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Cardinale Giovanni Simeoni (Paliano FR 1816 – Roma 1892). Fu dal 1878 Prefetto della S. C. de Propaganda Fide, e dal 1884 Presidente del Pontificio Seminario Romano dei Santi Apostoli Pietro e Paolo per le missioni estere.
Capo IX.
Il primo esilio.
Memorie Vol. 1° Cap. 8
Ottobre 1847 - Ottobre 1848
Gualà, Aden, Zeila, Massauah
1. Rumori contro di me. — 2. Uno sbaglio fatale. — 3. Il decreto di esilio. — 4. Disposizioni, e mio nuovo nome. — 5. Miei disegni e nuova persecuzione. — 6. Partenza per Aden. — 7. Hodeida; lettera al Ministro delle cose straniere di Francia. — 8. Gran mercato di Bèrbera; arrivo in Aden. — 9. D. Luigi Sturla. — 10. Chi era questo perseguitato. — 11. Partenza per Zeila. — 12. A Tagiurra. — 13. Una strana avventura. — 14. Proposta di compra di una casa in Zeila — 15. Lettere dall’Europa; partenza per Massauah. — 16. Accoglienza festevole. — 17. Lettera a De Jacobis e miei timori. — 18. Arrivo del Prefetto; i miei timori si avverano. — 19. Altri tentativi ed altre ripulse. — 20. La compra della casa di Zeila andata fallita; — 21. Spedizione del P. Felicissimo nello Scioa col Deftera Abebajù. — 22. Ultimo tentativo con De Jacobis.
Sin dal mio arrivo a Massauah, aveva esternato al signor De Jacobis alcuni miei timori sul nostro ingresso in Abissinia; ed aveva soggiunto che, per non dar motivo a questioni, avrei amato di far tutto con segretezza. Ma essendo straniero, e quindi conoscendo poco quei luoghi, gli usi di quei popoli ed i pericoli che avremmo incontrati, mi rimisi interamente nelle braccia del santo Prefetto; il quale poteva benissimo essermi di guida e di ajuto, siccome colui che, da più anni dimorando in quel paese, lo conosceva a fondo. Egli trasandò di vigilare, e s’illuse rispetto a ciò che di sinistro a noi poteva accadere, principalmente da parte del Vescovo eretico. Ed in parte era da scusarsi: poichè, avendo veduto, un anno prima del mio arrivo a Massauah, tutto il popolo contro Abba Salâma, sino a cacciarlo da Gondar vergognosamente, non poteva mai credere possibile in sì poco tempo un mutamento del medesimo popolo /76/ a suo favore, e quindi una persecuzione contro di me. Fatto sta che la notizia dell’arrivo di un Vescovo europeo in Abissinia, e delle molte Ordinazioni da lui tenute giunsero all’orecchio dell’eretico Abûna. Allora, dando ascolto alle perverse inclinazioni del suo corrotto cuore, ed all’odio che nutriva contro la fede, mise in opra ogni arte per volgere contro di me tutte le Autorità ed i suoi partigiani. Fra le altre cose cercava un documento legale per movermi aperta guerra e disperdermi; e lo trovò più autentico che non isperava.
2. L’isola di Massauah, che, come dicemmo, al nostro arrivo apparteneva all’impero ottomano, poco dopo il nostro ingresso nell’Abissinia, fu ceduta dal Sultano al Vicerè d’Egitto; ed in quell’anno stesso, invece del Governatore turco soggetto a Gedda, vi era stato mandato un Egiziano per nome Ismail Effendi, amico intimo di Salâma. Ora avvenne che il signor Cerruti, Console Generale sardo, e Procuratore della Propaganda in Alessandria, ricevute alcune lettere di essa da spedire a me, per meglio assicurarne l’arrivo, aggiunse alla soprascritta italiana, quest’altra in arabo — Lèl-Abûna Massaja Mutràn fîl Habiss — (A Monsignor Massaja Vescovo in Abissinia). A questo sbaglio, o meglio, imprudenza, ne aggiunse un altro maggiore, cioè, invece di mettere le lettere nel piego del Consolato francese e diretto all’Agente consolare Degoutin, le incluse nel piego del Governo egiziano, diretto al nuovo Governatore di Massauah. Questi, alla vista di quella nuova soprascritta, o non sapesse, o fingesse di non sapere esservi un altro Vescovo in Abissinia, le mandò al vescovo Salâma suo amico. Non desiderava altro l’eretico Abûna! Avuto quel documento in mano, presentollo al Governo di Ubiè, e mi diede il colpo da più tempo apparecchiato.
Ismail Effendi
dovrebbe essere Ismail Haqqi, walis (governatore) di Massauah nel 1847-48. Effendi è un titolo di cortesia turco, forse derivato dal greco bizantino
αὐθέντης, pronunciato afthéndis.
