Libro dei Miracoli
di Santa Fede
Trad. Maurizio Pistone

Libro I

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17.

Santa Fede chiedeva dell’oro per fare la tavola dell’altare

Il monastero di Conques è dedicato al Santo Salvatore. Ma dopo che anticamente due monaci vi ebbero portato furtivamente dalla città di Agennum il corpo della martire, per i numerosi miracoli che vi si manifestavano prevalse il nome di “Chiesa di Santa Fede”.

Ai nostri tempi, dopo la vicenda di Witberto, che tutti conoscono come l’“Illuminato”, la fama di un miracolo così grande si diffuse in quasi tutta l’Europa, e molti fedeli conferirono per testamento i loro beni e benefici a Santa Fede. Per questo l’abbazia, che fino a quel tempo era stata povera, cominciò ad arricchirsi e a diventare famosa.

Prima di Witberto, non c’erano tanti reliquiari in oro o argento, né tanti crocifissi, o grandi urne; di queste ce n’era una sola, tutta in oro, con moltissime pietre preziose, e due in argento; non c’erano candelabri o turiboli, neppure una tavola preziosa dell’altare, né tutti gli ornamenti di ogni genere ad abbellire la chiesa. La più importante decorazione era l’immagine [della santa]1, prodotta nei tempi antichi, che oggi sarebbe considerata roba da poco, se non fosse stata del tutto rinnovata e impreziosita.

E perché non farlo, visto oltre ad essa vi è un grande crocifisso, tutto fuso in argento finissimo, tranne la corona e il panno intorno ai fianchi, di un oro che per fulgore supera ogni altro oggetto prezioso?2

Vi sono poi tavole in argento, con numerosi inserti di oro e pietre3.

Infine rimane da ricordare la tavola d’oro dell’altare principale, lunga non meno di sette piedi e due dita – non voglio dire i piedi dei geometri, ma quelli che usano solitamente i contadini, unendo le due mani aperte e congiunte per le punte dei pollici4. La chiesa di San Martino di Tours ne ha due più grandi, ma non più belli per le gemme e la cesellatura.

Non sto a ricordare tutte le altre cose preziose, le corone, i calici, vasi di diversi generi: devi vederli di persona per credermi. E tacerò del tutto i pallii, le cappe e gli altri ornamenti del genere, per non allontanarmi troppo dall’argomento.

E così, mentre molti conferivano alla chiesa grandi tenute agricole e possedimenti fondiari, non di meno sia i locali sia i devoti pellegrini si addossavano la spesa di oro, argento e pietre preziose, tanto che la grande quantità di oro convinse i monaci a realizzare una nuova tavola per l’altar maggiore5.

Però una volta iniziata l’opera ci si rese conto che l’oro a disposizione, benché fosse in grande quantità, fu presto usato tutto, e c’era bisogno di più oro e più gemme.

Così furono pochi quelli che avevano ancora un anello prezioso, una spilla, un bracciale o un fermaglio per capelli o altre cose del genere, che non fossero interpellati da Santa Fede o con una semplice preghiera, o con una richiesta pressante perché dessero queste cose per la confezione della tavola dell’altare; e ad ognuno appariva in sogno, in forma di fanciulla bellissima non ancora cresciuta. E faceva richieste non meno insistenti anche ai pellegrini che da ogni parte arrivavano.

Così fu prodotta una tavola d’oro e gemme così bella e grande, che raramente ho potuto vederne altrove una migliore, anche se non ho ancora superato il valico di Giove6, per andare in quella terra dove si dice che ci siano cose di maggior valore artistico.

Avanzò ancora parecchio oro, che fu poi usato per usi sacri.

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1. La cosiddetta maiestas di Santa Fede venne realizzata in diversi tempi, a partire da una semplice statua in legno a cui era unita una testa di origine romana; la forma definitiva, che è quella che vediamo ancora oggi, probabilmente fu realizzata ai tempi dell’abbaziato di Stefano I, sul modello della maiestas di Santa Maria col Bambino collocata dallo stesso vescovo-abate presso la cattedrale di Clermont. Torna al testo ↑

2. Seguendo L. Robertini ristabilisco il punto interrogativo alla fine della frase, presente in S. ma omesso da Bouillet. Torna al testo ↑

3. Queste “tavole” sono chiaramenbte delle icone con inserti preziosi. Torna al testo ↑

4. Il “piede geometrico” dovrebbe essere quello romano, di 29,6 cm; il piede dei “rustici” così descritto è di circa 40~45 cm. La lunghezza totale della tavola risulta quindi essere di più di tre metri. Torna al testo ↑

5. All’epoca l’altare era ancora una tavola su cui l’officiante, rivolto verso i fedeli, quindi stando dietro ad essa, poneva i vasi per la celebrazione dell’Eucarestia. Per “tavola” si deve quindi intendere il piano della mensa; o forse la decorazione con immagini sacre (detta antepedium o paliotto) che si trovava in basso sul lato anteriore. Solo in un’epoca successiva l’officiante passò davanti all’altare, volgendo le spalle ai fedeli; a questo punto le immagini sacre furono appoggiate sopra l’altare, dando origine alla pala, detta anche “ancona”. Torna al testo ↑

6. Il “valico di Giove” Iovina iuga è il Gran San Bernardo, principale via d’accesso per l’Italia. Torna al testo ↑