Libro dei Miracoli
di Santa Fede
Trad. Maurizio Pistone

Libro I

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24.

Il mercante disonesto

Un mercante dell’Auvergne se ne andò da Santa Fede per pregare. Subito vide che la cera era a buon mercato, poiché se ne trova sempre a basso prezzo per il grande afflusso di pellegrini che offrono candele. Poiché era molto esperto in quell’arte, subito pensò: Che sciocco che son stato a non pensarci! è un affare facilissimo, che mi potrà arricchire e darmi una buona posizione! Ma adesso che ho capito quelo che prima ignoravo, mi darò abilmente da fare: e tornerò subito a casa e andrò avanti e indietro più volte. Coraggio, all’opera!

Messosi d’accordo con un venditore, fa subito incetta di una gran quantità di cera, pagando dieci soldi, ne compra una gran quantità e la mette nei sacchi. E già si rallegra, pensando di guadagnare non meno del quadruplo. Bene bene, questo è solo l’inizio. E quanto guadagnerò se tornerò altre volte? Ma andiamo alla fine della storia.

Rimaneva un bel cero, che non stava più nel resto del carico. Quest’uomo avido se lo mise davanti, sotto la veste, in modo che la parte spessa era schiacciata sotto la cintura, la parte sottile usciva per lo scollo ed arrivava fino alla barba. Ma l’onnipotente vendetta di chi guarda tutto dall’alto non permise che l’arroganza dello speculatore rimanesse a lungo nascosta. Infatti quel cero, acceso improvvisamente da un fuoco divino, cominciò a bruciare fortemente la piega dell’abito in cui era serrato, e ad emettere vapori ardenti con un turbine di fumo, e una palla di fuoco gli accese la barba, mentre anche le punte dei capelli bruciavano con uno stridore crepitante. La camicia di lino non poté proteggere ciò che sta dietro al ventre, ed anche il posteriore del corpo era avvolto da vortici di fiamme. Allora avresti visto con stupore quel pazzo che mandava orribili muggiti, scalciava rumorosamente, strideva i denti, roteava gli occhi, storceva in modo esasperato tutto il corpo; quel poveretto provava sofferenze intollerabili, ed era sbattuto qua e là, come un serpente, colpito all’improvviso, che ora si appallottola incurvando il dorso, ora scatta con impeto rovinoso, avanza il collo pieghevole, cercando la via di fuga, ma non riesce a riprendere forza, e di nuovo minaccia l’aggressore roteando gli occhi iniettati di sanguee sibila dalla bocca.

Così quel poveretto correndo qua e là andava avanti e indietro, ora prono, ora supino, e non poteva prendere fiato, sopraffatto da una forza superiore. Ma un ultimo residuo di buon senso umano lo ricondusse alla penitenza. Corse lanciando alte grida al sepolcro della piissima martire, e non fece neanche in tempo a restituire tutta la cera, che il castigo dell’incendio si spense; e non si lamentò del danno economico, contento di aver potuto scampare a quel tormento.

Giunto a questo punto, credo di non aver offeso nesuno, se esalto la bontà lodevole e mirabile di Santa Fede anche in questo, di aver castigato il peccato dell’avarizia per non lasciar venire meno il buon mercato di ciò che serve ai pellegrini.

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