È da notare che questo periodo storico è molto mal ricostruito in tutte le fonti che ho consultato, e c’è una grande incertezza sul nome di questi personaggi e sul periodo in cui furono in carica. Vedi nota a Ismail-Aggà.
Quando il M. dice che fino ad allora Massauah apparteneva all’impero ottomano, è da intendersi che era sotto il controllo dei Nahib di Arkiko, formalmente dipendenti dalla Porta; e che dal 1846-47 erano poassati sotto controllo dell’Egitto, anch’esso formalmente provincia dell’Impero ottomano. In questo contesto è probabilmente da intendersi l’errore, sicuramente involontario, del console Cerruti, che non invia le lettere al console francese, ma al rappresentante dello Stato egiziano presso il quale era accreditato.
3. Avvertito qualche giorno prima da alcune persone fide di quelle trame ordite da Abba Salâma contro di me, senza nulla dire, e prendendo motivo di dover trattare alcuni affari con l’Agente consolare Degoutin prima d’inoltrarmi verso il Sud, lasciai Gualà, ed in compagnia del solo P. Felicissimo partii per Massauah. a Massauah: 1.12.1847 A.Rosso Là giunto, due giorni dopo arrivarono lettere del P. Giusto e del signor De Jacobis, con le quali mi davano conoscenza che, appena partito, Degiace Ubiè aveva mandato a comunicarmi in tutta forma e solennità il decreto di espulsione e di esilio, con ordine ai soldati di accompagnarmi sino alle frontiere. Soggiungevano, che Abba Salâma, dubitando di Ubiè, perché amico nostro, era salito sulla famosa montagna di Devra-Damòt, e di là avea fulminato scomunica a lui ed a tutto il Governo, ed interdetto tutte le chiese del Tigrè, se /77/ io non veniva subito espulso. Il decreto di esilio però parlava solamente di Abûna Messias, e non degli altri Missionarj.
Devra-Damot
ደብረ
ዳሞ
Däbrä Damo antichissimo monastero nel Tigrè orientale, a ca. 70 km da Adua e a circa 30 (in linea d’aria) da Adigrat; si trova su un’alta amba, ed è accessibile solo issandosi con delle corde lungo una parete scoscesa.
Il monastero è di fondazione antichissima, ma della sua storia antica si hanno solo leggende non verificabili. Subì nel corso della storia diverse devastazioni e distruzioni, ma rimase sempre un prestigioso centro di cultura.
4. Per nulla scoraggitomi, risposi al P. Giusto ed al De Jacobis di non istare io pena per me, che la Provvidenza mi avrebbe assistito. Diedi intanto le istruzioni necessarie ai Missionarj per la loro partenza verso il Sud; raccomandai loro di prendere tutti gli opportuni provvedimenti pel bagaglio, e li pregai di mandarmi Fra Pasquale per restare con me. Diceva loro inoltre che avendomi chiamato il Vescovo eretico, o per ignoranza o per disprezzo, Abûna Messias, e quindi fattomi conoscere a tutto il Tigrè con questo nome, io intendeva di essere così chiamato per l’avvenire, tenendomi troppo onorato di un tal nome.
5. Riflettendo ai casi miei, pensava di fermarmi in Umkùllu fino a tanto che non fosse finita la mia missione pel Tigrè; poichè di là poteva estendere benissimo il mio ministero su tutta la costa sino a Massauah. Ma per non essere di troppo disturbo alla famiglia Degoutin, pregai il signor Agente a farmi costruire una casa in legno vicino alla sua. Ed egli, sempre benevolo, in due settimane fece inalzare una gran capanna per abitazione, ed un’altra per uso di cappella. Abba Salâma, sentito che io avea messo casa in Umkùllu, e che di là stendeva il mio ministero a Massauah ed altrove, spedi regali a quel Governatore suo amico, per indurlo a distruggere quella casa, e così obbligarmi ad abbandonare anche la costa. Ed ecco un giorno giungere ad Umkùllu un branco di soldati, i quali per ordine del Governatore me l’atterrarono. Non l’avesse mai fatto! Il signor Degoutin mandò subito relazione del vandalico atto al Console Generale di Alessandria, e questi al Governo francese: e dopo pochi mesi giunse in Massauah un nuovo Governatore, per nome Kalìf-Bey, con ordine espresso di mandare incatenato in Egitto Ismail Effendi, amico di Salâma, di darmi piena soddisfazione e ricostruirmi la casa a spese del Governo.
Kalìf-Bey ... ? Nessun riferimento per questo personaggio. Nelle Memorie il nome è Halil Bey; ci troveremmo quindi di fronte ad un errore di lettura del Troina, sfuggito alla rilettura da parte del M., che dovrebbe aver ricontrollato le bozze.
