Ringraziamo tutti i sottoscrittori per questo importante risultato, il loro contributo è stato prezioso e incoraggiante, indipendentemente dall’entità del versamento.
L’operazione opere d’arte da salvare continua! Oltre al restauro delle tavole, in accordo con la Direzione Regionale Musei del Piemonte programmeremo iniziative promozionali per dare adeguato risalto alle opere e al loro legame con il territorio, anche in vista di un loro auspicato ritorno a Vezzolano.
In questa foto del 2010 il prof. Giovanni Romano, di recente scomparso, e Anna Rosa Nicola esaminano le tavole di cui oggi è accertata la provenienza da Vezzolano
Anticipiamo che nei prossimi giorni vi sarà una comunicazione on line della DRMP sulla situazione attuale del restauro e sui progetti futuri. Comunicheremo a breve l’orario e le modalità di connessione.
Lateralmente alla porta vi sono due tavole dipinte sulle due faccie, rappresentanti la vita di Gesù; sembrano della scuola di Gaudenzio Ferrari, ma sono alquanto guaste: una di esse serve a celare una porta per cui si va sopra al tetto, dove si crede che si nascondessero quelli che a sottrarsi della giustizia invocavano l’immunità del santuario.1
Questa frase, tratta da un opuscoletto pubblicato di Antonio Bosio2
nel 1859 e in seguito più volte ristampato, è la prima citazione di due grandi tavole dipinte, che allora si trovavano appese alla controfacciata della chiesa, ad una certa altezza.
È più esauriente la citazione nel volume Storia dell’antica Abbazia e del Santuario di Nostra Signora di Vezzolano del 1872:
Questo gruppo, come quello dell’Abbadia di Staffarda, è in forma di trittico, era chiuso da due valve dipinte da ambe le parti; queste due tavole o quadri in legno, nei quali è rappresentata la nascita del Redentore, la sua Crocifissione, la sua Ascensione, e l’Assunzione della Beata Vergine si trovano appese in fondo della chiesa, accanto alla porta; sono buone pitture con qualche ornato d’oro di scuola Vercellese, per quanto mi sembra, del secolo XV. Uno di questi quadri chiude una porta con iscala, per cui si va nel sottotetto, ove trovasi anche una cameretta, creduto da taluno, luogo che servisse d’asilo a coloro, che erano ricercati dalla giustizia.3
Le informazioni del Bosio sono riprese quasi alla lettera da Don Achille Motta, in un volume del 1933, dal quale ricaviamo la notizia dello spostamento delle tavole ai lati del presbiterio, per avvicinarle al luogo della loro presunta collocazione originaria:
Questo trittico anticamente era chiuso da due tavole dipinte da buona mano, ora appese ai muri laterali dell’altare, ed in loro vece vi è una invetriata che fa a pugni col trittico. Le dette tavole rappresentano la Nascita, la Crocifissione, l’Ascensione di N. Signore G. C. e l’Assunzione di M. V., e sembrano di scuola Vercellese del secolo XV.4
Come si nota, le due tavole vengono attribuite correttamente al XV secolo, anche se per l’identificazione dell’autore si avanzano ancora solo vaghe e non documentate ipotesi; e si riconosce la loro funzione originaria di chiusura dell’altare in terracotta; la sbrigatività delle citazioni fa però pensare che si trovassero già in uno stato di conservazione tale da rendere difficile apprezzarne la qualità pittorica.
La teca in legno fu smontata verso la metà del ’700 e sostituita da un armadio vetrato, che non piaceva al Bosio, né, come abbiamo appena visto, al Motta. Le due grosse ante furono conservate, ma senza nessuna cura, e solo alla fine dell’800, per ricordarne la collocazione originale, furono riportate nell’abside ai lati dell’altare. Questa collocazione è documentata da diverse fotografie della prima metà del XX secolo, come testimonia questa cartolina, opera di Mario Busto, fotografo di Castelnuovo don Bosco assai attivo nella rappresentazione del territorio dell’Alto Astigiano.
In seguito le tavole vennero tolte da Vezzolano, in modalità che non sono perfettamente documentate. Intorno al 1955 la dott.ssa Noemi Gabrielli5, all’epoca Soprintendente alle Gallerie per il Piemonte, tolse per motivi di sicurezza dalla chiese di Vezzolano diverse opere, fra cui le nostre tavole, che vennero affidate al restauratore torinese Ettore Patrito. Dopo poco tempo però il Patrito morì, lasciando in eredità tutti i suoi beni al Cottolengo, dove era ricoverata la sua unica figlia, gravemente disabile. Tutto il contenuto del laboratorio di restauro fu acquisito da Guido Nicola di Aramengo, che a Patrito era molto legato per essere stato suo allievo. Tra i beni acquisiti vi sono le nostre tavole, che in vista di un successivo restauro erano già state scomposte in assi staccate, e coperte da veline, quindi del tutto irriconoscibili; né la carente documentazione permetteva all’epoca di comprenderne la provenienza.
