Achille Motta
Vezzolano e Albugnano

Capitolo V.

Delle chiese di Albugnano

S. Stefano di Maconeto

La prima memoria si trova nell’atto 1235, con cui il Vescovo di Vercelli la cede al Vezzolano. Era posta un 200 metri più in alto dell’attuale; un pilone ne ricorda tuttodì l’antico sito. Lontana e di non facile accesso, viene abbandonata dalla popolazione che trova più comodo accedere a nuove Chiese.

Pertanto, trascurata, diroccò verso il 1540: infatti nel 1616 certo Giov. Ramello «da Schierano e residente a Cocconato, padrone d’una vigna di un moggio e mezzo sui fini di Albugnano, dove si dice essere stato la Chiesa di S. Stefano, ricorre a Casale per ricostruire detta Chiesa, ma più in basso, e presenta un preventivo». La Curia incarica il Pievano di Pino, D. Martini, a riferire ed egli, il 6 Marzo, manda alla Curia una relazione giurata con testi, i più vecchi del vicinato, D. Fagnano G. B., Curato di Schierano, da Govone, Barbero Secondino, Barbero Tomaso, Luera Melchiorre, ecc., i quali dicono «non aver mai vista in loro gioventù la Chiesa coperta, ma l’altare sì, e ricordarsi che certo D. Bartolomeo, Curato di Schierano, celebrava la Messa e ciò essere 40 e più anni, e poi proibito dopo il Concilio; che da memoria di uomo non si era sotterrato, sebbene si vedano ossa, ma forse per peste o guerra; che la Chiesa, come si vede, era da /236/ levante a ponente, larga piedi nove e lunga quindici; che il materiale diroccato fu portato, come si dice in Albugnano per costruire il campanile Parrocchiale ed ora nella nuova si vorrebbe dipingere anche la Madonna e S. G. Battista». Il progetto però non è stato mandato ad effetto, forse per la ragione seguente. Nella Visita 1619, Mons. Scipione Pasquale proibisce a Giov. Ramello, dello Stato di Savoia, di impadronirsi della vecchia Chiesa di S. Stefano e di fare progresso nella nuova fabbrica, se prima non prova averne avuta la debita licenza. Questa proibizione mandò forse a monte il progetto e rimandò la costruzione al 1816, quando i borghigiani, con atto rogato Quagliotti, da Schierano, la deliberano secondo il progetto 1616.

Iniziati i lavori il 29 Maggio, il 3 Agosto veniva benedetta e ufficiata. Nel 1817 si pagano lire 60 per l’Icona di S. Stefano e di S. Eurosia e L. 69 per la campana. Gli arredi ed utensili sacri per la Messa e Viatico sono provvisti per lo più nel 1829, quando si eresse pure la Via Crucis: La Chiesa misura m. 5 × 9 circa, compresa l’abside, e non ha particolarità di stile. Nel 1907 fu restaurata e nel 1927 si fece il pavimento in piastrelle di cemento.

Sant’Eurosia di Jaca † 880 festa 25 Giugno S. Eurosia, V. e M., è protettrice dei frutti della campagna e la Chiesa possiede sopra la strada un ripaggio «per la fuga di tre trabucchi avanti la porta».

S. Pietro al Camposanto

È detta di S. Pietro in Fenestrella forse dalle tre piccole finestre dell’Abside. Finora la prima notizia è desunta dall’atto 1235, con cui il Vescovo di Vercelli la dona al Monastero di Vezzolano perché venga da esso ufficiata, con. obbligo di presentare il titolare al Pievano di Pino, di portarsi al Sinodo e di offrire annualmente al Vescovo di Vercelli libbre cinque di cera, nel giorno di S. Giorgio. – A. S. T. Bosio.

È la più antica Chiesa di Albugnano, anteriore al /237/ mille, perché tutta in arenaria; fu Parrocchiale fino al 1500. Premesso che non arrivò a noi nella sua primitiva forma, la Chiesa è basilicale, ad una nave di m. 5 × 15. L’arco trionfale, in strati simmetrici di cotto e pietra, non è più il primitivo e si sviluppa grandioso sopra una parasta o spalla rientrante m. 0,20. Contro questo arco poggia, nella forma originale, l’abside di m. 2 di raggio e ristretto ancora di m. 0,20. Essa è scompartita esternamente da tre colonnette in tre campi, ciascuno ornato d’una finestrella a più centinature, a pieno centro, di m. 0,80 × 0,12. Un tavolato di pietra, bucherellato a disegni geometrici, dava adito alla poca luce e voleva difendere dagli aquiloni. I capitelli sono cubici e rozzi e la cornice, di grosso aggetto con disegni geometrici, è sostenuta da sviluppati archetti con mensole rozzamente decorate. Internamente nessuna decorazione; la copertura della nave è in assito. I muri laterali esterni, con base semplice, sono scompartiti da due piccole lesene spingentesi fino alla cornice.

Ho detto che non arrivò intiera fino a noi, fuorché nella sua abside. Invero la facciata è stata rifatta nel 1870, accorciando nello stesso tempo la Chiesa di m. 5, cioè d’una campata, e, mentre la primitiva era tutta in arenaria, oggi invece metà della parte superiore dei muri laterali, gli archetti e la muratura sull’arco maggiore sono in mattoni, di forma piccola, collocati non sempre con perizia, sebbene strigliati. Le finestre a feritoia sono coeve ai muri, ma gli arti sovrastanti in pietra, parte della cornice e dei peducci sono materiale primitivo.

Quando fu rifatta la parte superiore in cotto? Senza dubbio verso il 1690. Infatti le Visite 1577-1619 la dicono in cattivo stato e quelle 1637-58-64 non ne parlano, perché non più funzionata. Inoltre, nel Febbraio 1657, i Sindaci si rifiutano di giurare nelle mani del Vicario di Vezzolano, perché l’Abbazia si rifiuta di ristorare S. Pietro.

