Libro dei Miracoli
di Santa Fede
Trad. Maurizio Pistone

Libro I

Latino →

13.

Si deve permettere l’esistenza delle statue dei santi a causa di una invincibile e innata consuetudine dei semplici, soprattutto perché la religione non ne ha alcun danno. La vendetta celeste [contro coloro che le disprezzano]1

Sono numerose oltre ogni dire le volte che la giustizia divina compie terribili castighi contro coloro che disprezzano Santa Fede. Vogliamo ora parlare di un fatto mirabile, relativo alla statua della santa martire di cui parlavamo prima. Per antica consuetudine, in Alvernia, nel Rouergue e nel Tolosano e nelle altre regioni vicine, si erigono statue dei santi in oro, o argento o altro metallo, a seconda delle diverse possibilità e secondo la devozione di ciascuno, per porvi dentro il suo capo, o un’altra parte del corpo, con grande venerazione. La cosa ai sapienti sembra giustamente una pratica superstiziosa, come se si mantenesse in vita un antico culto rivolto agli dei delle antiche religioni – o piuttosto ai demoni.

Anch’io pensavo stoltamente che si trattasse di una aberrazione contraria alla legge cristiana, quando per la prima volta vidi sull’altare la statua di San Geraldo2, splendente d’oro purissimo e di preziosissime gemme, e così somigliante al volto di una persona viva, che ai numerosi rustici presenti sembra che questa corrisponda i loro sguardi, e con il lampeggiare degli occhi risponda alle loro preghiere. A quel punto ridacchiando colpevolmente dissi in latino3 al mio Bernerio4: “Che te ne pare, fratello, di quest’idolo? Pensi che Giove o Marte avrebbero trovato questa statua poco adatta a loro?” E Bernerio, stando al gioco, rispose abilmente, con parole di critica che dovevano sembrare di lode. E in questo c’è un motivo valido. Infatti poiché all’unico sommo vero Dio si deve indirizzare la nostra devozione, sembra azione empia e assurda costruire una statua in gesso, legno o bronzo, se non l’immagine del Signore crocifisso. La Chiesa santa e universale ammette che si faccia quest’immagine scolpita o plasmata per celebrare con devozione la memoria della Passione. Per richiamare invece alla vista degli uomini la memoria dei santi, si ricorre alla veridica testimonianza dei libri, o a immagini dipinte sui muri con colori sobri e scuri. Infatti non si tollerano le statue dei santi, se non laddove quest’abuso risulti antico, e si voglia venire incontro ad un’invincibile e radicata consuetudine dei semplici. E quest’abuso è così forte in quei luoghi, che se io in quell’occasione avessi detto chiaramente quel che pensavo della statua di San Geraldo, non l’avrei di sicuro passata liscia.

Finalmente dopo tre giorni di viaggio arrivammo da Santa Fede. Per fortuna, entrando nel monastero trovammo aperto il luogo segreto dove si custodisce la statua venerabile. Rimanemmo in piedi di fronte ad essa, in uno spazio così stretto, in mezzo ad una così fitta moltitudine di gente prostrata per terra, che non ci fu possibile inginocchiarci. Rimasi così in piedi, in quella posizione scomoda, a guardare l’immagine, ed pronunciai queste precise parole di supplica: Santa Fede, che sei presente in quest’immagine con parte del corpo, soccorrimi nel giorno dei giudizio. Quindi guardo nuovamente di sottecchi sorridendo il mio collega scholasticus Bernerio, pensando come fosse sciocco e privo di senso che tanti esseri razionali supplicassero una cosa muta e senz’anima. Ma questo mio vaniloquio, questo mio pensiero meschino non veniva da un cuore puro, poiché quella che io disprezzavo, considerandola un simulacro come quelli di Venere o Diana, non è un idolo a cui si offrono sacrifici, ma una sacra immagine che ricorda la reverenda martire per onorare il sommo Dio.

In seguito ho avuto motivo di pentirmi fortemente di essermi comportanto in modo così stolto verso quella santa di Dio. Fra le varie relazioni di miracoli, don Adalgerio5, che allora era decano, e in seguito, come sono venuto a sapere, abate, uomo venerabile e probo, mi parlò di un certo chierico di nome Odalrico. Costui, poiché veniva considerato un po’ più saputello degli altri, un giorno in cui la venerabile immagine fu portata per un qualche motivo da un’altra parte, corruppe i cuori degli uomini al punto tale da impedire l’accesso a coloro che volevano fare offerte, e denigrava aspramente la sacra martire, blaterando non so quali sciocchezze a proposito della sua immagine. La notte seguente, mentre mentre dava riposo al suo corpo avvinazzato, in sogno gli comparve di fronte la Signora in atto di terribile autorità, dicendogli: Ehi tu, farabutto, come hai osato insultare la mia immagine? Detto questo, con un bastone che teneva nella destra diede una gran botta all’insolente. Questi il giorno dopo sopravvisse appena quanto bastava per riferire quel che gli era capitato.

Non c’è altro da dire, per capire che si deve avere venerazione per l’immagine di Santa Fede, e chi la insultava non è riuscito a sminuirla per niente; questa non è uno di quei luridi idoli a cui ci si accostava con riti ignobili per fare sacrifici o trarre auspici, ma la pia memoria di una santa vergine, a cui si deve invocare col maggior decoro e grande compunzione di cuore fedele un’efficace intercessione per i propri peccati. E si può sensatamente capire che questa statua così artisticamente scolpita come custodia di un sacro pegno è insigne per un tesoro più prezioso di quello dell’antica arca dell’Antico Testamento. Infatti in essa è custodito il capo di una così grande martire, che è certamente una fra le più splendenti perle della Gerusalemme celeste. E grazie ai suoi meriti la divina bontà opera miracoli così grandi, quali non abbiamo mai sentito sé saputo che nel nostro tempo accadano grazie a nessun altro santo. Quindi l’immagine di Santa Fede non si deve né disprezzare né distruggere, poiché nessuno per causa sua potrà ricadere nell’antico errore, né si potrà veder sminuito il valore dei santi, né alcun aspetto della religione corrompersi.

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1. In questo capitolo Bernardo riprende la narrazione autobiografica avviata nella lettera introduttiva sul suo viaggio a Conques e il mutamento di opinione riguardo al culto delle statue dei santi. Torna al testo ↑

2. Geraldo conte di Aurillac condusse una vita di devozione, e fondò in quella città un monastero, pur rimanendo nello stato laico fino alla morte, avvenuta nel 909. La statua a lui dedicata fu uno dei primi e dei più famosi esempi del rinascere della statuaria alla fine dell’alto Medioevo. Torna al testo ↑

3. È molto significativo quest’uso del latino come codice proprio del ceto colto, che serve a non manifestare apertamente le prorpie opinioni di fronte al pubblico dei fedeli Torna al testo ↑

4. Bernerio era scholasticus, collega e forse successore di Bernardo nella cattedra di Angers. Torna al testo ↑

5. Adalgerio è l’abate a cui Bernardo indirizza la lettera conclusiva di questo Libro (I, 34).
Non abbiano invece notizie del chierico Odalrico. Torna al testo ↑