Negli elenchi che ho consultato altrove (diversi siti sul Web), la successione dei governatori di Massauah in questo periodo dovrebbe essere:
- Dicembre 1845 - 1846/7 Rustam Agha: probabilmente, l’“Ismail-Aggà” del M.
- Marzo 1847 - 184... Ismail Haqqi: “Ismail Effendi”?
- 1848 - 18...? Omar Agha. Questo dovrebbe dunque essere “Kalìf-Bey”/“Halil Bey”.
Vedi anche note a Ismail-Aggà e Ismail Effendi.
6. Vedendo intanto che la persecuzione continuava contro di me, anche nel luogo del mio esilio, pensai meglio di allontanarmi da quelle parti, e così disviare un poco l’attenzione del pubblico, e calmare quei primi odiosi bollori dell’eretico Salâma. E colta l’occasione che una nave mercantile di Brèma, comandata dal capitano Hern, persona molto garbata, ritornava in Aden, partenza per Aden 16.1.1848 A.Rosso m’imbarcai su di essa per vedere quella città, e con lo scopo di visitare la costa di Zeila, se mai avessi potuto, dopo svincolato dalla Missione Lazzarista, passare ai paesi galla da quella parte. Partii da Massauah col solo P. Felicissimo, e lasciai ivi Fra Pasquale con i due giovanetti comprati a Gualà.
... mentre noi stavamo già in Abissinia, quasi subito dopo la nostra partenza da Massawah l’anno precedente, Massawah che apparteneva alla Turchia al nostro arrivo, il Sultano l’aveva ceduta all’Egitto, ed in quell’anno appunto il Governatore che prima era un turco immediatamente sotto Gedda e sorto Costantinopoli fù [sostituito] e mandato un’Egiziano, certo Ismaele Effendì per Governatore di Massawah, persona tutta amica del Vescovo Salama. Memorie Vol. 1° Cap. 8 nota a p. 61.
/78/ 7. Partendo da Massauah, la nave veleggiò direttamente per Hodeida, capoluogo dell’Arabia Felice. In quel tempo questa regione era patrimonio del grande Sceriffo della Mecca (il Papa dei mussulmani) e governata dal medesimo: ma per alcuni tentativi di ribellione di quello Sceriffo contro la Porta Ottomana, il Governo del Sultano stava per togliergli quel dominio, e prender possesso di tutta l’Arabia Felice. Il rappresentante dello Sceriffo in Hodeida, avendo conosciuto il nostro arrivo, ci accolse con molte feste, sperando d’indurci a trattare col Governo francese quest’affare, a fin di ottenere la sua protezione, e così salvare il paese dalla minacciata usurpazione. Egli avrebbe voluto che io fossi andato subito in Francia per perorare la sua causa: ma non essendo allora possibile appagare questo suo desiderio, per compiacerlo, scrissi una lettera sul proposito al Ministro delle cose straniere (1).
Hodeida الحديدة Al Hudaydah città dello Yemen.
Sceriffo della Mecca
Sharīf
شريق
è l’appartenente a una delle famiglie che si considerano direttamente discendenti dal Profeta.
Lo Sharif della Mecca
شريق
مكة
Sharīf Makkah
o
شريق
الحجاز
Sharīf al-Ḥiǧāz
era il governatore delle città sante di Mecca e Medina. Dal 1201, lo sharifato era detenuto da un membro del clan Hawashim. Nel 1925 gli Sceriffi furono cacciati e il loro posto occupato dalla dinastia degli ibn Saud.
(→ Wikipedia)
All’epoca dei fatti narrati la carica era ricoperta da Muhammed bin Abdulmuin (1827–1851).
8. Partiti da Hodeida, mi toccò fare un’altra fermata prima di arrivare in Aden. In quel mese si era aperto il gran mercato di Bèrbera, celebre in quelle spiagge, per i grandi traffichi che vi si fanno, e per la sua lunga durata; giacché comincia in Novembre e si chiude nel mese di Aprile. Il Capitano si portò direttamente a Bèrbera, dove ci fermammo otto giorni, in cui egli fece una gran compra di gomme. Indi mosse per Aden, donde intendeva scrivere al suo Armatore di spedirgli altre somme, a fin di ritornare in Bèrbera, e continuare i negozj si bene incominciati, e che gli promettevano vantaggiosi guadagni. Giunti in Aden, ci recammo alla casa della nascente Missione cattolica, tenuta provvisoriamente dal P. Marco Gradenigo, veneziano, dell’Ordine de’ Servi di Maria, dal quale fummo accolti ed ospitati con gentilezza e carità.
Bèrbera
Città sulla costa somala all’imboccatura del golfo di Aden, ora nel cosiddetto Somaliland.