/238/ Nel 1676 la Comunità protesta presso il Vescovo perché «il moderno Abate Doria, in occasione di possesso, sia entrato nella Chiesa di S. Giacomo, nuova Parrocchiale, mentre S. Pietro cade e non vi si può celebrare», e supplica per far citare il Vicario. Ancora, nella Visita 1681, i Sindaci si lagnano col Vescovo e fanno istanza perché l’Abate, o rinunzi, o ripari, in modo che si possa celebrare. La supplica sortì effetto; l’Abate alla rinunzia preferì, di buon accordo, il restauro. Intanto, valendosi dell’occasione, il Comune fece in Chiesa la tomba per i poveri, il Not. Giac. Serra il tumolo famigliare e l’Abate, come dalla Visita 1732, rifornì la Chiesa del necessario per la celebrazione della Messa e di un quadro della Sacra Famiglia per Icona. Troviamo infatti (A. S. T. 2) una nota, 22 Giugno 1711, di L. 276 per suppellettili di S. Pietro, per conto di Vezzolano. In tutte le riduzioni posteriori al Doria si fa anche inventario in S. Pietro, dove si notano: un calice, un camice, un contraltare, due mantili, due tunicelle, due pianete nere con Piviale e quattro candellieri.

Ora il pavimento è rialzato, la porta laterale e due finestre in rottura sono ancora posteriori, cioè: quella si legge la prima volta nel 1748 e queste nel 1764. L’altare, in cotto e di poco valore, fu benedetto nel 1794. Così stando le cose, questa Chiesa, tolta l’Abside, artisticamente non ha più nulla d’importante e per di più la parte residua, in arenaria, è logora e cadente.

Attorno alla Chiesa v’è il Camposanto; Albugnano non ne ricorda altro. Il campo però era aperto: nella Visita 1591, si raccomanda di chiuderlo con un bozzolato, e, nel 1681, con un rastrello, acciocché non entrino i cani. Nel 1732 si dice cinto parte di muro e parte di siepe, e, nel 1750, tutto cintato di muro. Ampliato verso nord-ovest nel 1901, viene benedetto da Mons. Arcangeli in Visita, nel 1902.

/239/

S. Antonio di Padova, patrono

La prima memoria ci è fornita da un testamento, 1524, di Valle Bernardo, rog. Serra Giacobbe, d’Albugnano, in cui si lega una somma di denaro alla Cappella compestre di S. Antonio (Arch. Municip. Casale). La Visita 1584 raccomanda di ritoccare i muri, come fu già ordinato nella Visita 1577. Nel 1604, Ubertino Serra legava a detta Chiesa fiorini cinquanta ed il D. Serra G. Maria, nel 1625, 400 fiorini, che servirono a ristorarla e provvederla d’Icona, attribuita alla scuola del Moncalvo. Essa rappresenta la Vergine che porge il Bambino a S. Antonio con in alto il piccolo S. G. B., che, nella Visita 1750, si scambia con S. Carlo: esso rappresenta il nome dell’insigne benefattore.

In Arch. Comun. si legge un Ordinato del 1728 per una nuova erezione, ma non si fa nulla fino al 1859, in cui si abbatte la vecchia Chiesa e il porticato antistante ed il 13 Giugno si benedice la nuova (attuale), di buon gusto, ottangolare, volta a cupola, lanterna poligona e piccolo atrio sostenuto da due colonne in cotto e capitelli in arenaria. Il Pagliotto dell’altare, in stucco a colori, 1739, è opera di Giac. Solari; la cantoria è del 1864 ed il coperto in ferro zincato del 1879. Nel 1927 si fa generale ristauro, con finestre in ferro e vetri cattedrali; nel 1928 vien fatto il pavimento in piastrelle alla veneziana. La Chiesa è comunale, ma si fabbricò e si ristorò sempre piorum elemosinis che il Priore ritira nel giorno della festa di S. Antonio, colle corse del carro e con libere offerte degli Albugnanesi entusiasti del loro Patrono.

S. Sebastiano

La Chiesa

È posta nel concentrico dell’abitato e difetta di memorie d’origine, perché privata. Sappiamo che esisteva fin dal 1500 ed apparteneva fin d’allora a tre rami di Serra, cioè a quello di D. G. Maria Serra, fu /240/ Giacomino (N. 13), a quello del cognato G. B. Not. ed a quello dei fratelli Domenico, Carlo e Vercellio, fu Giacomo (N. 17 e 18). Nel 1655 i detti fratelli, desiderando fondare in tale Chiesa un Beneficio di Patronato attivo e passivo, convennero coi fratelli Ubertino e Marc’Antonio, fu G. B., nipoti ed unici eredi anche di D. G. Maria, perché rinunziassero alla loro comproprietà. Dopo questo fatto e precisamente nel 1664, la Chiesa diventò anche sepolcro famigliare dei Serra, fu Giacomo. Nella Visita 1651, si dice che ha Icona; non so se sia la presente che poscia, nella Visita 1750, è detta: humilitatem redolet. Anticamente era posta lungo la strada pubblica, ma col tempo, trovandosi in cativo stato ed umida, il 9 Luglio 1707, il Canonico Antonio Serra è autorizzato a costruire l’attuale Chiesa «in posto vicino e più sano», con piccolo campanile sulla facciata, tolto nel 1895. Frattanto, nel sepolcro della nuova Chiesa furono trasferiti dalla vecchia i resti delle umate spoglie. Nel 1727 il Priore Can. Antonio supplica per la vendita del sito vecchio della Chiesa; la Curia, il 16 del Dicembre stesso, acconsente.

