Libro dei Miracoli
di Santa Fede
Trad. Maurizio Pistone

Libro I

Latino →

31.

Santa Fede libera i carcerati che la invocano

Questa è una qualità speciale di Santa Fede, famosissima sopra tutte le altre: essa libera i carcerati che la invocano, e li fa venire a Conques con il carico di ceppi e catene che li tenevano legati per rendere grazie al Santo Salvatore; e non fa nessun caso, se uno sia tenuto in carcere giustamente o ingiustamente: purché egli insista a gran voce, il Signore mostrerà quanta grazia ha concesso alla sua serva. Le porta chiuse con catenacci e serrature si aprono, i chiavistelli ferrati si spezzano, la pietà divina scioglie ciò che la crudeltà umana aveva serrato. I prigionieri vanno dai carceri verso la libertà esibendo il peso ormai inutile delle catene. Tengono in mano, liberi, quelle cose da cui erano tenuti prigionieri.

Il carcere partorisce di nuovo coloro che non aveva generato; coloro che l’arroganza aveva spinto al crimine vanno verso la luce liberati dalla prigionia, e, preceduti dal segno ella vittoria, si rendono imploranti nel seno della chiesa della santa martire. Quelli che erano sepolti del buio di un tetro carcere, godono la gioiosa luce del cielo, e festeggiano in mezzo alla chiesa di Dio innalzando ringraziamenti e lodi alla sua Santa.

Questi miracoli sono così frequenti, che i ceppi di ferro, detti in lingua popolare “bodie”1, occupano un enorme spazio nel monastero. Per questo i chierici decisero di far forgiare quest’enorme massa di ferro e diedero ai fabbri l’incarico di farne diverse cancellate. All’estero la chiesa ha un tetto diviso in tre sezioni, ma all’interno forma un unico corpo, per la facilità di passaggio da una navata all’altra. Secondo me questa trinità che si riunisce in unità è in qualche modo fatta a figura della somma e divina Trinità. Il lato destro è dedicato a San Pietro Apostolo, il sinistro a Santa Maria, la navata centrale al Santo Salvatore. Poiché questa parte centrale è la più frequentata per il canto dei salmi, proprio lì sono state trasportate dal luogo originario le preziose reliquie della santa Martire2.

Sono pochi i punti in quell’interno della basilica così pieno di angoli, in cui non vi siano cancellate costruite col ferro di quei ceppi o di quelle catene. Questo è quello che a dire il vero sembra essere la cosa più ammirevole di tutto l’edificio della chiesa, se si esclude la bellezza degli ornamenti, data dall’abbondanza d’oro, argento e tessuti, e la splendida varietà di pietre preziose.

Una volta avevo criticato i chierici perché avevan preso nota per scritto dei nomi di questi prigionieri liberati, della loro stirpe, della loro patria; ma mi dicevano che sarebbe stata cosa difficilissima. Per di più non si sarebbero mai aspettati che arrivasse uno scrittore, da dovergli fornire queste notizie succinte in modo che ne potesse trarre una relazione più ampia; e per dirla in modo sfacciato, avevano del tutto trascurato questi dati, poiché queste cose capitavano tutti i giorni fino alla noia. Addirittura ignoravano il nome di quello di cui vidi pendere dal soffitto decorato enormi quantità di ceppi. Poiché l’evento era recente, non avevano ancora fuso il ferro nell’officina. Riuscii solo a sapere che il castello in cui il donatore era stato tenuto prigioniero si chiamava Brucciadul3, e il nome del signore era Emmone.

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1. Dal Lexicon del Du Cange: Boia, Bodia, Bogia... Torques damnatorum, quasi jugum bovis “Collari dei prigionieri, come i gioghi dei buoi”. Torna al testo ↑

2. La Traslazione delle reliquie narra che le ossa di Santa Fede furono collocate nella primitiva chiesa di Conques, risalente all’età carolingia, in un monumento funebre appositamente costruito. Al tempo dell’abbaziato di Stefano fu costruita una nuova chiesa, quella vista da Bernardo. In un primo tempo le reliquie rimasero dov’erano, poi furono collocate in una cappella laterale che era probabilmente una parte della chiesa originaria. Al centro della chiesa, protetta da grate di ferro, doveva trovarsi la Maiestas ricoperta d’oro. Torna al testo ↑

3. Broussadel, Brossadol, fattoria fortificata del comune di Saint-Georges, cantone di Saint-Flour, Cantal. I padroni portarono per secoli il nome di famiglia di Aimone. Il castello fu distrutto nel 1384 durante la rivolta contadina dei cosiddetti Tuchins. Torna al testo ↑