La località, forse già sede di una guarnigione ai tempi dell’impero persiano, compare col nome di
βαρβαρία
e
Μαλάω ἐμπόριον
nelle fonti greche. Data la sua posizione ebbe grande importanza commerciale, come sbocco suo mare delle vie carovaniere provenienti da Harar; ma a causa del clima sfavorevole rimase a lungo un piccolo centro.
B. divenne una città importante dopo il 1874 in seguito all’occupazione britannica.
Gomma. Si intende con questo termine la gomma arabica, estratta dall’Acacia senegal e dall’Acacia seyal.
La g.a. è usata come addensante nell’industria alimentare, e per la produzione di colle e vernici.
L’Ordine dei Servi di Maria, Ordo Servorum Beatae Virginis Mariae (sigla O.S.M.), è un ordine mendicante della Chiesa cattolica. Venne fondato a Firenze nella prima metà del XIII secolo da “sette santi fondatori”, canonizzati nel 1888. Conta fra i suoi membri illustri lo storico Paolo Sarpi.
9. Pochi giorni dopo il nostro Arrivo in Aden: 28.1.1848 A.Rossoarrivo in Aden, giunse colà un sacerdote genovese, chiamato D. Luigi Sturla. I liberali lo avevano cacciato da Genova come Gesuita, (si sa che in quei giorni, in Genova e Piemonte, la nascente rivoluzione esercitava il suo valore su quanti erano e si facevano comparire Gesuiti) e perseguitato dai medesimi anche in Roma, dov’erasi /79/ rifugiato, la Sagra Congregazione di Propaganda aveva pensato bene di mandarlo provvisoriamente in Egitto, raccomandandolo a Monsignor Guasco. Neppur qua fu lasciato tranquillo: e Monsignore, per sottrarlo all’odio della setta cosmopolita, lo fece partire per Aden, con lettera di raccomandazione al P. Marco. Ma avendo questi ricevuto nello stesso tempo altra lettera da un suo amico liberale contro il povero Sturla, vedendolo comparire, gli disse chiaro e tondo che non poteva riceverlo. Mosso io a compassione, lo presi sotto la mia protezione, avvertendo il P. Marco che doveva riputarsi come addetto alla mia famiglia. Ne scrissi intanto al Cardinale Prefetto di Propaganda, ed egli approvò pienamente il mio operato.
Don Luigi Sturla (Genova 1805 - 1865) Prefetto Apostolico di Aden dal 1854 al 1858
10. Non mi pentii di avere accolto sotto la mia protezione quel perseguitato; poichè parlando poscia con lui, mi ricordai che nel Dicembre del 1844, trovandomi in Genova ed andato a far visita e baciare la mano al Cardinal Taddini, allora Arcivescovo di quella città, stando nell’anticamera ad aspettare, vidi seduto presso di me un prete, piccolo di statura e mal vestito, che parlava col Segretario di sua Eminenza su parecchi affari di beneficenza. Ed essendo entrato esso prima di me dal Cardinale, domandai al Segretario, ch’era rimasto lì, chi fosse quel prete, che, senza conoscerlo, mi avea fatto una buona impressione. Ed egli mi rispose con /80/ queste precise parole: — Se vuole conoscerlo, legga la vita di S. Vincenzo de’ Paoli, ed al costui nome sostituisca D. Luigi Sturla. — Bastò questo per farmene il concetto di un santo prete. Voleva poscia andarlo a trovare, per conoscerlo più da vicino: ma dovendo ripartire per Torino, non potei soddisfare questo mio desiderio, e più noi vidi. Arrivato in Aden, da prima non lo riconobbi; ma poi risovvenutomi della persona e delle parole del Segretario, compresi il motivo delle persecuzioni a cui era fatto segno, e ringraziai Iddio, che avea dato alla mia Missione un sì prezioso regalo.
Placido Maria Tadini, O.C.D. (Moncalvo AT 1759 - Genova 1847), Vescovo di Biella (1829), Arcivescovo di Genova (1832) Cardinale (1835)
11. In quel tempo teneva il Governo di Aden il capitano Hens, fondatore di quella colonia; ed io avendo fatto conoscenza con lui, lo pregai di scrivermi una lettera di raccomandazione, per l’Emiro Sir Markèb, Governatore di Zeila; ed ottenutala, noleggiai una barca, ed in compagnia del P. Felicissimo e del Sac. Sturla a Zeila: 1.7.1848 A.Rosso mi recai a Zeila. L’Emiro Sir Markèb, vista la lettera del Capitano, ci accolse gentilmente, e ci assegnò un alloggio, che per quel paese poteva dirsi molto comodo. Ivi ci fermammo circa tre mesi.
capitano Hens. Nel corso del XIX secolo le autorità britanniche decisero di intervenire per rendere più sicure le comunicazioni tra il Mar Rosso e l’India, ancor prima dell’apertura del Canale di Suez. Il Comandante Stafford Bettesworth Haines, rappresentante del governo britannico a Bombay, iniziò trattative con il Sultano di Lahej (arabo لحج Laḥij), ma senza risultato. In seguito, una nave battente bandiera britannica fece naufragio sulla costa presso Aden, e fu saccheggiata da arabi. Prendendo a pretesto quest’evento, alcune navi della Compagnia delle Indie Orientali e della Marina Inglese diedero l’assalto alla rocca di Aden, che fu presa il 19 gennaio 1839.