Il lascito

D. G. Maria Serra, Vicario e Curato, nel 1625, per testamento, legava ai nipoti ed eredi Ubertino e Marco Antonio Serra, fu G. B. e fu Giulia, sua sorella, l’obbligo d’una Messa ebdomadaria in S. Sebastiano, in remissione, dei suoi peccati ed in suffragio dei defunti del suo Casato. Il legato pesava in genere sulla eredità, ma non tardò molto a zoppicare. Il Sig. Ubertino Notaio infatti, trasferito il suo domicilio a Cunico, moriva nel 1641, lasciando ivi il figlio G. B., il quale, nell’occasione di dover liquidare in Albugnano affari collo zio Marc’Antonio, sobbarcavasi tutto l’onere del legato, lasciando allo zio l’obbligo della Messa anniversaria, lasciato del testatore, a suffragio della propria Madre, nella Chiesa di S. Ilario in Casale. Il Marc’Antonio, /241/ uomo di senno, si esonerava dal dovere pagando un capitale di scudi 50, ma il nipote G. B., da Cunico, si palesò subito negligente, come risulta da supplica di riduzione del 1664, in cui è detto moroso da dieci anni. Questo indugio si nota in tutte le Visite pastorali fino al 1737, in cui il Curato Nebbia lo dice adempiuto fino al 1744; dopo palesa una serie di composizioni e dispense, a motivo di gravi grandinate. Il Curato Rusca lo dice adempiuto da 25 anni, però in Archivio abbiamo una riduzione in data 20 Dicembre 1788. Il Curato Bodrero dice d’aver ricevuto lire 25 per l’adempimento del 1796. La rivoluzione francese deve aver impoverito gli eredi, e ottenuta, da quanto pare, perpetua dispensa (1).

Il Beneficio

Il 5 Marzo 1655 i pietosi e munifici fratelli Domenico, Carlo e Gerolamo Serra (N. 17 e 18, Cap. III), a scopo di fondare in S. Sebastiano un Beneficio di patronato a favore dei discendenti e degli Albugnanesi, fanno descrizione di terre, in reg. Vairano, del reddito annuo di L. 300. Con atto poi, 25 Marzo, rog. Serra d’Aramengo, si fa istrumento di costituzione, con obbligo di una Messa ebdomadaria «libera a loco» e di una cantata nell’orig. o di una cantata corr. a penna e di una cantata, nella Cappella di S. Sebastiano, nel giorno 20 Gennaio. Il Vicario Capitolare di Casale, Mons. Miroglio, ne fa l’erezione, e, in data 5 Novembre, investe del Beneficio il Chierico Giacomo Serra, d’anni 14. Nel 1680 il Priore D. Giacomo, da Roma, rinuncia in favore del suo fratello Can. Antonio, come da Bolle 23 /242/ Marzo. – Ved. N. 17 e 18, Cap. III e Curato Cipriano, nota 1, Cap. I.

Il D. Antonio Priore fa inventario del Beneficio il 1711 e muore in Torino il 30 Dicembre 1733.

A succedere al defunto Priore, D. Antonio, venne scelto Giuseppe Antonio Novarese, Prevosto di Borgaro torinese, pronipote dei due antecessori, che, il 20 Gennaio 1734, è messo in possesso dal Prevosto di Mondonio, delegato 1° Gennaio. Frattanto, nel 1696, morto l’Avv. G. B. Serra, per legittima successione il patronato passava in parte alle uniche figlie maritate Novarese; ma il Conte Filippo Serra contestò in Senato il diritto dei Novarese. La sentenza definitiva riconosceva ai Novarese il diritto del banco e della sepoltura, ma negava il patronato. Per il che, nel 1751, morto il Priore Novarese, viene eletto Priore l’Abate Franc. Lodovico Berta, d’Andezzeno, fratello della moglie del Conte Filippo Serra.

D. Berta, nel 1758, fa inventario e muore il 7 Aprile 1787, nel qual anno il Conte Luigi Serra, con Breve del 1° Agosto, ne affranchisce il reddito. Morto però il Conte Luigi, nel 1824 la figlia Luigia in Casimiro Curbis, di S. Michele, in data 27 Maggio 1825, in Curia d’Asti, erige nuovamente il Beneficio e ne investe il figlio Teofilo, d’anni 13, iniziato alla Tonsura, ma poscia passato a nozze. Durante il possesso del Conte Teofilo, i Parroci, fino all’anno 1844, certificano la celebrazione della Messa ebdomadaria ordinata dal Conte; dopo non se ne curano più. Il Prevosto Fassio, nella Visita 1873 nell’orig. 1783 corr. a penna 1873, dice che da cinque anni non si adempie; quasi lo stesso dice il Prevosto Riccio. Frattanto, nel 1866 circa, il Conte Teofilo, servendosi delle leggi eversive, affrancava il Beneficio con obbligo, dice il Parroco D. Riccio, di erogare una somma per la semplice celebrazione delle Messe. Addo scopo, nel 1888, si impiegavano L. 1500; così finì il Beneficio, in attesa di vedere come finirà la Chiesa, oggi in cattivo stato.