Fu solo parecchi anni dopo che su suggerimento del prof. Giovanni Romano i Nicola asportarono parzialmente le veline, e cominciò un paziente lavoro per riannodare i fili, fino all’identificazione delle tavole come provenienti da Vezzolano, e alla proposta, avanzata dallo stesso Romano, di attribuzione delle opere al De Lonhy o alla sua scuola.
Il grande interesse che si sta manifestando verso queste tavole è dovuto alla recentissima rivalutazione dell’opera di Antoine De Lonhy6, che già il Romano aveva tenuto in grande considerazione nel suo volume sui Primitivi Piemontesi7,
ed ora è oggetto di un importante studio complessivo8.
Di quest’autore, attivo fra il 1446 e il 1490 in Borgogna, in Linguadoca, in Catalogna, infine in Savoia e in Piemonte, si erano del tutto perse le tracce, tanto che fino a tempi recenti le sue opere più significative venivano riunite sotto il nome convenzionale di Maestro della Trinità di Torino. Da qualche tempo, incrociando i dati derivanti dall’analisi di opere sparse in musei di diverse parti del mondo, e presso collezionisti privati, con le scarne e altrettanto sparse citazioni in diversi archivi, si è giunti all’identificazione di un autore assai prolifico, titolare di una bottega molto attiva, che spaziava in diversi ambiti di produzione artistica: dipinti su tavole, affreschi, miniature, sculture, addirittura vetrate e disegni per ricami. La sua importanza è legata alla capacità di interpretare in modo molto personale la lezione dei grandi maestri fiammighi del XV secolo, come Jan Van Eyck e Rogier van der Weyden, trasmettendone l’insegnamento nelle nostre regioni.
Dopo un grande successo, fu presto dimenticato, come è frequente in un’epoca di grandi rivolgimenti artistici. Le sue opere caddero nell’anonimato, e gran parte di quanto rimane è andato disperso nel mercato antiquario.
Le tavole ritrovate e da restaurare (con l’aiuto di tutti)
Le opere recuperate sono due grandi tavole in legno, di circa 1,80 × 1,10 m, dipinte su entrambi i lati. Questa caratteristica, e la presenza di vistosi segni riconducibili alla presenza di cerniere, conferma quanto scritto dal Bosio, il quale forse all’epoca aveva accesso a informazioni oggi non più verificabili. Si tratta quindi delle ante di chiusura di una grande teca in legno nella quale era custodito l’altare in terracotta di Carlo VIII. È molto probabile che le due ante, chiuse, presentassero le immagini della Crocifissione e della Resurrezione di Gesù; una volta aperte, le due scene della Natività e dell’Assunzione di Maria, in sequenza narrativa logica con la statua della Madonna in trono col Bambino al centro.
All’inizio di questa pagina abbiamo presentato l’immagine della Natività: è un’immagine che si ricollega al tema del Presepe, che negli anni scorsi è stato occasione di raccolte di fondi per opere d’arte da salvare. Qui presentiamo ora le altre tre immagini.
Come si vede, la pittura mostra tutti i segni della trascuratezza di cui le due tavole sono state vittime nei secoli passati. Si rende quindi ora necessario un restauro, che permetta di apprezzarne la qualità pittorica, e di fornire nuovi argomenti per la loro attribuzione.
Quest’inverno 2020-2021 non ha permesso la consueta esposizione a Vezzolano del Presepe di Anna Rosa Nicola; ma non abbiamo voluto lasciarci sfuggire l’occasione di un “Presepe”, almeno virtuale, se non “in presenza”; e soprattutto l’occasione di una nuova racolta fondi per finanziare il restauro di queste importanti opere.
La spesa prevista è di € 40.600; dalle precedenti raccolte fondi era rimasto un fondo di € 20.000, non impiegato a causa di difficoltà burocratico-amministative. Tale somma è già stata versata. Rimane quindi un residuo di € 20.600 da raccogliere.
Diamo qui i dati per chi volesse partecipare a quest’impresa, così significativa per il nostro territorio.
Per partecipare alla sottoscrizione potete inviare un bonifico a:
Associazione la Cabalesta
Banca Intesa San Paolo
Iban IT11N0306909606100000111950
La raccolta di fondi per il restauro delle tavole ha raggiunto il suo risultato con largo anticipo sul previsto!
Nei prossimi giorni vi informeremo sulle successive iniziative in proposito, concordate con la Direzione Regionale dei Musei del Piemonte ed il Laboratorio Nicola.
Aggiornamento 26 febbraio 2021
In accordo con la Direzione Regionale Musei del Piemonte, abbiamo deciso di continuare la sottoscrizione per trovare i fondi necessari per un’adeguata diffusione delle notizie relative alle tavole alo loro restauro. È prevista una pubblicazione, con le immagini delle tavole, la cronaca passo passo del ritrovamento e del restauro, documenti inediti relativi ai vari passaggi ed notizie su coloro che se ne sono occupati nel tempo: la sovrintendente Noemi Gabrielli, i restauratori Ettore Patrito e Guido Nicola, il prof. Giovanni Romano.
È prevista una prima esposizione delle tavole restaurate nel mese di Settembre a Susa in occasione di una grande mostra su Antoine de Lonhy.