Zeila somalo Saylac arabo زيلع Zaylaʿ città dell’estremo nordest del Somaliland, nel Golfo di Aden a poca distanza dal confine con Gibuti. È identificata con l’antica Avalites descritta nel Periplo del Mar Rosso (i sec. d.C.). Nel ix secolo Z. è la capitale del Sultanato di Adal. Finì poi sotto controllo del regno yemenita, dal xvi secolo passò sotto dominazione ottomana, nel xix sotto controllo inglese.
Sir Markèb: Hajj Ali Shermerki, governatore di Zeila dal 1841.
L’arabo
حاج
ḥāǧ
o
حجّي
ḥajjī è il termine onorifico usato per indicare colui che ha fatto il pellegrinaggio rituale alla Mecca; più in generale, è un termine di rispetto rivolto a persone anziane
12. Dopo dieci giorni, volendo cominciare le nostre esplorazioni, si noleggiò una barca per visitare la costa di Zeila sino a Tagiùrra, dove si stette tre giorni per prendere notizie sulla strada dell’interno, che pensavamo di fare per giungere ai paesi galla. E prima chiedemmo informazioni sugli Hittu-Galla, popoli i più vicini al littorale, dai quali conveniva cominciare la nostra Missione, se si avesse voluto entrare nei Galla da quella parte. Ma ci spaventarono col dirci che quei popoli per la maggior parte professavano l’islamismo, e ne erano al solito fanatici. Del resto la nostra Missione, fondata sulle informazioni del signor D’Abbadie, doveva con più convenienza cominciare dai Galla dell’Ovest, come quelli, che da lui erano stati visitati, ed indicati per i più disposti a ricevere la fede.
Tagiùrra afar Tagórri somalo Tajuura arabo تاجورة Tağūrah. Località sulla costa dell’Oceano Indiano immediatamente a sud dello stretto di Bab-el-Mandeb, nel golfo omonimo di Badda Tajuura, dove si trova la città di Gibuti.
Hittu-Galla Ittuu Tribù oromo che vive nell’attuale zona dell’Hararghe Occidentale della regione Oromia, ad est di Addis Ababa.
13. I popoli di quel littorale mangiano con molto gusto le uova di anitre marine, e sul mercato di Zeila se ne vendono in abbondanza: ed in verità sono bonissime. Un giorno i nostri barcaioli ci vollero condurre ad un’isola alquanto distante da Tagiùrra, dove se ne trovavano molte. Ivi giunti, scendemmo a terra, e ci demmo a cercarne qua e là, senza pensare ad altro: il solo D. Sturla, pratico del mare e dei marinari, teneva d’occhio la barca. Quand’ecco si accorge che i barcajuoli, saltativi dentro, alzano l’àncora, e tentano spiegar la vela per fuggire. Allora, chiamandoci a gran voce, corre verso la spiaggia, si getta in mare, e raggiunta la barca, la ritorna al lido. Quei bricconi avevano stabilito di /81/ fuggire, lasciarci morire di fame e di sete su quell’arido scoglio, ed impadronirsi di quel poco che portavamo. Ma non essendo riuscito il tentativo, se ne scusavano, dicendo che il fecero per burla; e noi, per evitar peggio, fingemmo di crederli. Rimessici in mare, andavamo discorrendo sulla strana avventura che ci era occorsa, e ci domandavamo l’un l’altro che cosa sarebbe avvenuto di noi, se il tentativo dei marinari fosse riuscito. Questo fatto ci mise in guardia sull’onestà della gente, con la quale viaggiavamo, e ci consigliò a ritornarcene presto in Zeila.