/243/

S. Rocco

La Chiesa

È stata fabbricata nel 1634 per voto della Comunità, nella peste del 1630. Di essa si parla nelle Visite 1664, ecc., secondo le quali, essa ha forma quadrata, l’altare contro il muro e tre finestre in facciata, di cui una semicircolare nel centro. Nel 1735, fatta rivivere la Confraternita della SS. Trinità, che anticamente funzionava S. Giacomo, i Confratelli ebbero provvisoriamente il permesso di uffiziare S. Rocco; entrati, deliberano di restarvi. Perciò, vendute due case della Confraternita, nel 1767 la Chiesa viene accresciuta del coro, Presbiterio e un nuovo altare. La parte vecchia è allargata ed uguagliata al Presbiterio, con facciata nuova nel 1820 ed è benedetta il 27 Marzo. La sacrestia pare fatta nel 1792, perché nel 1817 era già il solito luogo delle radunanze. I cornicioni in Coro e in Presbiterio datano dall’ampliamento del 1767, in Chiesa invece dal 1830. Ultima opera è stata la costruzione della nave laterale nel 1873. Un piccolo campanile sorgeva già nel 1735, poiché i Confratelli supplicavano allora di poterlo rialzare, ma non si fece cosa alcuna. L’attuale pare sorto col nuovo Coro e Presbiterio e provvisto dell’attuale cupola a mattoni nel 1820. Nel 1738 vien collocata una campana, che nel 1817 è ceduta al Vezzolano e sostituita da altra della Parrocchiale; nel 1843 si fa acquisto di due nuove che vengono poi rifuse una nel 1861 e l’altra nel 1908. Di Icona, con S. Sebastiano, B. V. e S. Rocco, se ne parla nella Visita 1750; non deve essere molto anteriore perché i due quadri, di S. Antonio Abate e di S. Lucia, già dipinti sul muro, sono pagati circa questo tempo e tradiscono la stessa mano.

La Confraternita della SS. Trinità

Nella Visita 1619 si dice che, nella Chiesa di San Giacomo Parrocchiale, v’è la Compagnia dei Disciplinati, sotto il titolo della SS. Trinità; nel 1735 gli uo- /244/ mini d’Albugnano espongono al Vescovo «come questa Compagnia per le guerre e mortalità siasi resa abolita, senza che mai abbia potuto restituirsi in pristino» e supplicano che venga restituita nell’oratorio di San Rocco. Il Vescovo acconsente il 22 Luglio ed il Senato il 2 Novembre. Il diritto di vestire cappa ed ammettere le consorelle a far parte della Compagnia è in data 5 Aprile 1738; il 22 Aprile 1741 se ne approvano i Capitoli.

La pia istituzione iniziò la sua vita con zelo e generosità per la gloria di Dio e decoro del luogo, poiché trovasi che nel 1747 già acquista, da G. Pietro Crosa e nuora Teresa Rechis, vigna, campo, bosco e casa, per lire 750, debito saldato nel 1753. Queste terre furono però presto vendute con atto 23 Gennaio 1748 e la casa, con sito vicino alla Piazza, a Barbero Giuseppe, nel 1767. Nel 1748, 25 Maggio, compera ancora, da Giovanni Borello, per L. 200, piccola casa, reg. Recinto, vicina pure alla piazza, rivenduta poi nel 1770. Questa Confraternita rivive ancora di vita operosa, grazie a modifiche dell’abito nell’anno 1927.

Legato Papino

Carlo Giuseppe Papino fu Lodovico, il 15 Settembre 1788, fondava in S. Rocco un Beneficio, a favore del D. Giacomo Serra (N. 31) e, dopo di lui, a favore dei figli e discendenti del Notaio Filippo Serra. Il 3 Maggio 1791, con testamento, rog. Quagliotti, il Papino fonda in S. Rocco, per contrario, una Cappellata laicale, chiamando erede la Confraternita ivi eretta. Il reddito prima doveva essere goduto, vita natural durante, dal sopra detto D. Giacomo; poi la Confraternita doveva nominare un Sacerdote, a preferenza parente del D. Giacomo o terrazzano, con obbligo di tre Messe ebdomadarie in S. Rocco, compresa la festiva, a comodità del popolo. Il Notaio Filippo Serra, vistosi escluso nel testamento 1791, ne impugna il valore e la causa viene portata in Senato, che in data 31 Dicembre, /245/ dichiara nulla la donazione 1788 e valido il testamento.

Questa Cappellania, nel 1866, fu incamerata, qual Beneficio semplice; per ricorso del Parroco, fu restituita quale Legato.

Chiesa campestre di S. Emiliano, Vescovo

Non possediamo dati di fondazione, ma è ovvio ritenere che una Chiesa dedicata ad un Santo Vercellese sia stata eretta prima del 1474, anno in cui Albugnano veniva smembrato dalla Diocesi di Vercelli. Ma non deve essere anteriore al 1300, perché in quei tempi non si erigevano Chiese se non uffiziate da qualche Sacerdote: cosa certo mai praticata in S. Emiliano.

La prima memoria ci è data da un testamento, 1524, di Valle Bernardo, rog. Serra Giacobbe, legante certa somma alle Chiese di S. Sebastiano, S. Antonio e S. Emiliano (Arch. Civ. Casale). La prima Visita che ne parli è quella del 1658, in cui è detta già della SS. Trinità. Si è dubitato che l’antica Chiesa fosse posta sul poggio che sta di fronte, ove sorge una croce e vi si trovarono ossa umane. Ciò si può escludere in modo assoluto: forse il poggio servì per sepoltura in tempo di peste; di più, siccome la presente Chiesa fu fabbricata solo nel 1740, la tradizione ci avrebbe tramandato il fatto del trasloco. Pertanto, la Visita del 1724 trova la Chiesa angusta, l’altare appoggiato al muro, e permette che si possa ampliare con denaro del Priore e L. 30 lasciate da Barbero Giacomo. Però non si fa nulla, giacché D. Carlo Malpassuto, delegato Vescovile, il 3 Dicembre 1732, ordina ancora di rifarla. Finalmente, nel 1748, il Curato Nebbia dice la Chiesa «rifatta e riparata»; queste sue parole significano però sullo stesso sito.

