Libro dei Miracoli
di Santa Fede
Trad. Maurizio Pistone

Libro I

Latino →

25.

Il custode Gueriberto, che contro la sua volontà dovette restituire l’oro a Santa Fede

Non tralascerò di raccontare un fatto capitato ad un giovane di nome Gerberto1, prima che diventasse custode2 del tempio. Un giorno, mentre camminava nel laboratorio dove si realizzava la tavola d’oro dell’altare, fra le scorie di fusione tolte dal forno gli capitò di vedere uno dei crogioli dove gli artigiani fondevano l’oro. Questo crogiolo, quasi del tutto consumato dal fuoco, aveva nel fondo come una cavità rigonfia, nella quale era rimasta nascosta una particella d’oro della fusione. Gerberto, come vide brillare quel minuscolo tesoro nascosto, che appena appena traluceva al di fuori, si avvicinò, cercò di capire cosa fosse, e dopo aver rotto il crogiolo rinvenne nella cavità una masserella d’oro purissimo che con una bilancia di precisione risultò di nove denari e un obolo3. Poiché non aveva mai posseduto dell’oro, era pieno di gioia, e lo affidò ad un amico perché lo nascondesse. Dopo alcuni giorni, mentre era a letto a dormire, gli venne un dolore in un occhio. Allora gli sembrò di vedere Santa Fede, non come una fanciulla, ma contrariamente al solito nella forma della sua sacra immagine; lei gli chiese con insistenza di restituire l’oro, ma poiché lui fingeva di non averlo, se ne andò irritata. Di nuovo la notte successiva gli apparve terribile e minacciosa, e se ne andò solo dopo la promessa di restituire l’oro il giorno dopo. Ma poiché lui continuava a rifiutarsi, la terza notte gli apparve in modo ancora più terribile: Dimmi, ladro farabutto, perché continui a rifiutarti di restituire quello che ti ho già chiesto tante volte? E mentre pronunciava questo rimprovero, con una bacchetta di legno di nocciolo che teneva in mano fece il gesto di ferirlo nell’occhio dolorante. Il poveretto piegò velocissimo il capo per evitare il colpo, e con voce altissima chiese più volte misericordia. Quell’uomo avido fu così spaventato, che il giorno dopo restituì l’oro a Dio e a Santa Fede, e come lui stesso mi ha riferito, da allora non ha più sofferto di quel male.

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1. Nel ms. Sélestat, che è l’unico a riportare questo miracolo, il nome del protagonista è scritto come Gueriberto, poi corretto in Gerberto. Il titolo, che si trova al fondo della pagina precedente, non è modificato. Torna al testo ↑

2. custode: vernaculus. Ho mantenuto, per questo vocabolo di significato molto generico, il termine usato nel titolo. Bouillet: serviteur; Robertini: sacrestano; Sheringhorn: employee; Servières: gardien.
Si veda l’uso di questo termine a proposito di Witberto I, 1. Torna al testo ↑

3. Qui non è chiaro se B. con denarius intenda la moneta, oppure la misura di peso. Nel primo caso, ponendo il denarius dell’epoca a circa 1,3~1,4 grammi d’argento, e il cambio tra l’argento e l’oro circa a 1:10, avremmo poco più di 13 grammi d’argento, e circa 1,3 grammi d’oro. Nel secondo caso, circa 13 grammi d’oro. Poiché si insiste sulla piccolezza del tesoro, è più probabile la prima interpretazione.
Per il sistema di monetazione dell’epoca vedi la n. 9 alla storia di Witberto (Libro I, 1). Torna al testo ↑