... nella stessa isola, dove fu ucci[so] il v. console Lambert tre anni dopo [1858 A.Rosso.] Memorie, vol. 1° Cap. 8 p. 64 nota in margine
14. Dopo tre settimane di navigazione e di esplorazioni giungemmo a Zeila, e lì non pensavamo ad altro che a raccogliere tutte le notizie, che ci erano necessarie, da quei che venivano dall’interno, e ad istruire qualche ragazzo e qualche forestiere, che vi capitava; giacché con gl’indigeni di quel littorale, essendo tutti fanatici mussulmani, non ci era nulla a sperare di bene. Per informazioni avute da molti negozianti, venuti dall’interno, e anche da persone del luogo, ci convincemmo che la posizione di Zeila sarebbe stata molto favorevole per aprirci la strada verso i paesi, ai quali intendevamo recarci: ma allora sarebbe stato conveniente comprare una casa, e stabilirvi una Procura. Sir Markèb non sembrava alieno di venderci quella che abitavamo; e dopo avergliene più volte mosso discorso indirettamente, in fine gliela chiedemmo. Dapprima mostrò negarsi, ma poi, sciolte varie difficoltà, ci mettemmo d’accordo per il prezzo di quattrocento talleri di Maria Teresa, sborsandone io intanto quaranta per caparra. Indi si convenne che uno di noi sarebbe rimasto in Zeila, ed io con l’altro compagno sarei partito per Massauah, donde avrei mandato il resto della somma, per conchiudere la compra e stendere l’atto.
15. Mentre disponevamo le cose nostre per la partenza, arrivò da Aden un corriere con lettere dell’Europa e dell’Egitto, fra le quali erano parecchie carte, che si riferivano alla consacrazione del signor De Jacobis. Mi si diceva inoltre che il nuovo Governatore di Massauah, obbligato dal Governo di darmi una completa soddisfazione, era in viaggio, e che perciò conveniva tornare presto in quell’isola. Quindi, noleggiata una barca, lasciai D. Sturla in Zeila, e col P. Felicissimo partii direttamente per Massauah, solo promettendo ai barcajuoli di toccare Hodeida. Il vento contrario ritardò notevolmente il nostro viaggio, che durò circa un mese; ed invece di arrivare colà per la Pasqua, secondo i calcoli che avevamo fatto, In realtà 30.9.1848 A.Rosso non vi giungemmo che verso la fine di Aprile.
16. Noi eravamo aspettati con impazienza, e con gran festa fummo ricevuti. Riconosciuta da lontano la barca, Fra Pasquale con i due gio- /82/ vanetti, il Viceconsole Degoutin con la sua famiglia, e varie persone venute dal Tigrè, si portarono alla spiaggia, facendoci segni di gioja. Anche il nuovo Governatore ci aspettava per presentarmi le scuse intorno a quello ch’era accaduto sotto il suo antecessore. sicchè all’arrivo ci si fecero d’ogni parte complimenti e carezze senza fine. Seppi allora che 29.5.1848 A.Rosso il P. Giusto ed il P. Cesare erano partiti per Gondar, e che già vi erano felicemente giunti.
17. Appena sceso a terra, scrissi una lettera al signor De Jacobis, avvisandolo del mio arrivo, e pregandolo di portarsi presto a Massauah. In quei giorni seppi molti altri particolari sulla mia persecuzione nel Tigrè, e che le lettere capitate in mano di Abba Salâma, le quali servirono di documento e di arma contro di me, erano appunto le lettere spedite da Propaganda, e contenenti le Brevi di nomina: 6.7.1847 A.Rosso Bolle di elezione e consacrazione del De Jacobis. D’altra parte il signor Degoutin mi assicurava esser giunto un plico al detto De Jacobis, con la soprascritta di Vescovo di Napoli (ossia Nilopoli), ma che egli lo aveva nascosto, cosicchè nessuno ne aveva saputo più nulla. Queste notizie m’inquietavano, temendo che l’uomo di Dio per umiltà rifiutasse la dignità vescovile, e mi tenesse occulta ogni cosa, facendosi anche forte della persecuzione mossa a me da Salâma. Intanto, mentre in Umkùllu si costruiva la nostra casa, noi ci trattenemmo in Massauah, abitandone una, che Fra Pasquale aveva preso a pigione presso il mare, molto comoda e spaziosa.
18. Ricevuta la lettera, il Prefetto partì subito per la costa. Ma il suo viaggio essendo sempre interrotto dai fedeli, che nel cammino lo trattenevano per avere conforti religiosi, ed egli non sapendo negarsi a quanti lo avessero richiesto del suo ministero (presso a poco come si legge di S. Vincenzo Ferreri), vi vollero più giorni per giungere a Massauah. Arrivo di De Jacobis a Massauah: 23.10.1848 A.Rosso Finalmente arrivò, accompagnato sempre dai suoi allievi. Io gli mossi incontro sino al porto, e qui affettuosamente ci abbracciammo, e poscia ci avviammo verso casa. Dopo le solite convenienze, io aspettava che mi parlasse delle ultime disposizioni di Roma: ma tenne perfetto silenzio, e neppure fece motto delle lettere ricevute. Gli domandai s’era arrivata qualche lettera per me, e rispose di no. E poichè doveva certamente sapere qualche cosa delle lettere capitate nelle mani di Salâma e di ciò che contenevano, ed era evidente che non voleva farne parola a bello studio, credetti bene allora di mostrargli la lettera di Roma, nella quale si parlava della sua elezione. Vedendosi in questa maniera preso alle strette, balbettando disse che Roma in quest’affare aveva precipitato; che del resto egli /83/ aveva scritto ed aspettava risposta. E poichè le Bolle, dirette da Roma a chi è nominato Vescovo, sogliono lasciare a lui stesso la scelta del consacrante, non mi conveniva d’insistere d’avvantaggio; tanto più che, dalla lettera mostratagli, doveva comprendere che io era ritornato espressamente a Massauah per consacrarlo.