La Visita del 1750 nota che S. Emiliano possiede un bosco di tavole sei, venduto forse per pagare le spese della ricostruzione, a cui concorse anche l’Abate Merlino, offrendo l’attuale calice e pianeta rossa. Nel 1840, /246/ al Coro quadrato si aggiunse un’abside e, già nel 1800, si era innalzato il campanile la cui cupola rovinata, venne rifatta nei 1816 su buon disegno. Nel 1903 il fulmine nuovamente ne rovina la parte superiore che viene rifatta dal piano delle campane, in guglia però troppo comune. Nel 1803 si trova sul campanile una sola campana; nel 1816 se ne compera una seconda ed ambedue vengono rifuse e benedette nel 1913.

La Visita del 1681 parla già della presente Icona che porta nel centro la B. V. ed ai lati S. Emiliano e S. Defendente, il tutto sormontato da piccolo triangolo, simbolo della SS. Trinità. S. Emiliano, Vescovo di Vercelli, morto l’11 Settembre 506, è invocato contro la febbre malarica ed i graziati offrono alla Chiesa un mattone. S. Defendente è protettore contro gli incendii.

Chiesa campestre di S. Gottardo, Vescovo

Ritengo che sia stata eretta circa il 1600. Infatti l’Icona, portando anche S. Rocco, proverebbe l’erezione in data anteriore all’anno 1630 in cui fu votata una Chiesa a detto Santo. Di più, nelle Visite 1577-84, si parla di un altare, in S. Giacomo, dedicato ai Santi Gottardo e Antonio, altare che la Visita 1591 ordinava di togliere, perché in cattivo stato. Eseguito questo ordine, anche per fare posto al nuovo altare del Rosario, poiché San Gottardo era invocato contro i mali delle gambe, le famiglie Vaj si accordarono e riedificargli una Chiesetta in campagna.

Le Visite pastorali, a cominciare da quella del 1712, parlano di questa Chiesa, ma si riferiscono sempre a necessarie riparazioni. Nel 1720 è riedificata, rialzata ed allargata, per legato di Bruna Margarita, nata Vaj, morta a Torino; nel 1766 si ribenedice «per aver formato pavimento, altare e muraglie» e, nel 1816, è dichiarata fuori uso da otto anni. Causa la costruzione della nuova strada per Castelnuovo, nel 1875 si dice non funzionata da sette anni.

/247/ La Chiesa non ha nulla di artistico, misura internamente m. 3 × 4 circa, l’altare sta contro il muro e l’Icona, mediocre, con cornice in caice, porta oltre il Titolare, anche S. Rocco e S. Liberata Vergine, protettrice, con sua sorella Faustina, dell’Infanzia abbandonata. La festa di S. Gottardo, monaco e Vescovo in Baviera, ricorre il giorno di sua morte, 4 Maggio 1038, ed è invocato contro i mali delle gambe, le fratture di ossa e i calcoli.

Chiesa campestre di S. Martino, Vescovo

Iniziata nel 1886 dai fratelli Torrero, fu Stefano, col concorso dei borghigiani, e condotti i muri fino all’imposta della volta, nel 1888, per discordia, si arrestarono i lavori. Nel 1898, fatta rinunzia, dai fratelli Torrero, alla privata iniziativa e sito proprio, i borghigiani ne completarono l’opera e si benedisse il 13 Novembre. La facciata dorica, massiccia, ma di buon gusto, è opera di Trivero Enrico, agricoltore d’Albugnano, che ne impastò anche i mattoni. Ideato dallo stesso ingegnoso Trivero è ancora il Pilone di S. Marco, portante sul timpano, in pietra, il leone ed il bue. L’Icona che poggia al muro è opera dell’Alleson, da Torino, e S. Grato, fatto dieci anni dopo, è un dipinto del Conte Rodolfo Curbis. La Chiesa ha piccolo campanile con campana e tutti gli utensili per la S. Messa; è però assai angusta.

Oratorio famigliare Serra-Curbis

È stato eretto ed autorizzato nel 1723 dal Vescovo di Casale a favore del novello Conte Bartolomeo Serra. L’autentica concessione si conserva nell’Oratorio. Il Curato Nebbia, 1748, dice che non vi si celebra più, e nelle Visite 1750-64, non se ne fa cenno. Nel 1824 ai Serra successero i Curbis di S. Michele, a favore dei quali /248/ abbiamo un Breve Pontificio, 4 Agosto 1857 e relativo Decreto Vescovile. Vi si celebra raramente.

S. Giacomo Parrocchiale

La Chiesa

Quando il Capitolo di Vezzolano, nel 1226, investiva il Marchese del Monferrato del Castello di Albugnano, si riservava un sedime per fabbricarvi una Chiesa; non essendo ammissibile che si intendesse di erigere una Chiesa a fianco di un fortilizio, possiamo ritenere che S. Giacomo sia stata edificata verso il 1450, cioè dopo la distruzione della fortezza, avvenuta nel 1401. Infatti in essa troviamo i caratteri del tardo romanico e nel sesto acuto degli archi centrali e nel rialzamento dei muri sugli archi per l’imposta della volta, sebbene a soffitto. Tuttavia l’occhio non si orienta facilmente verso la realtà, perché la Chiesa porta anche spiccati caratteri di primitivo romanico, cioè: pianta basilicale, composta di un rettangolo diviso da due file di colonne in tre navate di uguali campate; gli archi centrali su colonne sormontate da collarino e semplice abaco; gli archi laterali invece a pieno centro su capitelli cubiformi, con volte a spicco; una sola abside centrale voltata, ... nave trasversale e campanile ...; nell’orig. la e è scritta a penna sopra un punto e virgola; ma qui forse la correzione non ci voleva. senza nave trasversale e campanile. Essendo stati abbattuti tutti i muri esteriori e rifatta la facciata, non abbiamo più indizi delle finestre e della forma dell’abside; sappiamo solo che il coperto era a due falde, per lato e che una piccola finestra, a pieno centro e con poco sguancio, stava in capo alle navi laterali. La vecchia Chiesa internamente misura, non compresa l’abside, m. 16,30 × 10,20; la nave centrale è larga m. 4,10 e le laterali 2,20, escluse le colonne.

