita a S. Carlo di Viarigi in qualità di Cappellano e morì in Montemagno l’11 Dicembre 1839, d’anni 89. Mia nonna, Angela Pollara da Montemagno, aveva pure un fratello Sacerdote, D. Giuseppe Maria Pollara, morto in patria il 1878, d’anni 56. Un D. Bartolomeo Pollara, pro zio del D. Giuseppe Maria, nel 1778 assisteva in Albugnano al Matrimonio d’una Novarese col Not. Ant. Franc. Cavagnolo da Fubine.

Le mie opere? Tocca al successore giudicarle.

[Note a pag. 184]

(1) Albugnano, 1631, era passato con altre Parrocchie del Monferrato sotto Casa Savoia la quale, per Indulto di Giulio II e Clemente VII, era autorizzata a tassare i beni ecclesiastici. A Casale l’Indulto non si teneva esteso alle Parrocchie ancora Casalesi di Diocesi, perciò il Vescovo nel 1659 scomunicava i Municipali d’Albugnano per aver tassato il nuovo Beneficio di S. Sebastiano. Il Nunzio di Torino, Mons. Ranuccio, per ordine del Papa, con Decreto 3 Aprile 1664, annulla queste scomuniche, ed il Vescovo in Visita nel Maggio, assolve i Municipali. Simili questioni sorsero pure in altri paesi; infatti, nel 1667, Carlo Montagnini, Vic. Gen. e Delegato. Apost., delega il Pievano di Pino ad assolvere i Municipali di Tonengo, Monteu, ecc. Nel 1670 Albugnano manda ancora a Casale il Curato e Simone Barbero per delucidazioni riguardanti i tassati Beneficii ecclesiastici di D. Antonio e D. Giacomo Serra; giacché i Municipali nel 1669 si erano lamentati presso il Vescovo di Beneficii troppo larghi, a scopo di esenzione da imposta. Il Vescovo perciò scriveva al Sig. Domenico Serra, fondatore, di usare moderazione. Le scomuniche → A. Bosio, Storia dell’antica Abbazia e del Santuario di Nostra Signora di Vezzolano... pag. 99 del Bosio a pag. 99 riguardano questi fatti e non Vezzolano. Torna al testo ↑