San Vincenzo Ferreri o Ferrer (Valencia 1350 - Vannes 1419, Ricorrenza 5 aprile). Frate domenicano, canonizzato nel 1455 da Callisto III. Si adoperò in modo particolare per la composizione dello Scisma d’Occidente. Molto noto come predicatore apocalittico e taumaturgo, convinto del prossimo arrivo dell’Anticristo, chiedeva anche con grande energia l’espulsione degli Ebrei. È invocato per la protezione dei raccolti, ed è patrono dei muratori.
19. Per qualche giorno non ne feci più parola, perché poteva anche darsi che temesse di accettare la nuova dignità per timore della persecuzione di Salâma, alla quale sarebbe stato fatto segno come me, e per non suscitare nuovi ostacoli e recar danno alla sua Missione. Tornai più tardi all’assalto, ma egli tenne sempre duro; però si lasciò sfuggire certe espressioni, onde sospettai che vi potesse essere qualche difficoltà da parte dei Superiori della sua Congregazione. Non conoscendo io gli statuti di essa, rispetto a ciò che si appartiene alle promozioni, non seppi che dire, nè che rispondere. Un quindici anni dopo, invitato a Parigi dal signor Etienne, Generale dei Lazzaristi, per far da assistente a Monsignor Franchi nella consacrazione di Monsignor Bel, terzo Vescovo di Abissinia dopo De Jacobis, potei subodorare qualche cosa di ciò che sospettai nell’ultimo rifiuto del santo Prefetto. Ma mentre scrivo, tutti questi personaggi si trovano, come spero, uniti in cielo con Dio, e là s’intendono meglio di noi che triboliamo su questa terra. E ciò è oggi per me piuttosto argomento di meditazione, che materia di storia!
Più tardi in Parigi ho potuto odorare qualche cosa di questo genere, ma il nostro santo Dejacobis era già con Dio, e già l’aveva seguito il suo immediato successore Monsignor Biancheri, ed io mi trovava chiamato dal Signor Etienne Generale come primo assistente nella Consacrazione di Monsignor Bel secondo successore di Dejacobis; nel momento che scrivo tutte queste persone si trovano, come spero, tutti insieme e ben intesi fra loro in Cielo, epperciò [è] inutile parlare; lo stesso Monsignor Franchi consecratore di Monsignor Bel, poscia Cardinale, oggi non c’è più; per me oggi è questo più argomento di meditazione, che non materiale di storia, come troppo vecchia. Memorie, vol. 1° Cap. 8 p. 67
Su Jean-Baptiste Étienne vedi nota vol. 8 cap. 3
Monsignor Bel. Giustino de Jacobis morì il 31 luglio 1860; gli succedette nella carica di Vicario Apostolico dell’Abissinia monsignor Lorenzo Bianchieri, C.M., nato a Borghetto San Nicolò, frazione di Bordighera (IM) nel 1804; nel 1864 alla sua morte gli subentrò Louis Bel, C.M., nato a Castelfranc (dép. Lot reg. Midi-Pirénées) morto nel 1868. Il consacratore era il cardinale Alessandro Franchi (1819-1879), Prefetto di Propaganda Fide e Segretario di Stato.
20. Appena arrivato in Massauah io doveva pensare alla parola data in Zeila di mandare qualcheduno per conchiudere il contratto, e consegnare il denaro. Il caro D. Sturla era là che aspettava, e quindi non conveniva perder tempo. Nessuno meglio del signor Degoutin avrebbe potuto ajutarmi in quest’affare; ed appena gliene parlai, tosto mi promise di mandarvi il suo Segretario arabo, per nome Mahabùb, molto esperto per simili faccende, e di una probità tale, quale è difficile trovare in un mussulmano. Si convenne di quanto dovevamo dare a lui per l’andata e ritorno, e poscia, contatagli dal signor Degoutin alla mia presenza la somma stabilita per la casa, se ne partì con una barca, che veleggiava alla volta di Hodeida. Così io non vi pensai più sino al suo ritorno, che fu dopo due mesi. Ma quali strane notizie non ci portava egli! Giunto a Zeila, non vi trovò D. Sturla, perché era stato chiamato dal P. Marco in Aden. In quanto alla casa, il fanatismo mussulmano, e forse i sospetti politici, avevano mandato a monte tutte le nostre pratiche. L’Emiro Sir Markéb, restituita in parte la caparra, rimandò Mahabùb, dicendo di non volerne più sapere. E quindi il buon segretario imbarcossi per Aden; e dopo due giorni, /84/ avendo trovato un legno, che partiva per Massauah, se ne ritornò, recandoci lettere di Roma, ed altre del P. Marco e di D. Sturla, che mi chiamavano subito in Aden.