A spese di chi fu fatta
e quando diventò parrocchiale

Il Consiglio, nel 1676, la dice pubblica e libera da /249/ ogni ingerenza dell’Abate. Da principio è detta Chiesa dei Disciplinati, perché in essa v’erano i Confratelli della SS. Trinità; ma, eretta dal pubblico, all’esordire dei Curati secolari, credo che fosse uffiziata come Parrocchiale fin dal suo nascere, almeno nelle Domeniche.

Questo passaggio di Parrocchiale non si fece certo di colpo; pare che in S. Pietro si facessero gli uffizi funebri ed in S. Giacomo si amministrassero i Sacramenti. Infatti nel 1564 si ordina al Curato Marchisio di non amministrare i Sacramenti se non in S. Giacomo; nel 1577 v’è già il Fonte Battesimale e nel 1584 si parla del pulpito e del soffitto da riparare. La Visita 1619 dice la Chiesa vicina al Castello, con terrapieno a Nord, alto piedi tre e con una porta sola a sera, essendo posta su alta terra a Sud.

Ampliazioni e ristorazioni

Nel 1659 il Comune, impiegando il lascito D. G. M. Serra ed altri, fa la volta alla nave centrale e nel 1672, abbatte l’abside per edificare il Presbiterio, il Coro e due piccole sacrestie ai lati Nord e Sud. Il Consiglio, nel 1673, dice ancora d’aver costrutto due Cappelle (?) in cornu epistolae a scopo di erigere due altari: uno a S. Grato, l’altro a S. Giuseppe. Nel 1764 lo stesso Consiglio allarga la Chiesa d’una navata a Nord e la stessa cosa prende a fare nel 1779 a Sud finendo nel 1787. Ampliata la Chiesa delle due navate, il tetto fu ridotto ad una sola falda per lato; fu rialzato poscia nel 1901 per dargli maggiore inclinazione.

Nel 1834 il Prevosto Sartoris, sull’area della Sacrestia a Sud ed altra uguale attigua, innalza nuova, spaziosa e quadrata Sacrestia, con volta a crociera. Piccola lastra di marmo, posta esternamente, ne ricorda così il fatto: su quest’iscrizione, vedi → nota

Exaudi de coelis parvi Sacrii domus angusta
amlta magnice publ. sumptu plebisq. devtne
Deo dicata 1834. E. S. P.

/250/ Affine d’aver maggior spazio in Chiesa e renderla esteticamente più rettangolare forse da correggersi in più regolare più rettangolare, l’anno 1900 si occupò metà l’area della sacrestia per fare una nuova Cappella del Rosario ed allargare il Coro. Parimente si fece nell’altra navata, costruendo a fianco una nuova Sacrestia. In questa occasione si abbatterono i grossi cornicioni barocchi del Coro, del Presbitero e lungo i muri laterali; si rifecero a nuovo modello tutte le finestre, con vetri cattedrali a gran fuoco, e finalmente, nel 1924, si ristorò con nuova volta e nuove finestre il residuo di sacrestia a Sud.

La facciata della Chiesa venne ritoccata e ristorata verso il 1890.

Altare, Pulpito e Battistero

La Visita 1750 accenna ad un altare in mattoni, con sopra due gradini in legno e con tabernacolo con colonne e figure. Questo tabernacolo nel 1577 è detto bellissimo e regalato dall’Abate Sitico. Il Prevosto Teologo Muretti, nel 1822 e con L. 500, erigeva il presente altare in scagliola, per mezzo di Benedetto Bosio, da Asti. Nel 1900 si fornisce di due gradini in marmo. La balaustra, in marmo di Gassino ed in buona forma, è fatta nel 1762 e così il cancello di ferro che la chiude.

Il pulpito fu da principio contro la colonna di mezzo in cornu evangelii con sottostante confessionale. L’attuale intarsiato, opera di Giuseppe Navono, da Chieri, sostituì nel 1767 il vecchio, contro la stessa colonna; ma poscia fu traslocato vicino alla balaustra nel 1902.

Il Battistero, nella Visita 1577, è trovato già da riparare e di pietra troppo dolce, perciò, nel 1760, se ne colloca uno in pietra di Gassino, che il Prevosto Argenta mette fuori uso per la rottura della vasca. In sostituzione ne fabbricò uno in mattoni, alla destra di chi entra in Chiesa, mentre l’antico era a sinistra. L’attuale, in marmo di Frabosa e di stile romanico, con tempietto in legno, è opera del marmista Prof. Caro, da Chivasso e Sala da Verolengo, in memoria della Conciliazione /251/ tra il Vaticano e l’Italia. Il quadro di S. Giov. battezzante Gesù sembra del 1757, come il cancello.

L’orchestra risale al 1826 allorché si collocava il piccolo Organo del fabbricante Marini, da Torino; nel 1914 vi si colloca altro Organo maggiore, del Mentasti, acquistato in Asti dalla soppressa Confraternita della Misericordia. La scala presente è fatta nel 1880.

La Via Crucis è opera del Bernero, nel 1807, e, nel 1920, è arrichita di nuova cornice gotica. I banchi ed il pavimento in cemento risalgono al 1884; il pavimento e gradini in marmo dei tre Presbiteri è opera del 1900: Nel 1732 il Vescovo ordina di togliere due teschi umani, che servivano per vaso d’acqua benedetta.

Gli Altari laterali

Le Visite 1577-84 trovano, oltre il maggiore, cinque altari chiamati di S. Maria, di S. Sebastiano, di S. Giov. Battista, di S. Giov. Evangelista e di S. Antonio con S. Gottardo. Questi altari, nella Visita 1591, sono detti in cattivo stato, perciò si ordina o di ridurli o di levarli. In maggior parte erano però di privati.

Altare del S. Rosario. – È posto contro il muro, in capo alla navata in cornu epistolae ed in luogo di un altro in cattivo stato; già la Visita 1591 ne parla come di recente fondato, poiché si concede di tenerlo, se è provvisto del necessario. La pala, opera del Moncalvo, venne ordinata dal Curato Musso e pagata in scudi 45; le colonne, d’ordine corinzio, con ricco architrave e frontone, credo siano opera del 1637, quando il Vescovo permetteva di spendere le elemosine e di vendere terre per fare l’Icona (?). La statua porta chiari caratteri di icnografia settecentesca; la prima memoria però è solo del 1732, quando si dice nascosta dietro il quadro. Il pagliotto, in scagliola a colori, è fatto da Giacomo Solari Comasco nel 1739; il tabernacolo, le piramidi, le Carteglorie, di buon disegno, sono comperate d’occasione a Torino nel 1750; nel 1780 lavora /252/ attorno a quest’altare uno scultore e, nel 1858, si fanno dorature all’altare e alla statua della Vergine. L’altare nel 1900 viene retrocesso nell’attuale cappella e nel 1926 si orna dei 15 misteri del Rosario in tela.

Della Confraternita del S. Rosario – Nel 1619 si dice che c’è la Compagnia della Madonna e, come quella del Sacramento, derelitta; questa Compagnia non pare quella detta del Rosario, poiché, in data 14 Gennaio 1621, gli uomini d’Albugnano, per accrescere la divozione verso la Madonna, ottengono da Monsignore Scipione Pasquale, Vescovo di Casale, il permesso di erigere la Confraternita del S. Rosario. All’uopo perciò fanno ricorso a Chieri presso il P. Giacinto Broglia, Priore di S. Domenico, il quale, con lettera 12 Marzo, delegava il P. Silvestro Riccio, di Pocapaglia. Questi, il 14 Marzo, presenti il Curato Musso, Domenico Serra, Quirico Barbero, Sindaci, il R. D. Serra G. B., Vicario di Vezzolano e il Conte Tomaso Grisella, di Pogliano, erigeva la detta Compagnia all’altare del Rosario. Le Bolle relative sono in data 6 Febbraio 1649.

È la Compagnia che visse di vita più florida; infatti, già nel 1625 D. G. M. Serra legava, presso la Comunità, 160 scudi; Bartolomeo Ferraro, circa lo stesso tempo, una vigna, ed altrettanto facevano Giovanni Conrotto e Giovanni Negro, donando prato, campo e canaparo. Suo fine è il maggior culto a Maria V.; promuove processioni nella festa del S. Rosario, prime Domeniche dei mesi e Messa cantata, in suffragio dei confratelli defunti, al lunedì dopo la prima domenica del mese. Gli ascritti pagano un coppo di grano e non vestono abito. In Curia di Casale, unitamente alla Visita 1712, è allegata una lunga relazione della Compagnia per il suo Priore Giac. Antonio Serra, Not.

Dei soppressi altari della Madonna e di S. Orsola. – In capo alla nave laterale in cornu evangelii, /253/ contro il muro, sorgeva anticamente l’altare detto della Madonna, in protezione delle Vergini e che il Vescovo, nel 1619, ordinava unire a quello del Rosario. Verso il 1640, al posto di quello ne troviamo uno nuovo di S. Orsola, parimenti protettrice delle Vergini. La data 1640 avvalora l’asserzione che la Pala di S. Orsola sia opera di Orsola, figlia del Moncalvo, morta il 26 Luglio 1676, d’anni 80.

Nel 1764, ampliata la Chiesa della navata a Nord, in capo ad essa ed a fianco di quello di S. Orsola, fu eretto un nuovo altare in onore di S. Grato; ma nel 1681, non so per quali ragioni, i due altari furono scambiati di posto. Così, S. Orsola stette nella navata estrema fino al 1846, allorché il Prevosto Argenta, aggregate le Vergini sotto Maria Immacolata, distrusse l’altare, costruendo nel muro una nicchia per la statua di S. Antonio.

Dell’altare di S. Grato e S. Barnaba. – Detto altare tenne tre luoghi diversi: nel 1673 il Municipio lo collocava in uno sfondo del muro laterale a sud (seconda arcata); nel 1764, ampliata la Chiesa a Nord, la stessa Comunità lo ricostruisce in capo alla nuova navata e si benedice dal Teol. Zeglio, Segretario e Convisitatore; nel 1781 cambia il posto con l’attiguo di S. Orsola, dove trovasi oggidì, ma retrocesso.

La Visita 1681 parla di Icona di S. Grato, a cui, nel 1777, si fece una cornice in stucco dal Mastro Giac. Serra e Sig. Dasso pittore, da Castagneto. Nel 1809 il Prevosto. Muretti spende L. 237 per nuova Icona del Bernero, Prof, alla R. Accademia Albertina, con cornice in stucco, sostituita nel 1904 dalla presente in legno, fatta dal Sala. Il palliotto è anche del Solari, 1739. S. Grato è protettore contro la grandine e S. Barnaba contro i fulmini.