21. Prima di partire volli prendere un’importante risoluzione, che, riuscita, mi avrebbe aperto la strada alla mia Missione. Esplorando la costa di Zeila per trovare un’entrata ai Galla, senza passare il Nord dell’Abissinia, da cui era stato esiliato, potei rilevare ch’era impossibile penetrarvi da quella parte senza una conoscenza speciale col Re dello Scioa. Ottenuta questa, io avrei ottenuto ancora di essere chiamato da lui, e quindi come chiamato dai Re, i Danakìl, che sono sparsi tra la costa e lo Scioa, mi avrebbero lasciato passare con sicurezza. E poichè il P. Felicissimo non era incluso nell’esilio dell’Abissinia, pensai di mandar lui direttamente allo Scioa con questa missione. La fortuna, o meglio la Provvidenza, volle che in quei giorni arrivasse dall’Abissinia il Deftera Abebajù (1), già scrivano di Antonio D’Abbadie. Sentita questi la mia proposta, l’approvò, e pregato se avesse voluto accompagnare il Missionario, accettò ben volentieri l’invito. Era questi un nostro neofito, venuto in Gualà col signor D’Abbadie; dopo varj colloquj avuti con noi su cose di religione, abbracciò il cattolicismo, e fatta l’abiura ed ammesso alla prima Comunione promise che si sarebbe fatto prete ed ascritto alla nostra Missione. Il viaggio con P. Felicissimo era pertanto anche un vantaggio per lui; poichè avrebbe avuto agio d’istruirsi un poco nella lingua latina.
Danakìl è altra denominazione del popolo ʿAfar, vedi Taltàl.
La regione abitata dai D., o Dancalia
ደንከል
Dänkäl, comprende le aree basse e desertiche ai piedi dell’altopiano etiopico fra la penisola di Buri e il golfo di Tagiurra, con al centro la depressione ʿAfar.
22. Fatta la spedizione suddetta, prima di partire, volli tentare per l’ultima volta di vincere la resistenza del signor De Jacobis: ma lo trovai sempre fermo nella negativa. Gli feci osservare che, dovendo io partire, non sarei ritornato così presto, ed egli avrebbe dovuto incomodare qualcuno dell’Egitto per consacrarlo, o recarvisi egli stesso; ma fu tutto inutile. La sua risposta era sempre che non poteva acconsentire, e quindi io era libero di poter partire per i miei affari.
[Nota a pag. 78]
(1) Nel 1850 il Governo ottomano compi il suo disegno, occupando l’Arabia Felice, ed arrestando il grande Sceriffo, che io, di ritorno in Europa passando pel Cairo, intesi trovarsi prigioniero in quella città, e diretto a Costantinopoli. Qui gli fu fatto poscia il processo per le sue ribellioni tentate con Abbas Pascià Vicerè d’Egitto contro il Sultano, e contro le riforme introdotte in Egitto da Mohammed-Aly ed Ibraim Pascià. Questo grande Sceriffo ed Abbas Pascià rappresentavano i partigiani delle tradizioni della Mecca, contrarj ostinatamente ad ogni riforma e novità: e ad essi devesi la morte del valoroso Ibraim Pascià, procuratagli con veleno. Abbas Pascià alcuni anni dopo fu trucidato anch’egli da un suo familiare: ma i partigiani non morirono; poichè si videro l’anno scorso ricomparire in Egitto con Araby Pascià, ed ora col Mahdi nel Sudan. [Torna al testo ↑]
[Nota a pag. 84]
(1) Deftera significa Dottore o scrivano; ed è il titolo che si dà ai letterati sol che sappiano leggere la Bibbia, o scrivere qualche lettera.
deftera ደብተራ däbtära dal greco διφθέρα “pelle conciata” quindi “tabernacolo (in pelle)”; indica dei personaggi senza ordinazione sacerdotale ma ugualmente ritenuti indispensabili per la celebrazione dei riti. Comprendono varie categorie di coristi, poeti, scrivani, danzatori, maghi. Non necessitano di speciali requisiti, a parte una conoscenza elementare della scrittura e della religione. Usano un linguaggio particolarmente affettato, anche se la loro conoscenza della lingua geʿez è in genere rudimentale.