Del soppresso altare di S. Francesco Zaverio e S. Giuseppe. – Come quello di S. Grato, è ordinato /254/ dal Municipio e collocato contro il muro laterale a Sud, in sostituzione di uno vecchio distrutto. Nel 1781, costrutta la nuova nave a Sud, si colloca in capo alla medesima. Dell’Icona si parla già nella Visita 1681: è di mediocre mano. Finalmente, nel 1846, il Prevosto Argenta lo soppresse, a scopo di aprirvi una porta d’accesso alla sacrestia e Coro, porta chiusa nel 1901, quando si fece l’attuale dalla Cappella del S. Rosario.

Dei nuovi altari del S. Cuore di Gesù ed Immacolata. – In capo alle due navate estreme, in cui già figuravano gli altari di S. Giuseppe e di S. Orsola, nel 1918, a ricordo della grande guerra, si eressero, a Nord, l’altare del S. Cuore di Gesù, con statua in cartone romano e a Sud, l’altare dell’Immacolata per le Figlie di Maria, con statua in legno del 1883. Gli altari, in forma romanica ed in graniglia alla veneziana, sono di Giuseppe Cremasco, da Casale; lo stucco superiore è ancora del 1787 e le cornici in legno sono del Sala Enrico, di Verolengo.

Compagnia delle Figlie di Maria. – Come già detto, le Vergini avevano, fin dal 1577, per loro devozione l’altare della Madonna, in capo alla nave a Nord.; nel 1640 allo stesso scopo e nello stesso luogo venne eretto un altare a S. Orsola. Nel 1847, 14 Agosto, dal Prevosto Argenta venivano poste nuovamente sotto Maria Immacolata, aggregate poscia all’Arciconfraternita di Roma il 17 Settembre 1897. Scopo della Compagnia, oltre la devozione di Maria SS.ma, è il maggior decoro nelle processioni e sepolture; la sua festa solenne si celebra nella terza Domenica d’Ottobre, giorno della Purità di M. V.

Campanile – Campane – Orologio

Il Campanile sorse nel 1574 per iniziativa del Sindaco Giacobbe Serra, Notaio e forse padre di D. Serra /255/ G. M. Su pietra corrosa contro il muro si legge:

De anno 1574
Die 1 Apr. fuit
Princip. et de
Consi. Iac. Serra
C. T. R. Ac. Rec.
..... I. M.

Le due ultime righe guaste sembrano accennare al Curato o Rettore d’allora, D. Giov. Marchisio. Nel 1754, demolito fino al piano delle campane, fu rialzato di due trabucchi, informato al rinascimento, con cornici di buon gusto, mentre la parte vecchia è a spigoli vivi. Per quest’opera il Comune bilanciava, nel 1750, L. 300; ma occorsero L. 600, pagate nel 1761. Nel 1767 il falegname Omegna Giovanni fa la capriata (castello) per le campane e, nel 1909, si fanno le nuove scale, il ripiano delle campane in cemento e il castello in ferro dalla Ditta Achille Mazzola.

La prima memoria di Campane è riferita dalla Visita 1619 che trova una campanella sull’arco maggiore della Chiesa ed ordina che venga trasferita sul campanile. Nel 1681 se ne benedicono due; nel 1724 Mons. Radicati ne benedice tre di rispettivi rubbi qui e poco sotto nell’orig. rubli, non corretto rubbi 40, 30, 15; nel 1749 ne vien benedetta una di rubbi 60 e nel 1777 se ne fanno rifondere tre. Mons. Giacinto della Turre, nel 1808, in Torino, ne benedice una; nel 1817 si benedice l’attuale minore, di eccezionale sonorità e, nel’1868, si rifonde in Asti, dai fratelli Melchiore, la maggiore di sorprendenti vibrazioni. La mediana venne rifusa nel 1897 e nel 1905.

L’orologio è coevo al rialzamento del campanile; infatti la prima notizia è del 1756, allorché in Comune si dice che va riparato dall’acqua e che si fanno lavori all’uopo. Appresso, nel 1792, si fa presente che abbisogna di riparazioni, le quali vengono eseguite nel 1793 da certo Andrea Bussi, da Chieri, che vi lasciò impresso il suo nome. Il vero orologiaio sarà senza dubbio lo /256/ stesso Serra Tomaso, residente a Chieri, che, nel 1771, fabbricava quello di Pino d’Asti e del quale non risulta il vero luogo d’origine. Le probabilità maggiori lo indicano di Albugnano, perché a Chieri non v’erano dei Serra, ed anche dal fatto che i fabbro-ferrai di Albugnano erano dei Serra. – → P. III Cap. III pag. 222 Ved. Cap. III, N. 34.

[Note a pag. 241]

(1) I fratelli Ubertino e Marc’Antonio fu G. B. Not. ereditarono dal loro zio Ubertino, per testamento 1604, un Fide-Commesso che nel 1640 vendettero ai suddetti fratelli Serra Dom. Carlo e Gerolamo, a scopo di pagare altri Fide-Commessi comperati dal Not. Ubertino in Cunico. In Albugnano il contratto, non essendo legale, si ricorse in Senato ed al Re, ma forse invano, perché nel 1663 il G. B., del fu Ubertino Not. e zio Marc’Antonio, rescindono il contratto 1640 coi fratelli Serra. Questo Fide-Commesso comprendeva Casa e stabili in reg. Colombaro. Torna al testo ↑

[Nota del curatore a pag. 249]

Il Bosio, → Storia dell’antica Abbazia e del Santuario di Nostra Signora di Vezzolano... pag. 121 riporta in modo leggermente diverso il testo.
Oggi le lettere sono state ripassate in vernice nera – non so con quanta precisione – e si legge la data 1836

Iscrizione sul muro della Parrocchiale
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